Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34643 del 30/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 30/12/2019, (ud. 03/10/2019, dep. 30/12/2019), n.34643

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10143/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del direttore p.t., rappresentata e

difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ope legis

in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

Colasanto s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t.,

rappresentata e difesa dall’Avv. Angela Liliana Lagreca,

elettivamente domiciliata in Roma, via Carlo Mirabello n. 25, presso

lo studio dell’Avv. Maria Francesca De Pasqua;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Puglia n. 68/08/2013, depositata l’11 ottobre 2013.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 3 ottobre

2019 dal Cons. Salvatore Leuzzi.

Fatto

RILEVATO

che:

– Con sentenza n. 253/2011, depositata il 19 dicembre 2011, la CTP di Bari accoglieva il ricorso della contribuente avverso l’avviso di accertamento notificatole il 27 dicembre 2010, con il quale l’Agenzia delle entrate del capoluogo pugliese aveva recuperato importi IVA e Irap in relazione all’anno di imposta 2004.

– La ripresa fiscale traeva origine dal verbale di constatazione dell’1 ottobre 2010, con il quale erano state riscontrate operazioni inesistenti, correlate a false fatturazioni, nel contesto delle quali la contribuente vendeva un proprio bene strumentale alla società Generaltractor s.r.l., esercente l’attività di vendita all’ingrosso di macchine agricole; detta acquirente rivendeva il bene alla società Genercredit s.p.a., lo stesso giorno e senza ricarico; infine la Genercredit s.r.l. rivendeva, a sua volta, il bene per il medesimo corrispettivo, con il solo incremento di spese istruttorie e interessi autonomamente fatturati;

– La sentenza d’appello in epigrafe confermava la pronuncia di primo grado;

– Il ricorso per cassazione dell’Agenzia delle entrate è affidato a due motivi;

– La contribuente si è costituita con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– Con il primo mezzo di censura si lamenta la violazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, dell’art. 112 c.p.c., in relazione al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, comma 3, inserito dal D.L. n. 223 del 2006, art. 37, comma 25, conv. dalla L. n. 248 del 2006, nonchè del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, comma 2;

– Segnatamente, la CTR, ancorchè il richiamato D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, comma 3, preveda, ai fini del raddoppio del termine di decadenza dell’accertamento tributario, la condizione della sussistenza dell’obbligo di denuncia penale, avrebbe – nella prospettazione della ricorrente – erroneamente escluso di poter procedere alla verifica della sussistenza dell’obbligo in parola, sul presupposto che la segnalazione di reato del 30 luglio 2009 era stata prodotta dall’Ufficio soltanto nel giudizio d’appello e riguardava, non l’appellante, ma la società Generaltractor s.r.l.;

– Con il secondo motivo di ricorso, la contribuente censura la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, comma 3, inserito dal D.L. n. 223 del 2006, art. 37, comma 25, conv. dalla L. n. 248 del 2006;

– Nella specie, si lamenta l’illegittimità della statuizione con la quale la CTR ha escluso l’applicabilità del raddoppio del termine di decadenza dell’accertamento fiscale.

– I due motivi di ricorso, intimamente connessi, si prestano a una trattazione unitaria, che ne corrobora la fondatezza, implicandone l’accoglimento, nei termini che seguono;

– Con riferimento alla “porzione” dell’accertamento fiscale relativo alla ripresa dell’IVA, giova considerare che, per sedimentato orientamento di questa Corte, ai fini del raddoppio dei termini in questione, per come disposto dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, comma 2 bis, nel testo applicabile rationae temporis, non è necessaria l’effettiva presentazione della denuncia, tanto meno la produzione di questa in giudizio (v Cass. n. 11172 del 2016; Cass. n. 17586 del 2019);

– Come, infatti, statuito dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 247 del 2011), l’unica condizione per il raddoppio dei termini è costituita dalla sussistenza dell’obbligo di denuncia penale, indipendentemente dal momento in cui tale obbligo sorga ed indipendentemente dal suo adempimento, sicchè “il raddoppio dei termini consegue dal mero riscontro di fatti comportanti l’obbligo di denuncia penale” ed “il giudice tributario dovrà controllare, se richiesto con i motivi di impugnazione, la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia, compiendo, al riguardo, una valutazione ora per allora (cosiddetta “prognosi postuma”) circa la loro ricorrenza ed accertando, quindi, se l’amministrazione finanziaria abbia agito con imparzialità od abbia, invece, fatto uso pretestuoso e strumentale delle disposizioni denunciate al fine di fruire ingiustificatamente di un più ampio termine di accertamento”;

– Nel caso in esame, il Giudice di appello ha valorizzato il non documentato, effettivo inoltro della denuncia penale (se non nel corso del giudizio d’appello) e la sua non inerenza alla ricorrente, bensì alla Generaltractor s.r.l., attribuendo peso dirimente a circostanze, tuttavia, non necessarie ai fini che qui ci occupano; essa ha, quindi, omesso di compiere l’accertamento, nel concreto richiestogli, delle condizioni legittimanti l’eventuale raddoppio dei termini di decadenza dall’azione accertatrice;

– In un’ottica parzialmente diversa, ma comunque divaricata rispetto alla prospettiva accolta dai giudici d’appello, occorre approcciarsi alla parte della ripresa fiscale riguardante l’Irap, valendo al riguardo riaffermare il sedimentato principio per cui “non essendo l’IRAP un’imposta per la quale siano previste sanzioni penali è evidente che in relazione alla stessa non può operare la disciplina del “raddoppio dei termini” di accertamento quale applicabile rationae temporis” (Cass. n. 20435 del 2017; Cass. n. 4475 del 2016; Cass. n. 23629 del 2017);

L’inapplicabilità del termine “lungo” all’Irap discende dal mancato inserimento delle violazioni relative all’imposta regionale tra le ipotesi delittuose previste dal D.Lgs. n. 74 del 2000, testo che ricomprende in modo espresso solamente i reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto: la disciplina penale tributaria risulta pertanto non applicabile all’Irap, in quanto le violazioni riferibili a tale imposta non sono idonee a porre in essere fatti penalmente rilevanti; una diversa interpretazione si pone in contrasto con il divieto di analogia, ai sensi di quanto espressamente previsto dall’art. 25 Cost., comma 2;

– Conclusivamente, i motivi di ricorso vanno accolti nei termini esposti; la sentenza impugnata va, quindi, cassata con rinvio alla competente CTR, in diversa composizione, per un nuovo esame alla luce dei principi dianzi enucleati e la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte, in accoglimento di entrambi i motivi di ricorso, cassa la sentenza d’appello e rinvia per un nuovo esame e per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità alla CTR della Puglia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria della Suprema Corte di Cassazione, il 3 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2019

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