Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3464 del 22/02/2016


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 3464 Anno 2016
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: MANNA FELICE

SENTENZA
sul ricorso 17509-2014 proposto da:
PALUMBO RAFFAELLA, elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZALE DELLE BELLE ARTI 8, presso lo studio dell’avvocato
ANTONINO PELLICANO’, che la rappresenta e difende, giusta
procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta
e difende, ope legis;

Data pubblicazione: 22/02/2016

-

controficorrentpl

o (2.4

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di CATANZAR0Q10/12/2013, depositato il 28/12/2013;
avverso il decreto della Corte di Appello di Catanzaro del 10/12/2013,
depositato il 28/12/2013;

18/11/2015 dal Consigliere Relatore Dott. FELICE MANNA;
udito l’Avvocato ANTONINO PELLICANO’, difensore dell”ricorrente, che si riporta ai motivi e deposita sentenza n. 21030/15
della Corte di Cassazione VI Sez. Civile – II.

Ric. 2014 n. 17509 sez. M2 – ud. 18-11-2015
-2-

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

IN FATTO
Con decreto depositato il 28.12.2013 la Corte d’appello di Catanzaro
rigettava l’opposizione che Raffaella Palumbo aveva proposto contro il
decreto della stessa Corte che aveva respinto la sua domanda di equa

spese di conseguenza. La Corte territoriale osservava che (in aderenza al
decreto opposto) doveva ritenersi superata la presunzione di danno non
patrimoniale, valorizzando la circostanza che nella causa previdenziale
presupposta la Palumbo aveva ottenuto la corresponsione dell’adeguamento
ISTAT dell’indennità di disoccupazione agricola in epoca prossima
all’instaurazione della lite. Confermata anche nei gradi d’impugnazione la
dichiarazione di cessazione della materia del contendere operata dal giudice di
prime cure, la causa era proseguita soltanto per il regolamento delle spese
processuali, liquidate per il primo grado in € 78,50 in favore del difensore
distrattario e compensate nei gradi successivi. Osservava, quindi, a sostengo
della conclusione raggiunta, che anche la giurisprudenza della Corte EDU era
pervenuta ad affermare il principio per cui la violazione dell’art. 6 della
Convenzione era configurabile solo in presenza di un pregiudizio importante,
e dunque di un danno che avesse raggiunto una soglia seria ed apprezzabile.
Ipotesi, questa, non ricorrente nella specie, in cui il paterna d’animo era da
escludersi in via assorbente per il fatto che la ricorrente aveva ottenuto
soddisfazione del proprio credito in epoca prossima all’instaurazione della
lite.
Per la cassazione di tale decreto ricorre Raffaella Palumbo, sulla base di tre
motivi, cui ha fatto seguito il deposito di memoria.
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riparazione, ai sensi dell’art. 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89, e regolava le

Il Ministero della Giustizia resiste con controricorso.
Il Collegio ha disposto che la motivazione della sentenza sia redatta in
forma semplificata.
MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione o falsa applicazione

dell’art. 2-bis, comma 3, della legge n. 89/01, in connessione con la
contraddittorietà della motivazione e il “vizio assoluto di motivazione”, in
relazione ai nn. 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c.
La motivazione del decreto impugnato sarebbe palesemente illogica e
contraddittoria perché volta “a mascherare il dato inconfutabile del rigetto del
ricorso che ha dato luogo al giudizio presupposto, in considerazione di un
presunto adempimento da parte del debitore, sempre contestato dalla
ricorrente” (così, testualmente, a pagg. 7-8 del ricorso). Quindi, la Corte
territoriale avrebbe respinto la domanda di equa riparazione in considerazione
dell’esito finale del giudizio presupposto, sfavorevole alla ricorrente in quanto
conclusosi con pronuncia, contestata, di cessazione della materia del
contendere.
Infatti, continua il motivo, la Corte costituzionale, con ordinanza n. 124/14
ha affermato che l’art. 2-bis, comma 3, legge n. 89/01 si riferisce ai soli casi
in cui il giudice accerti l’esistenza del diritto fatto valere in giudizio, e non
anche nell’ipotesi opposta, sicché la soccombenza dell’attore non comporta
l’impossibilità di liquidare l’indennizzo in favore di lui. E poiché, prosegue la
censura, la cessazione della materia del contendere equivale a rigetto della
domanda, confermato nella specie in appello e in cassazione, il paterna da
ritardo sussiste, anche in considerazione del fatto che l’idoneità della
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1.

documentazione prodotta dall’INPS ad assurgere a prova del pagamento ha
richiesto l’intervento delle S.U. di questa Corte, pronunciatesi con sentenza n.
3033/13.
2. – Il secondo motivo deduce la violazione o falsa applicazione dell’art.

applicazioni di detta norma operate dalla Corte di Strasburgo riguardano il
caso di un processo penale conclusosi con condanna ad una pena di 50,00
euro di multa ed accessori, e di un processo che, a cagione della sua durata,
aveva condotto alla dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione; e
dunque a situazioni non comparabili con quella di spese, atteso che la somma
spettante alla ricorrente a titolo d’indennità di disoccupazione agricola
ammontava a € 1.583,64, importo, quest’ultimo, rilevante in rapporto sia
all’anno di maturazione del credito (1997) sia alle condizioni socio
economiche di lei.
3. – Il terzo mezzo d’annullamento lamenta l’illogicità, contraddittorietà e
carenza assoluta di motivazione della condanna alle spese, in relazione al n. 5
dell’art. 360 c.p.c. Detta condanna sarebbe gratuita ed immotivata perché a) la
particolare natura del giudizio d’equa riparazione, per espressa previsione di
legge, condiziona la condanna del ricorrente alle spese solo in presenza di lite
temeraria; e b) nel caso di specie, il Ministero convenuto si è costituito senza
alcuna contestazione specifica, eliminando così ogni ragione di contrasto tra
le parti.
4. – I primi due motivi, da esaminare congiuntamente per la loro
complementarietà, sono fondati nei termini che seguono.

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35, comma 3, lett. b) CEDU e la carenza assoluta di motivazione. Le uniche

La giurisprudenza di questa si è già espressa nel senso che in base al nuovo
testo dell’art. 35 CEDU, quale risultante dalle modifiche apportate dal
Protocollo addizionale n. 14, adottato il 13 maggio 2004, ratificato e reso
esecutivo con legge n. 280 del 2005 ed entrato in vigore il 10 giugno 2010, la

va apprezzata nel duplice profilo della violazione e delle conseguenze, sicché
dall’ambito di tutela della legge 24 marzo 2001, n. 89 restano escluse sia le
violazioni minime del termine di durata ragionevole, di per sé non
significative, sia quelle di maggior estensione temporale, ma riferibili a
giudizi presupposti di carattere bagatellare, in cui esigua è la posta in gioco e
trascurabili i rischi sostanziali e processuali connessi (v. tra le tante, Cass. nn.
11936/15 e 633 del 2014).
Tuttavia, di recente questa Corte ha avuto anche modo di puntualizzare, in
fattispecie affatto analoga a quella in esame, che nonostante l’esiguità della
posta in gioco, l’esistenza di un pregiudizio apprezzabile nella vita del
soggetto non può essere escluso nei casi in cui dalla valutazione concreta
della situazione presupposta (causa previdenziale), effettuata anche alla
stregua della situazione socio-economica dell’istante, emerga un effettivo
interesse alla decisione (Cass. 21030/15); nel qual caso l’esigua entità della
pretesa patrimoniale può unicamente incidere in sede di valutazione equitativa
del pregiudizio concreto subito dal cittadino a causa del ritardo del servizio
giustizia, legittimando lo scostamento, in senso peggiorativo, dai parametri
indennitari fissati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (cfr. Cass. n.
18725/14).

6

soglia minima di gravità, al di sotto della quale il danno non è indennizzabile,

Il caso di specie è riconducibile a quest’ultima situazione, poiché il
giudizio presupposto riguarda una controversia di natura assistenziale
(adeguamento dell’indennità di disoccupazione agricola), per sua stessa natura
non trascurabile né tanto meno irrilevante nella vita di un soggetto operante in

socio-economica. Con la conseguenza che in tal caso la tutela indennitaria di
cui alla legge n. 89/01 non può essere negata in ragione del valore monetario
oggettivo.
5. – L’ accoglimento dei suddetti motivi assorbe l’esame del terzo, relativo
al regolamento delle spese.
6. – Pertanto, il decreto impugnato va cassato con rinvio ad altra sezione
della Corte d’appello di Catanzaro, che procederà ad un rinnovato esame di
merito, provvedendo anche sulle spese di cassazione.
P. Q. M.
La Corte accoglie i primi due motivi, assorbito il terzo, cassa il decreto
impugnato con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Catanzaro, che
provvederà anche sulle spese di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 18.11.2015.

un settore economico (quello agricolo) caratterizzato da una sottoprotezione

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