Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34633 del 30/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 30/12/2019, (ud. 10/07/2019, dep. 30/12/2019), n.34633

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto proposto da:

SOCIETA’ “COOP.CONSUMO C.G.N.” Società Cooperativa a r.l., in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in Livorno via Ricasoli 118 presso lo studio dell’Avv.

Mauro Vivaldi che la rappresenta e difende per procura in calce al

ricorso.

– ricorrente –

contro

AGENZIA delle ENTRATE, in persona del Direttore centrale pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso

gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 361/10/2015 della Commissione

tributaria regionale della Toscana – sez. staccata di Livorno,

depositata il 24 febbraio 2015.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10 luglio 2019 dal relatore Cons. Roberta Crucitti.

Fatto

RILEVATO

che:

nella controversia originata dall’impugnazione da parte della Società “Coop. Consumo G.C.N. ” Società cooperativa a r.l. del diniego opposto all’istanza di rimborso delle ritenute subite sugli interessi bancari attivi per le annualità dal 1992 al 1996, la C.T.R. della Toscana, sezione distaccata di Livorno, con la sentenza indicata in epigrafe, in accoglimento dell’appello proposto dall’Ufficio, riformava la decisione di primo grado che aveva accolto il ricorso introduttivo proposto dalla Società;

in particolare, il Giudice di appello, richiamata la giurisprudenza resa in materia da questa Corte, riteneva che le cooperative agricole non fossero escluse dall’IRPEG in assoluto, ossia in ragione della loro natura soggettiva, ma che, invece, le ritenute alla fonte sugli interessi bancari erano applicate nei confronti delle predette società a titolo di imposta, come tale non rimborsabile, solo se e in quanto fosse rimasto accertato che i redditi, nell’anno considerato, fossero effettivamente esenti ai sensi del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 10;

avverso la sentenza la Società ha proposto ricorso, su unico motivo, cui resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

La Società ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con l’unico motivo la ricorrente deduce la violazione del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 1, in combinato disposto con il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 26 e con la L. n. 904 del 1977, art. 12. Secondo la prospettazione difensiva la C.T.R. si era limitata a recepire il principio affermato da questa Corte con la sentenza n. 1563/2007 (in giudizio tra le stesse parti e relative alle ritenute subite dal 1989 al 1991) senza però farne una corretta applicazione alla fattispecie, anzi, senza neppure spiegare le ragioni per le quali tale principio trovava applicazione. In particolare, secondo la ricorrente, la C.T.R. aveva erroneamente confuso il concetto di reddito di impresa (nel quale confluivano pacificamente gli interessi attivi), con quello di utile di impresa laddove, nella specie, la base imponibile sulla quale veniva calcolata l’IRPEG della cooperativa comprendeva anche i ricavi finanziari che non erano stati sottratti a tassazione;

2. la censura è infondata;

in materia, questa Corte, ha, infatti, consolidato e mantenuto fermo l’orientamento già espresso, in controversia resa nei confronti della stessa Società ricorrente e relativa alle ritenute subito nelle annualità dal 1989 al 1991, con la sentenza n. 1563 del 24 gennaio 2007, secondo cui ” in tema di IRPEG, la qualificazione delle ritenute non è correlata alla qualità del soggetto percettore del reddito, cioè alla circostanza che si tratti o meno di soggetto esente da imposta, ma al regime cui è sottoposto il reddito stesso nel periodo d’imposta in discussione, nel senso che costituisce ritenuta a titolo di acconto quella operata su di un reddito che concorre a formare la base imponibile, mentre costituisce ritenuta a titolo di imposta quella operata su di un reddito non assoggettabile ad imposizione: infatti, se il reddito non è esente da imposta, la ritenuta è appunto un acconto, la cui definitiva congruità dovrà essere valutata in sede di consuntivo, il quale potrà evidenziare la sussistenza di un ulteriore debito o del diritto al rimborso; se invece il reddito non è assoggettato ad IRPEG, la ritenuta costituisce un’imposta “secca”, avendo evidentemente il legislatore ritenuto trattarsi comunque di una manifestazione di ricchezza, come tale assoggettabile a prelievo in via definitiva, in misura non ancorata all’ammontare complessivo dei redditi del contribuente” (richiamato e fatto proprio da Cass.n. ri 4021/2012 e 4509/2012);

poichè, nella fattispecie, è pacifico in causa che gli imponibili della contribuente sono stati sottratti a tassazione in tutti gli anni in discussione in virtù dell’esenzione oggettiva di cui alla L. n. 907 del 1977, art. 12, non vi è dubbio che la ritenuta operata debba essere qualificata come effettuata a titolo di imposta;

il ricorso, che non introduce argomenti idonei a discostarsi dai superiori principi, va, pertanto, rigettato;

le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo in favore dell’Agenzia delle entrate.

rigetta il ricorso.

PQM

condanna la ricorrente alla refusione, in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese processuali liquidate in complessivi Euro 4.000,00 oltre spese prenotate a debito;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale/ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2019

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