Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3463 del 15/02/2010
Cassazione civile sez. II, 15/02/2010, (ud. 10/11/2009, dep. 15/02/2010), n.3463
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –
Dott. MALZONE Ennio – rel. Consigliere –
Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –
Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –
Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 23248-2004 proposto da:
G.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA A. RIBOTY 23, presso lo studio dell’avvocato CECCHI CARLO,
che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LEONE FRANCO;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI SILVI in persona del Sindaco pro tempore;
– intimato –
avverso la sentenza n. 764/2003 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,
depositata il 25/09/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
10/11/2009 dal Consigliere Dott. ENNIO MALZONE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione notificata il 4.2.1991 il Comune di Silvi proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo di pagamento della somma di L. 67.807.000, oltre IVA e CPA, emesso dal Presidente del Tribunale dell’Aquila su istanza dell’avv. G.C. per crediti professionali,eccependone l’eccessività, perchè emessa sulla base di un’operazione tra minimi e massimi tariffari, senza tener conto dell’effettiva attività professionale realmente prestata.
Il Tribunale dell’Aquila con sentenza n. 90/96,revocato il decreto ingiuntivo, dichiarò che all’avv. G. competevano L. 8.000.000, quanto alla fase svoltasi dinanzi al T.R.A. e L. 7.500.000 quanto alla fase svoltasi davanti al Consiglio di Stato, compensando le spese.
La Corte di Appello dell’Aquila con sentenza n. 764/03, depositata il 23.9.03, sull’appello proposto dall’avv. G., dichiarava la nullità della sentenza impugnata,perchè emessa in assenza della richiesta di spedizione a sentenza della causa da parte dei difensori delle parti; ma, decidendo nel merito, revocava il decreto ingiuntivo opposto e condannava il Comune di Silvi a pagare all’avv. G. la somma di Euro 10.027,73 oltre IVA e interessi legali compensava per la metà le spese dei due gradi di giudizio e poneva l’altra metà a carico del Comune di Silvi.
Per la cassazione della decisione ricorre l’avv. G. esponendo tre motivi. Nessuna difesa è stata svolta dall’intimato.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per violazione della L. n. 2248 del 1865, art. 5 All. E e per difetto di motivazione nella parte in cui ha immotivatamente disapplicato il parere del Consiglio dell’Ordine, pur in assenza di contestazione circa l’effettivo svolgimento di quelle prestazioni.
Con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 2233 c.c. e dell’art. 5 tariffa professionale forense del 1985, nonchè difetto di motivazione, perchè, pur avendo ritenuto che l’opera prestata dall’avv. G., a prescindere dal risultato conseguito, dovesse essere valutata come importante per le questioni trattate, aveva liquidato l’onorario di primo grado al di sotto di un terzo dell’onorario medio e quello di appello meno di un quarto dell’onorario medio.
Con il terzo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per violazione del D.M. 14 febbraio 1992, n. 238, per non avere riconosciuto la rivalutazione monetaria e gli interessi sulla somma liquidata, bensì i solo interessi legali a far data dalla pubblicazione della sentenza.
Ben vero, per quanto attiene alla liquidazione della parcella professionale, vale osservare che non è vincolante il parere del competente Consiglio dell’Ordine professionale di appartenenza, che costituisce una semplice dichiarazione unilaterale, di tal che nell’ordinario processo di cognizione spetta al professionista fornire la prova dell’effettività delle prestazioni prestate e al giudice il potere-dovere di verificarne la fondatezza di fronte alla contestazione anche generica da parte del cliente (Cass. 31 marzo 2008 n. 8397).
Per quanto attiene la seconda e terza questione, la regola posta dall’art. 6 della tariffa professionale, secondo la quale, nelle cause di pagamento somme o liquidazione di danni, in parziale deroga al principio della determinazione del valore della controversia ex art. 10, si deve aver riguardo alla somma in concreto attribuita alla parte vincitrice anzichè a quella domandata, è interpretata nel senso che la somma da considerare è quella riconosciuta spettante con riferimento alla domanda medesima, con la conseguenza che non possono essere computati la rivalutazione,gli interessi le spese e i danni successivi alla proposizione della domanda giudiziale di primo grado (Cass. 4, febbr. 2005 n. 2274).
Ne consegue il rigetto del ricorso,senza statuizione sulle spese del presente giudizio,stante l’assenza dell’intimato.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 10 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2010