Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3462 del 12/02/2020

Cassazione civile sez. II, 12/02/2020, (ud. 28/11/2019, dep. 12/02/2020), n.3462

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28912/2015 R.G. proposto da:

Relax soc. coop. a r.l., in liquidazione e P.R.,

rappresentate e difese dagli Avv.ti Gianlorenzo Pedron e Roberto

Brocco per procura a margine del ricorso, elettivamente domiciliate

in Roma presso lo studio del secondo alla via Cavour n. 325;

– ricorrenti –

contro

H.R.M., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Lorenz

Steckholzer e Michela Reggio d’Aci per procura in calce al

controricorso, elettivamente domiciliata in Roma presso lo studio

della seconda alla via degli Scipioni n. 288;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Trento, sezione

distaccata di Bolzano, n. 156, depositata il 22 agosto 2015.

Udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Enrico Carbone nella

Camera di consiglio del 28 novembre 2019.

Letta la memoria depositata dalle ricorrenti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

atteso che:

– H.R.M., socia della cooperativa edilizia Relax, chiese ed ottenne presso il Tribunale di Bolzano, sezione distaccata di Bressanone, sentenza di trasferimento ex art. 2932 c.c., di un’unità abitativa per la quale assumeva saldato il prezzo di assegnazione; respinto il loro appello, la società Relax e P.R. (costei già presidente della cooperativa) hanno proposto ricorso per cassazione, articolando quattro motivi di censura.

– Il primo motivo denuncia nullità della sentenza o del procedimento in relazione agli artt. 163-bis, 164 c.p.c., per inosservanza del termine a comparire nella vocatio in ius di primo grado, esattamente nella riassunzione successiva a disposto mutamento di rito, con conseguente illegittima declaratoria di contumacia.

– Il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 342 c.p.c., per aver il giudice d’appello dichiarato indeterminato e quindi inammissibile il gravame sul mancato rispetto del termine a comparire, nonostante questa inosservanza cagioni un pregiudizio in re ipsa.

– Il terzo motivo denuncia violazione degli artt. 166,167,183 c.p.c., per non aver il giudice d’appello rilevato la lesione delle facoltà assertive e istruttorie causata dall’inosservanza del termine a comparire.

– Il quarto motivo denuncia violazione dell’art. 115 c.p.c., per aver il giudice d’appello ritenuto incontestato e quindi provato il fatto dell’integrale versamento del corrispettivo di assegnazione.

– Esaminato con priorità logica, il secondo motivo è infondato, posto che il ricorrente il quale censuri la statuizione di inammissibilità per aspecificità di un motivo d’appello ha l’onere di specificare le ragioni per le quali tale statuizione è erronea, ed è invece specifico il motivo di gravame (Cass. 20 settembre 2006, n. 20405; Cass. 16 ottobre 2007, n. 21621; Cass. 29 settembre 2017, n. 22880).

L’odierno ricorso si limita ad affermare che nulla avrebbe dovuto specificare l’atto d’appello riguardo all’inosservanza del termine a comparire di primo grado, in quanto il pregiudizio difensivo sarebbe in re ipsa.

La concreta vicenda processuale evidenzia, tuttavia, una stratificazione tale da esigere ben più congruo impegno di specificazione, ove solo si consideri che la sentenza del Tribunale qualificava la riassunzione di specie come una riassunzione “a comparire in udienza d’istruzione” ex art. 125 disp. att. c.p.c., comma 2, per essersi già tenuta l’udienza di prima comparizione (trascrizione a pag. 24-25 di controricorso).

In relazione a ciò, non ha violato l’art. 342 c.p.c., la ratio di inammissibilità espressa dalla sentenza d’appello: “gli appellanti hanno omesso di precisare quale concreta attività processuale essi non hanno potuto espletare a causa dell’eccepita violazione del contraddittorio e del diritto di difesa, nè quali effetti essa avrebbe potuto avere sulla decisione finale della causa” (pag. 12).

Respinto il secondo motivo del ricorso per cassazione, quindi confermata la declaratoria di inammissibilità del motivo d’appello sull’inosservanza del termine a comparire, divengono inammissibili il primo e il terzo motivo dell’odierno ricorso, essi concernendo ancora l’inosservanza di quel termine, aspetto ormai definito.

Peraltro, la denuncia per cassazione di un error in procedendo non è volta a soddisfare un astratto interesse alla regolarità formale dell’attività giudiziaria, bensì mira ad eliminare il concreto pregiudizio difensivo eventualmente causato dall’errore di processo, concreto pregiudizio che è onere del ricorrente specificare (Cass. 5 dicembre 2003, n. 18618; Cass. 21 febbraio 2008, n. 4435; Cass. 12 settembre 2011, n. 18635; Cass. 9 luglio 2014, n. 15676; Cass. 27 novembre 2017, n. 28229; Cass. 2 febbraio 2018, n. 2626).

Le odierne ricorrenti non hanno indicato un pregiudizio difensivo specifico e concreto, insistendo nella tesi del pregiudizio difensivo in re ipsa, d’inammissibile astrattezza viepiù chè la sentenza d’appello descrive la loro costante e attiva presenza lungo tutto l’accidentato corso processuale: esse si costituirono il giorno antecedente la prima udienza di comparizione del 9 giugno 2009 (pag. 6); e, dopo la riassunzione, ad onta della dichiarata contumacia, esse ottennero la fissazione di un’udienza a fini conciliativi, che pure disertarono (pag. 7-8).

– Con l’imputare al giudice d’appello di aver ritenuto saldato il prezzo dell’alloggio in forza di un’errata applicazione del principio di non contestazione, il quarto motivo dell’odierno ricorso palesa di non cogliere la ratio decidendi da quel giudice espressa, e pertanto si rivela inammissibile.

– Invero, lungi dall’applicare nel merito il principio di non contestazione, la sentenza d’appello ha dichiarato inammissibile il motivo di gravame circa l’applicazione fattane dal Tribunale (pag. 13-14).

– Pretermessa questa declaratoria di inammissibilità, l’odierna doglianza finisce con l’attingere direttamente il ragionamento probatorio del giudice di primo grado, mentre, fuori dei casi eccezionali di legge, il ricorso per cassazione ha per oggetto la sentenza d’appello, non quella di primo grado (Cass. 15 marzo 2006, n. 5637; Cass. 21 marzo 2014, n. 6733).

– Il ricorso deve essere respinto, con le conseguenze di legge in ordine al regolamento delle spese processuali e al raddoppio del contributo unificato.

PQM

Rigetta il ricorso.

Condanna le ricorrenti, in solido tra loro, a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.300,00 per compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte delle ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 28 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2020

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