Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34616 del 30/12/2019
Cassazione civile sez. trib., 30/12/2019, (ud. 20/11/2019, dep. 30/12/2019), n.34616
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –
Dott. NICASTRO Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 5192/2012 R.G. proposto da:
Perfetti Van Melle s.p.a., in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentata e difesa dagli Avv. Leonardo Perrone e
Giuseppe Marini, con domicilio eletto in Roma, via Giacomo Puccini,
n. 9, presso lo studio del primo;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n.
12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e
difende;
– controricorrente –
e contro
Agenzia delle entrate, Direzione provinciale (OMISSIS) di (OMISSIS),
in persona del Direttore pro tempore, con sede in (OMISSIS);
Agenzia delle entrate, Direzione provinciale (OMISSIS) di (OMISSIS),
Ufficio territoriale di (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, con sede in (OMISSIS);
Equitalia Esatri s.p.a., Agente della riscossione per la Provincia di
Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede
in Milano, viale dell’Innovazione, n. 1/B;
– intimate –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Lombardia n. 10/11/11, depositata il 31 gennaio 2011.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 20 novembre 2019
dal Consigliere Giuseppe Nicastro;
udito l’Avv. Leonardo Perrone per la ricorrente e l’Avv. dello Stato
Rocchitta Giammario per la controricorrente;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Tommaso Basile, che ha concluso chiedendo l’accoglimento
del ricorso principale.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. La Perfetti Van Melle s.p.a. esercitò la facoltà di rivalutare i beni d’impresa ai sensi della L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 10, comma 1, come modificato dalla legge finanziaria 2004, art. 2, comma 25 (L. 24 dicembre 2003, n. 350), versando l’imposta sostitutiva dovuta in base a quest’ultimo comma in tre rate annuali, senza applicare interessi sull’importo di quelle successive alla prima.
2. L’Equitalia Esatri s.p.a., Concessionario per la riscossione per la Provincia di Milano, notificò alla Perfetti Van Melle s.p.a. una cartella di pagamento che recava l’iscrizione a ruolo degli interessi, nella misura del 6 per cento annuo, sull’importo della seconda e della terza rata e della sanzione per l’omesso versamento degli stessi.
3. La cartella di pagamento fu impugnata davanti alla Commissione tributaria provinciale di Milano che accolse il ricorso della contribuente.
4. Avverso tale pronuncia, l’Agenzia delle entrate, Ufficio di Rho, propose appello alla Commissione tributaria regionale della Lombardia (hinc anche: “CTR”) che lo accolse con la motivazione che la L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 25, aveva “esclusivamente prorogato i termini per poter usufruire (…) della rivalutazione dei beni (…), senza modificare nel resto la L. n. 342 del 2000 (che) prevedeva (…) la possibilità di effettuare il pagamento dell’imposta sostitutiva in tre rate (di cui) la seconda e la terza (…) maggiorate degli interessi al tasso del 6% annuo” e che la “legge (n. 350 del 2003) nel ribadire la possibilità di pagamento rateale ha voluto solo confermare la possibilità di usufruire di questa agevolazione ma non modificare le altre condizioni”.
5. Avverso tale sentenza della CTR, depositata in segreteria il 31 gennaio 2011 e non notificata, ricorre per cassazione la Perfetti Van Melle s.p.a., che affida il proprio ricorso, notificato il 2/8-9 marzo 2012, a tre motivi.
6. L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso, notificato il 17 aprile 2012.
7. La Perfetti Van Melle s.p.a. ha depositato una memoria.
8. Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 20 novembre 2019, nella quale il Procuratore generale ha concluso come indicato in epigrafe.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione della L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 25, della L. n. 342 del 2000, art. 10, comma 1 e dell’art. 12 preleggi, per avere la CTR reputato dovuti gli interessi sull’importo della seconda e della terza rata dell’imposta sostitutiva, nonostante la L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 25, prevedesse delle modalità di versamento di tale imposta diverse da quelle stabilite dalla (non richiamata) L. n. 342 del 2000, art. 12 e, in particolare, l’obbligo di versarla in tre rate, con la conseguente coerente mancata previsione della corresponsione di interessi.
2. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la falsa applicazione della L. n. 342 del 2000, art. 12, comma 2, per avere la CTR affermato che gli interessi sull’importo della seconda e della terza rata dell’imposta sostitutiva erano della misura del 6 per cento annuo stabilita da detto art. 12, comma 2, norma che invece, in quanto non richiamata dalla L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 25, non era pertinente alla rivalutazione dei beni delle imprese ai sensi di quest’ultima disposizione.
3. Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 8, della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 6 e della L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 25, per avere la CTR implicitamente rigettato la propria domanda di dichiarare non applicabili le sanzioni per la sussistenza di obiettive condizioni di incertezza sulla portata di quest’ultima disposizione.
4. Il primo motivo è fondato.
Questa Corte ha infatti più volte ribadito – affermando un principio che è ormai consolidato e che è condiviso da questo collegio – che la pacifica circostanza che la L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 25, abbia fissato le modalità di pagamento dell’imposta sostitutiva dovuta in base a tale comma stabilendone espressamente il versamento “in tre rate annuali, entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi, rispettivamente secondo i seguenti importi: 50 per cento nel 2004, 25 per cento nel 2005 e 25 per cento nel 2006” porta a escludere la possibilità che sugli importi delle rate del 2005 e del 2006, tempestivamente versate entro lo stabilito termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi per tali anni, potessero maturare interessi di sorta. Ciò in quanto si deve ritenere che, nel caso in cui l’obbligazione tributaria sia stata assolta nel termine stabilito dal legislatore, non possano maturare accessori di sorta, dato che, prima di tale termine, non si può reputare che la stessa obbligazione sia venuta a scadenza e che, per l’effetto, sia sorto il diritto dell’amministrazione finanziaria alla corresponsione di interessi (Cass., 16/10/2012, n. 17753, 17/10/2012, n. 17808, 05/08/2016, n. 16474, 08/02/2017, n. 3354).
5. L’accoglimento del primo motivo di ricorso comporta l’assorbimento del secondo e del terzo motivo.
6. Il ricorso deve, quindi, essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al primo motivo. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con l’accoglimento del ricorso introduttivo della contribuente.
7. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., comma 1 e sono liquidate come indicato in dispositivo. In considerazione della maturazione solo in corso di causa della soluzione sopra seguita, le spese processuali dei giudizi di merito devono invece essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti il secondo e il terzo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della società contribuente; condanna l’Agenzia delle entrate al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.200,00, oltre agli accessori di legge e alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento; dichiara compensate tra le parti le spese processuali dei giudizi di merito.
Così deciso in Roma, il 20 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2019