Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3461 del 12/02/2020

Cassazione civile sez. II, 12/02/2020, (ud. 19/09/2019, dep. 12/02/2020), n.3461

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22411/2015 proposto da:

M.G.N., e V.D., rappresentati e difesi

dall’Avvocato ANTONIO SESTA ed elettivamente domiciliati a Roma, via

Garigliano 11, presso lo studio dell’Avvocato NICOLA MAIONE, per

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MA.VI., rappresentato e difeso dall’Avvocato NICOLA

GRIPPA ed elettivamente domiciliato a Roma, via G.G. Belli 96,

presso lo studio dell’Avvocato ALESSANDRA ABBATE, per procura

speciale a margine del controricorso;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

nonchè

EURODUEMILA DI C.R. E C. S.N.C., rappresentata e difesa

dall’Avvocato NICOLA GRIPPA ed elettivamente domiciliata a Roma, via

G.G. Belli 96, presso lo studio dell’Avvocato ALESSANDRA ABBATE, per

procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 70/2015 della CORTE D’APPELLO DI LECCE –

SEZIONE DISTACCATA DI TARANTO, depositata il 16/2/2015;

udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del

19/9/2019 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DONGIACOMO;

sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto

Procuratore Generale della Repubblica, Dott. CELESTE Alberto, il

quale ha concluso per il rigetto del ricorso principale e per

l’accoglimento del ricorso incidentale;

sentito, per i ricorrenti, l’Avvocato SIMONA SERAFINO;

sentito, per i controricorrenti, l’Avvocato NICOLA GRIPPA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con citazione notificata il 30/3/2006, l’Euroduemila s.n.c. ha convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Taranto, M.G.N. e V.D., per far dichiarare improduttivo di effetti il contratto preliminare con il quale, in data 23/6/2005, la società attrice aveva promesso in vendita ai convenuti un terreno in (OMISSIS) ed il fabbricato sullo stesso insistente.

I convenuti si sono costituiti in giudizio ed hanno proposto domanda riconvenzionale chiedendo, in via principale, la pronuncia di sentenza ai sensi dell’art. 2932 c.c., ed, in via gradata, la risoluzione del contratto per inadempimento del promittente venditore.

I convenuti, inoltre, hanno chiamato in causa l’ing. Ma.Vi., chiedendo la sua condanna al risarcimento dei danni.

Il Ma. si è costituito in giudizio deducendo l’infondatezza delle domande proposte.

Il tribunale, con la sentenza n. 1152 del 2010, ha dichiarato l’inefficacia del contratto preliminare stipulato tra le parti ed ha condannato i convenuti al pagamento in favore della società attrice della somma di Euro 25.000,00, per l’utilizzazione dell’immobile da parte degli stessi per le stagioni estive degli anni 2005, 2006, 2007, 2008 e 2009. Il tribunale, invece, ha rigettato le domande riconvenzionali proposte dai convenuti tanto verso l’attrice, quanto verso il terzo chiamato in causa.

Il tribunale, in sostanza, ha ritenuto, per un verso, che l’efficacia del preliminare fosse subordinata alla condizione che, entro il 30/10/2005, i promittenti acquirenti ricevessero l’erogazione del mutuo, evento che, però, non si era verificato, e, per altro verso, che la promittente venditrice, che in base al regolamento negoziale avrebbe dovuto ottenere la restituzione dell’immobile e restituire la caparra di Euro 20.000,00, aveva il diritto di trattenere tale somma quale compenso per il godimento, da parte dei promissari acquirenti, dell’immobile per quattro stagioni estive (2006, 2007, 2008 e 2009), oltre alla somma di Euro 5.000,00.

M.G.N. e V.D. hanno proposto appello deducendo, tra l’altro, che: – la validità del negozio era stata subordinata all’approvazione, da parte della banca, della documentazione tecnica ed al conseguente rilascio del mutuo; – la mancata concessione del mutuo aveva, quindi, determinato la nullità del contratto, con i conseguenti effetti restitutori; – il giudice avrebbe dovuto dichiarare, d’ufficio, la nullità del contratto preliminare; – non era configurabile l’inadempimento da parte dei promissari acquirenti per non aver ottenuto il mutuo; – la data del 30/10/2005 non poteva essere intesa come termine essenziale; – gli appellanti avevano chiesto, in via riconvenzionale, l’esecuzione in forma specifica del contratto preliminare o, in subordine, la sua risoluzione per inadempimento della dante causa; – l’immobile oggetto del preliminare era giuridicamente inesistente in quanto mai denunciato, ed era abusivo, come desumibile dall’inesistenza del manufatto nel rilievo aereo fotogrammetrico, dal rifiuto da parte dei notai di rogare l’atto definitivo per abusività della costruzione, dalle deposizioni rese dai notai P. e S. e dalla mancata comparizione del legale rappresentante dalla società promittente venditrice a rendere il deferito interrogatorio formale; – la società Euroduemila, infine, non aveva diritto ad alcuna indennità per la detenzione, la cui misura, peraltro, era stata determinata iniquamente.

La società Euroduemila, dal suo canto, ha contestato i motivi di gravame deducendo, in particolare, che: – il tribunale aveva dichiarato l’inefficacia del contratto per il mancato avveramento della condizione risolutiva, essendo, infatti, emerso che gli appellanti non avevano ottenuto il mutuo entro il termine del 30/10/2005; le domande proposte dalla controparte presupponevano la validità del contratto preliminare; – la società aveva il diritto all’ulteriore somma di Euro 5.000,00, per avere la controparte continuato a detenere l’immobile fino al 18/9/2010, quando era stato rilasciato.

L’ing. Ma., infine, contestata ogni scorrettezza addebitatagli, ha dedotto che il contratto era venuto meno per circostanze oggettive.

La corte d’appello di Lecce, con la sentenza in epigrafe, in parziale accoglimento dell’appello principale proposto da M.G.N. e V.D. e dell’appello incidentale proposto dalla s.n.c. Euroduemila, ha, sia pure in parte, riformato la pronuncia del tribunale.

La corte, in particolare, ha dichiarato la nullità del contratto preliminare stipulato tra le parti in data 23/6/2005, ha condannato gli appellanti al pagamento, in favore dell’Euroduemila, dell’ulteriore somma di Euro 5.000,00, ed ha dichiarato la compensazione tra le parti delle spese di lite tanto per il primo quanto il secondo grado, confermando, per il resto, la sentenza impugnata.

La corte, in particolare, dopo aver premesso che: – le parti avevano proposto domande (l’attrice, di sopravvenuta inefficacia del contratto per mancato avveramento della condizione ovvero sua risoluzione o recesso della promittente venditrice; i convenuti, di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c., o di risoluzione del contratto) che implicavano il pregiudiziale esame della validità del contratto; – il rilievo ex officio di una nullità negoziale, sotto qualsiasi profilo ed anche ove sia configurabile una nullità speciale o “di protezione”, deve ritenersi consentito, semprechè la pretesa azionata non venga rigettata in base ad una individuata “ragione più liquida”, in tutte le ipotesi di impugnativa negoziale (adempimento, risoluzione per qualsiasi motivo, annullamento, rescissione); – nella comparsa di risposta nel giudizio di primo grado, i convenuti avevano denunciato che “l’abitazione promessa in vendita risultava abusiva”; – a fronte di tale deduzione, non erano stati offerti elementi certi per sostenere la regolarità urbanistica dell’immobile: in particolare, non risulta allegata la licenza o la concessione edilizia pertinente, neppure richiamate nella scrittura negoziale; in data 14/2/2011, il rapporto della polizia municipale di (OMISSIS) descrive l’esistenza, sul lotto di proprietà della Euroduemila, di un villino realizzato in assenza di titolo abilitativo; il legale rappresentante della società Euroduemila non si è comparso a rendere l’interrogatorio formale, afferente anche la circostanza che “l’abitazione promessa in vendita risultava ancora abusiva”; il notaio S. ha riferito che l’immobile le appariva insuscettibile di ottenere la sanatoria; ha ritenuto, in forza di tali emergenze probatorie, che il manufatto, in assenza di un titolo amministrativo che legittimasse la costruzione, era abusivo.

La corte, quindi, in forza di tale accertamento, ha dichiarato la nullità del contratto preliminare: ed infatti, ha osservato la corte, il contratto preliminare di vendita di un immobile irregolare dal punto di vista urbanistico è nullo per la comminatoria di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 40, comma 2, che, sia pur riferita agli atti di trasferimento con immediata efficacia reale, si estende al preliminare, con efficacia meramente obbligatoria, in quanto avente ad oggetto la stipulazione di un contratto definitivo nullo per contrarietà a norma imperativa.

In ogni caso, ha aggiunto la corte, la nullità del contratto discende dal comb. disp. degli artt. 1346 e 1418 c.c., avendo il negozio un oggetto illecito, ossia un bene non conforme alle disposizioni urbanistiche.

La corte, quindi, dopo aver escluso che la nullità potesse essere limitata al solo manufatto edilizio, con esclusione del terreno pertinenziale, posto che i contraenti non lo avrebbero concluso senza la parte affetta dalla nullità che, nell’economia del contratto, ha assolto una funzione determinante, ha ritenuto che dalla nullità del negozio discende la necessità delle pertinenti restituzioni: i promissari acquirenti, quindi, sono tenuti a riconsegnare l’immobile mentre la promittente venditrice è tenuta a restituire la caparra di Euro 25.000,00.

Al riguardo, tenuto conto che i coniugi M. hanno ricevuto il possesso del bene contestualmente al contratto e che tale possesso è stato dagli stessi conservato fino alla riconsegna, avvenuta nell’autunno del 2010, e che le parti avevano determinato in Euro 5.000,00 il compenso per il possesso nei mesi estivi del 2005, secondo una stima annua che può ritenersi attendibile e congrua in quanto proveniente dai diretti interessati, la corte d’appello ha ritenuto che il tribunale aveva correttamente determinato, in base a tale stima ed al periodo di possesso, in Euro 25.000,00 il compenso globale per il possesso dell’immobile per cinque anni, al quale va, però, aggiunta l’ulteriore somma di Euro 5.000,00 per l’anno 2010 (con domanda che appare ammissibile ai sensi dell’art. 345 c.p.c., comma 1, trattandosi di pregiudizio economico sopravvenuto alla sentenza).

La corte, quindi, esclusa la sussistenza di ulteriori danni e valutato “il peculiare esito del giudizio, il parziale accoglimento di entrambi i gravami, la rilevabilità ex officio della nullità fin dal giudizio di I grado, la riconducibilità di siffatta sanzione a fatto della promittente venditrice, l’inesistenza di ragioni di garanzia verso l’ing. Ma.”, ha disposto la compensazione delle spese di lite tra le parti per entrambi i gradi.

M.G.N. e V.D., con ricorso notificato l’11/9/2015, hanno chiesto, per due motivi, la cassazione della sentenza resa dalla corte d’appello.

Hanno resistito, con controricorsi notificato il 14/10/2015, tanto la s.n.c. Euroduemila di C.R. e C., quanto Ma.Vi. ciascuno dei quali, la prima per tre motivi, il secondo per due motivi, ha proposto ricorso incidentale.

I ricorrenti, a loro volta, con controricorsi notificati il 24/11/2015, hanno resistito ai ricorsi incidentali deducendo, tra l’altro, l’inammissibilità dei ricorsi incidentali per avere i controricorrenti prestato tacita acquiescenza, ai sensi dell’art. 329 c.p.c., alla sentenza impugnata, come emerge sia “dal tono dell’atto d’intervento nelle procedure esecutive… celebrate innanzi al Tribunale di Bari… depositato in data 20.02.2015”, sia “dalle domande articolate al verbale dell’udienza del 24.02.2015, sempre con riferimento alla procedure esecutive di cui sopra, laddove il difensore intervenuto per Euroduemila s.n.c. si è così espresso: “con riferimento al credito portato dalla sentenza emessa dal Tribunale di Taranto n. 1152/2010, poichè la stessa è stata riformata in ordine alla condanna alle spese, dichiara che null’altro dovrà essere riconosciuto nè ad Euroduemila s.n.c., nè all’ing. Ma.Vi.”.

I controricorrenti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo, i ricorrenti principali, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1223,1226,1418,2697 e 2702 c.c. e degli artt. 112 e 115 c.p.c., hanno censurato la sentenza impugnata (ed, in quanto ivi richiamata, anche la sentenza resa dal giudice di primo grado) nella parte in cui la corte d’appello, dopo aver evidenziato che i coniugi M. avevano ricevuto il possesso del bene contestualmente al contratto e che tale possesso era stato dagli stessi conservato fino alla riconsegna, avvenuta nell’autunno del 2010, e che le parti avevano determinato in Euro 5.000,00 il compenso per il possesso nei mesi estivi del 2005, secondo una stima annua che può ritenersi attendibile e congrua in quanto proveniente dai diretti interessati, ha ritenuto che il tribunale avesse correttamente determinato, in base a tale stima e al periodo di possesso, in Euro 25.000,00 il compenso globale per il possesso dell’immobile per cinque anni, aggiungendo l’ulteriore somma di Euro 5.000,00 per l’anno 2010.

1.2. Così facendo, tuttavia, hanno osservato i ricorrenti, la corte non ha considerato che la dichiarazione di nullità del contratto ha effetto retroattivo e che la pronuncia della stessa corte, che ha dichiaratamente riguardato l’intero contratto preliminare, ha fatto venir meno qualsiasi patto accessorio contenuto nel preliminare del 25/6/2013, con la conseguente necessità di applicare le norme ordinarie sulla ripetizione dell’indebito e limitarsi, quindi, alla condanna della società Euroduemila alla restituzione, in favore dei promissari acquirente della somma di Euro 25.000,00. Una volta dichiarata la nullità del titolo, in effetti, nulla poteva essere riconosciuto all’Euroduemila a titolo di “compenso” per il godimento dell’immobile da parte dei coniugi M. – V., potendosi, al più, parlare di danno da occupazione senza titolo che, però, presuppone una domanda specifica che l’Euroduemila non ha mai proposto. La pronuncia della condanna al pagamento del compenso è stata, dunque, resa in violazione dell’art. 112 c.p.c..

1.3. Del resto, hanno aggiunto i ricorrenti, ove mai una simile domanda di danni fosse rinvenuta, l’Euroduemila non ha svolto alcuna attività volta a dimostrare l’esistenza e l’entità di tali danni, per cui l’an debeatur, al pari del quantum debeatur, sono rimasti privi di prova.

1.4. La nullità della clausola, secondo la quale “nel caso in cui le parti saranno inadempienti, il promittente venditore restituirà la caparra confirmatoria pari a Euro 20.000,00,… la restante somma di Euro 5.000,00… sarà trattenuta dal promittente venditore a titolo di compenso per il possesso goduto nei mesi di Luglio – Agosto – Settembre 2005”, escludeva, quindi, hanno proseguito i ricorrenti, che la stessa potesse fungere da parametro sia per quantificare il compenso per il possesso da parte dei promissari acquirenti, che per quantificare il mai chiesto danno da occupazione senza titolo.

1.5. Nè risulta corretto, hanno aggiunto i ricorrenti, il ricorso alla quantificazione in via equitativa, la quale, infatti, in caso di prestazione squisitamente patrimoniale, non è ammissibile ed è, in ogni caso, sussidiaria, potendo avvenire solo lì dove non è possibile determinare l’entità del danno in base a parametri oggettivi ed il giudice dia conto delle relative ragioni nella motivazione. Nel caso di specie, al contrario, il giudice non ha esplicitato alcuna ragione tale da giustificare, in deroga rispetto ai principi previsti dagli artt. 1223 e 2697 c.c., la quantificazione secondo equità del compenso o del danno per occupazione senza titolo.

1.6. Il ricorso alle nozioni che rientrano nella comune esperienza, previsto dall’art. 115 c.p.c., comma 2, non può essere utilizzato dal giudice per quantificare il compenso per il possesso di un immobile o il danno per occupazione senza titolo.

2.1. Con il secondo motivo, i ricorrenti principali, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2, hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che, per il peculiare esito del giudizio, nel quale sono stati parzialmente accolti entrambi i gravami e non residuano ragioni di garanzia nei confronti dell’ing. Ma., le spese di lite dovessero essere compensate tra le parti per entrambi i gradi.

2.2. Così facendo, però, hanno osservato i ricorrenti, la corte non ha considerato che, se si fosse attenuta alla corretta applicazione di tutte le conseguenze giuridiche derivanti dalla nullità del contratto preliminare di vendita, la causa si sarebbe conclusa con l’integrale rigetto di ogni istanza articolata dall’Euroduemila, la quale, pertanto, in base all’art. 92 c.p.c., comma 1, avrebbe dovuto sostenere tutte le spese di difesa dei ricorrenti.

3.1. Con il primo motivo di ricorso incidentale, la s.n.c. Euroduemila, lamentando la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost., art. 183 c.p.c. e art. 101 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha dichiarato, d’ufficio, la nullità del contratto preliminare di compravendita del 23/6/2005.

3.2. Così facendo, infatti, ha osservato la società controricorrente, la corte d’appello ha deciso di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d’ufficio senza avere, tuttavia, preliminarmente adempiuto all’obbligo di provocare il contraddittorio su tale questione. La corte, infatti, in forza del principio già ricavabile dagli artt. 24 e 111 Cost., poi recepito dall’art. 183 c.p.c., comma 4 e art. 384 c.p.c., comma 3, ed, infine, previsto, con norma di portata generale, dall’art. 101 c.p.c., comma 2, nel testo introdotto dalla L. n. 69 del 2009, avrebbe dovuto sottoporre alle parti la questione assegnando loro un termine per il deposito in cancelleria di memorie contenenti osservazioni sulla medesima questione.

3.3. La corte, invece, come si evince dai verbali d’udienza, non ha mai sottoposto alle parti la questione, che ha rilevato d’ufficio, della possibile nullità del contratto preliminare, nè ha concesso alle stesse termine per le osservazioni sulla questione.

4.1. Con il secondo motivo di ricorso incidentale, la società controricorrente, lamentando la violazione degli artt. 2909 c.c., artt. 112,324 e 342 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, in tema di giudicato implicito circa la validità del contratto, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello non ha considerato che sulla questione della validità del contratto si era formato, anche implicitamente, il giudicato.

4.2. Il tribunale, infatti, decidendo nel merito, ha pronunciato l’inefficacia del contratto preliminare ritenendo implicitamente che lo stesso fosse valido. Gli appellanti, del resto, proponendo appello, non hanno sollevato alcuna censura in ordine alla validità del contrato, proponendo, infatti, domanda di esecuzione in forma specifica ed, in via subordinata, di risoluzione dello stesso per inadempimento, implicitamente ammettendo la sua validità.

5.1. Con il terzo motivo di ricorso incidentale, la società controricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione del comb. disp. degli artt. 1346 e 1418 c.c. e della L. n. 47 del 1985, art. 40, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha dichiarato d’ufficio la nullità del contratto preliminare di compravendita del 23/6/2005 ritenendo che l’immobile oggetto dello stesso fosse privo di licenza o di concessione edilizia.

5.2. Così facendo, però, ha osservato la controricorrente, la corte d’appello non ha considerato, per un verso, che il contratto preliminare ha, come allegato, oltre all’atto di compravendita del 13/10/2003, che costituisce il titolo di proprietà dell’immobile in capo alla società Euroduemila, anche l’atto di convalida dell’11/2/2004, il quale tiene luogo della licenza edilizia, e, per altro verso, che l’immobile in questione risale incontestatamente a data anteriore al 1/9/1967.

5.3. La corte, quindi, ha proseguito la ricorrente incidentale, non poteva dichiarare la nullità del contratto dal momento che, per gli immobili edificati in data anteriore rispetto all’1/9/1967, la legge non prescrive, ai fini della loro commerciabilità, la presenza del titolo edilizio.

5.4. D’altra parte, ha aggiunto la società controricorrente, la L. n. 47 del 1985, art. 40, comma 2, non trova applicazione nei confronti del contratto preliminare, che ha effetti obbligatori e non reali. In ogni caso, ha proseguito, la nullità del contratto preliminare può essere pronunciata solo laddove emerga una nullità di carattere sostanziale, e cioè solo se viene accertato che l’immobile è effettivamente abusivo e non anche quando l’atto di trasferimento non contenga le indicazioni e gli estremi prescritti. Nel caso di specie, quindi, è del tutto irrilevante la mancanza del titolo abilitativo.

6.1. Con il primo motivo di ricorso incidentale, Ma.Vi., lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost. e del comb. disp. degli artt. 91,92 e 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello, nonostante il rigetto – tanto in primo, quanto in secondo grado – delle domande al risarcimento dei danni proposte nei suoi confronti dai convenuti, ha ritenuto di disporre la compensazione delle spese, la quale, tuttavia, a norma dell’art. 92 c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis, può essere disposta solo se vi è soccombenza reciproca o ricorrono giusti motivi.

6.2. Nel caso in esame, tuttavia, ha osservato il ricorrente incidentale, non solo non vi è stata la soccombenza reciproca, visto che le domande proposte sono state rigettate, ma le motivazioni addotte dalla corte d’appello per giustificare la compensazione delle spese per i due gradi di giudizio, oltre che apparire generiche e inconsistenti, non riguardano la posizione sostanziale e processuale del Ma., che non è stato parte del contratto preliminare.

7.1. Con il secondo motivo di ricorso incidentale, Ma.Vi., lamentando la nullità della sentenza per violazione dell’art. 111 Cost. e art. 132 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha motivato la compensazione delle spese per i due gradi di giudizio in ragione de “il peculiare esito del giudizio, il parziale accoglimento di entrambi i gravami, la rilevabilità ex officio della nullità fin dal giudizio di I grado, la riconducibilità di siffatta sanzione a fatto della promittente venditrice, l’inesistenza di ragioni di garanzia verso l’ing. Ma.”, fornendo, in tal modo, una motivazione apparente, perplessa ovvero viziata da irriducibile contraddittorietà e illogicità manifesta.

7.2. Le ragioni addotte dalla corte, infatti, ha osservato il ricorrente incidentale, sono prive di giustificazione razionale, se si considera, per un verso, che le domande proposte nei suoi confronti sono state rigettate e, per altro verso, che la nullità che la corte ha rilevato d’ufficio riguarda un contratto al quale egli è rimasto estraneo.

8. I motivi di ricorso incidentale articolati dalla società controricorrente, nella misura in cui riguardando la correttezza, tanto sul piano processuale, quanto sul piano sostanziale, della statuizione con la quale la corte d’appello ha dichiarato, in via ufficiosa, la nullità del contratto preliminare, devono essere esaminati in via prioritaria.

9. Escluso, in particolare, per l’evidente difetto del requisito della precisione e della univocità, che la società controricorrente, in relazione agli atti in precedenza descritti, abbia prestato acquiescenza tacita alla sentenza che ha impugnato, la quale, infatti, richiede che l’interessato, dopo la pubblicazione della sentenza, abbia posto in essere atti dai quali sia possibile desumere, in maniera precisa ed univoca, il proposito di non contrastare, in tutto o in parte, gli effetti giuridici della pronuncia (Cass. n. 7181 del 2018), la Corte ritiene che il primo motivo del ricorso è infondato. Le Sezioni Unite di questa Corte, infatti, con la sentenza n. 26242 del 2014, hanno già avuto modo di affermare che, nel caso – come quello di specie – di mancata rilevazione della nullità da parte del giudice di primo grado, la pronuncia di accoglimento della domanda (di adempimento, di risoluzione, di rescissione, di annullamento del contratto) è idonea alla formazione del giudicato implicito sulla validità del negozio: fermo restando, tuttavia, il potere del giudice d’appello di rilevarne, in via ufficiosa, la nullità.

10. Il terzo motivo del ricorso incidentale della società controricorrente è, invece, fondato, con assorbimento del secondo. La sanzione della nullità prevista dalla L. n. 47 del 1985, art. 40, per i negozi relativi a immobili edificati senza la necessaria concessione edificatoria, trova, infatti, applicazione, in caso di mancata indicazione negli atti ivi previsti degli estremi del titolo abilitativo, ai soli contratti con effetti traslativi e non anche a quelli con efficacia obbligatoria, come il preliminare di vendita (cfr. Cass. SU n. 8230 del 2019, in motiv.).

11. Restano assorbiti tutti i motivi del ricorso principale e dell’altro ricorso incidentale.

12. Il ricorso incidentale dell’Euroduemila s.n.c. dev’essere, quindi, accolto e la sentenza impugnata, per l’effetto, cassata con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Lecce, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte così provvede: accoglie il secondo motivo del ricorso incidentale proposto dalla Euroduemila di C.R. e C. s.n.c.; rigetta il primo; assorbiti il terzo motivo dello stesso ricorso e tutti i motivi del ricorso principale e dell’altro ricorso incidentale; cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Lecce, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 19 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2020

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