Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3460 del 11/02/2011

Cassazione civile sez. III, 11/02/2011, (ud. 19/01/2011, dep. 11/02/2011), n.3460

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

R.M., (OMISSIS), elettivamente domiciliatA in ROMA,

VIA DI CAMPO MARZIO 69, presso lo studio dell’avvocato D’ALESSANDRO

VINICIO, che la rappresenta e difende giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

BANCA ROMA SPA, (OMISSIS), in persona dei Sigg.ri Dott. S.

M. e Dott. F.G., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA G G PORRO 15, presso lo studio dell’avvocato SANTOSUOSSO

DANIELE UMBERTO, che la rappresenta e difende, giusta comparsa di

costituzione in atti;

– controricorrente –

e contro

P.L.;

– intimato –

sul ricorso 28636-2006 proposto da:

P.L., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA DOMENICO CIMAROSA 13, presso lo studio dell’avvocato TROIANI

MARCELLO, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del

controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente –

contro

BANCA ROMA SPA, in persona dei Sigg.ri Dott. S.M. e

Dott. F.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G G

PORRO 15, presso lo studio dell’avvocato SANTOSUOSSO DANIELE UMBERTO

che la rappresenta e difende, giusta comparsa di costituzione in

atti.

– controricorrente –

e contro

R.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1494/2004 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

Sezione Seconda Civile, emessa il 20/01/2006, depositata il

25/03/2004; R.G.N. 6487/2001.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/01/2011 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO;

udito l’Avvocato Vinicio D’ALESSANDRO;

udito l’Avvocato ETTORE CERAS (per delega Avv. Daniele SANTOSUOSSO);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale e del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.1. La Banca di Roma propone, con atto di citazione notificato il 30/31 ottobre 1997, opposizione di terzo ex art. 404 cpv. c.p.c. avverso la sentenza n. 8300/94 del Tribunale di Roma, con la quale è stato dichiarato avvenuto il trasferimento da P.L. a R. M. di alcuni beni immobili, parte dei quali costituiva l’oggetto di una procedura esecutiva, già pendente dinanzi al Tribunale di Torino (al n. 723/94 r.g.e. Trib. Torino ad istanza di Banca Popolare Pesarese) contro P.L., nella quale è intervenuta la stessa odierna ricorrente, opposta ex art. 619 c.p.c. dalla R. con ricorso dep. il 13.12.95. La Banca di Roma deduce di avere appreso della collusione solo con la ricezione, presso la sua sede, della relazione di C.T.U. espletata nel corso dell’opposizione ex art. 619 c.p.c. e, nel merito, ascrive la sentenza ad un accordo collusivo tra le parti, diretto a sottrarre i beni ai creditori.

1.2. Si costituisce solo la R., contestando ammissibilità e fondatezza dell’opposizione, mentre il P. resta contumace.

1.3. Il tribunale di Roma dichiara inammissibile l’opposizione, individuando la decorrenza del termine per proporla nella data del dispiegamento dell’opposizione di terzo od al più tardi in quella di acquisizione della conoscenza della C.T.U. da parte del procuratore della Banca opponente.

2. A seguito del gravame dell’opponente, la corte di appello:

2.1. dichiara invece, con una prima sentenza (n. 1404/04, pubbl. il 25.3.04), ammissibile l’opposizione, individuando la decorrenza del termine dalla conoscenza effettiva, che coincide con l’arrivo di copia della C.T.U. del processo di opposizione ex art. 619 c.p.c.;

2.2. con una seconda sentenza (n. 2140/06, pubbl. addì 11.5.06), riconosce nel merito fondata l’opposizione, dichiarando inefficace la sentenza opposta ed il trasferimento di diritti reali immobiliari che ne è oggetto, in quanto effetto di collusione ed al riguardo argomentando: dalla sussistenza di un rapporto di familiarità tra le parti, dalla coincidenza temporale tra l’operazione ed il momento di risoluzione dei rapporti tra la Banca di Roma e la Piana srl garantita dal P., dalla mancanza di tracce dei pagamenti del prezzo, dalla tardività – e dall’implausibilità di mancanza di prove – della versione della sussistenza di pregressi prestiti da parte della R. e dalla condotta delle parti del processo di verificazione.

2.3. Propone ricorso per cassazione R.M., articolandolo su quattro motivi; resistono con controricorso anche Capitalia J.V. srl, deducendo la sua qualità di mandataria della succeditrice di Banca di Roma spa, nonchè P.L., che aderisce al ricorso principale e propone ricorso incidentale affidato ad un solo motivo;

proposto controricorso dalla Capitalia J.V. anche avverso quest’ultimo, nessuna delle parti deposita memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

2.4. Per la pubblica udienza del 19.1.11 si costituisce UniCredit Credit Management Bank spa, deducendo la sua successione nel credito per il quale già stava procedendo la creditrice; e svolgono la discussione orale quest’ultima e la ricorrente principale R..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. In via preliminare va osservato che:

3.1. i due ricorsi, quello principale proposto da R.M. e quello incidentale proposto da P.L., vanno riuniti, siccome aventi ad oggetto le medesime pronunce;

3.2. è invece inammissibile l’intervento di UniCredit Credit Management Bank spa, non essendo nemmeno previsto nel giudizio di legittimità;

3.3. inoltre, pur trattandosi di ricorso congiunto avverso una sentenza non definitiva anteriore al 2.3.06 ed altra a tale data successiva, va unitariamente applicato il rito regolato dalla riforma di cui al D.Lgs. 2 febbraio 2006 n. 40: infatti, l’esercizio del diritto di impugnazione avverso la prima poteva avvenire “unitamente” alla sentenza definitiva e, quindi, a far tempo dalla sua pubblicazione, ragione per cui la sentenza non definitiva si intende figurativamente – se non altro ai fini dell’individuazione del regime della sua impugnazione, altrimenti dipendente in generale dal tempo della sua pubblicazione (tra le molte: Cass. S.U. 20 dicembre 2006 n. 27172, Cass. S.U. 27 luglio 2007 n. 16618) – pronunciata nella stessa data della definitiva, come parte o frazione della decisione dell’intera controversia (Cass., ord. 6 maggio 2009 n. 10432).

4. Ciò posto, va rilevato che:

4.1. la R. propone quattro motivi a sostegno del suo ricorso:

4.1.1. un primo motivo, di “violazione dell’art. 2697 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c. – illogicità della motivazione”, che si conclude con il seguente quesito: “può il giudice nel procedimento ex art. 404 c.p.c., comma 2, presumere ex art. 2727 c.c. i presupposti di fatto essenziali all’ammissibilità dell’azione e ammettere la domanda fuori dei termini di cui all’art. 326 c.p.c. senza che l’attore fornisca nessuna prova dell’epoca, dell’esistenza e della consistenza del dolo o della collusione?”;

4.1.2. un secondo motivo, di “violazione dell’art. 404, comma 2, in relazione all’art. 2901 c.c.. Omessa motivazione”, che si conclude con il seguente quesito: “l’atto negoziale con scrittura autentica accertata dal giudice è diverso dallo stesso atto redatto con scrittura privata autenticata da notaio? Se due atti aventi la stessa efficacia giuridica possono avere un diverso regime di impugnazione, non si crea una disparità di trattamento per il fatto che l’atto in frode al creditore redatto da notaio può essere dichiarato inefficace alle condizioni previste dall’art. 2901 c.c. solo nei confronti dell’opponente, mentre lo stesso atto in frode al creditore sottoposto al regime del art. 404 c.p.c., comma 2, oltre ad avere più facile pronuncia, potendosi presumere la collusione, viene travolto da inefficacia valevole erga omnes?”;

4.1.3 un terzo motivo, di “falsa applicazione dell’art. 404 c.p.c. Violazione dell’art. 112 c.p.c.. Errata interpretazione dei fatti e grave difetto di motivazione”, che si conclude con il seguente quesito: “qual è la nozione pratica di dolo o collusione astrattamente individuata dall’art. 404 c.p.c. ed in che misura l’evento collusivo deve incidere sulla decisione del giudice per ingenerare la ragionevole certezza che quella sentenza non rappresenta, come dovrebbe, l’attuazione della concreta volontà della legge? Può essere sufficiente all’opponente in revocatoria ex art. 404 c.p.c. provare soltanto che ci fu collusione senza dimostrare che questa influì negativamente sulla sentenza? La eventuale collusione negoziale verificatasi molto tempo prima della causa, può influire sulla sentenza emessa dopo e limitatamente alla validità formale del contratto?”;

4.1.4. un quarto motivo, recante l’intestazione “ultra petita” e privo di quesito riassuntivo, che riguarda tra l’altro il maggiore ambito dell’oggetto della sentenza opposta (relativa a tre atti di compravendita) rispetto a quello del processo esecutivo cui era interessata l’opponente (relativo ad un solo immobile);

4.2. dal canto suo, propone controricorso Capitalia J.V. srl, nella dedotta qualità di mandataria di Capitalia spa – Gruppo Bancario Capitalia (già Banca di Roma spa e già Banco di Santo Spirito spa), lamentando l’inammissibilità od infondatezza dei motivi:

4.2.1. quanto al primo, essendo corretta l’identificazione del dies a quo per proporre l’opposizione revocatoria;

4.2.2. quanto al secondo, perchè solo con l’art. 404 cpv. c.p.c. può rimuoversi l’efficacia della sentenza che riconosce l’avvenuto trasferimento di proprietà;

4.2.3. quanto al terzo, perchè vi è idonea prova del disegno o dello scopo dell’atto, come argomentato per presunzioni e non rileva il tempo in cui la collusione ha avuto in concreto luogo;

4.2.4. quanto al quarto, essendo evidente che l’opposizione revocatoria era stata rivolta contro la sentenza nel suo complesso e non potendosi scinderne il contenuto quanto all’oggetto;

4.3. P.C. propone controricorso con ricorso incidentale:

4.3.1. aderendo, con ulteriori argomenti, alle prospettazioni della ricorrente;

4.3.2. censurando le sentenze gravate per mancato rispetto del principio del contraddittorio, dolendosi di irritualità delle notifiche a lui degli “atti utili”, ma non formulando alcun quesito;

4.4. infine, a seguito di detto ricorso incidentale, la Capitalia J.V. srl propone controricorso:

4.4.1. deducendo l’infondatezza del ricorso incidentale, alla stregua delle relate di notifica;

4.4.2. lamentando l’inammissibilità del controricorso “adesivo”.

5.1. E’ logicamente preliminare l’esame del motivo di controricorso incidentale di P.L., in quanto relativo alla regolarità del contraddittorio nei gradi precedenti: ma esso è inammissibile, in difetto di formulazione del quesito e per mancanza di specificazione, nel ricorso stesso e quindi in violazione del principio di autosufficienza, degli “atti utili” in cui la notifica sarebbe stata irrituale e delle relate illegittime, con relativo contenuto e tenore testuale, in riferimento alle precise risultanze anagrafiche del momento o comunque disponibili agli atti.

5.2. Analoga sanzione di inammissibilità va fatto per il quarto motivo del ricorso principale: esso è infatti del tutto privo di quesito e non si può neppure interpretare quale sia l’oggetto della doglianza, mancando – anche in questo caso in violazione del principio di necessaria autosufficienza del ricorso l’indicazione della parte degli atti dell’opponente in cui essa avrebbe limitato la richiesta di pronuncia ai beni per i quali aveva concorso all’esecuzione.

5.3. Anche gli altri motivi sono peraltro inammissibili, in quanto fondati su quesiti che confondono i due profili di violazione di legge e di vizi – ora grave insufficienza, ora illogicità, ora mancanza – della motivazione. Invece, è vero che il motivo di cassazione può anche riferirsi congiuntamente ed unitariamente ai vizi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, ma occorre in tal caso la formulazione di distinti quesiti, che evidenzino i separati profili: è al contrario inammissibile il motivo di ricorso nel cui contesto trovino formulazione, al tempo stesso, censure aventi ad oggetto violazione di legge e vizi della motivazione, ciò costituendo una negazione della regola di chiarezza posta dall’art. 366 bis c.p.c. (nel senso che ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione), giacchè si affida alla Corte di cassazione il compito di enucleare dalla mescolanza dei motivi la parte concernente il vizio di motivazione, che invece deve avere una autonoma collocazione (tra le ultime ed a conferma di un indirizzo ormai consolidato, v. Cass. 15 giugno 2010 n. 14347).

5.4. Tanto esime dal rilevare:

5.4.1. che è certamente lecito desumere da presunzioni – queste costituendo, per scolastica nozione, fonti di prova, sia pure critica o indiretta – gli elementi di fatto su cui basare la valutazione di sussistenza della tempestività dell’opposizione di terzo revocatoria; e che, nel caso di specie, correttamente, esclusa la rilevanza della conoscenza da parte di un procuratore costituito in un diverso giudizio, si individua la decorrenza del termine dalla scoperta non già del fatto in sè potenzialmente lesivo, ma dal momento in cui, con la ricezione degli atti rilevanti del separato processo, è possibile l’apprezzamento complessivo della finalità o potenzialità collusiva della sentenza opposta;

5.4.2. che nessuna disparità ingiustificata di trattamento risulta tra il regime di impugnazione tra atti, vista l’ontologica disparità della situazione, incentrata essendo una su di un atto negoziale ed altra su sentenza che ne riconosce gli effetti; mentre la predicata maggiore facilità di pronuncia è una indimostrata petizione di principio, alla stregua del regime probatorio anche delle revocatorie ordinarie come consolidatosi nella giurisprudenza di legittimità; e perchè il regime dell’efficacia dipende dalla peculiarità dello strumento processuale necessario;

5.4.3. che ascrivere la sentenza, oggetto di opposizione revocatoria, alla collusione delle parti è già di per sè riconoscere a quest’ultima un’efficacia causale quanto meno preponderante, mentre il riferimento a tempi indistintamente indicati come di molto precedenti è di per sè irrilevante, nulla escludendo in astratto la persistenza di quell’efficacia; mentre generici e non conferenti rispetto alla fattispecie concreta risultano le notazioni di limitazione alla validità formale del contratto; del resto non potendo utilmente porsi – nel sistema del giudizio a quesiti ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. applicabile alla fattispecie ratione temporis – la questione di individuare in astratto “la nozione pratica” di un istituto giuridico;

5.4.4. che pertanto i motivi articolati su quesiti, cioè i primi tre del ricorso principale, non sono conformi ai requisiti elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte, per la quale il quesito di diritto deve essere formulato, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una regula iuris suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata; in altri termini, il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito;

b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (tra le molte e per limitarsi alle più recenti, v. Cass. S.U. ord. 5 febbraio 2008 n. 2658, Cass. 25 marzo 2009 n. 7197 o Cass. ord. 8 novembre 2010 n. 22704).

5.5. Infine, l’inammissibilità del ricorso principale elide la rilevanza dell’astratta e preliminare questione di ammissibilità di un ricorso incidentale – quale quello del P. – meramente adesivo alle argomentazioni contenute nel primo; mentre, quanto agli eventuali profili di novità od autonomia, basta osservare che essi non possono essere presi in considerazione, prima di ogni altra cosa, per la mancata formulazione di autonomi quesiti di diritto.

6. I ricorsi vanno pertanto dichiarati inammissibili; e la soccombenza della ricorrente principale e del ricorrente incidentale ne comporta la solidale condanna – attesa la sostanziale identità della posizione processuale in questa sede – alle spese del presente giudizio di legittimità in favore della controricorrente, benchè non anche in favore della interventrice Unicredit Credit Management Bank spa, il cui intervento è inammissibile.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li dichiara inammissibili; condanna R.M. e P.L., tra loro in solido, al pagamento, in favore di Capitalia Service J.V. srl, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 19 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2011

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