Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34597 del 30/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 30/12/2019, (ud. 08/11/2019, dep. 30/12/2019), n.34597

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1624-2014 proposto da:

CID COMPAGNIA ITALIANA DRAGAGGIO SPA IN LIQUIDAZIONE, in persona del

Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

PIEVE DI CADORE 30, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO USSANI

D’ESCOBAR, rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLA COPPOLA giusta

delega a margine;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI NAPOLI;

– intimato –

avverso il provvedimento n. 297/2012 della COMM. TRIB. REG. di

NAPOLI, depositata il 21/11/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/11/2019 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

UMBERTO DE AUGUSTINIS che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato COPPOLA che ha chiesto

l’accoglimento e deposita una cartolina di avvenuta notifica.

Fatto

ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA

1. Cid Compagnia Italiana Dragaggio s.p.a. impugnava l’avviso di liquidazione Ici per gli anni dal 2003 al 2007 relativo ad un fabbricato. La commissione tributaria provinciale di Napoli accoglieva parzialmente il ricorso affermando che, dei 4000 m2 di superficie riportati nell’accertamento, 3560 erano inutilizzabili e pertanto non soggetti ad imposta. Proposto appello da parte del Comune di Napoli, la commissione tributaria regionale della Campania lo accoglieva sul rilievo che l’avviso di accertamento era legittimo e motivato in quanto conteneva gli elementi richiesti dalla legge affinchè il contribuente potesse approntare una valida difesa. Inoltre l’imposta era stata determinata a norma del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, sulla base dell’ammontare delle rendite risultanti in catasto vigenti al 1 gennaio dell’anno di imposizione. Infine rilevava la CTR che la richiesta di riduzione dell’imposta per inagibilità di parte del fabbricato era infondata dato che la contribuente non ne aveva fatto preventiva richiesta.

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione la contribuente affidato a sei motivi illustrati con memoria. Il comune di Napoli non si è costituito in giudizio.

Diritto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla L. n. 296 del 2000, art. 1, comma 162, della L. n. 212 del 2000, artt. 6 e 12, poichè la CTR ha erroneamente affermato che l’avviso di accertamento era adeguatamente motivato. Invero il Comune era a conoscenza dell’inagibilità di parte del fabbricato costituito da grotte ad elevato rischio sismico ma di un tanto non era stato dato conto nell’avviso stesso.

2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 2,5,7 e 8, in quanto il Comune era ben a conoscenza del fatto che parte dei fabbricati era inagibile, posto che il Comune stesso aveva occupato a titolo di locazione il cespite per la sola parte di esso utilizzabile come ricovero di materiale di risulta ed aveva attestato l’inidoneità delle grotte alla pratica dei luoghi. Inoltre la rendita catastale era stata attribuita a seguito di una causa che si era conclusa con una sentenza dell’autorità giudiziaria riportata negli atti del catasto nel 2004 e tale rendita non era mai stata notificata alla ricorrente come richiesto dalla L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 1, sicchè essa non era opponibile alla contribuente.

3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge, ai sensi all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la CTR ha violato il principio di non contestazione previsto dall’art. 115 c.p.c., non avendo considerato che il Comune non ha mai contestato il fatto che parte degli immobili fosse inagibile e quindi tassabile con l’aliquota ridotta del 50%.

4. Con il quarto motivo deduce nullità della sentenza, ai sensi all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per non aver la CTR pronunciato in ordine ai motivi di appello afferenti l’erroneità delle sanzioni irrogate e degli interessi indicati nell’atto impugnato.

3. Con il quinto motivo deduce violazione di legge, ai sensi all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in quanto la CTR, nel motivare la decisione, ha fatto riferimento alla sentenza della corte di cassazione n. 22124/2010 richiamandone il contenuto per relationem senza dare conto delle ragioni a sostegno dell’interpretazione seguita.

6. Con il sesto motivo deduce vizio di motivazione, ai sensi all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non aver la CTR dato conto di tutte le argomentazioni svolte con l’atto di appello.

7. Osserva la Corte che primo motivo di ricorso è infondato. Invero questa Corte ha già avuto modo di affermare il principio secondo cui, in tema di Ici, l’obbligo motivazionale dell’accertamento deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente l’an ed il quantum dell’imposta. In particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l‘indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno, ala pretesa impositiva. Non sussiste, dunque, l’obbligo per il Comune di indicare anche l’esposizione delle ragioni giuridiche relative al mancato riconoscimento di ogni possibile esenzione prevista dalla legge ed astrattamente applicabile, poichè è onere del contribuente dedurre e provare l’eventuale ricorrenza di una causa di esclusione dell’imposta (Cass. n. 1694 del 24/01/2018; Cass. n. 26431 del 08/11/2017).

8. Il secondo ed il terzo motivo debbono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi. Essi sono fondati. Occorre premettere che, in tema di ICI e nella ipotesi di immobile inagibile, inabitabile e comunque di fatto inutilizzato, l’imposta va ridotta al 50 per cento, ai sensi del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 8, comma 1, e, qualora dette condizioni di inagibilità o inabitabilità accertabili dall’ente locale o comunque autocerzficabili dal contribuente – permangano per l’intero anno, il trattamento agevolato deve estendersi a tutto il relativo arco temporale, nonchè per i periodi successivi, ove sussistano le medesime condizioni di fatto.

Nel caso di specie erroneamente il giudice di appello ha rigettato il ricorso ritenendo non idoneamente provato lo stato di inagibilità dell’immobile per il solo fatto che la contribuente non aveva richiesto di beneficiare della riduzione nè aveva documentato la sussistenza dei presupposti di essa.

Infatti la CTR avrebbe dovuto valutare se dai documenti di diretta provenienza del Comune fosse dato evincere che li Comune fosse a conoscenza dello stato di inagibilità di parte dell’immobile. In particolare, non ha considerato la CTR se costituisse prova adeguata e sufficiente del fatto che l’immobile fosse in condizioni di parziale inagibilità l’attestazione di inidoneità delle grotte, asseritamente facenti parte dell’immobile oggetto di imposta, che la contribuente ha prodotto in giudizio e da cui sarebbe dato evincere, in tesi, la conoscenza in capo al Comune dello stato di inagibilità, tenuto conto che non può l’ente territoriale negare ciò che esso stesso ha accertato. La permanenza dello stato di inagibilità, qualora accertata sulla base delle risultanze docurnentali non esaminate dalla CTR, avrebbe dovuto escludere il pagamento dell’ICI anche se il contribuente non aveva presentato richiesta di usufruire del beneficio della riduzione dei 50% prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8, comma 1. Infatti va tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente (L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 1), di cui è espressione anche la regola secondo la quale al contribuente non può essere richiesta la prova dei fatti documentalmente noti all’ente impositore (L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 4), per il che nessun altro onere probatorio può gravare sul contribuente (cfr. Cass., n. 7931 del 5/3/2019; Cass. n. 12015 del 10/06/2015).

9. Il quarto ed il quinto motivo rimangono assorbiti.

10. Il sesto motivo è inammissibile. Deve premettersi che la sentenza impugnata risulta emessa in data successiva al 12 settembre 2012, sicchè trova applicazione il nuovo dettato dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Proprio a seguito della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., ed al fine di chiarire la corretta esegesi della novella, sono intervenute le Sezioni Unite della Corte che, con la sentenza del 7 aprile 2014 n. 8053, hanno ribadito che la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza devia motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienzà della motivazione, ed è solo in tali ristretti limiti che può essere denunziata la violazione di legge, sotto il profilo della violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4. Nel caso di specie, atteso il tenore della sentenza impugnata, deve escludersi che ricorra un’ipotesi di anomalia motivazionale riconducibile ad una delle fattispecie che, come sopra esposto, in base alla novella consentono alla Corte di sindacare la motivazione.

11. Dall’accoglimento del secondo e del terzo motivo deriva che l’impugnata decisione va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte in diversa composizione che, adeguandosi ai principi esposti, procederà alle necessarie verifiche e deciderà nel merito oltre che sulle spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso, dichiara assorbiti il quarto ed il quinto, rigetta il primo e dichiara inammissibile il sesto; cassa l’impugnata decisione e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Campania in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2019

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