Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34592 del 30/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 30/12/2019, (ud. 06/11/2019, dep. 30/12/2019), n.34592

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11519-2015 proposto da:

COMUNE DI PREDAPPIO, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONDRAGONE 10, presso lo

studio dell’avvocato PAOLA MASTRANGELI, rappresentato e difeso

dall’avvocato PATRIZIA MUSSONI giusta delega calce;

– ricorrente –

contro

L.P., elettivamente domiciliata in ROMA, GIANDOMENICO

ROMAGNOSI 1/B, presso lo studio dell’avvocato CRISTIANO DE ANTONI,

rappresentata e difesa dall’avocato MAURIZIO RICCI giusta delega in

calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1948/2014 della COMM. TRIB. REG. di BOLOGNA,

depositata il 14/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/11/2019 dal Consigliere Dott. LIBERATO PAOLITTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per rigetto del ricorso;

udito per ricorrente l’Avvocato MUSSONI che si riporta al ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con sentenza n. 1948/5/14, depositata il 14 novembre 2014, la Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna ha accolto l’appello proposto da L.P. nei confronti del Comune di Predappio e, in integrale riforma della decisione di prime cure, ha annullato gli avvisi di accertamento che erano stato emessi per il recupero a tassazione dell’ICI dovuta relativamente agli anni dal 2006 al 2008.

Ha rilevato, in sintesi, il giudice del gravame che, relativamente ai periodi d’imposta in questione, la contribuente non era “ancora entrata in possesso dell’immobile”, così che non sussistevano “le condizioni per sottoporre ad ICI l’immobile in oggetto”.

2. – Il comune di Predappio ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di quattro motivi.

Resiste con controricorso L.P..

Le parti hanno, altresì, depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, denuncia violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 49, in relazione all’art. 337 c.p.c., e ss., assumendo, in sintesi, che il giudice del gravame aveva (indebitamente) consentito l’eterointegrazione dei motivi di ricorso avverso gli avvisi di accertamento, così dando ingresso allo ius novorum in appello.

Il secondo motivo, formulato anch’esso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, denuncia violazione ed erronea applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, sul rilievo che il giudice del gravame, per un verso, aveva mal inteso il decisum di prime cure, – che aveva fondato l’inammissibilità del ricorso non sul difetto della sua sottoscrizione quanto piuttosto sull’aspecificità dei relativi motivi (art. 18, comma 2, lett. e), cit.), – e, per il restante, aveva erroneamente riformato detta statuizione di inammissibilità, così entrando nel merito della lite contestata.

Col terzo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 3, spiegando, in sintesi, che il presupposto d’imposta, nella fattispecie, si era integrato in ragione: – della sentenza del Tribunale di Forlì (n. 862/2006) che aveva accolto la domanda proposta dalla contribuente ai sensi dell’art. 2932 c.c., (esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto preliminare); – della sentenza della Corte di Appello di Bologna (n. 1137/13 dell’11 luglio 2013) che detta pronuncia di prime cure aveva confermato; – della disposizione dell’immobile in questione, per atto di donazione, da parte della contribuente (nell’anno 2013).

Col quarto motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la ricorrente denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione alle prove (documentali) offerte al giudizio, avuto riguardo, nello specifico, al prodotto atto di donazione.

2. – I primi due motivi, che vanno congiuntamente trattati in quanto connessi, sono destituiti di fondamento.

2.1 – Va, al riguardo, premesso che:

– il giudice di prime cure, – nel dar atto, peraltro, che l’impugnazione degli avvisi di accertamento si fondava (anche) sul mancato trasferimento dell’immobile perchè tutt’ora pendente, in grado di appello, la controversia definita dal Tribunale di Forlì “con sentenza n. 862 del 23.10.2006”, – rilevava l’inammissibilità del ricorso perchè fondato su “motivazioni” afferenti “questioni personali seppur con fondati motivi” e perchè, dunque, risultava privo “dei requisiti di cui all’art. 18, comma 2, lett. e), e comma 3,” (D.Lgs. n. 546 del 1992);

– il giudice del gravame, per suo conto, – escluso che il ricorso introduttivo del giudizio non risultasse sottoscritto (così come evocato dalla gravata sentenza attraverso il riferimento all’art. 18, cit., comma 3), – ha, quindi, rilevato che detto ricorso recava espressa indicazione dei relativi motivi che erano stati esposti con riferimento alla pendenza (in appello) del giudizio introdotto dalla contribuente ai sensi dell’art. 2932 c.c., all’acquisizione, da parte del fallimento del promittente venditore, dell’immobile oggetto di detto giudizio, all’inutile esperimento dell’azione di rivendica (nei confronti del fallimento) da parte della contribuente stessa.

2.2 – In disparte, ora, che i motivi di ricorso in trattazione difettano di autosufficienza, con riferimento all’effettivo contenuto del ricorso introduttivo del giudizio, – che peraltro, come si è appena anticipato, le due sentenze di merito hanno specificamente ricostruito (in relazione alla deduzione involgente, in particolare, il difetto del titolo di proprietà), – e di quello proprio dell’atto di appello, è del tutto evidente che la gravata sentenza nè ha mal interpretato il decisum di prime cure, – che, come si è detto (e sia pur confusamente), alludeva ad una inammissibilità del ricorso introduttivo in relazione al requisito prescritto (anche) dall’art. 18 cit., comma 3, – nè ha errato nel rilevare la specificità dei motivi di ricorso incentrati (così come del resto dato atto dalla stessa sentenza della CTP di Forlì) sul difetto della titolarità del diritto di proprietà.

Nè, come si è appena rilevato, si è dato ingresso a motivi di impugnazione incentrati su di una causa petendi che non risultasse già posta a fondamento del ricorso introduttivo del giudizio, il divieto di nova in appello non attingendo le (mere) argomentazioni giuridiche, ovvero la qualificazione giuridica degli elementi di fattispecie, nè le mere difese che si risolvano nella contestazione dei fatti costitutivi della pretesa tributaria (v., ex plurimis, Cass., 23 maggio 2018, n. 12651; Cass., 22 maggio 2018, n. 12614; Cass., 29 dicembre 2017, n. 31224).

3. – Il terzo motivo di ricorso è anch’esso destituito di fondamento.

3.1 – Con riferimento alle disposizioni di disciplina dell’ICI (D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 1, comma 2, e art. 3, commi 1 e 2), questa Corte ha rilevato che la nozione di “possesso” (richiamata ai fini della definizione del presupposto d’imposta) non può essere identificata con la mera disponibilità (sia pur per detenzione qualificata) del bene ma deve essere letta in correlazione alla definizione normativa del soggetto passivo di imposta, così che il possesso rilevante deve identificarsi con “situazioni giuridiche soggettive aventi carattere reale” e possessore “in tale contesto normativo, è pertanto il proprietario o il titolare di un diritto reale di godimento sull’immobile” (cfr., ex plurimis, Cass., 15 marzo 2019, n. 7444; Cass., 7 giugno 2017, n. 14119; Cass., 9 maggio 2013, n. 10987; Cass., 9 ottobre 2009, n. 21451; Cass., 14 gennaio 2005, n. 654).

E si è, così, rimarcato (avuto riguardo allo stesso contesto contrattuale che connota la lite contestata) che non può ritenersi soggetto passivo dell’imposta il promissario acquirente (anche sulla base di un contratto preliminare di vendita ad effetti anticipati), quale mero detentore qualificato del bene, essendo diversamente tenuto al pagamento dell’imposta il proprietario dell’immobile compromesso in vendita (v., in particolare, Cass., 7 giugno 2017, n. 14119; Cass., 9 maggio 2013, n. 10987).

3.2 – Nella fattispecie è incontroverso che, – concluso un contratto preliminare di vendita, – il promissario acquirente (id est l’odierna parte controricorrente) ha azionato la pretesa all’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere detto contratto (ai sensi dell’art. 2932 c.c.); e che, – ancora nell’anno 2013 (quando viene pronunciata la sentenza di appello nel giudizio proposto dalla contribuente), – non si erano ancora prodotti “gli effetti del contratto non concluso.” (art. 2932 c.c., comma 1).

Come, poi, rilevato dalla Corte “il presupposto d’imposta costituito dalla proprietà del bene (di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 1), in caso di esecuzione forzata dell’obbligo di concludere il contratto ex art. 2932 c.c., si realizza con l’effetto traslativo prodotto dal passaggio in giudicato della relativa sentenza” (così Cass., 31 ottobre 2017, n. 25942), in quanto la sentenza pronunciata ai sensi della sopra ricordata disposizione codicistica ha natura, ed effetti, costitutivi, così che l’effetto traslativo della proprietà del bene si produce solo col relativo passaggio in giudicato, – e, per vero, è (anche) subordinato al pagamento del prezzo da parte del promissario acquirente laddove le parti del contratto preliminare abbiano pattuito il versamento del prezzo all’atto della stipulazione del contratto definitivo (v. Cass., 27 ottobre 2017, n. 25594; v. altresì, in termini generali sull’effetto traslativo in questione, Cass. Sez. U., 22 febbraio 2010, n. 4059 cui adde, ex plurimis, Cass., 26 settembre 2018, n. 22997; Cass., 3 maggio 2016, n. 8693) -.

3.3 – In conclusione, risultando il relativo dispositivo conforme a diritto, va corretta la motivazione della gravata sentenza (art. 384 c.p.c., comma 4), in quanto il possesso rilevante, ai fini dell’ICI, era costituito (nella fattispecie) dal conseguimento della proprietà dell’immobile che, negli anni oggetto di recupero a tassazione (dal 2006 al 2008), non ancora risultava in titolarità della contribuente.

4. – I rilievi sin qui svolti danno, da ultimo, conto dell’infondatezza del quarto motivo di ricorso che è incentrato sull’omesso esame di un fatto decisivo, – censura, questa, da ricondurre alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (secondo il cui disposto rileva, ora, l'”omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”), qual conseguente alla novella di cui al D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, – e che non considera che l’esame del fatto (in tesi) decisivo (un atto di donazione) non avrebbe potuto determinare affatto un esito diverso della controversia (cfr. Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053 cui adde, ex plurimis, Cass., 29 ottobre 2018, n. 27415; Cass., 13 agosto 2018, n. 20721; Cass. Sez. U., 22 settembre 2014, n. 19881), di vero l’atto in questione costituendo mera conferma, – alla stregua degli elementi costitutivi della fattispecie tributaria (cit. D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 1, comma 2, e art. 3, commi 1 e 2), – del difetto del presupposto impositivo qual imputato dall’Ente locale a periodi di imposta (di gran lunga) antecedenti il conseguimento (per giudicato) della titolarità del bene.

5. – Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui confronti ricorrono, altresì, i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale (D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il Comune di Predappio al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1.400,00, oltre rimborso spese generali di difesa ed oneri accessori, come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2019

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