Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34586 del 30/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 30/12/2019, (ud. 17/10/2019, dep. 30/12/2019), n.34586

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 17283/2015 R.G. proposto da:

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, (C.F. (OMISSIS)), in persona dei

direttore pro tempore, Agenzia delle Entrate, (C.F. (OMISSIS)), in

persona del direttore pro tempore, entrambe rappresentate e difese

dall’avvocatura generale dello Stato, elettivamente domiciliate

presso i suoi uffici, in Roma via dei Portoghesi 12.

– ricorrenti –

contro

Somalfruit s.p.a., (C.F.), in persona del legale rappresentante pro

tempore, Camar s.r.l. (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, entrambe rappresentate e difese dagli

avv.ti Wilma Viscardini, Gabriele Donà, Sergio Gambardella e

Ernesto Cesaro, elettivamente domiciliate presso lo studio dei primi

due, in Padova via Altinate 44.

– controricorrenti –

Avverso la sentenza n. 117/2015 della Corte d’appello di Salerno,

depositata il giorno 3 marzo 2015.

Sentita la relazione svolta all’udienza del 17 ottobre 2019 dal

Consigliere Giuseppe Fichera.

Udite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale Paola

Mastroberardino, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso

per sopravvenuta carenza di interesse.

Udito l’avv. Giovanni Palatiello per le ricorrenti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Somalfruit s.p.a. e Camar s.r.l., a seguito della sentenza della Corte di Appello di Roma che aveva dichiarato l’incompetenza del Tribunale di Roma, riassunsero nei confronti dell’Agenzia delle Dogane e dall’Agenzia delle Entrate innanzi al Tribunale di Salerno, la domanda di ripetizione delle somme indebitamente versate al Ministero delle Finanze, quale imposta di consumo sulle banane fresche importate dall’estero, attraverso gli uffici doganali di Salerno, tra il 1987 e il 1990.

Ottenuta in primo grado condanna di entrambe le convenute alla restituzione dell’indebito, con gli interessi dalla domanda, Somalfruit s.p.a. e Camar s.r.l. avanzarono appello principale in relazione al tempo da cui dovevano decorrere gli interessi, mentre l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e l’Agenzia delle Entrate formularono appello incidentale; la corte d’appello di Salerno, con sentenza depositata il 3 marzo 2015, accolse l’appello principale, relativamente agli interessi dovuti, respingendo integralmente quello incidentale.

Avverso la detta sentenza, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e l’Agenzia delle Entrate hanno proposto ricorso per cassazione affidato a undici motivi, cui resistono con controricorso Somalfruit s.p.a. e Camar s.r.l..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo deducono l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e l’Agenzia delle Entrate la violazione dell’art. 2909 c.c., e degli artt. 156 e 324 c.p.c., poichè il giudice di merito non ha rilevato che si era formato il giudicato tra le parti in relazione alla domanda di rimborso dei tributi doganali versati presso gli uffici doganali di (OMISSIS).

2. Con il secondo motivo si dolgono della violazione della L. 9 ottobre 1964, n. 986, art. 1, e del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, art. 63, commi 2 e 3, poichè la Corte d’appello di Salerno ha erroneamente escluso che l’Agenzia delle Entrate fosse priva di legittimazione passiva sulla domanda di rimborso dell’imposta di consumo prevista per l’importazione delle banane.

3. Con il terzo motivo lamentano la violazione degli artt. 1731 e 2033 c.c., atteso che la corte d’appello ha ritenuto la legittimazione attiva della Somalfruit s.p.a. ad avanzare la domanda di rimborso, nonostante l’imposta fosse stata versata soltanto dalla Camar s.r.l.

4. Con il quarto motivo eccepiscono la violazione della L. 29 dicembre 1990, n. 428, art. 29, considerato che non avendo comunicato la contribuente la domanda di rimborso all’Agenzia delle Entrate, la stessa era decaduta dal diritto ad ottenere il detto rimborso.

5. Con il quinto motivo rilevano la violazione dell’art. 132 c.p.c., difettando qualsivoglia motivazione sulle ragioni che inducevano a ritenere che Camar s.r.l. abbia trasferito tutti gli oneri fiscali sostenuti in capo ai consumatori finali.

6. Con il sesto motivo contestano la violazione della L. 29 dicembre 1990, n. 428, art. 29, dell’art. 2697 c.c., e degli artt. 115 e 210 c.p.c., avendo il giudice di merito ritenuto che fosse stata provata la traslazione dell’imposta nonostante l’onere della prova incombente sulle attrici non fosse stato assolto.

7. Con il settimo motivo lamentano la violazione della L. 9 ottobre 1964, n. 986, art. 1, nonchè della sentenza della Corte di Giustizia UE C-102/10, considerato che il giudice Europeo ha ritenuto legittima l’imposta sull’importazione delle banane, soltanto a condizione che l’aumento del tributo non fosse stato superiore al tasso di inflazione; dunque, occorreva tenere conto dell’inflazione maturata a partire dall’ultimo aumento prima dell’entrata in vigore del blocco dell’aumento dell’imposta.

8. Con l’ottavo motivo deducono violazione della L. 29 dicembre 1990, n. 428, art. 29, e dell’art. 2697 c.c., poichè il giudice di merito ha ritenuto sufficiente la prova dell’importazione della merce per ottenere il rimborso dell’imposta versata, nonostante la presenza di ulteriori requisiti previsti alla luce della sentenza della Corte di Giustizia UE C-102/09.

9. Con il nono motivo assumono la violazione dell’art. 342 c.p.c., poichè la richiesta di interessi al tasso superiore a quello legale, formulata dalle contribuenti per la prima volta con la comparsa conclusionale nel giudizio di primo grado, risultava inammissibile in quanto nuova.

10. Con il decimo motivo denunciano la violazione dell’art. 2948 c.c., essendo decorsa la prescrizione quinquennale sui ratei degli interessi precedenti alla proposizione della relativa domanda, risalente alla comparsa conclusionale in primo grado.

11. Con l’undicesimo motivo rilevano la violazione dell’art. 2033 c.c., poichè gli interessi dovuti, se chi li riceve è in buona fede, decorrono sempre dalla domanda e non, come ritenuto dal giudice di merito, dalla data del pagamento effettuato.

12. Preliminarmente, va rilevato che con atto depositato in cancelleria prima dell’udienza pubblica, entrambe le odierni ricorrenti hanno dichiarato di rinunciare al ricorso; siffatta rinuncia, tuttavia, non risulta nè notificata alle controricorrenti, nè sottoposto al visto dei rispettivi difensori, i quali, peraltro, neppure sono comparsi all’udienza pubblica.

12.1. Orbene, com’è noto, la rinuncia al ricorso per cassazione, quale atto unilaterale recettizio, è inidonea a determinare l’estinzione del giudizio se non notificata alle controparti costituite o comunicata ai loro difensori con apposizione del visto; essa vale comunque a far venire meno l’interesse alla decisione, determinando l’inammissibilità sopravvenuta del ricorso (Cass. 22/05/2019, n. 13923; Cass. 21/06/2016, n. 12743).

12.2. Non v’è luogo, invece, per pronunciare la cessazione della materia del contendere, come pure invocato dalle ricorrenti nel medesimo atto di rinuncia, perchè detta statuizione presuppone che le parti si diano reciprocamente atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e sottopongano al giudice conformi conclusioni in tal senso (Cass. 09/06/2016, n. 11813); circostanza questa che, pacificamente, non si è verificata nel caso che ci occupa.

13. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, mentre le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. Essendo la ricorrente una amministrazione dello Stato esonerata dal versamento del contributo unificato, va escluso per la predetta l’obbligo di versare l’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso principale, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, (Cass. 29/01/2016, n. 17789).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali sostenute dalle controricorrenti, liquidate in complessivi Euro 22.000,00, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA