Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34585 del 30/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 30/12/2019, (ud. 17/10/2019, dep. 30/12/2019), n.34585

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 19385/2013 R.G. proposto da:

Fassa s.p.a., (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante

pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Andrea Codemo e

Giuseppe Marini, elettivamente domiciliata presso lo studio di

quest’ultimo, in Roma via di Villa Sacchetti 9.

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, (C.F. (OMISSIS)), in persona del

direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocatura

generale dello Stato, elettivamente domiciliata presso i suoi uffici

in Roma via dei Portoghesi 12.

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 15/64/2013 della Commissione Tributaria

Regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, depositata

il giorno 22 gennaio 2013.

Sentita la relazione svolta all’udienza del 17 ottobre 2019 dal

Consigliere Giuseppe Fichera.

Udite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale Paola

Mastroberardino, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Uditi l’avv. Nicole Purificati, in sostituzione dell’avv. Giuseppe

Marini, per la ricorrente e l’avv. Giovanni Palatiello per la

controricorrente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Fassa s.p.a. impugnò il provvedimento di diniego emesso dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, sull’istanza tesa ad ottenere di non essere assoggettata all’accisa sull’energia elettrica utilizzata per il trattamento della segatura del legno, utilizzata come combustibile per la realizzazione del processo mineralogico della produzione della calce.

L’impugnazione venne respinta in primo grado; Fassa s.p.a. propose quindi appello innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, che, con sentenza depositata il giorno 22 gennaio 2013, lo respinse, con condanna dell’appellante alle spese del grado, affermando che l’energia elettrica impiegata per produrre la segatura del legno, non godeva dell’esenzione dall’accisa prevista per quella impiegata nei processi mineralogici.

Avverso la detta sentenza, Fassa s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, cui resiste con controricorso l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

Fissata adunanza in camera di consiglio, la ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c.; quindi il collegio ha ritenuto di riservare la trattazione del ricorso alla pubblica udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo deduce Fassa s.p.a. la violazione del D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, art. 52, comma 2, come sostituito dal D.Lgs. 2 febbraio 2007, n. 26, art. 1, comma 2, avendo erroneamente ritenuto la commissione tributaria regionale che l’energia elettrica impiegata per il trattamento della segatura del legno, non rientrasse nel processo produttivo finalizzato alla produzione della calce per l’edilizia.

2. Con il secondo motivo lamenta vizio di motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), perchè il giudice di merito ha omesso di esaminare il fatto storico, per cui ai fini della produzione nello stabilimento della società ricorrente della calce per l’edilizia, si rendeva necessario l’impiego di energia elettrica per il trattamento della segatura usata come combustibile.

3. Con il terzo motivo denuncia ulteriore vizio di motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), atteso che il giudice di merito non ha tenuto conto della circostanza che la segatura utilizzata nel processo produttivo della calce, costituisce strumento assai meno inquinante rispetto ad altri combustibili come il gas naturale.

4. Con il quarto motivo denuncia ulteriore vizio di motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), poichè il giudice di merito ha omesso di prendere in esame le conclusioni tecniche, rese nell’elaborato realizzato dal perito della parte appellante.

4.1. I primi quattro motivi, connessi per l’oggetto, possono essere trattati congiuntamente e sono complessivamente inammissibili.

E invero, denunciando una violazione di legge la ricorrente in realtà intende sottoporre ad una revisione critica innanzi a questa Corte – in maniera appunto inammissibile -, l’accertamento in fatto posto in essere dal giudice di merito, il quale ha stabilito che l’energia elettrica impiegata per la produzione della segatura del legno non poteva ritenersi “impiegata nei processi mineralogici”, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 52, comma 2, lett. f), nel testo vigente ratione temporis, in quanto non si trattava di energia tesa direttamente alla realizzazione della produzione della calce per usi edili, bensì finalizzata esclusivamente alla polverizzazione del materiale legnoso da cui si ricavava appunto la segatura del legno, id est uno dei possibili combustibili (insieme al gas naturale, per esempio) impiegati per riscaldare i forni utilizzati per la produzione della calce.

4.2. Pure inammissibili si palesano i motivi in esame con riferimento al denunciato vizio motivazionale, poichè, per un verso, non è vero che il giudice di merito non abbia tenuto conto della circostanza che nel caso concreto l’energia elettrica veniva impiegata per polverizzare il materiale legnoso all’interno dello stabilimento appartenente alla ricorrente e, per altro verso, appare del tutto irrilevante il fatto che la segatura del legno risulti in concreto meno inquinante di altri combustibili – non essendo decisivo per verificare se, la sua produzione, possa farsi rientrare nell’ambito del processo mineralogico -, mentre non risulta dalla lettura del ricorso (che difetta qui della necessaria specificità, ex art. 366 c.p.c.), quali siano stati i fatti decisivi per il giudizio contenuti nelle conclusioni del consulente di parte appellante, di cui il giudice avrebbe omesso l’esame.

5. Con il quinto motivo eccepisce violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), avendo il giudice d’appello liquidato le spese processuali globalmente, senza specificare analiticamente le voci che componevano la somma indicata.

Il motivo è inammissibile, a tenore del costante l’orientamento di questa Corte in tema di spese processuali, poichè esso si limita alla generica denuncia dell’avvenuta violazione del principio di inderogabilità della tariffa professionale, senza specificare gli errori commessi dal giudice e, in particolare, omettendo di precisare le voci della tabella degli onorari e dei diritti che si ritengono essere state violate (Cass. 16/09/2015, n. 18190; Cass. 21/10/2009, n. 22287).

6. Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

Respinge il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2019

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