Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3458 del 14/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 3458 Anno 2014
Presidente: PIVETTI MARCO
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 15402-2007 proposto da:
WELL MADE SRL in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE
TIZIANO 80, presso lo studio dell’avvocato TURETTA
ENRICO PIERO, che lo rappresenta e difende giusta
delega in calce;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI MONTEVARCHI,
AMMINISTRAZIONE

DELLE

FINANZE, MINISTERO

DELL’ECONOMIA E FINANZE;
– intimati –

Data pubblicazione: 14/02/2014

nonchè contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

avverso la sentenza n. 72/2006 della COMM.TRIB.REG.
di FIRENZE, depositata il 05/03/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 03/06/2013 dal Consigliere Dott. ROBERTO
GIOVANNI CONTI;
udito per il ricorrente l’Avvocato TURETTA che si
riporta;
udito per il controricorrente l’Avvocato BACHETTI che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

– resistente con atto di costituzione –

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La società WELLNESS MADE SRL, avente ad oggetto sociale, fra l’altro, la gestione di
alberghi, residence, agriturismi, ristoranti, pizzerie e infrastrutture a carattere ricreativo in genere, la
somministrazione di bevande ed alimenti, la gestione di bar, ristoranti, caffè, nonché l’attività di
acquisto e vendita di terreni a destinazione varia, acquistava nell’anno 2001 in Località Ciuffena
un immobile per il quale successivamente richiedeva il rimborso per l’IVA già corrisposta,
risultante a credito dalla dichiarazione presentata per l’anno 2001.

ordine all’esistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi, successivamente notificava un avviso di
accertamento con il quale rettificava la dichiarazione presentata dal contribuente, revocando il
rimborso ed applicando alla parte contribuente la sanzione di euro 103.291,38. Ciò sul presupposto
che l’immobile acquistato dalla società aveva destinazione abitativa e non era strumentale rispetto
all’attività svolta dalla società.
3. La società contribuente impugnava l’avviso innanzi alla CTP di Arezzo che confermava la
legittimità dell’atto, eliminando le sanzioni applicate.
4. Su ricorso in appello della società contribuente e sull’appello incidentale dell’Agenzia la CTR
della Toscana, con sentenza pubblicata il 5 marzo 2007, rigettava l’impugnazione.
4.1 Riteneva la CTR che, in base al contenuto precettivo dell’art.19 bis comma 1 lett.c) DPR
n.633/1972, erano indetraibili gli acquisti di fabbricati aventi destinazione abitativa, salvo che per le
imprese che avevano ad oggetto esclusivo o principale dell’attività la costruzione o la rivendita dei
fabbricati, circostanza non ricorrente nel caso di specie. Peraltro, l’immobile in oggetto aveva
destinazione abitativa al momento dell’acquisto, non potendo rilevare la richiesta di cambiamento
di destinazione d’uso effettuata successivamente all’acquisto e nemmeno l’effettiva utilizzazione in
forma diversa dell’immobile.
4.2 Tale circostanza escludeva di potere ritenere sussistente la strumentalità del bene in ragione
della mancanza, al momento dell’acquisto, delle condizioni di cui all’art.19 bis cit.
4.3 La CTR rigettava, infine, l’appello incidentale proposto dall’Agenzia.
5. La società contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, al quale
l’Agenzia delle Entrate, costituitasi, non ha fatto seguire difese scritte.La società ricorrente ha
depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE

6. Con il primo motivo di ricorso la società contribuente ha dedotto l’errata applicazione dell’art.19
bis I lett.) i DPR n.633/1972, dei principi in tema di interpretazione del diritto in relazione
all’art.360 comma 1 n.3 e 5 c.p.c., nonché omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo
della controversia, in relazione all’art.360, comma 1 n.5 c.p.c.
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2. L’Ufficio, che in un primo momento riconosceva il rimborso dopo avere compiuto le verifiche in

6.1 Premette, in fatto, che:a) l’acquisto dell’immobile, risalente all’anno 2001, era stato fatto
all’esclusivo scopo di intraprendere due attività commerciali- bar e affittacamere-;b) la modifica
della destinazione d’uso era stata chiesta in ritardo solo per consentire la spedita realizzazione di
lavori di ristrutturazione già iniziati dalla precedente proprietaria;c) il 15 giugno 2004 era stata
attribuita all’immobile la nuova classe catastale D/2, con l’autorizzazione all’avvio dell’attività di
affittacamere.
6.2 Lamenta che la decisione impugnata, dando esclusivo rilievo alla destinazione catastale al

esclusiva o principale l’attività di costruzione e rivendita di immobili, avevano fornito
un’interpretazione errata dell’ art.19 bis 1, omettendo di considerare che il principio sancito
dall’art.19 d.p.r. n.63311972 era nel senso di riconoscere il diritto a detrazione dell’IVA pagata
sull’acquisto di beni strumentali. La CTR aveva fornito un’inesatta interpretazione dell’art.19 bis 1,
tralasciando di considerare le risultanze probatorie le quali, se adeguatamente considerate,
avrebbero consentito di riconoscere il credito della società e, conseguentemente, l’illegittimità della
pretesa, tanto più che l’Amministrazione mai aveva contestato l’inerenza dell’acquisto, essendosi
semmai limitata ad eccepire l’indetraibilità in ragione della classificazione catastale dell’immobile
e l’assenza di carattere esclusivo dell’attività immobiliare in capo alla stessa società.
6.3 Peraltro, la giurisprudenza di questa Corte aveva affermato che gli immobili di proprietà delle
società commerciali sono sempre considerati beni strumentali.
7. Con il secondo motivo la società contribuente ha dedotto la violazione e falsa applicazione
dell’art.19 d.pr.n.633/1972 e dell’art.17 della dir.CEE 77/388/CEE, in relazione all’art.4 della stessa
direttiva e con specifico riferimento agli artt.360 comma 1 nn.3 e 5 c.p.c.
7.1 Osserva la società che le disposizioni della sesta direttiva CEE non facevano cenno alcuno ai
requisiti limitativi del diritto alla detrazione introdotti dall’art.19 bis cit. Ragion per cui, se tale
ultima disposizione doveva essere applicata nell’interpretazione che impediva la detrazione anche
in presenza della strumentalità dell’immobile ai fini dell’attività svolta dalla società, la stessa
contrastava con il diritto comunitario ed andava, per l’effetto, disapplicata.
8.Le due censure, che meritano un esame congiunto profilando vizi di violazione di legge e
motivazionali tra loro strettamente connessi, sono fondate.
8.1 Per una più chiara comprensione della vicenda occorre premettere che la società contribuente,
dopo avere acquistato l’immobile di cui si è detto nell’anno 2001, chiedeva il rimborso del credito
IVA regolarmente inserito nella dichiarazione relativa all’anno 2001. Rimborso che veniva
inizialmente riconosciuto, dopo avere assoggettato la società a verifica <> – così testualmente pag.3 della sentenza impugnata-.
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momento dell’acquisto e ritenendo decisiva la circostanza che essa società non svolgeva in via

8.2 La successiva attività di rettifica posta in essere dall’Ufficio traeva giustificazione, come ha
ancora precisato la CTR, dal (ritenuto) carattere dirimente rappresentato dalla classificazione
catastale dell’immobile —adibito ad abitazione – e dal mancato svolgimento in via principale ed
esclusiva di attività di vendita di immobili. In definitiva, l’Ufficio riteneva l’assenza dei requisiti
fissati dall’art.19 bis 1 lett. I dpr n.63311972 — nella versione ratione temporis vigente (fino al
31.12.2001)- a cui tenore “non e’ ammessa in detrazione l’imposta relativa all’acquisto di
fabbricati, o di porzione di fabbricato, a destinazione abitativa ne’ quella relativa alla locazione o

oggetto esclusivo o principale dell’attivita’ esercitata la costruzione o la rivendita dei predetti
fabbricati o delle predette porzioni. La disposizione non si applica per i soggetti che esercitano
attivita’ che danno luogo ad operazioni esenti di cui al numero 8) dell’articolo 10 che
comportano la riduzione della percentuale di detrazione a norma dell’articolo 19, comma 5, e
dell’articolo 19-bis.”
8.3 Orbene, reputa la Corte che per verificare la fondatezza dei profili di censura esposti dalla
società contribuente occorre muovere dall’affermazione che nel sistema dell’IVA, tributo come è
noto armonizzato in forza della disposizioni comunitarie nel tempo succedutesi – fra le quali
meritano di essere ricordate la dir.388/77/CEE e la Dir.CEE 112/2006- i capisaldi dell’intera
disciplina sono rappresentati dai principi di neutralità dell’imposta — che riversa sul consumatore
finale non imprenditore il carico dell’imposta- e di detraibilità di quanto pagato dell’imprenditore
per l’acquisto dei beni necessari per l’attività svolta che, per l’appunto, garantisce il meccanismo
della neutralità e che trova la sua collocazione originaria nell’art.17 della sesta dir.CEE citata- nel
testo modificato dalla dir.91/680- , a cui tenore “nella misura in cui beni e servizi sono impiegati
ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre
dall’imposta di cui è debitore: l’IVA dovuta o assoluta per le merci che ci sono o gli saranno
fornite e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo debitore
dell’imposta all’interno del paese…”- v. Corte giust. 6 dicembre 2012, Bonik, C-285/11, p.25 e,
ancorpiù di recente, da Corte giust. 8 maggio 2013, causa C-271112, Petroma Transports SA, p.22,
ove si ribadisce il carattere immanente all’intero sistema del tributo IVA del principio di
detrazione -.
8.4 Peraltro, Part.22 par.8 della sesta direttiva CEE, nel testo modificato dalla dir.CEE 91/680,
prevede che gli Stati possono adottare ulteriori obblighi rispetto a quelli fissati nei precedenti
paragrafi della medesima disposizione che si ritengono necessari per garantire l’esatta riscossione
dell’imposta ed evitare frodi. Ragion per cui le deroghe al sistema predeterminato dall’art.18 e
dall’art.22 della sesta direttiva CEE per la deduzione delle somme versate a titolo di IVA può
trovare valida —recte, efficace- giustificazione e vigenza solo se ammesse dal sistema comunitario.
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alla manutenzione, recupero o gestione degli stessi, salvo che per le imprese che hanno per

8.5 il quadro normativo comunitario appena descritto non si differenzia significativamente da
quello previsto dalla dir.2006/112/CE -subentrata alla sesta direttiva cit.-, al cui interno, anzi, si
rinviene, accanto all’art. 176 —che sostituisce l’art.17 della sesta direttiva CEE- l’art.168 bisintrodotto dalla dir.2009/162/-UE che ha previsto, in caso di bene immobile acquisito dall’impresa e
destinato sia all’attività di impresa che all’uso privato dell’imprenditore la detraibilità limitatamente
alla parte in uso del bene ai fini delle attività dell’impresa del soggetto passivo.
8.6 Orbene, questa Corte -sent.n. 6785/2009-, nel solco di altri precedenti (Cass.n. 9452/1997;

attraverso l’art.19 D.P.R. n. 633 del 1972 in relazione a beni o servizi acquistati nell’esercizio
dell’impresa, ha chiarito che lo stesso postula una necessaria correlazione fra i beni e i servizi
acquistati e l’attività esercitata, nel senso che essi devono inerire all’impresa, anche se si tratti di
beni non strumentali in senso proprio, purché risultino in concreto destinati alla finalità della
produzione o dello scambio nell’ambito dell’attività dell’impresa stessa, con la precisazione che “il
nesso oggettivo che deve sussistere tra acquisto e impiego di beni e servizi, … non è quello di diretta
e meccanica utilizzazione, ma … si riassume in una necessaria relazione di inerenza tra la singola
operazione di acquisto e l’esercizio dell’attività economica del soggetto passivo IVA”.
8.7 Va poi rammentato che la Corte di Giustizia CE -v. già Corte giust. 11 luglio 1991, causa C97/90, Lennartz contro Finanzamt Munchen- ha ritenuto, per un verso, che “se un soggetto passivo,
in un caso specifico, abbia acquistato beni per le esigenze delle sue attività economiche ai sensi
dell’art. 4 della sesta direttiva costituisce una questione di fatto, che va valutata tenendo conto di
tutti i dati della fattispecie, fra i quali figurano la natura dei beni considerati e il periodo di tempo
intercorso tra l’acquisto degli stessi e il loro uso ai fini delle attività economiche del soggetto
passivo”.
8.8 Nella medesima occasione si è pure aggiunto che “una norma o una prassi amministrativa
nazionale che imponga una restrizione generale del diritto alla deduzione in caso di uso
professionale limitato, ma pur sempre effettivo, costituisce una deroga all’art. 17 della sesta direttiva
ed è valida solo se sono soddisfatte le condizioni prescritte dall’art. 27, n. 1, o dall’art. 27, n. 5, della
sesta direttiva”.
8.9 La stessa Corte europea ha poi precisato-Corte giust. 18 dicembre 2008, causa C-488/07, Royal
Bank of Scotland Group plc, che il diritto a detrazione previsto dagli artt. 17 e seguenti della sesta

direttiva costituisce parte integrante del meccanismo dell’IVA e non può, in via di principio, essere
soggetto a limitazioni …Il sistema delle detrazioni è inteso ad esonerare interamente l’imprenditore
dall’IVA dovuta o pagata nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Il sistema comune di IVA
garantisce, di conseguenza, la perfetta neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività
economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività, purché queste siano, in
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Cass.n.5987/1992) esplicitando i tratti caratterizzanti del sistema della detrazione IVA attuato


linea di principio, di per sé soggette

8.9 Dal quadro dei principi sopra esposti emerge, dunque, che la normativa interna di trasposizione
in tema di detrazione dell’IVA non può certo imporre requisiti e presupposti in contrasto con la
normativa comunitaria, dovendo il giudice interno attivarsi per offrire della disposizione interna
un’interpretazione compatibile con il sistema comunitario o, in caso di insanabile contrasto con la
disciplina dell’UE, dar luogo alla non applicazione della norma interna in favore della disposizione
comunitaria dotata di immediata efficacia, quanto meno nei rapporti verticali in cui è parte lo Stato

8.10 Orbene, ferma la linea interpretativa testè ricordata, al quale il giudice nazionale deve
improntare il proprio operato, va detto che la CTR ha ritenuto, anzitutto, di escludere il diritto al
credito di imposta della società contribuente- originariamente rimborsato- valorizzando in via
astratta la natura catastale dell’immobile ed il carattere esclusivo o principale dell’attività di vendita
che non rientrava tra gli scopi della società contribuente, ancorchè l’oggetto sociale prevedesse la
possibilità del sodalizio di cedere ed acquistare immobili.
8.11 Così facendo il giudice di appello si è attestato su un’interpretazione letterale dell’art.19 bis 1
cit. non solo contrastante con i princìpi espressi dalla Corte di Giustizia nelle sentenze rese in causa
sopra richiamate, ma con la stessa giurisprudenza di legittimità che ha, invece, più volte
riconosciuto che occorre riferirsi, ai fini di giustificare la strumentalità di un acquisto rispetto
all’attività imprenditoriale, all’effettiva natura del bene, comparandola con gli scopi dell’impresain questi termini, v.Cass. 16730 del 27 luglio 2007 ove si è ritenuto che per riconoscere il diritto
alla detrazione Iva, “…la strumentalità del bene acquistato va valutata in concreto e non in termini
puramente teorici…” -v. anche Cass. n. 12036/2008-.
8.12 Del resto, ad ulteriore conferma di quanto si è detto, non è superfluo ricordare come la stessa
Agenzia delle Entrate, pur in un contesto normativo modificato formalmente rispetto a quello
vigente all’epoca della vicenda controversa, abbia riconosciuto essa stessa che “… gli immobili
abitativi, utilizzati dal soggetto passivo nell’ambito di un’attività di tipo ricettivo (gestione di case
vacanze, affitto camere, etc.) che comporti l’effettuazione di prestazioni di servizi imponibili ad
IVA, debbano essere trattati, a prescindere dalla classificazione catastale, alla stregua dei fabbricati
strumentali per natura.”, -cfr.Risoluzione Ag.Entrate n.12 del 22.2.2012. Indirizzo che segue,
peraltro, la risoluzione n.196/E del 31 luglio 2007 —richiamata dalla ricorrente in memoria- che
aveva riconosciuto la detraibilità dell’IVA per un acquisto di un immobile per il quale era
successivamente intervenuto il mutamento di destinazione d’uso.
8.13 Sulla base delle considerazioni appena esposte, la decisione impugnata risulta errata in diritto
e gravemente carente rispetto all’esame della questione relativa alla detraibilità dell’IVA per
l’acquisto di un bene che, sulla base della documentazione prodotta dalla società contribuente ed a
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o organi allo stesso assimilabili.


prescindere dalla classificazione catastale, la stessa contribuente aveva qualificato come bene
strumentale, tenuto conto del suo oggetto sociale, dello stato in cui si trovava all’atto dell’acquistoal quale fa cenno la ricorrente a pag.2 del ricorso-, delle attività compiute dal proprietario nel
periodo successivo all’acquisto, del rilascio della licenza di somministrazione al pubblico di
alimenti ottenuta nel giugno 2002, della richiesta di concessione per la realizzazione di lavori
funzionali alla destinazione ad affittacamere dell’immobile, alla quale era seguito il rilascio del
provvedimento di cambio di destinazione della parte dell’immobile da adibire ad affittacamere-

l’utilizzazione dell’immobile nell’ambito dell’attività ricettiva, imponibile ai fini Iva(v. tabella A,
parte III, n. 120, allegata al DPR n. 633 del 1972, che disciplina le ” prestazioni rese ai clienti
alloggiati nelle strutture ricettive di cui all’articolo 6 della legge 17 maggio 1983, n. 217, e
successive modificazioni).
8.14 Orbene, gli elementi esposti sub 8.13 sono stati totalmente tralasciati dalla CTR, malgrado il
loro evidente carattere di decisività, sul presupposto, come si è visto errato in diritto, che il diritto a
detrazione della società contribuente e, dunque, la pretesa creditoria fiscale originariamente
rimborsata alla contribuente non poteva essere ammessa in ragione della destinazione abitativa del
bene formalmente risultante dalla classificazione.
8.15 Ed analoghe considerazioni devono farsi per quel che riguarda la questione relativa al carattere
principale dell’attività di vendita richiesto dall’art.19 bis 1 d.pr.n.633/72 per fruire della detrazione.
8.16 Anche in questo caso il requisito limitativo introdotto dal legislatore non sembra potere
vincolare il giudice nazionale al fine di negare il diritto a detrazione, le quante volte tale diritto non
possa negarsi in quanto il bene assume comunque un carattere strumentale rispetto all’attività
imprenditoriale svolta dal contribuente.
8.17 E poiché la società aveva inteso, attraverso la documentazione prodotta in giudizio, appunto
comprovante la strumentalità del cespite rispetto all’attività svolta proprio in relazione all’oggetto
sociale nel complesso indicato all’interno dell’atto costitutivo ed alla concreta destinazione dello
stesso agli scopi statutari, la sentenza impugnata palesa vieppiù le proprie carenze argomentative.
9. Si impone, pertanto, la cassazione della sentenza resa dalla CTR ed il rinvio per nuovo esame ad
altra sezione della CTR della Toscana, la quale pure provvederà alle spese del presente giudizio di
legittimità
P.Q.M.
La Corte
Accoglie il ricorso
Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR della Toscana, la quale pure
provvederà alle spese del presente giudizio di legittimità.
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classe catastale D12. Né la CTR si è preoccupata di considerare che tale classamento consentiva

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T.’777.n7;717- A710Nn

Così deciso il 3 giugno 2013 nella camera di consiglio della V sezione civile in Roma.

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