Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3457 del 15/02/2010

Cassazione civile sez. lav., 15/02/2010, (ud. 22/12/2009, dep. 15/02/2010), n.3457

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 16912-2007 proposto da:

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO S.P.A., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA

PIAZZA GIUSEPPE VERDI N. 10, presso lo studio dell’Avvocato TURCO

CHIARA, (c/o l’Ufficio della Funzione Affari Legali e Societari), che

lo rappresenta e difende giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE

CLODIO, 18, presso lo studio dell’avvocato PETRILLO MARCIANO, che lo

rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3188/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 06/06/2006 R.G.N. 9286/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/12/2009 dal Consigliere Dott. ULPIANO MORCAVALLO;

udito l’Avvocato RAGAZZONI GIULIO per delega PETRILLO MARCIANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della decisione di primo grado che aveva accolto la domanda proposta dall’odierno intimato nei confronti dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato s.p.a., intesa ad ottenere il ricalcolo dell’indennità di anzianità e del trattamento di fine rapporto, nonchè delle mensilità supplementari e delle ferie, mediante il computo dei compensi per lavoro straordinario prestato con continuità, ha limitato il diritto a tale ricalcolo sino all’entrata in vigore del c.c.n.l. del 31 ottobre 1992.

1.1. In particolare, la Corte di merito ha ritenuto che: a) la prescrizione eccepita dalla convenuta società non si era compiuta con riguardo al ricalcolo dell’indennità di anzianità e del t.f.r., in relazione al dies a quo decorrente dalla data di cessazione dal servizio; e) non poteva operarsi alcuna compensazione, nè disporsi alcuna restituzione di somme da parte del lavoratore, così come richiesto dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato in dipendenza dell’accordo aziendale del 22 giugno 1974, che la clausola di assorbimento – prevista in tale accordo – delle somme corrisposte ai lavoratori in relazione all’aumento del 10% dei ritmi produttivi riguardava esclusivamente gli eventuali compensi connessi alla produttività e non era in alcun modo collegata alle prestazioni di lavoro straordinario dedotte nella controversia; c) il diritto non poteva riconoscersi per il periodo successivo al contratto collettivo del 1992, che aveva introdotto una diversa regolamentazione del t.f.r. tale da escludere il computo del lavoro straordinario.

2. Avverso questa sentenza l’istituto Poligrafico e Zecca dello Stato s.p.a. propone ricorso per cassazione deducendo quattro motivi di impugnazione, illustrati con memoria. Il lavoratore intimato resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso consta di quattro motivi, tutti conclusi con quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 -bis c.p.c..

1.1. Con il primo motivo si denuncia l’omessa pronuncia, o comunque il vizio di motivazione, ovvero violazione e falsa applicazione delle norme sull’interpretazione dei contratti, in ordine alla censura sollevata in appello relativa alla incidenza dello straordinario anche sugli istituti collaterali.

1.2. Con il secondo motivo si denuncia l’omessa pronuncia sull’eccezione di prescrizione relativa all’incidenza di cui sopra.

1.3. Con il terzo motivo si critica la decisione impugnata, per violazione delle norme sulla prescrizione e di quelle sul t.f.r., nonchè per vizio di motivazione, e si domanda “se, in costanza di rapporto di lavoro si prescriva, nel sistema normativo introdotto dalla L. n. 297 del 1982, non il diritto all’esigibilità del TFR ma il diritto al computo, nella base di calcolo del TFR, delle voci di calcolo che maturano anno per anno e che concorrono a comporre ogni rateo annuale”.

1.4. Il quarto motivo denuncia violazione degli art. 1362 ss. c.c. e vizio di motivazione; si domanda “se, in applicazione dell’accordo aziendale del 1974, le somme eventualmente dovute al P. a titolo di ricalcolo di IDA e TFR in considerazione del lavoro straordinario prestato debbano in ogni caso essere considerate assorbite e/o compensate sino a concorrenza di quanto percepito …

per il cd. punto A”.

2. Il ricorso merita accoglimento con riguardo al primo motivo, restando così assorbito il secondo.

2.1. L’avvenuta proposizione di una specifica censura relativa all’incidenza dello straordinario sugli istituti collaterali, così come ritenuta dal giudice di primo grado, risulta dalla stessa sentenza impugnata, ove, nelle conclusioni riportate in limine, è appunto riportata tale doglianza; la sentenza, peraltro, non contiene alcuna pronuncia sul punto, neanche implicitamente presupposta in altro capo della decisione, e perciò non si sottrae, in parte qua, alla critica puntualmente mossa dalla ricorrente.

2.2. La censura relativa alla prescrizione del diritto nascente da tale incidenza deve ritenersi assorbita in ragione della proposizione della relativa eccezione, nel giudizio d’appello, in via espressamente condizionata, così come risulta dalle relative conclusioni riportate in sentenza.

2.3. Il terzo motivo è infondato.

Come questa Corte ha già precisato in analoghe controversie, il lavoratore può far valere il suo diritto al trattamento di fine rapporto, distintamente, mediante l’azione di accertamento, fin tanto che persista l’interesse ad eliminare uno stato di incertezza in ordine alle modalità di maturazione del trattamento (sia nel caso in cui la composizione della base di computo del trattamento di fine rapporto sia stata conosciuta mediante la comunicazione degli accantonamenti, sia in quello in cui tale composizione possa venire in discussione a seguito dell’eventuale erogazione di anticipazioni), e mediante l’azione di condanna, una volta che il rapporto sia cessato e si intenda ottenere la liquidazione di tale trattamento; e, allorchè venga proposta, come nella specie, quest’ultima azione, diretta ad una diversa liquidazione mediante il ricalcolo del t.f.r., l’interesse ad agire, identificandosi, non tanto con l’eliminazione di uno stato di incertezza che si protrae de die in diem, quanto con il ricevimento di una somma di denaro in conseguenza di un inesatto adempimento, sorge al momento della cessazione del rapporto di lavoro, cui sono subordinate, oggettivamente, l’esistenza del diritto e la proposizione dell’azione, si che soltanto da tale momento può decorrere la prescrizione (cfr. Cass. n. 11536 del 2006, ed altre conformi).

2.4. Anche il quarto motivo è infondato.

In relazione all’accordo aziendale del 1974 la Corte di merito ha escluso che le clausole invocate dalla società ricorrente, e particolarmente il cd. punto A) di tale accordo, possano fondare un credito del datore di lavoro, implicante la compensazione con il credito dedotto dai lavoratori, ovvero un eventuale saldo in favore della società, in relazione alla previsione di “assorbibilità” di compensi riconosciuti come corrispettivo dell’aumento dei ritmi di produzione. Tale conclusione si fonda sull’interpretazione dell’accordo (riservata al giudice di merito in ragione della sua efficacia limitata, diversa da quella propria degli accordi collettivi nazionali oggetto di esegesi diretta da parte di questa Corte ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, come modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006) e, in particolare, viene giustificata con il tenore letterale e con la ratio della clausola invocata, avendo i giudici d’appello rilevato, in particolare, che la eventualità di un assorbimento di compensi relativi al ritmo della produzione non potesse che riguardare compensi analoghi, riguardanti comunque la produttività, e fosse estranea, invece, ai compensi percepiti dai lavoratori per la prestazione di lavoro straordinario; d’altronde, hanno anche osservato i giudici d’appello, un effetto “ablativo” di compensi per t.f.r., realizzato per via della mancata inclusione di compensi per prestazioni straordinarie, avrebbe determinato una reformatio in pejus incompatibile con le disposizioni imperative della L. n. 297 del 1982.

Ciò posto, osserva la Corte che le osservazioni critiche svolte in ricorso sono indirizzate, sostanzialmente, a sostenere un diverso risultato interpretativo dell’accordo predetto, considerato preferibile a quello accolto nella sentenza censurata. Ma una censura siffatta è comunque inammissibile alla stregua della funzione del giudizio di legittimità, limitata, per accordi del tipo in esame, al controllo della motivazione e alla verifica dell’impiego corretto dei canoni ermeneutici secondo le censure proposte dal ricorrente.

D’altra parte, la prospettazione di una diversa ricostruzione storica della clausola e dei suoi intenti finalizzati alla definizione di controversie pendenti in materia di calcolo dello straordinario non potrebbe comportare – alla luce delle considerazioni sopra premesse – un diretto esame del diverso risultato interpretativo da contrapporre a quello raggiunto dal giudice di merito con riguardo alla natura e alla funzione del negozio, avendo peraltro escluso la Corte di merito la configurazione di una transazione – per mancanza dell’aliquid datum atque retentum – alla stregua dell’accertata eterogeneità dei compensi (per la produttività e per lo straordinario), impeditiva del sinallagma negoziale preteso dalla datrice di lavoro; nè la mancata considerazione di un tale intento specifico di transazione in capo all’Istituto, prospettato in questa sede, che avrebbe determinato ex se il datore di lavoro alla stipulazione dell’accordo, potrebbe risolversi nel vizio qui denunciato, atteso che la comune volontà delle parti deve essere desunta in funzione di ciò che nelle clausole dell’accordo esaminato appare obiettivamente voluto in relazione ad un determinato istituto, si da risolversi ogni eventuale dubbio nell’unità di intento che si può desumere obiettivamente dalla formula contrattuale, allorquando risulti che su di essa si volle formato il consenso.

3. In conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, e vanno respinti gli altri motivi; la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla stessa Corte d’appello, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, e rigetta gli altri motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 22 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2010

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