Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3457 del 09/02/2017


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Cassazione civile, sez. I, 09/02/2017, (ud. 05/07/2016, dep.09/02/2017),  n. 3457

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

M.B. – PALMA S.R.L. SUCCEDUTA A O.M.P. M.

S.P.A., Elettivamente domiciliate in Roma, via Monserrato, n. 34,

nello studio dell’avv. Giuseppe Gueli, che le rappresenta e difende,

unitamente all’avv. Federico Sbrana, giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

AUTOSTRADE PER L’ITALIA S.P.A., – già AUTOSTRADE, CONCESSIONI E

COSTRUZIONI AUTOSTRADE S.P.A., Elettivamente domiciliato in Roma,

via Piemonte, n. 39, nello studio dell’avv. Antonio Grieco, che la

rappresenta e difende, unitamente all’avv. Carlo Cardillo, giusta

procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Genova, n. 49,

depositata in data 14 gennaio 2011;

sentita la relazione svolta all’udienza pubblica del 5 luglio 2016

dal consigliere dott. Pietro Campanile;

Sentito per le ricorrenti l’avv. F. Sbrana;

Sentito per la controricorrente l’avv. A. Grieco;

Udite le richieste del Procuratore Generale, in persona del sostituto

dott. CARDINO Alberto, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza parziale del 30 gennaio 1992 il Tribunale di Genova, pronunciando sulla domanda proposta dei signori E., Gr. e M.G. e della S.p.a. O.M.P. M. per ottenere il ristoro dei danni conseguenti alla illegittima occupazione di un fondo di loro proprietà, sito in (OMISSIS), per la realizzazione del raddoppio dell’Autostrada (OMISSIS), dichiarava il difetto di legittimazione passiva della convenuta A.N.A.S.. Veniva quindi affermata la responsabilità esclusiva della S.p.a. Autostrade, disponendosi in merito alla prosecuzione del giudizio per la liquidazione dei danni.

1.1. Con successiva decisione depositata il 1 marzo 1995 il Tribunale, preso atto della cessione litigiosa da parte di M.E. alla figlia B., liquidava, al netto di rivalutazione ed interessi, in favore di G. e Mo.Gr. la somma di Lire 1.476.262.442; in favore della S.p.a. OMP M. la somma di Lire 230.400.000 e, in solido quanto alla predetta società e M.B., l’importo di lire 27.033.876.

1.2. La Corte di appello di Genova, con sentenza depositata in data 19 maggio 1997, in parziale riforma della decisione di primo grado, che confermava nel resto, liquidava in favore della società OMP M. e di M.B., per le demolizioni effettuate nella proprietà, la somma di Lire 125.459.000.

1.3. La Corte di cassazione, con decisione n. 7771 del 1999, esclusa la responsabilità della S.p.a. Autostrade in merito alle negative conseguenze dell’esecuzione dell’appalto, ascrivibile alla sola ditta appaltatrice, per quanto in questa sede rileva, affermava il principio secondo cui, nel caso di abusiva occupazione ed irreversibile impiego di un fondo per la realizzazione di opera pubblica, il danno deve essere determinato in una somma pari all’intera perdita patrimoniale subita (da rivalutarsi in correlazione del diminuito potere d’acquisto della moneta a partire dalla data dell’illecito fino al giorno della liquidazione), e, pertanto, quando si tratti di un’opera stradale, deve comprendere anche la diminuzione di valore della residua proprietà del privato, derivante dal vincolo di inedificabilità imposto dalla L. 6 agosto 1967, n. 765, art. 19 per le zone latistanti alla sede stradale.

1.4. Le impugnazioni per revocazione proposte avverso detta sentenza venivano rigettate con ordinanza di questa Corte depositata in data 27 giugno 2002.

1.5. Il giudizio veniva riassunto davanti alla Corte di appello di Genova, che, disposta consulenza tecnica d’ufficio, e dichiarata, con sentenza parziale del 4 marzo 2006, la cessazione della materia del contendere nei rapporti fra la S.p.a. Autostrade e G. e Mo.Gr., con la decisione indicata in epigrafe ha disposto la restituzione delle somme già corrisposte, in esecuzione delle statuizioni cassate dalla Corte di Cassazione, dalla S.p.a. Autostrade alla società OMP M. e a M.B. e ha liquidato in favore di queste ultime, in relazione alla menomazione delle potenzialità edificatorie della parte del fondo non occupata, la somma di Euro 40.929,21, con riferimento ai valori monetari in vigore nel novembre del 1975.

A tale riguardo la corte ligure ha aderito alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, secondo cui doveva tenersi conto non della potenzialità edificatoria massima del fondo, ritenuta astratta e non verificabile concretamente, bensì di quella desumibile da una progetto edilizio, già elaborato da tale arch. G., per la costruzione di un fabbricato su detto terreno.

1.6. Per la cassazione di tale decisione la sig.ra M.B. e la società OMP M. propongono ricorso, affidato a due motivi, cui la S.p.a. Autostrade resiste con controricorso.

Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2. Con il primo motivo, deducendo violazione dell’art. 2043 c.c., della L. n. 2359 del 1865, artt. 39 e 40 nonchè dell’art. 384 c.p.c., si sostiene che il valore del terreno ablato sarebbe stato determinato in misura inferiore a quello effettivo, essendosi considerata la potenzialità edificatoria in base a un progetto già presentato nell’interesse dei proprietari e non sulla scorta di quella prevista dallo strumento urbanistico vigente nell’anno 1975.

2.1. La seconda censura attiene ancora all’erroneità della valutazione operata nella sentenza impugnata, prospettata sotto il profilo del vizio motivazionale, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

3. Dette censure, da esaminarsi congiuntamente per la loro intima correlazione, sono fondate.

3.1. Nella decisione di questa Corte n. 7771 del 1999, con la quale venne disposto il giudizio di rinvio conclusosi con la sentenza impugnata, si afferma, per quanto in questa sede rileva, che nella specie “il danno risarcibile deve essere commisurato all’intera perdita patrimoniale subita dal proprietario del fondo occupato e pertanto, nei casi in cui l’opera pubblica realizzata sia un’opera stradale, deve comprendere anche la diminuzione di valore della residua proprietà derivante dal vincolo di inedificabilità”, aggiungendosi, quanto ad alcuni aspetti di natura probatoria, che “se venisse suffragata da oggettivi elementi di riscontro l’asserita pressochè totale inedificabilità della parte residua del fondo per effetto della costruzione dell’opera pubblica in funzione della quale era stata disposta l’occupazione parziale, tale circostanza sarebbe di per sè sola sufficiente a integrare le ragioni di danno fatte valere dagli appellanti incidentali, non essendo necessaria alcuna prova ulteriore per dimostrare la perdita della edificabilità dell’area residua, la quale deriverebbe dalla stessa legge, che impone il rispetto delle distanze le quali precludono o limitano l’attività edilizia”.

3.2. Il principio al quale il giudice del rinvio avrebbe dovuto conformarsi, anche in ossequio all’esigenza di liquidare in maniera compiuta il pregiudizio subito dalla parte proprietaria, comportava all’evidenza la necessità di considerare in maniera integrale le conseguenze patrimoniali del vincolo di inedificabilità. A tal fine non poteva prescindersi dalle potenzialità edificatorie che inerivano all’area in questione prima dell’occupazione resasi illegittima, valutate nella loro completa fruibilità.

3.3. L’adesione all’opzione suggerita dal consulente tecnico d’ufficio di considerare la potenzialità edificatoria del fondo sulla base di un progetto per la costruzione di un caseggiato di civile abitazione redatto qualche anno prima dall’arch. G.G., appare del tutto incongrua, dal momento che non risulta che con tale progetto, poi non realizzato, si fosse esaurita l’intera volumetria realizzabile. Di certo, la scelta di un proprietario di avvalersi, a fini edificatori, soltanto di una parte del proprio fondo non può costituire una valida ragione per escludere, sulla base di una valutazione fondata sul c.d. metodo analitico – ricostruttivo, la risarcibilità sulla base del valore di trasformazione del suolo edificabile, da determinarsi considerando anzitutto la densità volumetrica esprimibile in base agli indici di fabbricabilità della zona omogenea in cui è incluso, al netto degli spazi assegnabili a standards, nonchè delle spese di urbanizzazione relative alle opere che, poste in essere dall’amministrazione, assicurano l’immediata utilizzazione edificatoria dell’area (Cass., 22 marzo 3013, n. 7288).

3.4. L’affermazione della corte distrettuale, secondo cui doveva privilegiarsi “l’esigenza di basarsi non su una astratta potenzialità edificatoria priva di ogni possibilità di concreta verifica fattuale”, non risponde alla necessità di accertare “la diminuzione di valore della residua proprietà derivante dal vincolo di inedificabilità”, come affermato, come sul dirsi, con valore di “norma del caso controverso” nella sentenza con cui era stato disposto il giudizio di rinvio, e, sotto altro profilo – non essendosi evidenziate ragioni tali da far ravvisare una concreta inedificabilità di fatto, ma solo una generica necessità di una “verifica fattuale”, confligge con la natura pur sempre virtuale dell’applicazione del metodo analitico ricostruttivo.

3.5. In riferimento a fattispecie analoga questa Corte ha già affermato che l’edificabilità è un dato oggettivo che, partendo dalla compatibilità dello sfruttamento edilizio del fondo con le previsioni urbanistiche, può assumere diversi valori a seconda delle caratteristiche obiettive del fondo (c. d. edificabilità di fatto), che giocano un ruolo integrativo rispetto all’edificabilità legale. E’ la densità edilizia della zona in cui è compreso il suolo espropriato che detta i parametri per la determinazione del quantum, e, rispetto ad essa, il conseguimento di un provvedimento abilitativo all’edificazione, legato alle scelte contingenti del proprietario, non ha effetto indicativo per la concreta determinazione, nè tanto meno derogatorio rispetto alla potenzialità edificatoria in astratto (Cass., 10 gennaio 2003, n. 154).

4. L’impugnata decisione, pertanto, deve essere cassata, con rinvio alla Corte di appello di Genova che, in diversa composizione, applicherà il principio sopra richiamato senza incorrere nell’evidenziato vizio motivazionale, provvedendo altresì, al regolamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Genova, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione prima civile, il 5 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2017

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