Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34569 del 30/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 30/12/2019, (ud. 16/05/2019, dep. 30/12/2019), n.34569

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10968-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.M., elettivamente domiciliato in ROMA VIA A. FARNESE

7, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO BERLIRI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIERA FILIPPI, giusta

procura speciale depositata il 15/11/2017;

– resistente –

avverso la sentenza n. 2727/2016 della COMM. TRIB. REG. di BOLOGNA,

depositata il 26/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/05/2019 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ETTORE PEDICINI che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato GENTILI che si riporta agli

scritti;

udito per il resistente l’Avvocato COGLIATI DEZZA per delega

dell’Avvocato BERLIRI che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 2727/1/2016, depositata il 26 ottobre 2016, non notificata, la CTR dell’Emilia – Romagna accolse, previa riunione, gli appelli proposti dal sig. C.M. avverso le sentenze della CTP di Reggio Emilia, che avevano invece respinto i ricorsi separatamente proposti dal contribuente avverso avvisi di accertamento per IRPEF ed addizionali regionale e comunale, oltre sanzioni ed interessi, con riferimento agli anni d’imposta 2005, 2006 e 2007.

Questi ultimi traevano origine da verifica, conclusasi con relativo processo verbale di constatazione, compiuta dalla Guardia di Finanza, a sua volta indotta dall’acquisizione, da parte dell’amministrazione fiscale francese, per il tramite degli strumenti previsti dalla Dir. 19 dicembre 1977, n. 77/799/CEE, e della Convenzione Italia Francia del 5 ottobre 1989, di una lista (c.d. lista Falciani) di detentori di investimenti e disponibilità finanziarie in Svizzera, presso la HSBC Private Bank di (OMISSIS), tra i quali erano individuati il C. ed il coniuge R.G.F. quali soggetti che avevano effettuato movimentazioni all’estero soggette agli obblighi di monitoraggio fiscale di cui al D.L. 28 giugno 1990, n. 167, art. 4, convertito, con modificazioni, nella L. 4 agosto 1990, n. 227.

La CTR ritenne che non fosse applicabile retroattivamente, con riferimento alle succitate annualità d’imposta oggetto di contestazione, in quanto disposizione avente carattere sostanziale, il D.L. 1 luglio 2009, n. 78, art. 12, comma 2, convertito con modificazioni, nella L. 3 agosto 2009, n. 102, che ha stabilito che gli investimenti e le attività finanziarie detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato in violazione degli obblighi di dichiarazione di cui al succitato D.L. n. 167 del 1990, art. 4, ai soli fini fiscali si presumono costituite, salva la prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione.

Avverso la succitata sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo, ulteriormente illustrato da memoria, a seguito della quale la controversia, originariamente proposta per la trattazione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c., è stata con ordinanza interlocutoria rimessa alla sezione ordinaria per la discussione in pubblica udienza.

Il contribuente ha depositato procura speciale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate lamenta violazione e/o falsa applicazione del D.L. n. 78 del 2009, art. 12, del D.L. n. 167 del 1990, art. 4, e del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 44, (TUIR), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, laddove, attribuendo alla disciplina in parola natura sostanziale, nella parte in cui essa prevede l’utilizzo, nel metodo di accertamento, di una presunzione legale relativa, la CTR ha escluso l’applicabilità del citato art. 12 con riferimento agli anni d’imposta oggetto di accertamento, tutti anteriori alla data di entrata in vigore della suddetta norma.

Per maggiore chiarezza espositiva appare utile riportare il citato decreto, art. 12, (commi da 1 a 2 ter), come convertito dalla L. di conversione n. 102 del 2009, che ha modificato il comma 2, ed inserito i commi 2 bis e 2 ter:

1. Le norme del presente articolo danno attuazione alle intese raggiunte tra gli Stati aderenti alla Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico in materia di emersione di attività economiche e finanziarie detenute in Paesi aventi regimi fiscali privilegiati, allo scopo di migliorare l’attuale insoddisfacente livello di trasparenza fiscale e di scambio di informazioni, nonchè di incrementare la cooperazione amministrativa tra Stati.

2. In deroga ad ogni vigente disposizione di legge, gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato di cui al D.M. finanze 4 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 23 novembre 2001, n. 273, senza tener conto delle limitazioni ivi previste, in violazione degli obblighi di dichiarazione di cui al D.L. 28 giugno 1990, n. 167, art. 4, commi 1, 2 e 3, convertito dalla L. 4 agosto 1990, n. 227, ai soli fini fiscali si presumono costituite, salva la prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione. In tal caso, le sanzioni previste dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 1, sono raddoppiate.

2 bis. Per l’accertamento basato sulla presunzione di cui al comma 2, i termini di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 43, commi 1 e 2, e successive modificazioni, e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 57, commi 1 e 2, e successive modificazioni, sono raddoppiati.

2 ter. Per le violazioni di cui al D.L. 28 giugno 1990, n. 227, art. 4, commi 1, 2 e 3, e successive modificazioni, riferite agli investimenti e alle attività di natura finanziaria di cui al D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, comma 2, i termini di cui all’art. 20, del sono raddoppiati.

Ai fini della presente decisione valenza centrale riveste segnatamente la norma, comma 2, come sopra trascritto.

L’amministrazione ricorrente, con il motivo in esame, denuncia l’erroneità della decisione per avere attribuito natura sostanziale alla norma in questione, istitutiva di una presunzione legale relativa di evasione con riferimento al fatto di chi detenga investimenti ed attività di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato quali individuati dalla succitate fonti secondarie, laddove siano stati violati gli obblighi di dichiarazione di cui al D.L. 28 giugno 1990, n. 167, art. 4, commi 1, 2 e 3, convertito dalla L. 4 agosto 1990, n. 227.

Osserva in proposito l’Amministrazione ricorrente che la norma – nel prevedere che, in caso di violazione dell’obbligo di dichiarazione delle ricordate disponibilità nei Paesi o territori a fiscalità privilegiata, esse si presumono costituite, salva la prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione – attiene al riparto dell’onere della prova, (nonchè al raddoppio dei termini dell’accertamento) e, avendo quindi natura procedimentale, sfugge al principio d’irretroattività di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 3, (Statuto del contribuente). Peraltro rileva ancora l’Amministrazione – l’accertamento che ne ha fatto applicazione, in quanto relativo a verifica fiscale avviata il 20 gennaio 2011 e conclusa con pvc del 21 marzo 2011), dunque nel periodo di vigenza della norma stessa, è pienamente legittimo.

1.1. La Corte ritiene che detto assunto non possa essere condiviso.

In questa sede non può certo essere ripercorso in dettaglio il dibattito dottrinale sulla natura sostanziale o piuttosto processuale delle presunzioni legali relative, che, come anche di recente osservato, costituisce ancora “il vero punctum dolens” nell’ambito della disciplina generale delle presunzioni legali, su cui, infatti, si sono soffermati tanto gli studiosi del processo civile quanto quelli del diritto civile sostanziale; questione poi che nell’ambito del diritto tributario, caratterizzato dal cospicuo ricorso agli accertamenti di natura presuntiva, assume indubbiamente un rilievo particolare.

Tuttavia non può farsi a meno di notare come, pur da autorevole dottrina processual – civilistica, non si sia mancato di porre in risalto come le presunzioni, in quanto ispirate alla finalità di facilitare la tutela di situazioni giuridiche, sotto tale profilo siano indubbiamente appartenenti al diritto sostanziale, mentre, in quanto espedienti di tecnica legislativa imperniati sulla distribuzione dell’onere della prova, finiscano, sotto tale profilo, con l’assumere rilevanza come limiti o predeterminazioni dell’assetto dell’onere probatorio.

1.1.1. Il problema, in effetti, è reso ancor più arduo dal fatto che, specialmente con riferimento al settore del diritto tributario, non tutte le presunzioni legali relative sono certamente riconducibili allo schema classico secondo cui, salva la prova contraria, la legge riconnette ad un fatto noto l’esistenza di un altro fatto ignoto.

1.2. Venendo specificamente alla previsione normativa in esame, è dato rilevare come essa, rispetto alla disciplina, anteriore alla sua entrata in vigore, di cui al citato D.L. n. 167 del 1990, art. 6, quale applicabile ratione temporis al presente giudizio, che stabiliva, alle condizioni ivi previste, la presunzione legale, pur sempre relativa, di fruttuosità delle somme in denaro dei certificati di massa o dei titoli trasferiti o costituiti all’estero senza che ne fossero dichiarati i redditi effettivi, in misura pari al tasso ufficiale medio di sconto vigente in Italia nel relativo periodo d’imposta, riconnette direttamente all’omissione di dichiarazione la presunzione legale relativa di evasione, stabilendo, in effetti, l’equipollenza tra omissione di dichiarazione e la costituzione delle succitate disponibilità nei paesi a regime fiscale privilegiato mediante redditi sottratti a tassazione.

1.3. In tal caso – come pur si è autorevolmente osservato sul piano della dottrina generale del diritto civile – la presunzione legale relativa non può inquadrarsi perfettamente nell’ambito del fenomeno probatorio, restando “pur sempre il fatto dell’equipollenza, piuttosto che l’evento da provare, ad essere oggetto di prova contraria”.

1.4. Ritiene quindi la Corte che debba essere confermato l’indirizzo già espresso in materia da Cass. sez. 6-5, ord. 2 febbraio 2018, n. 2662, solo isolatamente contraddetto da Cass. sez. 6-5, ord. 12 febbraio, n. 3276, e di seguito viceversa riaffermato da Cass. sez. 5, 21 dicembre 2018, n. 33223 e da Cass. sez. 6-5, ord. 30 gennaio 2019, n. 2562), con qualche ulteriore opportuna precisazione.

1.4.1. La prima può essere espressa nel principio secondo cui “La presunzione legale relativa di evasione introdotta – con riferimento all’omessa dichiarazione di investimenti e attività di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato – dal D.L. n. 78 del 2009, art. 12, comma 2, non ha efficacia retroattiva, in quanto non può attribuirsi alla stessa natura procedimentale”, non incidendo meramente sul metodo di accertamento, ciò che consente di disattendere l’ulteriore argomento speso dall’Amministrazione circa l’espletamento di ciascun accertamento riferito alle singole annualità d’imposta, nè soltanto processuale, non essendo riferibile esclusivamente al riparto dell’onere della prova, come ancora ulteriormente desumibile, secondo quanto già rilevato dai precedenti conformi citati, dalla collocazione delle norme in tema di presunzioni tra quelle sostanziali, nel codice civile, nonchè, in generale (cfr. Cass. sez. lav. 19 marzo 2014, n. 6332), sempre riguardo al principio di distribuzione dell’onere probatorio, più che per la sedes materiae, perchè consistenti in regole di giudizio che comportano una decisione di merito. D’altronde si è ancora da questa Corte, in maniera condivisibile, affermato che una differente interpretazione potrebbe, in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., pregiudicare l’effettività del diritto di difesa del contribuente in ordine alla conservazione di un certo tipo di documentazione.

1.4.2. L’ulteriore precisazione attiene all’interpretazione dell’incipit del citato D.L. n. 78 del 2009, comma 2, così come convertito dalla L. n. 78 del 2009, “In deroga ad ogni vigente disposizione di legge…”, segnatamente se esso possa intendersi come deroga espressa all’art. 11 preleggi, ed alla L. n. 212 del 2000, art. 3, comma 1, (Statuto del contribuente).

Invero al riguardo non può farsi a meno di osservare, avuto riguardo all’art. 12 preleggi, come all’interpretazione letterale della norma debba comunque affiancarsi quella sistematica che consenta di rilevare l’intenzione del legislatore. Ebbene, come è dato evincere anche dal D.L. n. 78 del 2009, art. 12, successivi commi, in esame, quale risultante a seguito della legge di conversione, non vi è dubbio che la disposizione abbia la precipua finalità di avvantaggiare la posizione del Fisco sul piano dell’accertamento, dando per certo, salva la prova contraria, il fatto della costituzione degli investimenti ed attività finanziarie non dichiarati nei menzionati Paesi o territori a regime fiscale privilegiato mediante redditi sottratti a tassazione; sicchè appare coerente concludere nel senso che l’inciso sopra indicato debba intendersi in modo che la deroga espressa ivi contenuta sia da porre in relazione agli ordinari strumenti accertativi.

1.5. In conclusione deve ribadirsi quanto già coevamente affermato, in analoga fattispecie in tema di c.d. lista Falciani, da Cass. sez. 5, ud. 16 maggio 2019, dep. 14 novembre 2019, n. 29632, nella parte in cui, dopo aver confermato il principio di diritto secondo cui “La presunzione legale relativa di evasione introdotta – con riferimento all’omessa dichiarazione di investimenti e attività di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato – dal D.L. n. 78 del 2009, art. 12, comma 2, non ha efficacia retroattiva, in quanto non può attribuirsi alla stessa natura procedimentale e di deroga espressa all’art. 11 preleggi, e allo statuto del contribuente, art. 3”, ha quindi aggiunto che “laddove il fisco ricorrente denunci anche la violazione dell’art. 2729 c.c., la Corte può rinviare al giudice di merito il riesame dei medesimi fatti addotti, sub specie di presunzione semplice)” (conf. anche Cass. sez. 5, ud. 16 maggio 2019 – dep. 14 novembre 2019, n. 29633).

1.6. Nella fattispecie qui all’esame della Corte l’Amministrazione ricorrente ha censurato la decisione impugnata unicamente in relazione alla dedotta violazione o falsa applicazione del D.L. n. 78 del 2009, art. 12, senza dolersi del mancato esame da parte della CTR, ai fini della decisione in ordine alla legittimità o meno dell’atto impositivo impugnato, della valenza, quale presunzione semplice dotata dei requisiti di cui all’art. 2729 c.c., della documentazione, estratta dalla lista Falciani acquisita per il tramite degli strumenti di cooperazione sovranazionale, da doversi intendere come riferibile al C..

Il ricorso erariale deve essere pertanto rigettato.

2. Il recente consolidarsi dei principi di diritto sopra richiamati quali espressi in materia da questa Corte giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio di legittimità.

3. Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1- quater.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 dicembre 2019

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