Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3456 del 12/02/2020

Cassazione civile sez. II, 12/02/2020, (ud. 13/02/2019, dep. 12/02/2020), n.3456

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7990/2015 proposto da:

ARCICONFRATERNITA ANGELI PICCOLA CASA DI PRONTO SOCCORSO,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14 A-4,

presso lo studio dell’avvocato GABRIELE PAFUNDI, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato CARLO RANABOLDO;

– ricorrente –

contro

CSA COOPERATIVA SERVIZI ALESSANDRINA SCA ONLUS, IN LIQUIDAZIONE

COATTA AMMINISTRATIVA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NICOLA

RICCIOTTI 11, presso lo studio dell’avvocato COSTANZA ACCIAI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CLAUDIO STRERI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1538/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 07/08/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/02/2019 dal Consigliere Dott. RAFFAELE SABATO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI Corrado, che ha concluso per la parziale inammissibilità dei

motivi due e tre, o comunque rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato PAFUNDI Gabriele, difensore della ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato ACCIAI Costanza difensore della resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con citazione notificata in data 27/03/2007 la Cooperativa Servizi Alessandrina (C.S.A., già Sol.co.) a r.l. ha chiesto al tribunale di Casale Monferrato condannarsi l’Arciconfraternita degli Angeli Piccola Casa di Pronto Soccorso – alla revisione del prezzo convenuto in un contratto di appalto di servizi ospedalieri del 19/03/1997, con corresponsione di quanto derivante dalle nuove tabelle contrattuali e relativi dd.mm. per l’anno 2004 e la frazione di quattro mesi del 2005.

2. Sulla resistenza dell’Arciconfraternita, che ha anche eccepito l’inadempimento, il tribunale con sentenza depositata il 31/03/2012 ha accolto la domanda attrice condannando la convenuta al pagamento di Euro 32.865,63.

3. Con sentenza depositata il 22/05/2014 la corte d’appello di Torino ha rigettato il gravame proposto dall’Arciconfraternita, considerando: – che rettamente il tribunale avesse accertato che, giusta la richiesta della parte attrice di adeguamento, datata 7/12/2001 (doc. n. 3), sottoscritta per accettazione dal presidente dell’Arciconfraternita, il contratto – così integrato – prevedesse un adeguamento ai maggiori oneri “a partire dall’1/1/2002”; non era dunque applicabile l’art. 1664 c.c., quanto alla soglia del 10% per aversi revisione del corrispettivo;

– che l’eccezione di inadempimento per omissioni contributive, che esponevano l’Arciconfraternita a responsabilità solidale, a prescindere dalla sua tempestività o intempestività, non poteva elidere l’obbligazione di adeguare il corrispettivo, ma al limite ridurlo in presenza della domanda di un pagamento, questo non richiesto.

4. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Arciconfraternita su tre motivi. Ha resistito con controricorso la cooperativa, ora C.S.A. – Cooperativa Servizi Alessandrina soc. coop. per azioni ONLUS in l.c.a. (così in procura e sottoscrizione; v. refuso in intestazione controricorso).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 1460 c.c.. In particolare, in riferimento alla disattesa eccezione di inadempimento agli oneri contributivi proposta dall’Arciconfraternita, la corte d’appello – negando la rilevanza dell’eccezione – avrebbe errato in quanto, in relazione all’art. 2697 c.c., trattandosi di caso in cui il convenuto ha sollevato l’eccezione della specie, l’attore per ottenere la condanna del convenuto stesso all’adempimento avrebbe dovuto provare di avere adempiuto alle proprie obbligazioni. La parte ricorrente richiama sul punto Cass. sez. U. 30/10/2001, n. 13533 e deduce essersi la cooperativa disinteressata dell’onere incombente su essa di provare il versamento dei contributi, avendo invece l’Arciconfraternita prodotto – pur non essendovi tenuta – l’accertamento effettuato dall’istituto di previdenza.

2. Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., avendo la corte d’appello omesso di esaminare il motivo di gravame proposto dall’odierna parte ricorrente che censurava la prima sentenza per aver ritenuto incontestato il conteggio della controparte dell’ulteriore aumento dal 1.1.2004. In particolare, si sostiene che – pur essendo applicabile ratione temporis al procedimento, instaurato prima del 4/7/2009, la nuova formulazione dell’art. 115 c.p.c. – il principio di non contestazione, preesistente alla novellazione, era stato mal governato, avendo la comparsa di risposta di prime cure dell’odierna parte ricorrente espresso la contestazione del quantum e l’invito alla controparte dimostrare di aver pagato l’aumento stipendiale, ed avendo invece il tribunale accolto la domanda per non contestazione. A ciò era seguito il mancato esame del motivo d’appello sul punto da parte della corte territoriale.

3. Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., avendo la corte d’appello omesso di esaminare altro motivo d’appello concernente il governo dei canoni di ermeneutica contrattuale ex art. 1362 c.c.. Con il motivo non esaminato (dalla p. 4 alla p. 8 dell’atto d’appello) l’odierna parte ricorrente aveva dedotto che, erroneamente avendo ricostruito come novativa l’integrazione pattizia del 7-11.12.2001, la sentenza di primo grado aveva interpretato una clausola di aumento del prezzo, per effetto di un onere posto a carico della sola originaria attrice con L. n. 142 del 2001, come clausola di adeguamento automatico da applicarsi anche per futuri aumenti della manodopera; impugnava tale statuizione sottolineando che una clausola di aggiornamento automatico richiede un criterio, non indicato, invece nella scrittura integrativa, ove era riconosciuto solo aumento per il passato in relazione alla cennata L. 142 del 2001. Dopo aver trascritto i passaggi rilevanti degli atti processuali, la parte ricorrente a p. 24 del ricorso trascrive la nota del dicembre 2001 del presidente dalla Sol.co., accettata l’11/12/2001 dal presidente dell’Arciconfraternita.

4. I tre motivi sono interdipendenti il terzo e il secondo (dipendendo i conteggi dal sussistere di una clausola di adeguamento), ed entrambi questi strettamente connessi al primo (in relazione al nesso tra l’eccezione di inadempimento per mancato versamento dei contributi e spettanza degli adeguamenti). Essi vanno dunque esaminati congiuntamente. Essendo fondati, vanno accolti.

5. La disamina può essere avviata in relazione al tema sollevato specificamente dal terzo motivo. Esaminando la motivazione offerta dalla corte territoriale alla propria sentenza (dalla p. 4 alla p. 6 della stessa), si rileva che la p. 4 e i primi 7 righi della p. 5 sono dedicati alla ricapitolazione della sentenza di primo grado. Nel paragrafo successivo si dà atto del “rilievo principale che contraddistingue l’atto di appello”, correlato alla deduzione dell’assenza di un’apposita clausola. Alla p. 6, rigettando l’appello, la corte territoriale argomenta nel senso che i rilievi dell’appellante non tengono conto che il tribunale ha motivato nel senso che “la richiesta di aumento… risulta espressamente accettata e firmata (v. doc. 3 di parte attrice)”. Si evince da ciò il dato per cui effettivamente non risulta che la corte d’appello si faccia carico della questione giuridica (sopra sintetizzata e trattata dalla p. 4 alla p. 8 dell’atto d’appello) posta in tema di interpretazione della volontà delle parti di cui alla scrittura del dicembre 2001.

6. Se quanto innanzi concreta il vizio denunciato in ordine alla mancata trattazione del motivo d’appello in tema di ermeneutica contrattuale, deve anche notarsi come effettivamente la sentenza (la quale pure ha presente, per essere stata trattata in primo grado, il porsi di una questione di contestazione/non contestazione di conteggi – v. una traccia alla p. 4, rigo 17, della sentenza impugnata) neppure si faccia carico delle questioni di cui al secondo motivo di ricorso per cassazione. Dopo aver dunque riesaminato, in esito alla cassazione a pronunciarsi, l’ambito della clausola di adeguamento del corrispettivo, il giudice del rinvio dovrà altresì, se rilevante, porsi il problema di apprezzare il sussistere o non sussistere di contestazione sui conteggi.

7. Si rileva infine che effettivamente la sentenza impugnata alla p. 6 afferma che l’eccezione di inadempimento alle obbligazioni contributive, a prescindere dalla sua tempestività o intempestività, non potesse elidere l’obbligazione di adeguare il corrispettivo, ma al limite ridurlo in presenza della domanda di un pagamento, questo non richiesto. Affermando quanto precede, effettivamente la corte territoriale si è posta contro i principi dedotti con il primo motivo, risultanti dalla giurisprudenza di questa corte (v. Cass. sez. U 30/10/2001, n. 13533). In particolare, trattandosi di contratto con prestazioni corrispettive in cui sono dedotti inadempimenti reciproci, la valutazione della colpa dell’inadempimento – dopo la valutazione circa l’esistenza delle rispettive obbligazioni (v. secondo e terzo motivo di ricorso per cassazione) e delle risultanze probatorie nel quadro del cennato arresto nomofilattico del 2001 (v. primo motivo di ricorso per cassazione) – dovrà poi avere carattere unitario, dovendo lo stesso addebitarsi esclusivamente a quel contraente che, con il proprio comportamento prevalente, abbia alterato il nesso di interdipendenza che lega le obbligazioni assunte mediante il contratto e perciò dato causa al giustificato inadempimento dell’altra parte (v. Cass. n. 20614 del 24/09/2009, n. 13840 del 09/06/2010 e n. 14648 del 11/06/2013).

8. Va dunque disposta cassazione, designandosi quale giudice di rinvio la corte d’appello di cui in dispositivo, che governerà anche le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla corte d’appello di Torino, in diversa sezione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 13 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2020

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