Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34557 del 27/12/2019

Cassazione civile sez. lav., 27/12/2019, (ud. 12/11/2019, dep. 27/12/2019), n.34557

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15215/2014 proposto da:

P.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

BARBIERI n. 6, presso lo studio dell’avvocato CARMELO GIURDANELLA,

che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

PI.LU., domiciliata ex lege in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la

Cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato SALVATORE CITTADINO;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, UNIVERSITA’ E RICERCA – DIREZIONE GENERALE

PER LA SICILIA – CENTRO SERVIZI AMMINISTRATIVI DI CATANIA e

G.C.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1324/2013 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 16/12/2013 R.G.N. 1082/2008.

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte d’Appello di Catania, in riforma della sentenza del Tribunale di Caltagirone, ha respinto il ricorso proposto da P.F. la quale, nel convenire in giudizio il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e la controinteressata Pi.Lu., aveva chiesto l’accertamento dell’illegittimità della revoca del contratto di lavoro a tempo indeterminato, sulla base del quale era stata immessa in ruolo per la classe di docenza dell’arte del restauro di ceramica e vetro (D 607), e la condanna del Ministero alla reintegrazione nel posto di lavoro ed al risarcimento del danno;

2. la Corte territoriale, per quel che rileva in questa sede, ha premesso che la revoca del contratto era stata disposta dal Centro Servizi Amministrativi in quanto era emerso che altra docente vantava un titolo di precedenza nell’assunzione, perchè inserita nella graduatoria del concorso indetto con D.M. 22 marzo 1990, ancora valida ed efficace;

3. il giudice d’appello ha evidenziato che nell’ambito dell’impiego pubblico contrattualizzato il datore di lavoro non può esercitare poteri di autotutela, ma è comunque tenuto ad effettuare le assunzioni nel rispetto delle procedure di legge e pertanto, in caso di violazione di queste ultime, deve ripristinare la legalità violata ed in tal caso la sua condotta equivale a quella del contraente che non osservi il contratto stipulato, ritenendolo inefficace perchè affetto da nullità;

4. ha evidenziato che il provvedimento adottato non poteva essere qualificato licenziamento, e ritenuto illegittimo per assenza di giusta causa o giustificato motivo, posto che la violazione delle norme imperative incideva sull’esistenza stessa del vincolo contrattuale;

5. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso P.F. sulla base di un unico motivo, illustrato da memoria, al quale ha opposto difese la sola Pi.Lu. mentre sono rimasti intimati il MIUR e G.C., quest’ultima intervenuta nel giudizio d’appello.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. il ricorso denuncia, con un unico motivo, la “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, comma 2, oggi comma 5” e sostiene, in sintesi, che la disposizione di legge richiamata in rubrica riguarda le sole assunzioni a termine ed ha la finalità di escludere, in caso di illegittimità, la conversione del rapporto, sicchè la norma non può essere invocata nei casi in cui l’amministrazione non rispetti l’ordine di graduatoria o, come nel caso di specie, attinga il nominativo del destinatario della proposta di assunzione da una graduatoria diversa;

1.1. ad avviso della ricorrente in detta ipotesi non si può configurare una nullità virtuale del contratto e pertanto l’amministrazione non può unilateralmente recedere dallo stesso al di fuori dei casi previsti dalla legge;

2. il ricorso è infondato perchè la sentenza impugnata è conforme al principio di diritto, ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui l’atto con il quale l’amministrazione revochi un’assunzione o un incarico a seguito dell’annullamento della procedura concorsuale o dell’inosservanza dell’ordine di graduatoria “equivale alla condotta del contraente che non osservi il contratto stipulato ritenendolo inefficace perchè affetto da nullità, trattandosi di un comportamento con cui si fa valere l’assenza di un vincolo contrattuale” (Cass. nn. 8328/2010, 19626/2015, 13800/2017, 7054/2018, 194/2019, 17002/2019 e Cass. S.U. n. 2396/2014), principio sulla base del quale si è ritenuto che nel settore scolastico fossero affetti da nullità i contratti stipulati in violazione delle norme speciali che disciplinano le modalità di reclutamento (fra le più recenti Cass. n. 13800/2017);

3. il richiamato orientamento, condiviso dal Collegio, deve essere ribadito perchè il principio affermato resiste ai rilievi critici formulati dalla ricorrente, secondo la quale la nullità espressamente sancita dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, resta circoscritta ai rapporti di lavoro flessibili disciplinati dalla norma e non può essere estesa anche al contratto a tempo indeterminato;

3.1. l’argomento è già stato esaminato da questa Corte e si è evidenziato che la norma, per come formulata, lungi dall’essere di carattere eccezionale, ha una portata generale, che va oltre il più ristretto ambito di applicazione indicato dalla rubrica dell’articolo ed è idonea ad attrarre nella sfera della nullità anche il mancato rispetto delle procedure imposte per le assunzioni a tempo indeterminato dall’art. 35 del decreto (Cass. nn. 11951,17002, 26216, 30992 del 2019), perchè espressione dei principi costituzionali consacrati dall’art. 97 Cost.;

3.2. non a caso la disposizione ricalca esattamente la formulazione del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 36, comma 8, come modificato dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 22, che disciplinava tutte le forme di reclutamento del personale, anche le assunzioni a tempo indeterminato, e non a caso il legislatore, ogniqualvolta ha qualificato il vizio del rapporto di impiego derivato dalla violazione delle norme inderogabili che disciplinano forme e requisiti per l’assunzione, si è espresso per la nullità della nomina o del vincolo contrattuale (D.P.R. n. 3 del 1957, art. 3; L. n. 448 del 2001, art. 19,L. n. 111 del 2011, art. 15), nullità che è stata ravvisata anche in presenza di operazioni concorsuali espletate in forza di norma di legge dichiarata poi incostituzionale (L. n. 111 del 2011, art. 16);

3.3. nè si può sostenere che la nullità virtuale dovrebbe essere limitata alle sole ipotesi in cui il rapporto sia stato concluso con soggetto privo dei requisiti sostanziali richiesti ai fini dell’assunzione, perchè nelle pronunce richiamate nei punti che precedono si è evidenziato che la regola che impone l’individuazione del contraente sulla base di una graduatoria formulata all’esito della procedura concorsuale nel rispetto dei criteri imposti dalla legge e dal bando, seppure non direttamente attinente al contenuto delle obbligazioni contrattuali, si riflette necessariamente sulla validità del negozio, perchè individua un requisito che deve imprescindibilmente sussistere in capo al contraente, di tal chè, ove si consentisse lo svolgimento del rapporto con soggetto privo del requisito in parola, si finirebbe per porre nel nulla la norma inderogabile, posta a tutela di interessi pubblici alla cui realizzazione, secondo il Costituente, deve essere costantemente orientata l’azione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici;

3.4. il principio deve essere esteso anche all’ipotesi che qui viene in rilievo, ossia all’individuazione del contraente sulla base di una graduatoria diversa da quella utilizzabile secondo il sistema di reclutamento imposto dal legislatore, posto che anche in tal caso il contratto viene ad essere stipulato con soggetto privo del necessario requisito;

3.5. nè per escludere la nullità del vincolo contrattuale si può fare leva sul tenore letterale del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 2, seconda parte, secondo cui le sentenze con le quali il giudice riconosce “il diritto all’assunzione, ovvero accerta che l’assunzione è avvenuta in violazione di norme sostanziali o procedurali, hanno anche effetto rispettivamente costitutivo o estintivo del rapporto di lavoro”;

3.6. l’art. 63, comma 2, prima parte, prevede, in via generale, il potere del giudice ordinario di adottare tutti i provvedimenti richiesti dalla natura dei diritti tutelati e tale principio non è certamente derogato, ma soltanto esplicitato, dalla seconda parte di esso, sicchè, per quanto la norma sembri evocare un effetto costitutivo della pronuncia, come tale incompatibile con la natura dichiarativa dell’accertamento della nullità, tuttavia è proprio l’automatica derivazione della “estinzione” dall’accertamento della violazione delle norme inerenti l’assunzione che finisce per smentire la riconducibilità del vizio all’azione di annullamento, confermando che appunto di nullità si tratta, perchè solo quest’ultima può operare d’ufficio e per il solo fatto dell’accertata violazione della norma inderogabile, richiedendo l’annullamento per errore ulteriori presupposti (la domanda della parte legittimata e, soprattutto, la riconoscibilità dell’errore), dai quali, invece, il legislatore ha voluto prescindere nel prevedere un’automatica incidenza della pronuncia sulle sorti del rapporto;

3.7. non è poi privo di rilievo osservare che la disposizione, per il suo carattere generale, si riferisce a tutte le assunzioni, anche a quelle per le quali il D.Lgs. n. 165 del 2001, o le norme speciali prevedono nullità testuali, sicchè della stessa deve essere fornita un’interpretazione che la renda coerente con i principi generali richiamati nei punti che precedono;

4. infine non è ammissibile la censura, sviluppata solo nella memoria depositata ex art. 380 bis 1 c.p.c., relativa all’asserita incompetenza dell’amministrazione scolastica provinciale o regionale;

4.1. occorre ribadire al riguardo che nel giudizio di cassazione, a critica vincolata, le memorie di cui agli artt. 380 bis e 380 bis 1 c.p.c., al pari di quella ex art. 378 c.p.c., hanno la funzione di illustrare e chiarire le ragioni giustificatrici dei motivi debitamente enunciati nel ricorso, non già di integrarli (Cass. n. 30760/2018);

5. in via conclusiva il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore di Pi.Lu., la quale ha tempestivamente notificato controricorso, a differenza delle altri parti rimaste intimate;

5.1. occorre inoltre dare atto della sussistenza delle condizioni processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per competenze professionali, oltre rimborso spese generali del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 12 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2019

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