Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34556 del 16/11/2021

Cassazione civile sez. lav., 16/11/2021, (ud. 23/06/2021, dep. 16/11/2021), n.34556

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19719/2015 proposto da:

S.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA

CONCILIAZIONE 44, presso lo studio dell’avvocato CIRO CAFIERO,

(Studio Martone), rappresentata e difesa dall’avvocato SALVATORE

MASCOLO;

– ricorrente –

contro

ASL NAPOLI (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POLI n. 29, presso

la Sede di Rappresentanza della REGIONE CAMPANIA, rappresentata e

difesa dall’avvocato ROSA ANNA PELUSO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9080/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 28/01/2015 R.G.N. 1804/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/06/2021 dal Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. La Corte d’appello di Napoli, in accoglimento dell’impugnazione proposta dall’ASL Napoli (OMISSIS) ed in riforma della sentenza del Tribunale di Torre Annunziata, rigettava l’originaria domanda proposta dalla Dott.ssa S.E., volta ad ottenere il riconoscimento, quale farmacista dirigente, della retribuzione di posizione nella sua parte variabile di cui all’art. 40 c.c.n.l. Dirigenza sanitaria, tecnica, amministrativa e professionale 1998-2001 nella sua misura massima, per aver svolto, nel periodo 1/1/2005-31/3/2009, quale dirigente di struttura complessa (Direttore della Farmacia ospedaliera del P.O. di (OMISSIS)) anche mansioni di Direttore di Dipartimento per l’area farmaceutica ed aver coordinato più strutture complesse della stessa area, pur in mancanza di un incarico formale;

la Corte territoriale, esaminato il dettato degli artt. 53, 55 e 39 del c.c.n.l. per l’area della Dirigenza medica e veterinaria del 5.12.1996, riteneva che la contrattazione collettiva avesse attribuito alla singola azienda la facoltà di operare una “pesatura” degli incarichi che solo poteva costituire il massimo erogabile a titolo di retribuzione di posizione e che, diversamente argomentando, si sarebbe tradita la funzione della retribuzione che è quella di operare un diretto collegamento tra compenso ed incarico come comprovava la definizione dell’art. 39, comma 1 del c.c.n.l.;

contrariamente a quanto stabilito dal Tribunale, riteneva che, a prescindere delle mansioni effettivamente svolte dalla S., il mancato conferimento formale dell’incarico dirigenziale di struttura complessa fosse ostativo alla retribuzione della parte variabile della retribuzione di posizione;

riteneva, infatti, che tale requisito formale fosse indispensabile al fine di poter effettuare l’inquadramento, la “pesatura” e l’individuazione degli incarichi, facoltà che la contrattazione collettiva aveva appunto attribuito alla singola Azienda;

rilevava, inoltre, che il riconoscimento della parte variabile della retribuzione di risultato, pur in mancanza di assegnazione formale dell’incarico di dirigente di struttura complessa, avrebbe determinato il venir meno del diretto collegamento tra compenso ed incarico ricoperto;

2. ricorre per la cassazione della sentenza la Dott.ssa S. sulla base di due motivi;

3. l’ASL Napoli (OMISSIS) ha presentato difese con regolare controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 53 c.c.n.l. Dirigenza sanitaria professionale tecnica ed amministrativa del 5.12.1996 ed all’art. 40 c.c.n.l. dell’8.6.2000, omessa e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, error in iudicando, violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52 ed all’art. 2126 c.c.”;

sostiene che la Corte territoriale abbia errato nell’aver considerato solo i primi commi dell’art. 40 c.c.n.l. e non anche i commi 9 e 10 che specificamente attenevano al petitum della controversia che riguardava l’indennità di posizione variabile connessa alla responsabilità di compiti e funzioni ulteriori rispetto alla titolarità di una struttura complessa, per la quale la ricorrente riceveva già la retribuzione di posizione;

censura la sentenza impugnata ove ha ritenuto necessario il conferimento di un incarico formale ai fini del diritto all’adeguamento della retribuzione di posizione, parte variabile che, invece, deve essere connessa all’effettivo svolgimento di compiti e mansioni di maggiore responsabilità;

2. con il secondo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, ed all’art. 40 c.c.n.l. Dirigenza sanitaria professionale tecnica ed amministrativa dell’8.06.2000, omessa e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, error in iudicando, violazione dell’art. 2126 c.c.;

censura la sentenza impugnata per il mancato riconoscimento di una retribuzione proporzionata a livello quantitativo e qualitativo con il lavoro prestato, indipendentemente dalla mancanza del provvedimento di assegnazione a mansioni superiori;

3. il ricorso, in entrambi in motivi in cui è formulato, non è fondato anche se la motivazione della sentenza impugnata necessita di essere corretta ed integrata ai sensi dell’art. 384 c.p.c.;

4. nella fattispecie in esame la domanda della S. è stata proposta in relazione alle svolte mansioni Direttore di Dipartimento per l’area farmaceutica e di coordinamento di più strutture complesse della medesima area;

con tale domanda la S. ha prospettato la sussistenza di un diritto ad ottenere il medesimo trattamento retributivo spettante nel caso di attribuzione di un incarico formale di Direttore di Dipartimento;

invero l’Azienda controricorrente ha sempre contestato che l’incarico in questione (Direttore di Dipartimento per l’area farmaceutica) fosse mai stato “contrattualizzato”;

la ricorrente, peraltro, non ha dedotto che le funzioni di Direttore del Dipartimento di farmacia le fossero state attribuite, in mancanza della rituale copertura del relativo posto, a mezzo di atti di sostituzione, limitandosi a prospettare di aver svolto tali mansioni in via di mero fatto;

ciò induce a ritenere che non si sia trattato di compiti sostitutivi formalmente attribuiti, per un tempo prolungato, relativi ad un posto (Direttore di Dipartimento) risultante dalla pianta organica e rimasto scoperto;

5. per la soluzione della questione va richiamato il consolidato orientamento di questa Corte reso in materia di dirigenza medica e di sostituzione nell’incarico ai sensi dell’art. 18 del c.c.n.l. dirigenza medica e veterinaria dell’8.6.2000 che non si configura come svolgimento di mansioni superiori poiché avviene nell’ambito del ruolo e livello unico della dirigenza sanitaria, sicché non trova applicazione l’art. 2103 c.c. e al sostituto non spetta il trattamento accessorio del sostituito, ma solo la prevista indennità cd. sostitutiva, senza che rilevi, in senso contrario, la prosecuzione dell’incarico oltre il termine di sei mesi (o di dodici se prorogato) per l’espletamento della procedura per la copertura del posto vacante, dovendosi considerare adeguatamente remunerativa l’indennità sostitutiva specificamente prevista dalla disciplina collettiva e, quindi, inapplicabile l’art. 36 Cost. (Cass. n. 16299/2015 e negli stessi termini Cass. n. 15577/2015, n. 584/2016, n. 9879/2017; nn. 21565, 28151, 28243, 30912 del 2018; n. 7863/2019; 21275/2019);

si e’, in particolare, evidenziato che l’inapplicabilità ai dirigenti dell’art. 2103 c.c., sancita dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19, era già stata affermata dal D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 19, come modificato dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 13 e discende dalle peculiarità proprie della qualifica dirigenziale che, nel nuovo assetto, non esprime più una posizione lavorativa inserita nell’ambito di una carriera e caratterizzata dallo svolgimento di determinate mansioni, bensì esclusivamente l’idoneità professionale del soggetto a ricoprire un incarico dirigenziale, necessariamente a termine, conferito con atto datoriale gestionale, distinto dal contratto di lavoro a tempo indeterminato;

per le medesime ragioni non è applicabile al rapporto dirigenziale il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, riferibile al solo personale che non rivesta la qualifica di dirigente, al quale e’, invece, riservata la disciplina dettata dalle disposizioni del capo II;

quanto alla dirigenza sanitaria, inserita “in un unico ruolo distinto per profili professionali e in un unico livello” (D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15), la giuridica impossibilità di applicare la disciplina dettata dall’art. 2103 c.c., è ribadita dal D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15 ter, inserito dal D.Lgs. n. 229 del 1999, nonché dall’art. 28, comma 7, del c.c.n.l. 8.6.2000 per il quadriennio 1997/2001, secondo cui “nel conferimento degli incarichi e per il passaggio ad incarichi di funzioni dirigenziali diverse le aziende tengono conto… che data l’equivalenza delle mansioni dirigenziali non si applica l’art. 2103 c.c., comma 1”;

il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 24, in tutte le versioni succedutesi nel tempo, delega alla contrattazione collettiva la determinazione del trattamento retributivo del personale con qualifica dirigenziale, da correlarsi quanto al trattamento accessorio alle funzioni attribuite, ed al comma 3 fissa il principio di onnicomprensività, stabilendo che il trattamento medesimo “remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti in 3 base a quanto previsto dal presente decreto nonché qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall’amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa”;

la materia delle sostituzioni è stata espressamente disciplinata dalle parti collettive che, all’art. 18, comma 7, del c.c.n.l. 8.6.2000 hanno innanzitutto ribadito, in linea con la previsione del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 15 ter, comma 5, che “le sostituzioni… non si configurano come mansioni superiori in quanto avvengono nell’ambito del ruolo e livello unico della dirigenza dei quattro ruoli”;

hanno, quindi, previsto una speciale indennità, da corrispondersi solo in caso di sostituzioni protrattesi oltre sessanta giorni, rapportata al livello di complessità della struttura diretta (Lire 1.036.000 per la sostituzione del dirigente di struttura complessa e Lire 518.000 per la struttura semplice);

il comma 4 della disposizione contrattuale prevede che, qualora la necessità della sostituzione sorga in conseguenza della cessazione del rapporto di lavoro del dirigente interessato e, quindi, della vacanza della funzione dirigenziale, la stessa è consentita per il tempo strettamente necessario all’espletamento delle procedure concorsuali e può avere la durata di mesi sei, prorogabili a dodici;

e’, però, significativo che le parti collettive non abbiano fatto cenno alle conseguenze che, sul piano economico, possono derivare dall’omesso rispetto del termine e l’omissione non può essere ritenuta casuale, atteso che la norma contrattuale ha tenuto ad affermare, come principio di carattere generale, che la sostituzione non implica l’espletamento di mansioni superiori;

il termine di cui al comma 4, quindi, svolge senz’altro una funzione sollecitatoria, ma il suo mancato rispetto non può legittimare la rivendicazione dell’intero trattamento economico spettante al dirigente sostituito, impedita proprio dall’incipit del comma 7, che, operando unitamente al principio della onnicomprensività al quale si è già fatto cenno, esclude qualsiasi titolo sul quale la pretesa possa essere fondata;

non può essere invocata la giurisprudenza costituzionale ed amministrativa formatasi per la dirigenza medica in relazione al D.P.R. n. 384 del 1990, art. 121, disapplicato dal richiamato art. 18 del c.c.n.l. 2000, attesa la diversità del contesto normativo;

prima dell’istituzione del ruolo unico, infatti, i compiti propri del personale inquadrato nel IX, nel X e nell’XI livello costituivano mansioni proprie di una professionalità crescente, mentre nell’attuale sistema, fondato sull’equivalenza delle mansioni dirigenziali, le diverse tipologie di incarichi non comportano rapporti di sovra o sotto ordinazione (art. 27 c.c.n.l. 2000);

6. la contrattazione relativa alla dirigenza sanitaria, professionale, tecnica ed amministrativa del S.S.N., che si applica a tutti i dirigenti del ruolo sanitario (esclusi i medici, veterinari ed odontoiatri), professionale, tecnico ed amministrativo, e’, per quanto qui rileva, del tutto sovrapponibile a quella – relativa alla dirigenza medica e veterinaria interpretata da questa Corte di legittimità nelle pronunce sopra richiamate (si vedano le corrispondenti disposizioni del c.c.n.l. per il quadriennio 1998-2001 per l’area della dirigenza sanitaria, professionale, tecnica ed amministrativa del S.S.N. stipulato lo stesso giorno 8.6.2000);

7. inoltre la disciplina delle sostituzioni si riferisce (art. 18 di entrambi i c.c.n.l.) anche al Direttore di Dipartimento;

8. se, allora, quanto evidenziato vale nel caso in cui l’incarico sia stato formalmente attribuito in sostituzione del titolare, a maggior ragione deve ritenersi che in caso di incarico “di fatto” non possa il dirigente aver diritto a qualcosa in più rispetto ad un incarico di sostituzione;

9. ciò anche nell’ipotesi di svolgimento di compiti di Direttore di Dipartimento ovvero di responsabile di più strutture complesse (art. 40, comma 9, di entrambi i c.c.n.l.) per i quali, come detto, pure si applica il meccanismo della sostituzione di cui all’art. 18 cit.;

10. nella specie, la dirigente, che non ha rivendicato il diritto all’indennità di sostituzione, ma direttamente e solo il diritto alla quota aggiuntiva della retribuzione di posizione spettante al dirigente che svolga funzioni di Direttore di Dipartimento ovvero di responsabile di più strutture complesse e cioè alla retribuzione di posizione – parte variabile – di cui all’art. 40 del c.c.n.l. 1998-2001 nella misura massima ovvero nella misura del 50% sul valore massimo della fascia di appartenenza (art. 54, fascia A), non può invocare, per le ragioni evidenziate, a sostegno delle pretese la previsione di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52;

11. né invero risulta giammai essere stata prospettata una questione di inadeguatezza del trattamento retributivo ai sensi dell’art. 36 Cost.;

12. da tanto consegue che il ricorso deve essere respinto;

13. il recente consolidarsi dell’orientamento di legittimità in materia di preposizione temporanea a struttura complessa induce a compensare tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità;

14. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, deve darsi atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass., Sez. Un., n. 4315/2020, della ricorrenza delle condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto dalla ricorrente.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 23 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2021

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