Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3455 del 13/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3455 Anno 2018
Presidente: DI VIRGILIO ROSA MARIA
Relatore: NAZZICONE LOREDANA

ORDINANZA
sul ricorso 1532-2017 proposto da:
ASSOCIAZIONE COMMERCIANTI ED ESERCENTI DEL
MANDAMENTO DI CASTELFRANCO VENETO, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA MARIA CRISTINA 8, presso lo studio dell’avvocato
GOFFREDO GOBBI, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato LUCIANO GAZZOLA;

– ricorrente contro
VOLPATO GIORGIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
LIBIA 167, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO DE
GIORGIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
PIER GIORGIO MOCERINO;

– con troricorrente –

Data pubblicazione: 13/02/2018

avverso la sentenza n. 2753/2015 della CORTE D’APPELLO di
VENEZIA, depositata il 02/12/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 05/12/2017 dal Consigliere Dott. LOREDANA
NAZZICONE.

– che la parte ricorrente ha proposto ricorso, affidato a tre motivi,
avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia del 2 dicembre
2015, la quale ha respinto l’impugnazione principale avverso la
decisione del Tribunale di Treviso, che, in accoglimento
dell’opposizione dell’associato ai sensi dell’art. 24 c.c., aveva annullato
la deliberazione assunta dall’assemblea della Associazione
Commercianti ed esercenti del mandamento di Castelfranco Veneto in
data 22 maggio 2007, accogliendo, invece, l’appello incidentale, con
condanna dell’ente a risarcire il danno cagionato all’associato nella
misura di € 3.000,00, oltre interessi legali dal 20 settembre 2007;
– che la corte del merito, per quanto ancora rileva, ha ritenuto che:
a) in ipotesi di deliberazione di esclusione dell’associato giudizialmente

impugnata, grava sull’ente l’onere di provare la sussistenza dei fatti
posti a fondamento dello scioglimento del rapporto associativo; b)
nella specie, l’art. 10 st. contempla l’esclusione per “indegnità”, ma
nessuno dei fatti dedotti dall’associazione è in grado di integrare detto
presupposto, in particolare non l’avere il Volpato depositato presso il
Comune di Vedelago una nota solo apparentemente riconducibile

RILEVATO

gerarchie” interne, anzi risultando dagli atti l’esistenza di riunioni
collegiali; inoltre, la mancanza di sottoscrizione del documento era
stata intenzionale, proprio per escludere ogni insubordinazione; c)
l’annullamento della delibera di esclusione comporta la conferma del
rigetto della domanda risarcitoria avanzata dall’associazione;

d) è

del Volpato, commerciante di 64 anni, iscritto all’Ascom da lungo
periodo ed in passato avendo ricoperto anche cariche associative;
– che resiste l’intimato con controricorso;
– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis
c.p.c.;
– che le parti hanno depositato le memorie;
CONSIDERATO
– che il primo complesso motivo censura: 1) violazione e falsa
applicazione dell’art. 1363 c.c., per non avere la corte territoriale letto
l’art. 20 st. in connessione con l’art. 4 st., il quale indica come oggetto
la promozione dell’associazionismo, delle iniziative economiche e lo
studio dei problemi del commercio anche in collaborazione con altri
enti ed associazioni, onde l’Ascom aveva tutto l’interesse a partecipare
alla formazione del “Piano di assetto del territorio”: e l’avere il Volpato
depositato le osservazioni al riguardo, senza autorizzazione dell’ente,
ha pregiudicato questo interesse, mentre la sentenza è viziata da
insufficienza e illogicità di motivazione ed è riprovevole il fatto che
quegli depositò il documento spendendo il nome dell’associazione; 2)
violazione o falsa applicazione dell’art. 24 c.c., oltre ad omesso esame
di fatto decisivo, per non avere la corte del merito ritenuto integrati i
gravi motivi dell’esclusione, dato che l’art. 190 st. contempla la
“indegnità” ed i fatti dedotti la integrano; 3) violazione o falsa
applicazione degli artt. 1175, 1375, 1453, 1455 c.c., ed omesso esame di
Ric. 2017 n. 01532 sez. M1 – ud. 05-12-2017
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fondata la richiesta di risarcimento del danno all’onore ed all’immagine

fatto decisivo, consistente nella non scarsa importanza di questo
inadempimento;
– che il secondo motivo deduce la violazione o falsa applicazione
degli artt. 7, 10, 2043, 2059 c.c., 115 c.p.c., oltre all’omesso esame del
danno all’immagine per l’associazione, lesa dalla condotta del Volpato,

essendosi verificata una diminuzione della considerazione di cui essa
gode presso i consociati; mentre la corte del merito non si è
pronunciata sul danno in questione, errando nel ritenere che la
condotta dell’associato, pur inidonea ad escluderlo, potesse comunque
integrare fatto dannoso;
– che il terzo motivo deduce violazione o falsa applicazione degli
artt. 10, 2043, 2059 c.c., per avere la corte territoriale riconosciuto il
risarcimento del danno in favore del Volpato, che invece non ha subito
nessun pregiudizio;
– che il quarto motivo lamenta l’omesso esame circa l’imputazione
della nota all’Ascom, non avendo ammesso le prove al riguardo, da cui
sarebbe emerso che quella nota era stata depositata ad iniziativa
personale del Volpato e l’apparenza del diritto induceva ad attribuirla
all’associazione;
– che tutti i motivi esposti sono inammissibili;
– che, in particolare, quanto al primo ed al quarto motivo, la corte
del merito, per quanto ancora rileva, ha ritenuto che: a) in ipotesi di
deliberazione di esclusione dell’associato giudizialmente impugnata,
grava sull’ente l’onere di provare la sussistenza dei fatti posti a
fondamento dello scioglimento del rapporto associativo;

b) nella

specie, l’art. 10 st. contempla l’esclusione per “indegnità”, ma nessuno
dei fatti dedotti dall’associazione è in grado di integrare detto
presupposto, in particolare non l’avere il Volpato depositato presso il
Ric. 2017 n. 01532 sez. M1 – ud. 05-12-2017
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allorché spese il nome della stessa senza esserne autorizzato ed

Comune di Vedelago una nota solo apparentemente riconducibile
all’associazione, della quale era il presidente, afferente il “Piano di assetto
del territorio”: ciò perché, anche a volere ritenere la nota riferita
all’associazione, essa non ha contenuto riprovevole per l’ente, che era
stato invitato dal Comune a fotinulare osservazioni, mentre non è

gerarchie” interne, anzi risultando dagli atti l’esistenza di riunioni
collegiali; inoltre, la mancanza di sottoscrizione del documento era
stata intenzionale, proprio per escludere ogni insubordinazione;
– che, dunque, tale motivazione ha chiaramente esposto il
convincimento raggiunto circa la condotta del Volpato, affermando
che la nota, pur apparentemente riferita all’associazione, non era per
questa lesiva, né egli agì in fatto contro il volere associativo: e si tratta
di puri accertamenti in fatto, insindacabili in questa sede;
– che il secondo ed il quarto motivo, i quali vertono sui danni
lamentati, sono dal loro canto inammissibili, posto che al riguardo la
corte del merito ha chiarito come: a) l’annullamento della delibera di
esclusione comporta la conferma del rigetto della domanda risarcitoria

avanzata dall’associazione; b) è fondata la richiesta di risarcimento del
danno all’onore ed all’immagine del Volpato, commerciante di 64 anni,
iscritto alrAscom da lungo periodo ed in passato avendo ricoperto
anche cariche associative;
– che, in tal modo, essa ha operato l’apprezzamento discrezionale
dei fatti, palesemente rimesso al giudice del merito;
– che, quanto ai denunciati vizi di “omesso esame”, le S.U. hanno
ormai chiarito come «nel ngoroso riJpetto delle previsioni degli ant. 366, primo
comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare
il ‘fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il’dato”, testuale o extratestuale,
da cui esso risulti esistente, il “come” e il’quando” tale fatto sia stato oggetto di
Ric. 2017 n. 01532 sez. M1 – ud. 05-12-2017
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stato dimostrato in giudizio che l’associato abbia “scavalcato le

discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso
esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vi.’zio di omesso esame di un
fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in
considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le
risultan e probatorie» (Cass., sez. un., 7 aprile 2014, n. 8053); in sostanza,

non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio
denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile
nel paradigma dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., né in quello del
precedente n. 4 (Cass. 10 agosto 2016, n. 11892, fra le altre) e
risolvendosi così la censura in esame in una riproposizione del giudizio
di fatto;
– che la condanna alle spese segue la soccombenza e deve
provvedersi alla dichiarazione di cui all’art. 13 d.P.R. n. 115 del 2002;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente
al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di
legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese
forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro
100,00, ed agli accessori di legge.
Dichiara che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1quater, inserito dalla legge n. 228 del 2012, art. 1, comma 17,

sussistono i presupposti per il versamento, da parte del4icorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 dicembre
2017.
Il Presidente
(Rosa Maria Di Virgilio)
Ric. 2017 n. 01532 sez. M1 ud. 05-12-2017
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dunque, il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove

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