Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3455 del 12/02/2020

Cassazione civile sez. II, 12/02/2020, (ud. 13/02/2019, dep. 12/02/2020), n.3455

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7993/2015 proposto da:

D.P.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A. GRAMSCI

54, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO TROTTA, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

L.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GAVORRANO

12, presso lo studio dell’avvocato MARIO GIANNARINI, rappresentato e

difeso dall’avvocato SILVANA RICCA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 193/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 07/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/02/2019 dal Consigliere Dott. RAFFAELE SABATO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI Corrado, che ha concluso per l’inammissibilità/in subordine

rigetto del gravame;

udito l’Avvocato TROTTA Francesco, difensore del ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con scrittura privata in data 25/11/1999 L.C. ed D.P.E., transigendo la controversia insorta a seguito di ottenimento di decreto ingiuntivo da parte di L.C. basato – tra l’altro – su effetti cambiari rilasciati in base a una precedente transazione del 18/03/1996, hanno convenuto un pagamento rateale da parte del signor D.P., la cessione di credito vantato verso il quasi omonimo La.Ca. e la cessione da parte del signor D.P. a L.C. di un lotto da frazionare da una maggiore consistenza giusta separato contratto preliminare in pari data, con impegno da parte del signor D.P. a richiedere al comune di Linguaglossa variante del piano di lottizzazione approvato.

2. Con citazione innanzi al tribunale di Catania L.C. ha chiesto pronunciarsi sentenza ex art. 2932 c.c., nei confronti di D.P.E., previo accertamento dell’inadempimento agli obblighi tendenti all’approvazione di variante e autorizzazione all’attore a provvedersi in via sostitutiva, con imputazione del corrispettivo a deconto del credito derivante dalla transazione precedente oltre danni da ritardo, e con riserva di agire per la risoluzione.

3. D.P.E. ha resistito deducendo il mancato adempimento da parte di L.C. all’obbligo di salvaguardare le ragioni di credito nei confronti di La.Ca., verso il quale invece per inerzia si era perenta la possibilità di agire in impugnazione di convenzione matrimoniale; ha chiesto in via riconvenzionale la condanna della controparte al risarcimento.

4. Con sentenza depositata il 5/11/2007 il tribunale di Catania ha rigettato la domanda principale (con inammissibilità di ulteriore domanda attrice di accertamento del credito portato dal decreto ingiuntivo, stante la mancata risoluzione della transazione non novativa) e quella riconvenzionale risarcitoria, dichiarando tardiva l’ulteriore domanda riconvenzionale di risoluzione del preliminare proposta all’udienza di conclusioni.

5. Con sentenza depositata il 7/2/2014 la corte d’appello di Catania ha rigettato l’appello principale proposto da D.P.E. e, in parziale accoglimento dell’appello incidentale di L.C., ha dichiarato risolto per inadempimento del signor D.P. il preliminare del 25/11/1999, dichiarando questi tenuto a pagare a L.C. la somma di Euro 103.291,37 già portata da decreto ingiuntivo e condannandolo a pagarla oltre interessi legali.

6. A sostegno delle proprie decisioni, la corte d’appello ha considerato:

– che fosse ammissibile in base all’art. 1453 c.c., la domanda, proposta in appello da L.C., di risoluzione in luogo di quella di adempimento del preliminare proposta in primo grado;

– che essa – e quindi l’appello incidentale – fossero fondati, in quanto, addebitandosi le parti reciproci inadempimenti, il giudice deve procedere a una valutazione unitaria e comparativa che, al di là del profilo cronologico, ne esamini dipendenza causale e proporzionalità;

– che, in tale ottica, l’inadempimento dovesse addossarsi al signor D.P., essendo l’obbligo dello stesso di adoperarsi per ottenere variante immediatamente operativo nel 1999 in vista della stipula del definitivo entro la fine del 2002, non altrettanto potendo dirsi dell’obbligo di proporre azione revocatoria del signor L. in ordine alla costituzione di fondo patrimoniale posta in essere dal di lui quasi omonimo nel maggio 1997, con prescrizione cinque anni dopo; ad analoga conclusione si perviene valutando l’importanza economica delle prestazioni;

– che, determinandosi così la risoluzione, restassero assorbiti gli altri profili di impugnazione incidentale e dovesse essere rigettato l’appello principale.

7. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione D.P.E. su due motivi, cui ha resistito L.C. con controricorso, illustrato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Rispetto alle deduzioni svolte in controricorso va affermata l’ammissibilità in via generale del ricorso (salvo quanto in appresso in ordine a specifiche inammissibilità nella parte in cui i motivi sollevano questioni di merito); esso è infatti, al di là appunto di quanto in prosieguo, formulato in osservanza delle disposizioni di legge in argomento. In particolare, esso – come si evince dal prosieguo deve ritenersi autosufficiente, dovendo valutarsi non necessarie le trascrizioni di documenti che, invece, il controricorrente afferma come esigibili (pp. 3 e 4 del controricorso); ciò in quanto i riferimenti ai documenti sono contenuti nei motivi a meri fini argomentativi, senza che questa corte (si ripete, al di là di quanto in appresso) sia chiamata a pronunciarsi sul loro contenuto.

2. Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1358,1453,1455 e 1460 c.c.. Ad avviso del ricorrente, sarebbe stato mal applicato il principio di valutazione comparativa dei reciproci inadempimenti, essendo la decisione sul punto della corte d’appello basata su criteri oscuri (p. 12 del ricorso). In particolare, secondo il ricorrente, la valutazione di addebito allo stesso dell’inadempimento più rilevante sarebbe risultata giustificata solo con considerazioni generiche e arbitrarie relative all’importanza economica delle obbligazioni inadempiute (p. 12 cit.), tratte da un’errata “interpretazione dei fatti di causa” (p. 11 del ricorso). In tale quadro, si sottopongono a questa corte, nei tratti fondamentali, i comportamenti delle parti (p. 13 ricorso), deducendosi che la corte d’appello avrebbe omesso di esaminare alcuni elementi istruttori: ad es., si rileva che la data pattiziamente prevista per l’ottenimento della variante era quella del 31.12.1992, mentre l’azione revocatoria si era prescritta sette mesi prima (e cioè il 14.5.2002); sussisteva poi per il signor D.P. la possibilità alternativa di adempiere, invece che mediante cessione, mediante pagamento di Euro 200.000 entro sempre il dicembre 2002. La considerazione di tali elementi avrebbe portato certamente a diversa decisione in ordine alla comparazione dei reciproci inadempimenti.

3. Con il secondo motivo si deduce che, “per quanto esposto al punto che precede”, sussista anche il vizio di omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, indicati nel rispetto da parte del D.P. delle obbligazioni diverse da quella di richiedere la variante (al cui inadempimento sarebbe stata data conseguentemente eccessivo e isolato rilievo) e nella possibilità di sostituzione della prestazione asseritamente inadempiuta con la prestazione alternativa di carattere pecuniario (p. 15 del ricorso).

4. Con entrambi i motivi la parte ricorrente indica che il comportamento addebitatogli avrebbe dovuto qualificarsi al massimo come inadempimento parziale e di lieve entità, oltre che del tutto giustificato.

5. I due motivi sono strettamente connessi – in quanto propongono censure per violazione di legge e omesso esame collegate alle medesime argomentazioni – e possono essere esaminati congiuntamente; essi sono infondati, nella parte in cui propongono questioni effettivamente rientranti nel campo di applicazione dei parametri di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5; mentre sono inammissibili per il resto, sottoponendo a questa corte di legittimità istanze di riesame di profili di merito.

5.1. Con la sentenza impugnata, invero, è stata fatta corretta applicazione del principio elaborato sulla base degli artt. 1453 e 1460 c.c., dalla giurisprudenza di questa corte (v. Cass. n. 20614 del 24/09/2009, n. 13840 del 09/06/2010 e n. 14648 del 11/06/2013), secondo cui nei contratti con prestazioni corrispettive non è consentito al giudice del merito, in caso di inadempienze reciproche, pronunciare la risoluzione, ai sensi dell’art. 1453 c.c. cit., o ritenere la legittimità del rifiuto di adempiere, a norma dell’art. 1460 c.c., in favore di entrambe le parti, in quanto la valutazione della colpa dell’inadempimento ha carattere unitario, dovendo lo stesso addebitarsi esclusivamente a quel contraente che, con il proprio comportamento prevalente, abbia alterato il nesso di interdipendenza che lega le obbligazioni assunte mediante il contratto e perciò dato causa al giustificato inadempimento dell’altra parte.

5.2. Diversamente da quanto dedotto da parte ricorrente, la corte d’appello – con una valutazione di tipo temporale/causale – ha (anzitutto) addossato l’inadempimento prevalente al signor D.P. in relazione all’immediata operatività dell’obbligazione di ottenere la variante “all’indomani della stipula del preliminare del 25 novembre 1999” (p. 6 della sentenza), rispetto al maggior lasso temporale disponibile per il L. di proporre revocatoria (entro cinque anni dal 14.5.1997, cioè entro il 14.5.2002 – v. p. 7 della sentenza).

5.2.1. E’ erronea la tesi del ricorrente secondo cui la statuizione anzidetta celerebbe un omesso esame del fatto decisivo della data pattiziamente prevista per l’ottenimento della variante, indicata dal ricorrente in quella del 31.12.2002; dato questo che connoterebbe di contraddittorietà e illogicità insuperabili l’argomentazione della corte d’appello, posto che rispetto a detta data l’azione revocatoria si sarebbe andata a prescrivere sette mesi prima (e cioè il 14.5.2002).

Invero, correttamente la corte d’appello discorre di operatività dell’obbligazione di richiedere la variante “all’indomani” della stipula del preliminare del 25.11.1999, non già di possibilità di adempiervi sino al 31.12.2002 (infatti il richiamo operato alla data di risoluzione automatica è, alla p. 7 della sentenza, volto a ricordare il contesto per cui essa obbligazione era collocata “in vista della stipula del definitivo, da stipularsi comunque non oltre il 31.12.2002”).

5.2.2. Come ricordato in memoria da parte ricorrente, del resto, che l’obbligazione di richiedere la variante fosse collocata “all’indomani” (in senso relativo) rispetto al 25.11.1999 la corte d’appello lo aveva già statuito (e chiarito) precedentemente (in esordio della p. 6 della sentenza), laddove aveva specificato che “a fronte degli impegni assunti con il contratto preliminare e precisamente quello di (a) richiedere al comune la concessione della variante… e quello di (b) obbligarsi a rilasciare entro otto giorni al L. procura irrevocabile per il compimento delle attività necessarie per la concessione di detta variante,…il D.P. nulla ha dedotto nè tantomeno provato, trincerandosi dietro l’eccezione di inadempimento”, riferita all’impugnazione della convenzione matrimoniale. Si evince con chiarezza dal complesso delle due statuizioni predette (di cui invece la parte ricorrente considera isolatamente la sola seconda) che, se entro otto giorni avrebbe dovuto esser rilasciata procura per compiere le attività necessarie al rilascio della variante, essa, prima o al massimo contemporaneamente alla scadenza degli otto giorni (“all’indomani”), avrebbe dovuto esser richiesta; con palese implausibilità della lettura della parte ricorrente, secondo cui il termine addirittura sarebbe coinciso con il termine di risoluzione di diritto del preliminare.

5.3. Neppure consta che la corte d’appello abbia tenuto conto del solo dato dell’importanza economica delle obbligazioni inadempiute: come già detto, ha altresì tenuto conto del profilo temporale/causale dei reciproci inadempimenti. Più in generale, dalla correlazione del profilo economico e di quello temporale/causale, emerge dalla lettura della sentenza, come sopra riepilogata, che la corte d’appello abbia ben considerato il rapporto di interdipendenza dei reciproci inadempimenti e quello di proporzionalità, nel quadro della funzione economico-sociale del contratto. Risulta così rettamente applicato – e non su criteri “oscuri” – il suindicato principio elaborato sulla base degli artt. 1453 e 1460 c.c., dalla giurisprudenza di questa corte, secondo cui nei contratti con prestazioni corrispettive l’inadempimento debba addebitarsi esclusivamente a quel contraente che, con il proprio comportamento prevalente, abbia alterato il nesso di interdipendenza che lega le obbligazioni assunte mediante il contratto e perciò dato causa al giustificato inadempimento dell’altra parte.

5.4. Così venuta meno la censura anzidetta, neppure rileva più l’altra deduzione di parte ricorrente secondo cui il signor D.P. aveva la possibilità alternativa di adempiere, invece che mediante cessione, mediante pagamento di Euro 200.000 entro sempre il dicembre 2002. La corte d’appello ha notato che – stante la risoluzione per inadempimento a pronunciarsi del preliminare collegato alla transazione, espressamente dichiarata non novativa, e venendo quindi meno la dazione in luogo di pagamento (cessione del terreno) prevista nella transazione – rinasce il debito originario portato dal decreto ingiuntivo.

Ne deriva che la corte d’appello ha rettamente tenuto conto dell’articolazione dei rapporti contrattuali tra le parti, nei limiti rilevanti ai fini di causa, alla luce anche del fatto che comunque il debitore non aveva nel termine neppure provveduto al pagamento pecuniario.

5.5. Così dovendo ritenersi infondati i profili per presunti errores in iudicando e omesso esame di fatti storici, rientranti nel campo di applicazione dei parametri di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, come già accennato, in altre parti, i motivi – sotto la veste di censure per violazione di legge e vizi processuali afferenti la motivazione – sottopongono a questa corte istanze di riesame degli apprezzamenti di merito del materiale probatorio, non esigibili in sede di legittimità. In tali parti i motivi sono inammissibili.

6. In definitiva il ricorso va rigettato, regolandosi le spese secondo soccombenza e secondo la liquidazione di cui al dispositivo; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1-bis.

P.Q.M.

la corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione a favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200 per esborsi ed Euro 4.000 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari al contributo unificato, ove dovuto, per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 13 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2020

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