Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3454 del 11/02/2011

Cassazione civile sez. III, 11/02/2011, (ud. 14/01/2011, dep. 11/02/2011), n.3454

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni Battista – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – rel. Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 139/2009 proposto da:

G.D. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA FRANCESCO DANZA 27, presso lo studio dell’avvocato VANNUTELLI

PATRIZIO, rappresentato e difeso dall’avvocato DE FRAJA Roberto

giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

B.C. (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 1418/2007 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

SEZIONE SDPECIALIZZATA AGRARIA, emessa il 12/11/2007, depositata il

14/12/2007 R.G.N. 137/07;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

14/01/2011 dal Consigliere Dott. MARIO FINOCCHIARO;

udito l’Avvocato DE FRAJA ROBERTO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso con il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 322 del 2004, confermata dalla sezione specializzata agraria della Corte di appello di Firenze, il tribunale di Arezzo, sezione specializzata agraria, ha dichiarato cessati, a far data dal 10 novembre 2002 i contratti di affitto agrario, stipulati il 10 novembre 2001, già in essere tra G.D. (da un lato) e M.R. (dall’altro), contratti aventi a oggetto alcuni appezzamenti di terreno con annessi fabbricati in località (OMISSIS) del comune di Anghiari, con condanna del G. al rilascio.

Con ricorso 17 dicembre 2005 il G. ha riassunto innanzi al tribunale di Arezzo, sezione specializzata agraria, l’opposizione alla esecuzione per rilascio promossa da B.C. in forza dell’indicato titolo, assumendo di avere eseguito, a proprie spese e su richiesta della concedente opere di miglioramento degli immobili aziendali (tamponamento su tutti i lati di una precedente tettoia per il ricovero di paglia e fieno, con sua trasformazione in capannone da adibire a stalla nonchè rifacimento della coperta di altro annesso agricolo, avulsa nell’agosto 2002 durante un forte temporale) chiedendo fosse riconosciuto il proprio diritto al pagamento delle indennità di legge per le migliorie apportate al fondo da liquidare in Euro 50 mila nonchè il diritto alla ritenzione del compendio, ai sensi della L. 3 maggio 1982, n. 203, artt. 16 e 17.

Costituitasi in giudizio la B. ha resistito alle avverse pretese, deducendone la infondatezza e, svoltasi l’istruttoria del caso, l’adita sezione con sentenza n. 395 del 2006 ha rigettato l’opposizione, con condanna dell’opponente al pagamento delle spese di lite.

Gravata tale pronunzia dal soccombente G. nel contraddittorio della B. che, costituitasi anche in appello ha chiesto il rigetto della avversa impugnazione, la Corte di appello di Firenze, sezione specializzata agraria, con sentenza 12 novembre – 14 dicembre 2007 ha rigettato l’appello con condanna dell’ appellante al pagamento delle spese del grado.

Per la cassazione di tale ultima pronunzia, non notificata, ha proposto ricorso – con atto 15 dicembre 2008, G.D. – affidato a 4 motivi.

Non ha svolto attività difensiva in questa sede B.C..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. E’ pacifico, in dottrina come in giurisprudenza – hanno osservato i giudici di secondo grado – che, in materia di contratti agrari, il diritto all’indennità riconosciuto all’affittuario presuppone il preventivo consenso del concedente (o, in difetto, l’autorizzazione dell’Ispettorato provinciale dell’agricoltura), il quale deve sostanziarsi in una manifestazione di volontà autorizzativa che specifichi la natura, le caratteristiche e le finalità degli interventi migliorativi.

Tali condizioni legittimanti il diritto all’indennizzo riconosciuto all’affittuario rappresentano elementi costitutivi del diritto stesso, il cui onere probatorio incombe al conduttore.

Nel caso concreto – hanno ancora precisato quei giudici – il G. non ha fornito la prova, alternativamente, o di aver eseguito il tamponamento della tettoia previa autorizzazione dell’Ispettorato, nel rispetto delle procedure previste dalla L. n. 203 del 1982, art. 16 o che vi sia stato il consenso, espresso ed anteriore rispetto alla realizzazione delle opere, da parte della B..

Relativamente a quest’ultimo – hanno ancora evidenziato quei giudici – giova rilevare che l’eventuale assenso successivo da parte del concedente alla esecuzione dei miglioramenti non fa venir meno l’illiceità della condotta dell’affittuario, conseguente alla mancanza della condizione legittimante, ma può, al più, sanare ex nunc la situazione di illegittimità, precludendo conseguenze pregiudizievoli per il coltivatore, senza far sorgere ex post il diritto all’indennizzo e da qui l’irrilevanza anche della prova orale, con la quale si vorrebbe dimostrare che la B. aveva preso visione dell’avvenuta trasformazione della tettoia.

In particolare, hanno concluso la loro indagine i giudici del merito:

– il consenso del concedente alla esecuzione dei miglioramenti può essere anche tacito (a ciò mira la prova testimoniale) , ma in ogni caso deve precedere, quale indispensabile condizione legittimatrice di tipo autorizzativo, e non seguire l’esecuzione delle opere, ma tale circostanza non emerge dai capitoli di prova;

– per apportare al fondo un incremento effettivo del valore di mercato, è necessario che i miglioramenti e le addizioni presentino un carattere di stabilità e di durata, ricavabile implicitamente dal significato e dalla funzione dai medesimi svolta. Nella specie, già il Tribunale aveva messo in evidenza la necessità che l’opera dedotta dovesse essere preceduta dagli opportuni atti concessivi;

l’appellata ha prodotto in questa sede (legittimamente, trattandosi di documento venuto ad esistenza successivamente alla pronuncia di primo grado) l’ordinanza del responsabile dell’ufficio urbanistico del Comune di Anghiari, con la quale si intima la rimessione in pristino, con riapertura su tutti i lati, del fienile tamponato.

2. Il ricorrente censura la riassunta pronunzia con 4 motivi.

2.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, n. 5, insufficiente contraddittorio e motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle opere eseguite dal ricorrente sul fondo condotto in affitto quali opere di miglioramento fondiario, addizione e trasformazione degli ordinamenti produttivi e fabbricati rurali, tali da far sorgere all’affittuario che le ha eseguite il diritto all’indennizzo ai sensi della L. n. 203 del 1982, art. 17.

Ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. (applicabile nella specie ratione temporis, essendo oggetto di ricorso per cassazione una sentenza pubblicata successivamente al 2 marzo 2006 ma anteriormente al 4 luglio 2009 cfr., D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 27 e L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58) il ricorrente assume che la Corte di appello di Firenze è incorsa nel vizio di insufficiente contraddittorio e motivazione circa il fatto controverso e decisivo per il giudizio relativo alla esecuzione di interventi di miglioria, da parte dell’odierno ricorrente sul fabbricato poderale di proprietà di B.C. in costanza di rapporto di affitto agrario, manifestamente idonei a meglio valorizzare la produttività del fondo che ai sensi della L. n. 203 del 1982, art. 16, danno diritto al pagamento delle indennità in favore dell’affittuario.

2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denunzia la sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per omessa motivazione in ordine alla mancata valutazione degli elementi probatori acquisiti determinanti l’accollo a carico di B.C., quale concedente, delle spese sostenute da G.D. in qualità di affittuario per il rifacimento della copertura del fabbricato colonico adibito a essiccatoio per il tabacco.

Ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., il motivo si conclude precisando:

la Corte di appello di Firenze è incorsa nella propria decisione nel vizio di omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio relativo al diritto del ricorrente al rimborso delle spese sostenute per il rifacimento della copertura del tetto del fabbricato colonico eseguite in costanza del rapporto di affitto agrario.

2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza lamentando ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, omessa e/o insufficiente motivazione in ordine alla ritenuta rilevanza per le opere di miglioria realizzate dall’affittuario, della sussistenza dei relativi atti amministrativi di autorizzazione, per essere la corte di appello incorsa nella propria decisione nel vizio di insufficiente contraddittorio o motivazione circa il fatto controverso e decisivo per il giudizio relativo al riconoscimento del diritto all’indennità, ai sensi della L. n. 203 del 1982, art. 17, prescindendo dalla circostanza che per le opere di miglioria la Pubblica Amministrazione abbia o meno provveduto a rilasciare la relativa autorizzazione.

2.4. Con il quarto – e ultimo – motivo il ricorrente denunzia, infine, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, la sentenza impugnata per omessa motivazione in ordine alla non ammissione dei mezzi di prova dedotti in primo grado e quindi insufficiente istruzione della causa ed insufficienza della motivazione in merito a un punto decisivo della controversia.

Si precisa, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., che la Corte di appello di Firenze è incorsa nella propria decisione nel vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto che non può non rivelarsi decisivo ai fini della definizione della controversia e cioè la sussistenza del consenso della proprietà alla esecuzione delle opere di miglioramento.

3. I vari motivi, intimamente connessi e da esaminare congiuntamente, per più profili inammissibili, per altri manifestamente infondati, non possono trovare accoglimento.

Alla luce delle considerazioni che seguono.

Giusta la testuale previsione dell’art. 366 bis c.p.c., nei casi previsti dall’art. 360, comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità con formulazione di un quesito diritto. Nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

Questa Corte regolatrice – alla stregua della stessa letterale formulazione dell’art. 366 bis c.p.c. – è fermissima nel ritenere che a seguito della novella del 2006 nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, allorchè, cioè, il ricorrente denunzi la sentenza impugnata lamentando un vizio della motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione: ciò importa in particolare che la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (cfr., ad esempio, tra le tantissime, Cass., sez. un., 1 ottobre 2007, n. 20603).

Al riguardo, ancora, è incontroverso che non è sufficiente che tale fatto sia esposto nel corpo del motivo o che possa comprendersi dalla lettura di questo, atteso che è indispensabile che sia indicato in una parte, del motivo stesso, che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata.

Conclusivamente, non potendosi dubitare che allorchè nel ricorso per cassazione si lamenti un vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale fatto ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dall’art. 366 bis c.p.c., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma formulando, al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (in termini, ad e-sempio, Cass. 7 aprile 2008, n. 8897).

Facendo applicazione dei riferiti principi al caso di specie è palese la inammissibilità del ricorso attesa la non conformità di tutti i motivi in cui si articola il ricorso al modello delineato dal ricordato art. 366 bis c.p.c..

Parte ricorrente, in particolare, non poteva – in termini del tutto astratti – affermare, nella parte conclusiva dei vari motivi, presunti vizi della motivazione per essere i giudici del merito pervenuti a una soluzione della controversia diversa da quella auspicata dall’odierno ricorrente ma doveva, puntualmente, indicare quale – in concreto – fosse il fatto controverso risultante dagli atti di causa rispetto al quale la motivazione si assume, alternativamente, omessa o con-traddittoria nonchè – eventualmente – quali le ragioni che rendono la motivazione inidonea a giustificare la decisione.

In dettaglio:

– con il primo motivo di deduce, in limine, il vizio di insufficiente contraddittorio: a prescindere dal considerare che la violazione dei principi del contraddittorio (di cui all’art. 101 c.p.c.) doveva, se del caso, essere dedotta come nullità della sentenza o del procedimento ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e non quale vizio della motivazione, si osserva che la deduzione è inammissibile per difetto di autosufficienza non essendo indicato, nella parte conclusiva del motivo, quando, perchè e in qual modo si sia realizzata un difetto di contraddittorio;

– i giudici d’appello merito hanno puntualmente indicato – a p. 5 della loro sentenza – le ragioni alla luce delle quali la riparazione del tetto del fabbricato colonico adibito a magazzino ed essiccatoio effettuata dopo il suo parziale scoperchiamento provocato da un forte temporale estivo non potesse qualificarsi quale opera di miglioramento fondiario: atteso che il ricorrente pur assumendo del tutto apoditticamente, sia nel primo che nel secondo motivo, che la motivazione, sul punto, è insufficiente, si è astenuto – totalmente – dall’indicare nella parte conclusiva del primo motivo le ragioni per le quali la motivazione non è idonea a giustificare la conclusione fatta propria dalla sentenza impugnata: è palese di conseguenza, la inammissibilità dei motivi in esame;

– quanto al terzo motivo, a prescindere da ogni altra considerazione lo stesso è inammissibile posto che quanto dedotto e invocato è assolutamente irrilevante, al fine del decidere. Essendo incontroverso, come evidenziato sopra, che la domanda del G. è stata rigettata dai giudici di secondo grado vuoi perchè quanto al rifacimento del tetto asportato da un forte temporale estivo non si è in presenza di un’opera di miglioramento fondiario, vuoi – comunque – sia quanto al tetto che alle altre opere, perchè non autorizzate preventivamente dalla proprietaria concedente nè dall’Ispettorato Agrario, è palese che è assolutamente irrilevante verificare se tali opere siano state, o meno, autorizzate dal comune sotto il profilo della loro conformità ai regolamenti edilizi;

– in ordine infine, al quarto motivo, a prescindere dalla sua inammissibilità per inadeguatezza della parte conclusiva del motivo stesso (assolutamente generica, non sono indicate, infatti, le ragioni per cui la ammissione delle prove dedotte e il loro esito positivo per esso ricorrente avrebbe, con certezza, condotto a una diversa soluzione della controversia) si osserva che lo stesso è, da un lato, inammissibile perchè privo di autosufficienza (non essendo stato riportato, in ricorso, in testo dei capitoli di prova a soggettivo parere del ricorrente erroneamente non ammesse in causa) dall’altro, comunque, manifestamente infondato atteso che non risponde al vero che i giudici di appello non abbiano indicato le ragioni per cui non hanno dato ingresso alle prove in questione, nonchè inammissibile sotto l’ulteriore profilo che non censura in alcun modo la reale e unica ratio decidendi che sorregge sul punto la sentenza impugnata e cioè la irrilevanza di un eventuale assenso successivo alla esecuzione delle opere dato dal concedente un fondo rustico al fine del sorgere del diritto all’indennizzo di cui alla L. 3 maggio 1982, n. 203, art. 17 (cfr., ad esempio, Cass. 5 settembre 2005 n. 17772; Cass. 2 dicembre 2004, n. 22667).

4. Risultato infondato in ogni sua parte il proposto ricorso, in conclusione, deve rigettarsi.

Nessun provvedimento deve adottarsi in ordine alle spese di lite di questo giudizio di legittimità, non avendo l’intimata svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso;

nulla sulle spese di questo giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 14 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2011

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