Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3451 del 15/02/2010

Cassazione civile sez. lav., 15/02/2010, (ud. 21/10/2009, dep. 15/02/2010), n.3451

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 14264-2006 proposto da:

T.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CRESCENZIO 25, presso lo studio dell’avvocato NODARO PIERO, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati LIMARDO TOMMASO,

RAVERA RICCARDO, giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CHIAVARI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA DELLA LIBERTA’ 13, presso lo studio

dell’avvocato SIVIERI ORLANDO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato BISSOCOLI GIANNI, giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 316/2005 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 04/05/2005 R.G.N. 699/02;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/10/2009 dal Consigliere Dott. PAOLO STILE ;

udito l’Avvocato NODARO PIERO; udito l’Avvocato SIVIERI ORLANDO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La presente controversia ha come questione centrale l’accertamento della legittimità o non dell’assegnazione, da parte del Comune di Chiavari, all’ing. T.G., Dirigente Tecnico – (OMISSIS) qualifica dirigenziale del settore lavori pubblici, di detto Comune, dal maggio 1979 al dicembre 1998, di mansioni diverse da quelle originariamente conferite in seguito a modificazione della pianta organica, avvenuta con Delib. 30 dicembre 1998.

Il conferimento delle nuove mansioni – secondo l’esposizione dell’ing. T. contenuta nell’atto introduttivo del giudizio- aveva carattere punitivo, trovando la sua unica ragione in contrasti sorti con l’Assessore ai Lavori Pubblici in ordine ad alcuni lavori edilizi da eseguirsi su uffici pubblici (il palazzo del Comune di (OMISSIS)); ciò che aveva indotto il Comune, allo scopo di perseguire detta finalità, ad adottare una articolata condotta, che muovendo da una modifica della pianta organica, estrinsecatasi nella costituzione del 4^ Settore Ambiente, si era conclusa con la sua assegnazione a detto Settore, del tutto inutile e “materialmente inesistente” in ragione della mancanza di locali, di attrezzature e delle risorse economiche occorrenti per il loro acquisto.

Il provvedimento di conferimento del nuovo incarico viene contestato dall’ing. T. sotto vari profili, con conseguenti richieste risarcitorie, ma sia il Tribunale che la Corte di Appello di Genova, investiti della controversia, ritengono infondate le sue pretese.

In particolare, la Corte di Genova, a fondamento della sua decisione, ha osservato, tra l’altro, che rientrava nell’ambito della discrezionalità amministrativa, insindacabile dall’A.G.O., la decisione di modificare la pianta organica, in quanto atto generale di autoregolamentazione dell’ente pubblico, e che, nella specie, non ricorreva demansionamento in ragione della minore importanza del nuovo ufficio, trattandosi in entrambi i casi di incarico di (OMISSIS) dirigente tecnico a capo di Settori aventi come interlocutore sovraordinato l’assessore del rispettivo ambito di riferimento, e non rilevando in proposito la minore dotazione organica del nuovo ufficio rispetto al vecchio.

Ha aggiunto la Corte territoriale che, nel lavoro pubblico, alla qualifica dirigenziale corrispondeva soltanto l’attitudine professionale all’assunzione di incarichi dirigenziali di qualunque tipo e non poteva ritenersi applicabile l’art. 2103 c.c. per la salvaguardia di determinate specifiche professionalità acquisite, con la sola eccezione della dirigenza tecnica, nel senso che il dirigente tecnico deve necessariamente e comunque sempre svolgere mansioni tecniche, essendo il suo incarico soggetto ai principi della temporaneità e della rotazione di cui al D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 109 sostitutivo del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 19 così come interpretato dal Consiglio di Stato nella sentenza 28/3/2003 n. 1642.

Ha concluso, pertanto, rilevando che l’ing. T. non aveva titolo per lamentare l’inadeguatezza del nuovo incarico rispetto al suo titolo di studio laurea in ingegneria, a maggior ragione in quanto il Settore Ambiente ed Inquinamento non era poi così distante – nelle sue linee guida e nello studio degli interventi concreti da realizzare – dalla sua professionalità; e che, coerentemente con i principi di flessibilità e professionalità che ispirano la riforma della dirigenza, il mutamento di mansioni non comprometteva il bagaglio di esperienze accumulato dal dirigente, essendo invece volto a diversificarlo.

Per la cassazione di tale pronuncia ricorre T.G. con 10 motivi.

Resiste il Comune di Chiavari con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il proposto ricorso, articolato in dieci motivi, il ricorrente denuncia, sotto diversi profili, sia violazioni e false applicazioni di legge (L. n. 241 del 1990, artt. 3 e 7, art R.D. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 26 T.U. sul Consiglio di Stato, D.Lgs. n. 165 del 2001, artt. 1, 2 e 63 art. 6, commi 1 e 3 comma, D.Lgs. n. 29 del 1993, artt. 17,19, 20 e 21, D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 109 ed ancora 1175, 1375 e 2103 ex.) sia omessa ed insufficiente motivazione da parte della impugnata sentenza, reiterando in buona parte le doglianze avanzate dinanzi al Giudice di appello circa la illegittimità degli atti organizzativi di cui alla Delib. G.M. n. 768 del 1998, art. 109 in applicazione dei quali era stata attuata la costituzione del quarto Settore Ambiente e la sua preposizione a detto settore.

Sostiene il ricorrente – così sintetizzando le molteplici argomentazioni a sostegno del proprio assunto – che, in considerazione della dedotta illegittimità di tali atti, i Giudici di merito avrebbero dovuto disapplicarli realizzando in tal modo, attraverso tale disapplicazione, un’automatica ricostituzione della precedente posizione funzionale del dirigente; tanto più che la detta illegittimità aveva trovato conforto nella sentenza n. 1469 del 15 novembre 2005 di annullamento di detta delibera, pronunciata dal TAR Liguria, su proprio ricorso.

Deduce, poi, sul piano sostanziale, che le ragioni per le quali gli era stato affidato il nuovo incarico dirigenziale erano dovute a contrasti, sul piano professionale, con l’Assessore ai Lavori Pubblici e che tale affidamento di incarico aveva comportato un demansionamento rispetto alle mansioni precedentemente svolte, dolendosi del rigetto della proposta domanda volta ad ottenere la reintegrazioni delle precedenti funzioni o, in via subordinata, in mansioni equivalenti, e comunque il risarcimento del danno per impoverimento professionale, lesione dei diritti alla personalità e lucro cessante.

I motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente per la connessione tra le argomentazioni in essi contenute. Il loro esame deve essere preceduto dal richiamo del principio di diritto secondo il quale, a seguito della cd. “privatizzazione” del lavoro pubblico, alla stregua delle norme ora raccolte nel D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, attuata mediante la contrattualizzazione della fonte dei rapporti di lavoro e l’adozione di misure organizzative (escluse solo quelle espressamente riservate agli atti di diritto pubblico) e gestionali con atti di diritto privato (art. 5, comma 2, del D.Lgs. cit.), deve ritenersi che la conformità a legge del comportamento dell’amministrazione – negli atti e procedimenti di diritto privato posti in essere ai fini della costituzione, gestione e organizzazione dei rapporti di lavoro finalizzati al perseguimento di scopi istituzionali – deve essere valutata esclusivamente secondo gli stessi parametri che si utilizzano per i privati datori di lavoro, in conformità a una precisa scelta del legislatore (nel senso dell’adozione di moduli privatistici dell’azione amministrativa) che la Corte costituzionale ha ritenuto conforme al principio di buon andamento dell’amministrazione di cui all’art. 97 Cost. (vedi Corte cost. n. 275 del 2001, n. 11 del 2002). Ne discende che, esclusa la presenza di procedimenti e atti amministrativi, non possono trovare applicazione i principi e le regole proprie di questi e, in particolare, le disposizioni dettate per i provvedimenti e gli atti amministrativi dalla L. 7 agosto 1990, n. 241 (Cass. 2 aprile 2004, n. 6570; 19 marzo 2004, n. 5565; 28 luglio 2003, n. 11589; 16 maggio 2003, n. 7704). Questo stesso principio è stato applicato dalla giurisprudenza della Corte anche agli atti di conferimento degli incarichi dirigenziali – con riguardo – alla disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19 sia nel testo” originario, sia in quello modificato dalla L. n. 145 del 2002, art. 3 – cui si è riconosciuta natura di determinazione assunta dall’amministrazione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro, esulandosi dall’ambito delle procedure concorsuali riservate al diritto pubblico (Cass. 20 marzo 2004, n. 5659), con la conseguenza di ricondurre le situazioni giuridiche dei dipendenti con qualifica dirigenziale di fronte al potere di conferimento al novero dei cd. interessi legittimi di diritto privato, ascrivibili pur sempre alla categoria dei diritti di cui all’art. 2907 c.c. (cfr. Cass., sez. un., 1 ottobre 2003, n. 14625; Cass. 21 maggio 2004, n. 9747).

Il discorso svolto, come è palese, rende manifesta l’infondatezza giuridica di tutte le censure del ricorso che, nell’articolazione dei diversi motivi, assumono a presupposto l’applicabilità di regole e principi propri degli atti amministrativi e dell’azione di diritto pubblico dell’amministrazione, sia nel denunciare violazioni di legge, sia nel prospettare vizi di indagine, dovendo farsi applicazione della regola di giudizio secondo cui la conformità a legge del comportamento dell’amministrazione deve valutarsi secondo gli stessi parametri che valgono per i privati datori di lavoro.

Sgomberato il campo dalle suddette censure, vanno prese in esame le argomentazioni svolte dal ricorrente in relazione all’asserito demansionamento subito per effetto del conferimento del nuovo incarico rispetto alle mansioni precedentemente svolte quando era preposto al Settore dei Lavori Pubblici.

Ma su tale domanda e sulla conseguente richiesta di reintegrazioni nelle precedenti funzioni, ovvero in via subordinata, in mansioni equivalenti, la Corte di merito con motivazione di fatto, immune da vizi logici e giuridici, ha dato adeguato e corretto riscontro.

Ed infatti, dopo avere rilevato che il ricorrente aveva sostenuto che il demansionamento era consistito da un lato nello stato di inattività cui era stato costretto nell’assumere il nuovo incarico, dall’altro nel trasferimento in un ufficio di minore importanza rispetto a quello di provenienza, ha osservato che, nella valutazione delle sopra riferite circostanze, doveva tenersi presente anche la protratta assenza del T., che negli anni intercorsi tra il provvedimento di modifica della pianta organica (30.12.98) ed il deposito del ricorso introduttivo (11.12.00) era rimasto assente dal servizio dal 1.1.99 al mese di ottobre 2000, con esclusione della giornata del 1.3.99 e del periodo 1.5.99 – 22.5.99.

Ha poi precisato, in ordine alla prima prospettazione, che l’espletata istruttoria testimoniale aveva messo in evidenza come il T. si limitava a venire per “poche ore”, giusto il tempo per dare direttive, per poi andarsene, e che se era vero che nel nuovo ufficio, all’inizio, mancavano le risorse diverse dal personale”, era anche vero che tutti i dirigenti di settore dovevano preoccuparsi di dotare il loro ufficio di risorse materiali, mediante richiesta all’economato. Era inoltre emerso che se, certamente, il nuovo ufficio per il primo periodo era rimasto privo di arredi adeguati, di dotazioni strumentali e di mezzi tecnici nonchè di congrue risorse di bilancio, era anche risultato che “poco dopo la sua costituzione iniziarono a giungere pratiche consistenti in esposti di cittadini che lamentavano situazioni di inquinamento acustico, dell’aria e delle acque, e che il personale operante nel periodo in cui era assente il T. predispose il regolamento comunale per l’acustica”.

Da tali risultanze il Giudice a quo ha, coerentemente, tratto il convincimento che il Settore Ambiente, di nuova costituzione, non aveva fatto eccezione rispetto alla situazione che si riscontra spesso – e non solo nel settore pubblico – di carenza di mezzi e strutture nel primo periodo di operatività, nel quale è maggiormente necessario lo sforzo del personale addetto, ed in particolare dei dirigenti, nel farsi parti attive per la richiesta – e talvolta la ricerca – delle dotazioni necessarie per raggiungere risultato assegnato; che, essendo il T., in tale periodo, rimasto assente, per malattia e per ferie, motivo il primo non a lui imputabile, diversamente dal secondo, avendo lo stesso fatto richiesta di godere di tutte le ferie arretrate, non poteva in causa validamente sostenere che l’avergli consentito di fruire delle ferie costituisse dimostrazione dell’inutilità dell’ufficio; che non poteva parlarsi di demansionamento, oltre che per le osservazioni innanzi esposte perchè in entrambi i casi del precedente e nuovo incarico si trattava di posizione di (OMISSIS) dirigente, posto al vertice di un Settore, il cui interlocutore sovraordinato – politicamente e non tecnicamente – era l’assessore del rispettivo ambito di riferimento (Lavori Pubblici ed Ambiente). Già tali considerazioni consentono di dimensionare la questione circa l’applicabilità alla fattispecie dell’art. 2103 c.c. invocato dal T. in relazione alla sua pretesa di continuare a svolgere le precedenti mansioni ovvero altre equivalenti, tali non essendo, a suo avviso, quelle di destinazione. Giova in proposito rammentare che il D.Lgs. n. 29 del 1993 (e successive modificazioni) ha creato in materia di dirigenza statale un sistema caratterizzato dal riconoscimento di un rapporto di carattere fiduciario tra organi di governo e dirigenti, che si esprime nella previsione della temporaneità e rotazione degli incarichi dirigenziali, e che pertanto non impone il rispetto dell’art. 2103 c.c..

Il sistema normativo del lavoro pubblico dirigenziale negli enti (trasfuso da ultimo nel D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 109) – come affermato condivisibilmente da questa Corte in analoga occasione (v.

Cass. 23760/04) – esclude la configurabilità di un diritto soggettivo a conservare in ogni caso determinate tipologie di incarico dirigenziale (ancorchè corrispondenti all’incarico assunto a seguito di concorso specificatamente indetto per determinati posti di lavoro e anteriormente alla cosiddetta “privatizzazione”). Lo stesso sistema, peraltro, conferma il principio generale che, nel lavoro pubblico, alla qualifica dirigenziale corrisponde soltanto l’attitudine professionale all’assunzione di incarichi dirigenziali di qualunque tipo e non consente perciò – anche in difetto della espressa previsione di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19 stabilita per le amministrazioni statali – di ritenere applicabile l’art. 2103 c.c., risultando la regola del rispetto di determinate specifiche professionalità acquisite non compatibile con lo statuto del dirigente pubblico locale.

E’ pur vero che detta giurisprudenza mostra di ritenere configurabile l’applicabilità dell’art. 2103 c.c. alla dirigenza tecnica, ma, come rettamente sostenuto dal Giudice a quo, l’eccezione va interpretata in senso stretto, ossia nel senso che il dirigente tecnico, il cui incarico è soggetto ai principi della temporaneità e della rotazione, deve comunque svolgere mansioni tecniche. Posto, infatti, che il legislatore ha inteso dare uniformità al settore del rapporto “privatizzato” con riferimento a tutte le Pubbliche Amministrazioni, ragionando diversamente non sarebbe ipotizzabile quella temporaneità degli incarichi dirigenziali di cui si è fatto cenno.

Correttamente, pertanto, la Corte di Genova, ha concluso rilevando come il T. non potesse lamentare la inadeguatezza della nuova destinazione in relazione al suo titolo di studio – laurea in ingegneria – considerato oltretutto che il Settore Ambiente ed Inquinamento non era poi così distante – nelle sue linee guida e soprattutto nello studio degli interventi concreti da realizzare- dalla sua professionalità.

Con riferimento infine alla richiesta di risarcimento danni, la Corte genovese, con giudizio incensurabile di fatto esente da vizi logici, ha escluso ogni danno conseguente al preteso demansionamento in ragione del fatto che l’inattività alla quale il T. ricollega l’esistenza del danno è stato frutto di libera scelta del dirigente e che comunque il T. non ha offerto prova alcuna del danno non patrimoniale.

Con riferimento invece all’unica voce di danno patrimoniale rappresentato dalla perdita della quota di incentivo di cui alla L. n. 109 del 1994, art. 18 relativamente alle opere pubbliche eseguite dal Comune di Chiavari negli anni 1999 e 2000, va rilevato che l’Ing. T. non risulta avere precisato quali fossero state le opere pubbliche eseguite dal Comune nè prodotto l’accordo sindacale al quale erano rimessi sia la misura dell’incentivo sia i criteri di ripartizione.

Non inficiando i proposti motivi la sentenza impugnata, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese di questo giudizio, liquidate in Euro 26,00 oltre Euro 3.000,00 per onorari ed oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2010

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