Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34505 del 16/11/2021

Cassazione civile sez. VI, 16/11/2021, (ud. 17/06/2021, dep. 16/11/2021), n.34505

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 20862-2020 proposto da:

ARA ASSETS RECOVERY & ADMINISTRATION SRL, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO

SARTI 4, presso lo studio dell’avvocato BRUNO CAPPONI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato DOMENICO DI FALCO;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO IRICAV DUE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TEODOSIO MACROBIO 3,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE NICCOLINI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARCO ANNONI;

– controricorrente –

per regolamento di competenza avverso la sentenza n. 9365/2020 del

TRIBUNALE di ROMA, depositata l’01/07/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/06/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LOREDANA

NAZZICONE;

lette le conclusioni scritte del PUBBLICO MINISTERO in persona del

SOSTITUTO PROCURATORE GENERALE DOTT. NARDECCHIA GIOVANNI BATTISTA,

che conclude chiedendo alla Corte di Cassazione, riunita in camera

di consiglio, di rigettare il ricorso per regolamento di competenza.

 

Fatto

RILEVATO

Con sentenza del 1 luglio 2020, n. 9365, il Tribunale di Roma ha accolto l’opposizione al decreto ingiuntivo concesso su istanza di ARA s.r.l. nei confronti del Consorzio Iricav Due, revocando il decreto medesimo in quanto ha reputato fondata l’eccezione di incompetenza in favore degli arbitri, con riguardo alla domanda volta al pagamento della somma di Euro 1.080.000,00, oltre interessi, azionata dalla ricorrente.

L’ARA s.r.l. ha proposto regolamento di competenza, ai sensi dell’art. 819-ter c.p.c., per sentire dichiarare la competenza del giudice ordinario.

Ha depositato memoria difensiva il Consorzio intimato.

Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del regolamento di competenza, in forza dell’efficacia della clausola compromissoria prevista dall’art. 20 dello statuto sociale del Consorzio Iricav Due.

Diritto

RITENUTO

1. – In punto di fatto, queste le circostanze di rilievo.

La consorziata (OMISSIS) s.p.a. è stata dichiarata fallita con sentenza del 23 novembre 2010 ed è stata esclusa dal consorzio con deliberazione del 7 febbraio 2011; con lodo arbitrale del 26 marzo 2012, promosso dal Consorzio Iricav Due e divenuto definitivo, la committente RFI s.p.a. è stata condannata al pagamento, in favore del medesimo, della somma di 9.000.000,00, a titolo di risarcimento del danno; la quota vantata dalla (OMISSIS) s.p.a. su tale complessiva somma, in quanto titolare del 12% del capitale del Consorzio, è di Euro 1.080.000,00; il fallimento di (OMISSIS) s.p.a. si è chiuso con concordato fallimentare ex art. 124 L.Fall., omologato il 31 dicembre 2014, a mezzo dell’assuntore ARA s.r.l.; quest’ultima ha, quindi, preteso il pagamento della quota suddetta, ottenendo a carico del Consorzio un decreto ingiuntivo per la somma di Euro 1.080.000,00, oltre interessi; proposta opposizione dal Consorzio, questi, in via pregiudiziale, ha eccepito l’incompetenza del giudice ordinario in favore degli arbitri in virtù della clausola compromissoria contenuta nello statuto consortile, ed il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 9365 del 2020, ha accolto l’opposizione, condividendo la tesi dell’opponente circa l’efficacia della stessa.

2. – La sentenza impugnata, infatti, ha reputato operante la clausola compromissoria, prevista dall’art. 20 dello statuto sociale del Consorzio Iricav Due, con riguardo al diritto al pagamento della somma predetta, azionato da ARA s.p.a., quale assuntore del concordato fallimentare di (OMISSIS) s.p.a., vantato nei confronti del Consorzio, a titolo di quota parte spettante alla consorziata sull’importo pagato al Consorzio, quale risarcimento del danno dalla committente RFI s.p.a., in relazione al contratto di appalto di lavori.

3. – La tesi della ricorrente sull’inapplicabilità della clausola compromissoria al diritto fatto valere si fonda sui seguenti argomenti:

– il diritto azionato consiste nella quota di liquidazione della partecipazione di (OMISSIS) s.p.a., esclusa a seguito del fallimento: infatti, l’art. 2289 c.c. prevede il diritto ai conguagli per le “operazioni in corso”, quale è pure l’azione di risarcimento del danno intrapresa dal Consorzio verso la committente;

– tale diritto non compete a (OMISSIS) s.p.a., ma è sorto direttamente in favore del fallimento, che fu dichiarato prima della pronuncia arbitrale di cui era parte il Consorzio, onde è nato successivamente al fallimento;

– il diritto alla quota di liquidazione della consorziata è derivato dall’esclusione dalla compagine consortile per sopraggiunto fallimento, dunque non preesisteva dalla medesima e non era già sorto in capo al soggetto fallito, ma rappresenta un diritto autonomo della curatela;

– il curatore fallimentare non è vincolato alla clausola compromissoria stipulata dal fallito, dato che non ha rinvenuto detta posizione creditoria nel patrimonio del medesimo, ma rappresenta la massa;

– l’assuntore fallimentare ha operato senza effetti liberatori per la (OMISSIS) s.p.a. ed è subentrato alla massa, non alla fallita, con pari inefficacia nei suoi confronti della clausola compromissoria;

– al curatore era inopponibile la clausola compromissoria ex art. 83-bis L.Fall., in quanto essa vige per il curatore solo se questi subentri nel rapporto cui essa accede, ma il rapporto consortile non è proseguito con la curatela, essendosi sciolto a causa del fallimento, posto che l’art. 12 st. prevede l’esclusione di diritto per il consorziato assoggettato a procedura concorsuale;

– il principio giurisprudenziale formatosi in tema di cessione del credito, secondo cui la clausola compromissoria non è invocabile dal cessionario verso il debitore ceduto, ma questi invece può sollevare l’eccezione di compromesso, è in contrasto con l’art. 24 Cost. e con l’art. 111 Cost., comma 2, posto che al cessionario è impedito di valersi della clausola arbitrale, laddove spetta esclusivamente al debitore ceduto poterla invocare, le cui posizioni processuali il cessionario è costretto ad attendere per conoscere il giudice che deciderà la controversia, con dispendio di costi e tempi, e con diniego di giustizia per il cessionario, esposto pure al rilievo o fficioso dell’inefficacia della clausola compromissoria da parte degli arbitri; in tal senso, anche la condanna alle spese (per Euro 20.000,00), pronunciata dal tribunale, si palesa ingiusta, non avendo avuto la ricorrente altro mezzo per far valere giudizialmente il suo credito.

4. – A ciò la curatela oppone che:

– l’assuntore è subentrato nei rapporti attivi – come esplicitato dalla stessa proposta concordataria – assumendo la medesima posizione del fallito, ivi compresi i rapporti tra la società fallita ed il Consorzio;

– il diritto azionato da ARA s.r.l. non è sorto con il fallimento, perché essa fa valere il diritto ad una quota parte di quanto incassato dal Consorzio per effetto del lodo:

– ARA s.r.l. non ha chiesto la liquidazione della quota del socio fallito – credito non presente nel patrimonio del fallito al momento della dichiarazione di fallimento – non essendosi mai proceduto a detta richiesta e determinazione;

– la clausola arbitrale, conclusa dalla fallita prima della dichiarazione di fallimento, resta efficace, non essendosi sciolta a causa del fallimento ex art. 78 L.Fall.

5. – La clausola compromissoria, contenuta nell’art. 20 statuto consortile, è efficace nella controversia in esame.

5.1. – La clausola prevede la competenza arbitrale, disponendo che “qualunque controversia dovesse insorgere tra i soci e il Consorzio sarà rimessa ad un Collegio di tre arbitri, di cui due nominati dalle parti in lite ed il terzo, con funzioni di presidente, dagli altri nominati”.

5.2. – Non ha pregio la pretesa di configurare il diritto vantato come estraneo alle situazioni soggettive già presenti nel patrimonio del fallito.

Invero, ARA s.p.a. ha domandato, come correttamente inteso dal giudice del merito, tout court il pagamento pro quota di un importo a titolo risarcitorio diretto, relativo a quanto pagato dalla committente in favore del Consorzio.

Essendo stata la pretesa configurata quale mera domanda di c.d. ribaltamento alla consorziata di somme incassate dal Consorzio per conto delle associate, si tratta di una lite afferente il rapporto associativo, ricompreso nella ampia dizione della clausola compromissoria e sorto prima del fallimento.

Dunque, il titolo vantato risiede nella posizione di consorziata in capo alla fallita e nel rapporto sociale intercorso con il consorzio.

5.3. – In tal modo, l’ARA s.p.a. ha fatto valere un diritto già esistente nel patrimonio del fallito alla data della dichiarazione di fallimento, ed essa e’, pertanto, soggetta alla clausola compromissoria, per le ragioni di seguito esposte.

5.3.1. – In primo luogo, questa Corte ha già affermato che la clausola compromissoria contenuta nello statuto di una società, la quale preveda la devoluzione agli arbitri delle controversie connesse al contratto sociale, comprende anche la controversia riguardante il recesso del socio (Cass. 11 giugno 2019, n. 15697; Cass. 30 aprile 2018, n. 10399; Cass. 27 settembre 2013, n. 22303; si veda pure Cass. 10 ottobre 2011, n. 20741; del pari, quanto alla competenza del tribunale per le imprese con riguardo ai rapporti sociali, Cass. 20 marzo 2017, n. 7070), e, più in generale, tutti i casi in cui pure l’associato non sia più tale sin da un momento anteriore alla notificazione dell’atto introduttivo, come per l’esclusione del socio o dell’associato (fra le altre, Cass., sez. un., 6 luglio 2016, n. 13722; Cass. 2 marzo 2009, n. 5019).

In sostanza, restano situazioni afferenti la vita sociale o associativa, ai fini dell’efficacia della clausola compromissoria statutaria, quelle così intese in senso ampio, con riguardo, quindi, non solo alle vicende di governo interno, ma anche alla persona del singolo socio, nei suoi rapporti, sia pure “non più” o “non ancora” in corso, con l’ente, con gli organi di questo o con gli altri soci (così Cass. 24 gennaio 2018, n. 1826, fra le altre).

Pertanto, la clausola compromissoria, contenuta nello statuto, la quale preveda la devoluzione ad arbitri delle controversie connesse al contratto, si applica anche alle pretese avanzate dal consociato con riguardo al rapporto intercorso con l’ente collettivo, sebbene egli non prenda più parte della compagine associativa, in quanto tale pretesa continua a trovare causa nell’ambito del sodalizio d’impresa, nonostante l’avvenuto scioglimento limitatamente al singolo rapporto. Ciò, ogni volta che la causa petendi della pretesa sia rappresentata dal rapporto associativo derivante dal contratto.

Concludendo sul punto, la controversia è da annoverare tra quelle relative a diritti inerenti al rapporto associativo, perché inscindibilmente correlata alla partecipazione, non ad una posizione autonomamente attribuita al fallimento, ma già inerente la posizione della consorziata in bonis, quale diritto patrimoniale ricollegato alla partecipazione all’ente collettivo.

5.3.2. – Con riguardo alla posizione della curatela, occorre ricordare il principio, dal quale non vi sono ragioni per discostarsi, secondo cui “il curatore fallimentare, che agisca giudizialmente per ottenere il pagamento di una somma già dovuta al fallito, esercita un’azione rinvenuta nel patrimonio di quest’ultimo, collocandosi nella medesima sua posizione, sostanziale e processuale, sicché il terzo convenuto in giudizio dal curatore può legittimamente opporgli tutte le eccezioni che avrebbe potuto opporre all’imprenditore fallito”; onde ne deriva, ulteriormente, che, “in caso di chiusura del fallimento per concordato fallimentare, l’assuntore che prosegua o intraprenda analoghe iniziative giudiziarie verso il terzo viene a trovarsi nella medesima posizione processuale che aveva o avrebbe avuto il curatore ” (in tali sensi, si vedano: Cass. 10 marzo 2020, n. 6771, non massimata; Cass. 8 novembre 2018, n. 28533; Cass. 19 aprile 2018, n. 9756, non mass.; Cass. 31 maggio 2017, n. 13762; Cass. 17 aprile 2003, n. 6165).

5.3.3. – Con riguardo, specificamente, alla posizione dell’assuntore, il Collegio intende confermare il principio di diritto, secondo cui, in caso di chiusura del fallimento per concordato fallimentare, l’assuntore che agisca giudizialmente per ottenere il pagamento di una somma già dovuta al fallito esercita un’azione rinvenuta nel patrimonio di quest’ultimo, collocandosi nella medesima sua posizione, sostanziale e processuale (cfr. Cass. 31 maggio 2017, n. 13762; Cass. 21 novembre 2016, n. 23630; Cass. 19 dicembre 2012, n. 23429; Cass. 27 gennaio 2011, n. 1879): sicché il terzo convenuto in giudizio può legittimamente opporgli tutte le eccezioni che avrebbe potuto opporre all’imprenditore fallito, compresa quella di compromesso.

5.3.4. – Va ancora osservato come a conclusioni opposte non si possa giungere sulla base dell’art. 83-bis L.Fall.

Prevede la norma, inserita dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5: “Se il contratto in cui è contenuta una clausola compromissoria è sciolto a norma delle disposizioni della presente sezione, il procedimento arbitrale pendente non può essere proseguito”.

Essa – alla stregua della sua lettera – dispone l’improcedibilità dell’arbitrato pendente, una volta sciolto il contratto contenente la clausola compromissoria in virtù delle regole sugli effetti del fallimento con riguardo ai rapporti giuridici preesistenti, di cui agli artt. 72 ss. L.Fall. (cfr., in tal senso, Cass. 8 novembre 2018, n. 28533; Cass., sez. un., 26 maggio 2015, n. 10800).

La norma ha inserito ex novo la disciplina degli effetti

del fallimento in materia di clausola arbitrale, stabilendo che il procedimento arbitrale pendente alla data della declaratoria fallimentare non possa essere proseguito, nell’ipotesi in cui il contratto contenente la clausola arbitrale venga sciolto dal curatore; la Relazione accompagnatrice al D.Lgs. n. 5 del 2006 espressamente menziona la ratio di evitare che ad un mutato regolamento di interessi sopravviva la clausola arbitrale. La questione si pone, certamente, solo in presenza di una controversia relativa a diritti di credito del fallito, dato che per i crediti di contro vantati verso il fallito vale necessariamente il procedimento di accertamento del passivo.

Dunque, l’art. 83-bis L.Fall., nell’escludere la prosecuzione dei procedimenti arbitrali pendenti in caso di fallimento di una delle parti del contratto comprendente la clausola compromissoria, circoscrive tale effetto alle ipotesi in cui lo scioglimento del contratto abbia luogo a norma delle disposizioni di cui alla sezione IV del capo III del titolo II L.Fall. – scioglimento del contratto ex lege (es. art. 72-bis, quando l’acquirente di immobile da costruire abbia escusso la garanzia rilasciata dal costruttore, impedendo così l’eventuale subentro del curatore; art. 76, contratto di borsa a termine; art. 77, associazione in partecipazione per il fallimento dell’associante; art. 78, conto corrente, commissione, mandato se fallisce il mandatario) o per volontà del curatore – ma non si applica quando lo scioglimento del rapporto sociale si verifichi per effetto della norma statutaria che prevede l’esclusione dal consorzio in caso di fallimento della consorziata (cfr. Cass. 23 ottobre 2017, n. 25054).

La questione, tuttora controversa, dell’applicabilità della norma anche nel senso di rendere l’arbitrato non ancora intrapreso improponibile può dunque considerarsi assorbita dal rilievo della mancanza del secondo elemento della fattispecie.

Pertanto, indipendentemente dal fatto se si possa estendere la norma anche all’arbitrato ancora non iniziato (cfr. Cass. 30 settembre 2019, n. 24444, secondo cui, una volta aperta la procedura fallimentare, non è dato distinguere a seconda che penda o no il giudizio arbitrale) oppure no (v. Cass. 8 novembre 2018, n. 28533), resta che l’art. 83-bis L.Fall. essa concerne solo i casi di “scioglimento dal contratto” ex art. 72 ss. L.Fall., ossia del contratto di cui sia parte il fallito e scioltosi ai sensi di tali disposizioni: nella specie, invece, il contratto di consorzio permane, non è sciolto dal fallimento, che ha comportato solo l’uscita di un singolo consociato. Inoltre, il singolo rapporto de quo si è sciolto non ai sensi di tale sezione normativa, ma per l’esclusione di diritto del socio, come prevista dall’atto costitutivo consortile.

Inoltre, il principio generale dell’autonomia della clausola arbitrale rispetto al contratto cui accede, fondato sull’art. 808 c.p.c., u.c., primo periodo (norma che, sebbene dettata per la fattispecie d’invalidità del contratto, viene intesa come fondamento del principio che la clausola arbitrale costituisce negozio autonomo rispetto al contratto in cui è inserita) lascia tuttavia permanere il carattere strumentale di tale clausola, in quanto appunto collegata a quel regolamento contrattuale, le cui controversie deve governare. Onde poi la clausola compromissoria, anche in caso di fallimento, permane a regolare il contratto cui essa accede ed il diritto vantato pertiene.

Che, nella specie, il singolo rapporto associativo si sia sciolto, in virtù di altra clausola statutaria che prevede l’esclusione del socio fallito, non vuol dire che il curatore, e poi l’assuntore, sia “terzo” estraneo a quel vincolo, ma solo che non avrà effetti per il futuro: dunque, la clausola arbitrale resta efficace per i fatti anteriori, essendo la pretesa sorta nel vigore del negozio governato dalla clausola compromissoria.

In particolare, quanto all’assuntore, egli è in condizione di valutare consapevolmente l’opzione del subentro alla stregua dei rapporti complessivi, inclusivi della clausola compromissoria del contratto consortile.

La domanda giudiziale ha ad oggetto il rimborso di importi che si assumono dovuti dal Consorzio a titolo di riparto delle somme spettanti proporzionalmente alla consorziata, per fatti anteriori alla dichiarazione di fallimento: quindi, la controversia attiene ad un rapporto contrattuale che, per la parte in contestazione, ha già avuto esecuzione, con la conseguente efficacia per esso della clausola compromissoria statutaria.

5.4. – Infine, la questione sollevata dal ricorso, la quale si duole dell’orientamento secondo cui, in caso di cessione del credito fondato su negozio cui afferisce una clausola compromissoria, al debitore ma non al cessionario sia consentito avvalersi della eccezione di arbitrato (di cui ai precedenti di Cass., sez. un., 17 dicembre 1998, n. 12616; richiamata da altre successive, quali Cass. 14 giugno 2019, n. 16127 del 2019, non massimata; Cass. n. 29261 del 2011; n. 6809 del 2007; Cass. n. 17531 del 2004; Cass. n. 13893 del 1993), pur avendo risvolti e ponendo temi di rilievo, finisce per essere estraneo all’odierno thema decidendum e non esaminabile in questa sede.

Invero, come è stato anche altrove osservato (v. Cass. 23 ottobre 2020, n. 23180, non massimata), non è pertinente il richiamo a tale orientamento: atteso che, nella specie, la clausola arbitrale non è estranea all’assuntore del debito, il quale ha accettato l’obbligazione, così come originariamente regolata, quindi con la devoluzione arbitrale.

6. – Occorre, dunque, concludere nel senso che l’odierna ricorrente rimane astretta dal vincolo compromissorio per tutto quanto attiene alle vicende sociali, nel cui ambito rientra la domanda proposta.

E’, pertanto, corretta la decisione della sentenza impugnata, la quale ha escluso l’idoneità del fallimento a rendere inopponibile alla ricorrente la clausola compromissoria contenuta nello statuto, avuto riguardo alla natura dell’azione esercitata dal curatore, non derivante dal fallimento, ma avente ad oggetto un diritto del fallito preesistente all’apertura della procedura concorsuale.

In casi di tal fatta, il curatore fallimentare agisce in rappresentanza del fallito e non della massa dei creditori, facendo valere un’utilità derivante dall’esecuzione di un contratto, contenente una clausola arbitrale; donde la continuità di funzionamento del meccanismo negoziale presidiato dalla clausola compromissoria stipulata dal soggetto già fallito, che risulta opponibile al curatore e, per esso, all’assuntore.

7. – La novità della questione specifica induce alla integrale compensazione delle spese di lite.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese di lite.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2021

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