Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3450 del 11/02/2021

Cassazione civile sez. trib., 11/02/2021, (ud. 05/11/2020, dep. 11/02/2021), n.3450

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

AGENZIA delle ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12

presso gli Uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato che la

rappresentata e difende.

– ricorrente –

contro

F.M., elettivamente domiciliato in Roma, viale Regina

Margherita n. 262, presso lo studio dell’Avv. Luigi Marsico e

rappresentato e difeso per procura in calce al ricorso dall’Avv.

Alessandra Stasi.

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 3181/27/16 della Commissione

tributaria regionale della Puglia-sezione distaccata di Foggia,

depositata il 19 dicembre 2016.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5

novembre 2020 dal relatore Cons. Roberta Crucitti.

 

Fatto

RILEVATO

che:

l’Agenzia delle entrate notificò a F.M. un avviso con il quale accertò, per l’anno di imposta 2008, un maggior reddito, addebitando, di conseguenza, maggiori irpef, irap e iva oltre accessori e sanzioni, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, comma 3, ritenendo che il contribuente fosse l’effettivo possessore dei redditi accertati nei confronti di cinque società a responsabilità limitata a lui, comunque, direttamente riferibili.

Il ricorso avverso l’avviso di accertamento venne, solo parzialmente, accolto dalla Commissione di prima istanza la quale, rilevato che l’IRES e l’IRAP non potevano essere imputate al ricorrente, in quanto accertate in capo alle rispettive società, rideterminava il reddito accertato nei confronti del F., ai fini dell’Irpef e delle addizionali, nella misura del 20% per cento dell’IVA non assolta e trattenuta dal ricorrente (essendo stato il restante 80% utilizzato dalle Società come provento illecito per decurtare i prezzi di mercato) e dichiarava non dovute le sanzioni.

La decisione veniva appellata da entrambe le parti e, parzialmente, riformata dalla Commissione tributaria regionale della Puglia, sezione distaccata di Foggia (d’ora in poi, per brevità, C.T.R.) la quale, in accoglimento dell’appello proposto da F.M., e rigettando, l’impugnazione incidentale dell’Agenzia delle entrate, ha annullato l’atto impositivo. Secondo il Giudice di appello non esisteva reddito che potesse essere imputato al F., per il tramite delle Società allo stesso riconducibili, in quanto, sulla base della stessa ricostruzione operata dall’Ufficio, l’IVA sulle vendite non veniva incamerata dalle società ma serviva per pagare il fornitore comunitario e, quindi, ne consegue che non è possibile ipotizzare un illecito arricchimento in capo al F..

Per la cassazione della sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso, su due motivi, cui resiste, con controricorso, F.M..

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio a seguito di istanza di fissazione di udienza dell’Agenzia delle Entrate la quale ha fatto presente che la Direzione Provinciale di Foggia aveva opposto atto di diniego alla domanda, presentata da F.M., di definizione della controversia del D.L. n. 50 del 2017, ex art. 11, alla quale non era seguito alcun versamento.

Il controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis-1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo l’Agenzia delle entrate, premesso che il meccanismo fraudolento posto in essere dal F. prevedeva l’interposizione di soggetti (Alfacom s.r.l. e Comunicazioni digitali s.r.l.) che acquistavano fittiziamente dal fornitore comunitario senza IVA e rivendevano, al reale compratore, assumendosi l’integrale debito di imposta (che non provvedevano nè a dichiarare nè a versare), deduce la violazione e falsa applicazione da parte del Giudice di appello del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La ricorrente, in particolare, censura la sentenza per essersi la C.T.R. soffermata solo su un profilo della questione sottoposta al suo esame (il reddito conseguito dal F. attraverso l’interposizione delle società a lui riconducibili) ossia sulla presunta mancanza di un reddito prodotto dalle società Alfacom s.r.l. e Comunicazioni Digitali s.r.l., mentre l’accertamento aveva attribuito al F., quale dominus occulto del gruppo, il profitto illecito conseguito dalla frode carosello. La ricorrente, all’uopo, fa presente di avere, in grado di appello, prestato acquiescenza, condividendolo, al principio fissato dal primo Giudice per cui il reddito conseguito da F.M., ai fini dell’Irpef, doveva individuarsi nell’Iva mai versata, ossia nell’indebito risparmio di imposta conseguito dalle Società “filtro”, con rinuncia, quindi, alla parte della pretesa erariale in cui erano stati attribuiti a F.M. anche i redditi accertati in capo alle Società utilizzatrici per le fatture soggettivamente inesistenti (Phantom TLC s.r.l.; Nuove tecnologie s.r.l. e THS s.r.l.). Deduce, però, che l’entità di tale reddito andava determinata nell’intero profitto conseguito attraverso il meccanismo fraudolento e l’interposizione delle società Alfacom s.r.l. e Comunicazioni digitali s.r.l..

2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727,2729,2967 c.c. laddove la pronuncia dei Giudici regionali era giunta a conclusioni contraddittorie rispetto alle risultanze istruttorie emerse nel corso dei due gradi di giudizio mentre, al contrario, l’Ufficio aveva fornito in atti molteplici elementi gravi, precisi e concordanti dai quali emergeva la prova che F.M., in realtà, attraverso lo schermo delle non operative e sostanzialmente fittizie società, conseguiva l’indebito arricchimento del profitto dell’attività illecita, ovvero l’IVA non versata da quelle società. Secondo la prospettazione difensiva, in sintesi, la C.T.R. avrebbe dovuto esaminare se gli elementi indiziari, emergenti dal p.v.c. e riportati in motivazione nell’avviso, singolarmente e globalmente considerati, convergevano nella dimostrazione dell’inconsistenza operativa delle Società interposte e, dunque, fondavano la prova dell’interposizione fittizia attuata da dette società nelle operazioni relative alla cessione.

3. I motivi, strettamente connessi, vanno trattati congiuntamente e va, da subito, disattesa l’eccezione, sollevata in controricorso e ribadita da F.M. in memoria, secondo cui sull’accertamento in fatto, operato dal Giudice di merito, sulla insussistenza di reddito prodotto in capo alla Alfacom s.r.l. e alla Comunicazioni digitali s.r.l. si sarebbe formato un giudicato interno con conseguente, inammissibilità del ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate. Dal tenore complessivo del ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate è, infatti, agevole rilevare che, con i mezzi di impugnazione, la ricorrente ha censurato integralmente il ragionamento logico giuridico posto dal Giudice di merito a fondamento della sua decisione, contestando specificamente, siccome marginale ai fini di causa, l’argomentazione relativa all’insussistenza di reddito prodotto dalle due società di capitali.

3.1 Le censure sono fondate. Il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, comma 3, (“sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona”), secondo la costante interpretazione di questa Corte è norma che si riferisce a qualsiasi ipotesi di interposizione, anche a quella reale, nè presuppone necessariamente un comportamento fraudolento da parte del contribuente, essendo sufficiente un uso improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere l’applicazione del regime fiscale che costituisce il presupposto d’imposta, potendo l’elusione attuarsi anche mediante operazioni effettive e reali (Cass. n. 449/2013, 25671/2013, 21794/2014, 21952/2015, 4966/2017).

La disposizione, infatti, intende stigmatizzare quelle operazioni volte ad aggirare la normativa fiscale, a prescindere dalla natura simulata o reale della stessa, e ciò anche alla luce del più generale principio del divieto di abuso del diritto. Questa Corte, pertanto, quanto ai presupposti che legittimano l’Ufficio al controllo delle dichiarazioni D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 37, comma 3, ha ampliato la portata applicativa della disposizione, anche recentemente affermando, con orientamento che il Collegio condivide, che è pienamente valido l’accertamento con il quale il Fisco imputa al contribuente i redditi che siano formalmente di un soggetto interposto, quando in base a presunzioni gravi, precise e concordanti risulti che il contribuente ne è l’effettivo titolare, senza che si debba distinguere tra interposizione fittizia o reale (Cass. n. 15830/2016; Cass. n. 27625 del 30/10/2018).

3.2 Preliminarmente, per una migliore intelligenza delle questioni sottoposte all’esame di questa Corte, appare utile riportare i dati fattuali della vicenda processuale, quali emergono incontestatamente dagli atti. Da indagini svolte dalla Guardia di finanza, era emerso che presso le società ALFACOM s.r.l. e Comunicazioni Digitali s.r.l. transitavano operazioni commerciali di acquisti intracomunitari con dichiarazioni d’intento senza averne i requisiti, di merce destinata ad altre società del gruppo. In particolare, i fornitori comunitari fatturavano all’Alfacom o alla Comunicazioni digitali che, poi, attribuivano gli stessi acquisti ad altre società, reali acquirenti, quali la Phantom TLC s.r.l., Nuove Tecnologie s.r.l. e THS s.r.l. In questo secondo passaggio, le operazioni diventavano imponibili ai fini dell’Iva ma l’imposta, detratta dalle queste ultime società, non veniva versata dalla società interposta a monte. Anzi, tali ultime società, in capo alle quali si consolidava il debito IVA, in prossimità della chiusura dell’esercizio annuale, cambiavano il legale rappresentante ( F.M.) con altri soggetti con contemporanea cessione a questi ultimi delle quote sociali e, sovente, trasferivano la sede presso indirizzi fittizi. Tali circostanze erano state, tutte confermate, anche dalle convergenti dichiarazioni rese dai soggetti divenuti nuovi legali rappresentanti delle società e soci, nonchè dalla circostanza che la titolarità dei conti correnti bancari riferibili alle Società era rimasta nella disponibilità di F.M., pur dopo che questi si era spogliato dalle cariche amministrative.

3.3 Così ricostruiti i presupposti fattuali della vicenda processuale – non specificatamente contestati dal controricorrente e, peraltro, confermati espressamente nella sentenza impugnata per ciò che concerne la diretta riferibilità a F.M. delle società venditrici (v. pag. 3 primo capoverso:../e società venditrici (riconducibili al F.) accumulavano un notevole debito Iva che non versavano)- la questione residua, a tutt’oggi controversa, attiene solo all’entità del reddito che il controricorrente avrebbe conseguito, attraverso il meccanismo sopra descritto, avvalendosi dello schermo societario della Alfacom s.r.l. e Comunicazioni digitali s.r.l.. Come già sopra illustrato, mentre la Commissione di prima istanza individuò tale reddito nel profitto illecito ricavato dall’omesso versamento dell’IVA riducendolo, però, al solo 20% dell’importo complessivo (dando per certa la circostanza che l’80% circa di tale imposta sia stata utilizzata -nell’anno 2008- come provento illecito per decurtare i prezzi di mercato), la C.T.R., sulla base della stessa ricostruzione (ovvero dell’utilizzo da parte delle Società venditrici dell’IVA non versata per pagare il fornitore comunitario) ha tratto il convincimento, posto a base dell’assunta decisione, che non esistesse alcun “reddito” che potesse essere imputato al F. per il tramite delle società ad esso riconducibili e che dato che l’IVA sulle vendite non veniva incamerata dalle società (e, quindi, dal F.) ma serviva per pagare il fornitore comunitario…ne consegue che non è possibile ipotizzare un illecito arricchimento in capo al F..

3.4 Tali argomentazioni concretano le violazioni di legge dedotte dall’Agenzia delle entrate con i due motivi di ricorso.

A fronte degli univoci, precisi e concordanti elementi probatori forniti dall’Ufficio, come sopra illustrati, e in maggior parte confermati nelle due sentenze dei gradi di merito, la C.T.R., ha errato in diritto, falsamente applicando la normativa di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 37, comma 3, giungendo attraverso un ragionamento incongruo e in contraddizione con il materiale probatorio in atti e, quindi concretante la violazione degli artt. 2727,2729 e 2967 c.c. – alla decisione che non potesse configurarsi alcun illecito arricchimento in capo a F.M., per il tramite delle stesse Società (pur ritenute allo stesso interamente riferibili) dal complesso meccanismo fraudolento posto in essere, concretizzatosi pacificamente nell’omesso versamento dell’IVA, (costituente esso stesso il profitto illecito di tutte le operazioni poste in essere), avallando per di più una mera allegazione di parte (ovvero l’utilizzo da parte delle stesse società delle somme corrispondenti all’imposta non versata per procedere agli acquisti) che rimane ininfluente, se non al contrario rafforzativa, rispetto alla sussistenza della produzione di un profitto, ovvero di un reddito, sia pure illecito.

3.7 Ne consegue, in accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio al Giudice di merito affinchè proceda al riesame e regoli le spese di questo giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Puglia-sezione di Foggia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione, il 5 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2021

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