Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 345 del 10/01/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 345 Anno 2014
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 21648-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001 in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente contro
SOCIETA’ GEOLAB SUD SRL in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SANNIO 65,
presso lo studio dell’avvocato TORCHIA ANSELMO, che la
rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 10/01/2014

avverso la sentenza n. 204/40/2010 della Commissione Tributaria
Regionale di ROMA – Sezione Staccata di LATINA del 17.3.2010,
depositata il 16/06/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

CARACCIOLO.

Ric. 2011 n. 21648 sez. MT – ud. 04-12-2013
-2-

04/12/2013 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

Osserva:
La CTR di Roma ha respinto l’appello dell’Agenzia -appello proposto contro la
sentenza n147/01/2007 della CTP di Frosinone che aveva accolto il ricorso di
“Geolab Sud srl”- ed ha così annullato il diniego di rimborso dell’importo versato
1’11.4.2006 e ritenuto non dovuto per effetto della definizione del pregresso ruolo
effettuata ai sensi dell’art.12 della legge n.289/2002.
Per quel che qui rileva, la Commissione di appello —dato atto che l’Ufficio aveva
giustificato il diniego dell’istanza di definizione della lite ai sensi dell’art.9 e 9 bis
della legge n.289/2002 sul rilievo che la contribuente non aveva provveduto al
versamento dovuto per effetto dell’istanza, donde l’inefficacia dell’istanza medesimaha ritenuto che l’effetto del ritardato o omesso versamento di rate dovute per il
predetto titolo, successive alla prima, non determina l’inefficacia del condono ma la
potestà dell’Ufficio di provvedere al recupero con iscrizione a ruolo definitiva ex
art.14 del DPR n.602/1973 e conseguente irrogazione di sanzione pari al 30% di
quanto non versato, oltre interessi di mora.
L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
La parte contribuente si è costituita con controricorso.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente
della sezione di cui all’art.376 cpc- può essere definito ai sensi dell’art.375 cpc.
Infatti, con il secondo motivo di censura (rubricato come:”Violazione e falsa
applicazione dell’art.12 della legge n.289/2002 — in relazione all’art.360 n.3″, da
esaminarsi a preferenza del primo motivo perché quest’ultimo è fondato su vizio di

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letti gli atti depositati

ultrapetizione infondato, atteso che la menzione dell’art.9 bis della predetta legge, in
luogo dell’art.12, non può che essere considerato “error calami”, siccome nella
narrativa il giudicante ha esattamente inquadrato il thema decidendum) la ricorrente
si duole in sostanza che il giudice di appello abbia ritenuto sufficiente, ai fini della
validità dell’istanza di definizione dei ruoli, il pagamento tempestivo della sola prima

Il motivo è fondato e da accogliersi.
Invero, con indirizzo condivisibile e qui puntualmente applicabile per l’identità di
fattispecie, codesta Corte ha già avuto modo di evidenziare che:”In tema di condono
fiscale, l’art. 12 della legge n. 289 del 2002, applicabile esclusivamente con
riferimento a cartelle esattoriali relative ad IRPEF ed ILOR, nel disciplinare un
speciale procedura per la definizione dei carichi inclusi in ruoli emessi da uffici
statali e affidati ai concessionari del servizio nazionale della riscossione fino al 31
dicembre 2000, mediante il pagamento del 25% dell’importo iscritto a ruolo, oltre alle
spese eventualmente sostenute dal concessionario, non prevede alcuna attestazione di
regolarità del condono e del pagamento integrale dell’importo dovuto, gravando
integralmente sul contribuente l’onere di provare la corrispondenza tra quanto versato
e il ruolo oggetto della controversia. Ne consegue che tale forma di sanatoria
costituisce una forma di condono clemenziale e non premiale come, invece deve
ritenersi per le fattispecie regolate dagli artt. 7,8,9, 15 e 16 della legge n. 289 del
2002, le quali attribuiscono al contribuente il diritto potestativo di chiedere un
accertamento straordinario, da effettuarsi con regole peculiari rispetto a quello
ordinario, con la conseguenza che, nell’ipotesi di cui al citato art. 12, non si determina
alcuna incertezza in ordine alla determinazione del “quantum”, esattamente indicato
nell’importo normativamente indicato da versarsi da parte del contribuente per
definire favorevolmente la lite fiscale. L’efficacia della sanatoria, è, pertanto
condizionata all’integrale pagamento dell’importo dovuto, mentre l’ omesso o anche
soltanto il ritardato versamento delle rate successive alla prima regolarmente pagata,

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rata dell’importo dovuto per la definizione agevolata.

escludono il verificarsi della definizione della lite pendente” (Cass. Sez. 5, Sentenza
n. 20746 del 06/10/2010).
Alla luce dei suesposti principi è da escludersi la fondatezza dell’istanza di rimborso
delle somme pagate, siccome fondata sul presupposto dell’efficacia della sanatoria.
Non resta che concludere che la sentenza di appello, che non si è conformata ai

controversia nel merito (rigettando l’impugnazione del contribuente), non apparendo
necessari ulteriori accertamenti.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
manifesta fondatezza.
Roma, 5 luglio 2013

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati
delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;
che le spese di lite possono essere regolate secondo il criterio della soccombenza.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito,
rigetta il ricorso del contribuente avverso il provvedimento impositivo. Condanna la
parte contribuente a rifondere le spese di lite di questo grado, liquidate in E 2.000,00
oltre spese prenotate a debito e compensa tra le parti le spese dei gradi di merito.
Così deciso in Roma il 4 dicembre 2013.

predetti principi, merita senz’altro la cassazione, sicché poi la Corte potrà decidere la

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