Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34495 del 27/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 27/12/2019, (ud. 30/05/2019, dep. 27/12/2019), n.34495

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 5295/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato con domicilio eletto in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12.

– ricorrente –

contro

S.L., rappresentato e difeso dall’avv. Iacopo Squillante

elettivamente domiciliato in Roma Viale Parioli n. 77.

– controricorrente –

avverso la decisione della Commissione Tributaria Regionale del Lazio

368/38/13 depositata il 2/10/2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/05/2019

dal Consigliere Dott. Catello Pandolfi.

Fatto

RITENUTO

Il sig. S.L., ex dirigente ENEL, aveva contestato il regime fiscale operato dall’Ente datoriale, in qualità di sostituto d’imposta, in occasione della ritenuta alla fonte, sul trattamento pensionistico.

Sosteneva il ricorrente che non dovesse essere applicata l’aliquota del 34,95%, ai fini IRPEF, sulle somme liquidategli a titolo di corresponsione anticipata della pensione integrativa, prevista dall’accordo aziendale del 16 aprile 1986 (OMISSIS).

Il rimborso delle ritenuta, ritenute operate in eccesso, richiesto all’Agenzia delle Entrate, non aveva sortito effetto e sull’istanza si era formato silenzio-rifiuto. Il S. aveva pertanto adito la CTP di Roma, che aveva accolto la tesi, avanzata in via subordinata (la principale era di non tassabilità tout court), secondo la quale la somma corrispostagli dovesse essere assoggetta ad una aliquota del 12,50% ai sensi del TUIR, art. 42, comma 4, e L. n. 482 del 1985, art. 6.

La decisione veniva appellata dall’Ufficio e la CTR del Lazio accoglieva parzialmente il gravame, ritenendo che sulla somma corrisposta fosse applicabile l’aliquota del 12,50%, esclusivamente “sulla parte di indennità formatasi con la capitalizzazione di quanto versato dal dipendente, riconoscendone la natura di accantonamento di capitali”.

Tale decisione, n. 149710/07, veniva impugnata dall’Agenzia delle Entrate con ricorso per cassazione, sul rilievo che il giudice regionale avesse erroneamente ritenuto fosse, dalle risultanze, enucleabile la parte costituente “rendimento”, senza esplicitare l’iter seguito per ritenere distinguibile, dalla somma complessivamente corrisposta, la parte costituita dal capitale e quella costituita dal rendimento.

Censurava, inoltre, l’Amministrazione, che la CTR avesse ritenuto la certificazione rilasciata dall’ENEL, e prodotta dal contribuente, idonea a dar conto di tale distinzione.

Questa Corte, con l’ordinanza n. 30336/2011 (che richiamava la precedente decisione delle SS.UU. n. 13642/2011), accoglieva parzialmente il gravame, cassando la pronuncia n. 1497/10/07 e rinviando allo stesso giudice regionale per nuova valutazione.

Il contribuente riassumeva il giudizio sul presupposto che la corte territoriale dovesse solo quantificare la parte del trattamento percepito cui applicare la ritenuta del 12,50% e che, per certificare il “rendimento”, fosse idoneo e sufficiente il documento dell’8.11.2005, rilasciato dall’ENEL e prodotto nei giudizi di merito e in quello di legittimità, senza che mai l’Ufficio lo contestasse. L’Amministrazione, nel costituirsi, censurava tale prospettazione e chiedeva alla CTR, che, in esito al giudizio di rinvio, fosse accolto l’appello avverso la sentenza della CTP di Roma n. 93/13/06.

La CTR, con la sentenza n. 368/38/13, oggetto dell’impugnativa in esame, rigettava invece il gravame, ritenendo che il certificato ENEL in data 8.11.2005, prodotto dal contribuente, non contestato dall’ufficio, consentisse di individuare il “rendimento di polizza” da assoggettare a ritenuta del 12.50%, riconoscendo il diritto a rimborso di quanto versato in eccesso, quantificandolo in Euro 120.110,28 oltre interessi.

Il ricorso dell’Ufficio avverso tale decisione è basato su tre motivi, di seguito precisati.

Resisteva il contribuente con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

Con il primo motivo l’Agenzia ha ravvisato nella decisione impugnata la violazione e falsa applicazione del principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

In particolare ha sottolineato l’erroneità della motivazione laddove la pronuncia ha ritenuto rilevante, a fine probatorio, la circostanza che sulla certificazione ENEL dell’8/11/2005, non essendo stata contestata dall’Ufficio nel corso dei precedenti giudizi, era ormai preclusa ogni valutazione circa la sua attendibilità.

In merito alla rilevanza della non contestazione, appare fondato quanto dedotto dall’amministrazione ricorrente, secondo cui l’assunto della commissione territoriale urtava con l’assorbente circostanza che l’Amministrazione avesse negato, in radice, lo stesso diritto al rimborso, a prescindere dalla idoneità o meno della certificazione dell’ENEL prodotta dal contribuente.

La CTR ha disatteso la giurisprudenza della Corte – che questo Collegio ribadisce – secondo cui “in tema di contenzioso tributario, il difetto di specifica contestazione dei conteggi funzionali alla quantificazione del credito oggetto della pretesa dell’attore – contribuente, che abbia articolato istanza di rimborso di un tributo, allorchè il convenuto abbia negato l’esistenza di tale credito, può avere rilievo solo quando si riferisca a fatti non incompatibili con le ragioni della contestazione dell'”an debeatur”, poichè il principio di non contestazione opera sul piano della prova e non contrasta, nè supera, il diverso principio per cui la mancata presa di posizione sul tema introdotto dal contribuente non restringe il “thema decidendum” ai soli motivi contestati se sia stato chiesto il rigetto dell’intera domanda (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9732 del 12/05/2016). Il principio richiamato trova puntuale riscontro nella condotta dell’Ufficio che ha sempre contestato, sin dalla fase amministrativa, la stessa spettanza del rimborso.

Il primo motivo di ricorso è dunque fondato.

Con il secondo motivo l’Agenzia ha dedotto violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63, e degli artt. 384 e 392 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

In particolare, ha sostenuto che la decisione impugnata avesse dato applicazione solo apparente al principio di diritto enunciato dalla Corte nell’ordinanza di rinvio n. 30336/2011 ed alla sentenza delle SS.UU. n. 13642/2011, in essa richiamata.

Più specificamente, la ricorrente amministrazione incentrava la sua censura sul fatto che il giudice del rinvio avesse omesso di individuare quale fosse stata, e come fosse individuata, la parte dei capitali rivenienti dalla contribuzione, investiti “sul mercato finanziario”.

La giurisprudenza di questa Corte, formatasi successivamente alla suindicata sentenza delle Sezioni Unite, ha, peraltro, precisato che l’investimento (pur necessario ed effettivo) non dovesse avvenire necessariamente sul mercato finanziario.

La progressiva evoluzione giurisprudenziale, da cui questo collegio non ha motivo di discostarsi, si è infine assestata nel senso che: “in tema di fondi previdenziali integrativi per i dirigenti Enel, le prestazioni erogate in forma di capitale a coloro che risultino iscritti, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati a decorrere dal 10 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17, (nel testo vigente “ratione temporis”); b) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, invece, la prestazione è assoggettata a detto regime di tassazione separata solo per quanto riguarda la sorte capitale, costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore e corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6, alle somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento, ossia quelle derivanti dall’effettivo investimento del capitale accantonato sul mercato, non necessariamente finanziario. (Sez. 5 – Sentenza n. 15853 del 15/06/2018).

La decisione della CTR non è conforme a tale principio in quanto non dà conto di alcuna indagine volta ad individuare e quantificare la parte di capitale (la sola assoggettabile all’aliquota del 12,50%) effettivamente investita sul mercato, ancorchè non necessariamente finanziario e con quale rendimento. Pertanto anche il secondo motivo è da ritenersi fondato.

Il terzo motivo, avanzata in via subordinata rispetto al secondo, censura insufficiente motivazione su un fatto decisivo e controverso per il giudizio. La ritenuta fondatezza dei primi due motivi ne rende superfluo l’esame, assorbendolo.

La sentenza impugnata deve, pertanto, essere cassata con rinvio alla CTR del Lazio per una nuova valutazione delle controversia, alla luce dei principi enunciati oltre che per la definizione delle spese.

P.Q.M.

Accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso, assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione, anche per la definizione delle spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 30 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2019

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