Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3449 del 13/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3449 Anno 2018
Presidente: DI VIRGILIO ROSA MARIA
Relatore: DI MARZIO MAURO

Ce!

ORDINANZA
sul ricorso 24026-2016 proposto da:
CACCAVELLA PONZIANO ANTONIO, in proprio e nella qualità
di procuratore generale di CACCAVELI ,JA VINCENZO,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TEVERE 44, presso lo
studio dell’avvocato FRANCESCO DI GIOVANNI, rappresentati e
difesi dall’avvocato MARCO INTISO;

– ricorrenti contro
BANCO DI NAPOLI SPA, in persona del legale rappresentante pro
tempore, eletuvamente douriciliata in ROMA, VIA SAI RTA 290,
presso lo studio dell’avvocato BLAGIO SO! Ti, rappresentata e difesa
dall’avvocato CORRADO NIAGISTRO;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 13/02/2018

avverso la sentenza n. 1280/2015 della CORTE D’APPELLO di
BARI, depositata il 28/08/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

RILEVATO CHE
1.

Con sentenza del 28 agosto 2015 la Corte d’appello di Bari ha

respinto l’appello proposto da Caccavella Vincenzo e Scrima Maria
Vincenza nei confronti di Banco di Napoli S.p.A., con l’intervento di
Caceavella Ponziano Antonio, quale procuratore generale e
rappresentante giudiziale degli appellanti, contro la sentenza con cui il
Tribunale di I .ucera aveva respinto la domanda dai medesimi appellanti
proposta, volta a far accertare e dichiarare la simulazione di un
contratto di mutuo fondiario stipulato con la banca convenuta, ovvero
la sua nullità per vizio del consenso, ovvero l’incompatibilità tra la
causa tipica del contratto in questione e l’intento perseguito dalla
banca, ossia il ripianamento del saldo negativo di un conto corrente
intrattenuto dal Caccavella Vincenzo, il tutto oltre all’accertamento dei
tassi di interesse praticati sul conto corrente, per verificare la legittimità
O meno dello scoperto addebitato.

2. — Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso Caccavella
Ponziano Antonio in proprio e quale procuratore generale e
rappresentante giudiziale.
Banco di Napoli S.p.A. ha resistito con controricorso.

CONSIDERATO CHE

Ric. 2016 n. 24026 sez. M1 – ud. 05-12-2017
-2-

partecipata del 05/12/2017 dal Consigliere Dott. MAURO DI

3. — 11 ricorso contiene da pagina 8 a pagina 17 varie censure rivolte
contro la sentenza impugnata, non precedute da alcuna rubrica e prive
di qualunque richiamo a norme giuridiche, eccezion fatta per una
isolata citazione dell’articolo 115 c.p.c. a pagina 15, con cui il ricorrente
assume:

che gli attori non avevano prodotto documentazione a sostegno della
domanda;
-) che la sentenza sarebbe illegittima laddove aveva ritenuto che una
consulenza di parte prodotta dagli attori contenesse una mera
rielaborazione di dati espunti da documentazione non acquisiti agli atti;
-) che la domanda inizialmente introdotta, come poi precisata in sede
di memorie e :v articolo 183, quinto comma, c.p.c., era pienamente
rituale è inammissibile;
-) che tale domanda non era stata neppure contrastata dalla banca, la
quale avrebbe ammesso di aver applicato nel corso del rapporto di
conto corrente interessi ultralegali al 12%;
-) che la perizia di parte sarebbe stata ritualmente prodotta unitamente
alla memoria istruttoria e :v articolo 184 c.p.c., dalla quale risultava il
credito a favore del Caccavella Vincenzo, così da giustificare la
richiesta di (‘1L contabile avanzata;
-) che la banca non aveva contestato la corrispondenza tra i dati
contenuti nell’elenco movimenti registrati sul conto corrente come
riprodotto da tale professor Petrino (l’autore della perizia di parte) ed i
dati risultanti dai corrispondenti estratti conto;
-) che non era necessario che fossero prodotti gli estratti conto del
periodo antecedente al 31 dicembre 1991;
-) che la sentenza era viziata nella parte in cui aveva condannato il
Caccavella Ponziano \i -itonio al pagamento delle spese di lite in solido
Ric. 2016 n. 24026 sez. M1 – ud. 05-12-2017
-3-

-) che la sentenza sarebbe illegittima nella parte in cui aveva affermato

con gli attori-appellanti, nonostante la sua veste di rappresentante di
questi ultimi.

RITENUTO CHE
4. — 11 Collegio ha disposto l’adozione della modalita di motivazione

5. — Il ricorso è inammissibile.
Ed infatti, il ricorso deve contenere la chiara enunciazione dei motivi
per i quali si chiede la cassazione e delle norme su cui si fondano ex art.
366, comma 1, n. 4.

f;,

cosa nota, d’altronde, che l’articolo 360 c.p.c.

contiene un elenco tassativo dei motivi che possono essere spesi con
ricorso per cassazione: si tratta di un giudizio a critica rigidamente
vincolata e delimitata, dovendo il vizio denunciato rientrare nelle
categorie logiche previste dalla norma, le quali assumono una funzione
identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con
riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito.
Il ricorrente ha dunque l’onere di individuazione del motivo, nel
novero di quelli elencati nella disposizione, che deve essere
riconducibile in maniera immediata ed inequivocabile, oltre che
corretta, ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla
citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule
sacramentali o l’esatta indicazione numerica (Cass. n. 24553/2013;
Cass. S.U., n. 17931/2013). Pertanto, è inammissibile il motivo di
ricorso che proponga una critica generica della sentenza impugnata,
formulata con un unico motivo sotto una molteplicità di profili tra loro
confusi, inestricabilmente combinati, non collegabili alle fattispecie
enucleate dal codice (Cass. n. 19959/2014; v. pure Cass. n.
25332/2014).
Ric. 2016 n. 24026 sez. M1 – ud. 05-12-2017
-4-

semplificata.

Proprio questo il caso in esame, dal momento che il ricorso è volto a
rimettere in gioco l’intera valutazione compiuta dal giudice di merito,
senza che siano stati indicati, tanto meno con la necessaria chiarezza,
gli erro res dal medesimo compiuti, riconducibili all’elencazione del citato
articolo 360. In particolare, una doglianza comprensibilmente

neppure con riguardo alla condanna alle spese indirizzata nei confronti
del Caccavella Ponziano Antonio, atteso che la condanna di
rappresentante o curatori espressamente contemplata dall’articolo 94
c.p.c..

6. — Le spese seguono la soccombenza.

PER QUESTI MOTIVI
dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al rimborso, in
favore della controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio
di legittimità, liquidate in complessivi f, 4.100,00, di cui €: 100,00 per
esborsi; ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater,
dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della
parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso
articolo 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma il 5 dicembre 2017.
Il presidente

riconducibile alla norma menzionata non riesce ad essere enucleata

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