Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34488 del 27/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 27/12/2019, (ud. 13/11/2019, dep. 27/12/2019), n.34488

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. PERRINO Angelina M. – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo M. – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso iscritto al numero 22343 del ruolo generale dell’anno

2018, proposto da:

Repsol Italia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’avv.to Prof. Paolo Centore

giusta procura speciale in calce al ricorso, e dall’avv.to Andreina

Gastaldo, in forza di procura in calce alla memoria depositata ai

sensi dell’art. 378 c.p.c., elettivamente domiciliata presso lo

studio dell’avv.to Francesco d’Ayala Valva, in Roma, Viale dei

Parioli n. 43;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle dogane e dei monopoli, in persona del Direttore pro

tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Campania, n. 760/23/18, depositata in data 26

gennaio 2018, non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13

novembre 2019 dal Relatore Cons. Maria Giulia Putaturo Donati

Viscido di Nocera;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale

Immacolata Zeno che ha concluso per il rigetto;

uditi per la società contribuente l’avv.to Andreina Castaldo e per

l’Agenzia delle dogane l’avv.to dello Stato Francesco Meloncelli.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle dogane e dei monopoli, Ufficio delle Dogane di Napoli (OMISSIS), accertò che, nel 2010, Repsol Italia s.p.a., detentrice di gasolio in sospensione di accisa presso un deposito fiscale di prodotti energetici gestito dalla I.SE. CO.L.D. s.p.a., aveva venduto diverse partite di gasolio, a terze società in esenzione di accisa in quanto destinate al rifornimento di navi (c.d. bunkeraggio) mediante la procedura di esportazione ma che tali rifornimenti non erano mai avvenuti, stante la fittizietà delle operazioni di bunkeraggio, e l’intero quantitativo di gasolio era stato immesso in consumo nel territorio nazionale in evasione di accisa.

Da qui la notifica – tra il maggio e il luglio 2015 – alla Repsol Italia s.p.a. di otto avvisi di pagamento(n. (OMISSIS); (OMISSIS); (OMISSIS); (OMISSIS); (OMISSIS); (OMISSIS) notificati il 22 maggio 2015, (OMISSIS); (OMISSIS) notificati il 22 luglio 2015) per accise evase nell’anno 2010 – impugnati da quest’ultima, con separati giudizi, dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Napoli per carenza di motivazione, difetto di previo contraddittorio endoprocedimentale, difetto di legittimazione passiva per non avere partecipato al meccanismo fraudolento della falsa esportazione posto in essere direttamente dalle società cessionarie.

1.2. La CTP di Napoli, con sentenze n. 8640/40/2016, 8637/40/2016;8653/40/2016; 8635/40/2016; 8639/40/2016; 8636/40/2016; 8661/40/2016 e 8664/40/2016, accolse i ricorsi della società in base al riscontrato difetto di previo contraddittorio endoprocedimentale.

1.3. Avverso le sentenze di primo grado, l’Agenzia delle dogane proponeva appello dinanzi alla Commissione tributaria regionale della Campania che, previa riunione, con sentenza n. 760/23/18, depositata in data 26 gennaio 2018, li accoglieva osservando, in punto di diritto, che non era configurabile il difetto di contraddittorio endoprocedimentale essendo stato, per taluni avvisi di pagamento, rispettato il termine dilatorio di sessanta giorni della L. n. 212 del 2000, ex art. 12, comma 7, decorrenti dalla notifica dei p.v.c. affinchè la contribuente esercitasse la facoltà di comunicare all’Amministrazione le proprie “osservazioni e richieste” e, per altri avvisi, non avendo la contribuente dimostrato in giudizio fatti che, in mancanza di violazione del contraddittorio, avrebbero potuto comportare un risultato diverso; ciò in quanto, la eccepita buona fede per non avere preso parte al disegno fraudolento delle società cessionarie risultava, ad avviso del giudice di appello, assorbita dal riscontro, in capo alla contribuente, di una sua responsabilità, quale garante – a mezzo di stipulate polizze fideiussorie – della circolazione della merce in sospensione di accisa del D.Lgs. n. 504 del 1995, ex art. 6, comma 4, (TUA), e, dunque, consapevole dei rischi ad essa connessi; da qui la legittimità degli avvisi di pagamento notificati alla società, ai sensi del TUA, art. 7, comma 1, lett. a), per accisa evasa a seguito di avvenuto svincolo irregolare del gasolio dal regime sospensivo, per fittizietà delle operazioni di bunkeraggio e fraudolente immissione in consumo dello stesso nel territorio nazionale; nè tale responsabilità poteva attenuarsi per effetto di eventuali corresponsabilità di terzi come taluni funzionari dell’Agenzia delle dogane.

1.4. Avverso la suddetta sentenza della CTR, la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui resiste, con controricorso, l’Agenzia delle dogane.

1.5. La società contribuente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c., con nomina di nuovo difensore.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia: 1) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, per mancata instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale obbligatorio in materia armonizzata alla luce delle sentenze della Corte di Giustizia (18 dicembre 2008, Sopropè, C- 349/07 e 3 luglio 2014, Kamino International, cause riunite C-129/13 e C-130/13) e della Corte di cassazione (SU n. 19667 e 19668 del 2014 e SU n. 24823 del 2015) nonchè violazione del principio del “giusto procedimento” e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, art. 41, avendo la CTR erroneamente ritenuto rispettato, nella specie, il diritto della contribuente al contraddittorio endoprocedimentale: 1) per essere stato rispettato, per taluni avvisi di pagamento (notificati il 22 luglio 2015) il tempus ad opponendum di sessanta giorni cit. ex art. 12, comma 7, senza verificare non solo se l’Agenzia, dopo il deposito da parte della contribuente della memoria difensiva, ai sensi del cit. art. 12, comma 7, avesse invitato quest’ultima a chiarire la propria posizione instaurando un confronto effettivo con essa, ma anche se l’Ufficio avesse valutato le osservazioni della contribuente formulate nella memoria medesima; 2) per non avere la contribuente, con riferimento ad altri avvisi di pagamento (notificati il 22 maggio 2015), in relazione ai quali non era stato rispettato il termine dilatorio di sessanta giorni, addotto in giudizio ragioni non pretestuose che, in mancanza di violazione del contraddittorio, avrebbero condotto ad un diverso risultato; 2) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della pronuncia per omessa pronuncia sotto gli stessi profili di cui sopra.

2. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dei principi generali dell’Unione Europea in tema di legittimo affidamento valevole anche in tema di accisa, quale corollario del principio di certezza del diritto e di irragionevolezza e proporzionalità, per avere la CTR ritenuto la società contribuente responsabile dello svincolo irregolare della merce quale garante del pagamento TUA, ex art. 6, comma 4, ancorchè la società fosse rimasta estranea al sistema fraudolento della falsa esportazione al quale avevano partecipato solo le società acquirenti del prodotto (che avevano effettuato le false dichiarazioni di esportazione quanto alle fittizie operazioni di bunkeraggio) e i funzionari della dogana (che avevano attestato falsamente la regolarità dei bunkeraggi); con ciò, violando il legittimo affidamento e la buona fede della contribuente sulla veridicità delle certificazioni rilasciate dai funzionari doganali e configurando in capo alla contribuente – in contrasto con l’orientamento giurisprudenziale della Corte di giustizia e di legittimità che impone una verifica caso per caso – una responsabilità oggettiva “assoluta e aggravata (..) oltre quanto necessario per garantire gli interessi erariali”, essendosi, in tale ipotesi, anche l’Agenzia delle dogane avveduta solo a posteriori (a seguito di indagini penali) del comportamento illecito dei propri funzionari.

3. Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del TUA, art. 6, commi 1 e 4 e art. 7, comma 1, lett. a), e della Dir. CE n. 118 del 2008, per avere la CTR ritenuto erroneamente che la società, in quanto “garante del pagamento” cit. ex art. 6, comma 4, fosse per ciò solo responsabile “in prima battuta” in caso di irregolarità o infrazione ai sensi del TUA, art. 7, comma 1, lett. a), (in solido con questi di tutti coloro che erano a conoscenza o avrebbero dovuto conoscere la natura irregolare dello svincolo), a prescindere dal proprio coinvolgimento o conoscenza dello svincolo irregolare del prodotto in sospensione di imposta, così configurando in capo alla contribuente una ipotesi di responsabilità (per garanzia) oggettiva essendo stata, nella specie, le operazioni fraudolente compiute successivamente alla cessione del gasolio da parte della contribuente a terze società, senza alcuna partecipazione della cedente; ciò, peraltro, in contrasto con la lettera della norma di cui all’art. 7, comma 1, lett. a), che – a parte non prevedere in capo ai garanti una responsabilità “in prima battuta” ma solo una corresponsabilità con altri – impone una garanzia per il pagamento dell’accisa (nell’ipotesi in cui l’acquirente del prodotto o il depositario non siano solvibili e, dunque, affidabili fiscalmente) e non già per il comportamento illecito del depositario o dell’acquirente e meno che mai del funzionario doganale.

5. I motivi secondo e terzo – da trattare congiuntamente per connessione- sono fondati per le ragioni di seguito indicate.

La presente controversia involge la verifica della legittimità del recupero di accisa nei confronti della Repsol Italia s.p.a., quale proprietaria-garante del pagamento dell’imposta gravante su prodotto spedito (nella specie, gasolio) sottoposto ad accisa, in regime sospensivo, per assunto irregolare svincolo del prodotto dal detto regime.

A livello comunitario, la Dir. del Consiglio, 16 dicembre 2008, n. 2008/118/CE, art. 8, (ratione temporis applicabile, risalendo i fatti contestati all’agosto-dicembre 2010) – relativa al regime generale delle accise e che abroga, a decorrere dal 1 aprile 2010, la Dir. n. 92/12/CEE, (GU 2009, L 9, pag. 12) – dispone quanto segue: “1. Il debitore dell’accisa divenuta esigibile è:

a) per quanto riguarda lo svincolo dei prodotti sottoposti ad accisa

da un regime di sospensione dall’accisa di cui all’art. 7, paragrafo 2, lett. a):

i) il depositario autorizzato, il destinatario registrato o qualsiasi altra persona che svincola i prodotti sottoposti ad accisa dal regime di sospensione dall’accisa o per conto della quale tali prodotti sono svincolati dal regime di sospensione dall’accisa e, in caso di svincolo irregolare dal deposito fiscale, qualsiasi altra persona che ha partecipato a tale svincolo;

ii) in caso di irregolarità durante la circolazione di prodotti sottoposti ad accisa in regime di sospensione dall’accisa, di cui all’art. 10, paragrafi 1, 2 e 4, il depositario autorizzato, lo speditore registrato o qualsiasi altra persona che ha garantito il pagamento conformemente all’art. 18, paragrafi 1 e 2, e qualsiasi altra persona che ha partecipato allo svincolo irregolare e che era a conoscenza o avrebbe dovuto ragionevolmente essere a conoscenza della natura irregolare dello svincolo;

b) per quanto riguarda la detenzione di prodotti sottoposti ad accisa di cui all’art. 7, paragrafo 2, lett. b), la persona che detiene i prodotti sottoposti ad accisa e qualsiasi altra persona che ha partecipato alla loro detenzione;

(…)

2. Qualora vi siano più soggetti tenuti al pagamento di un singolo debito dall’accisa, essi rispondono in solido di tale debito”.

In particolare, per quanto concerne la responsabilità della persona che ha “garantito il pagamento”, ai sensi della suddetta Dir., art. 18, “2. In deroga al paragrafo 1, le autorità competenti dello Stato membro di spedizione possono, alle condizioni da esse stabilite, permettere che la garanzia di cui al paragrafo 1 sia prestata dal trasportatore o vettore, dal proprietario dei prodotti sottoposti ad accisa, dal destinatario o congiuntamente da due o più di tali soggetti e dai soggetti di cui al paragrafo 1.”.

Sul piano del diritto nazionale, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 6, (TUA): “4. Il depositarlo autorizzato mittente o lo speditore registrato è tenuto a fornire garanzia del pagamento dell’accisa gravante sui prodotti spediti; in luogo dei predetti soggetti la garanzia può essere prestata dal proprietario, dal trasportatore o dal vettore della merce ovvero, in solido, da più soggetti tra quelli menzionati nel presente periodo. In alternativa la garanzia può essere prestata dal destinatario dei prodotti, in solido con il depositario autorizzato mittente o con lo speditore registrato. La garanzia deve essere prestata in conformità alle disposizioni comunitarie e, per i trasferimenti comunitari, deve avere validità in tutti gli Stati membri della Comunità Europea. E’ disposto lo svincolo della cauzione quando è data la prova della presa in carico dei prodotti da parte del destinatario ovvero, per i prodotti destinati ad essere esportati, dell’uscita degli stessi dal territorio della Comunita, con le modalità rispettivamente previste dai commi 6 e 11, e dai commi 7 e 12. (..) “7. La circolazione di prodotti sottoposti ad accisa in regime sospensivo, si conclude, per i prodotti destinati ad essere esportati, nel momento in cui gli stessi hanno lasciato il territorio della Comunità. Tale circostanza è attestata dalla nota di esportazione che l’Ufficio doganale di esportazione compila sulla base del visto dell’Ufficio doganale di uscita di cui al Reg. (CEE) n. 2454 del 1993, art. 793, paragrafo 2.” (comma 7); “12. In assenza della nota di esportazione non causata dall’indisponibilità del sistema informatizzato, la conclusione della circolazione di merci può essere effettuata, in casi eccezionali, dall’Ufficio dell’Amministrazione finanziaria competente in relazione al luogo di spedizione delle merci sulla base del visto dell’Autorità competente dello Stato membro in cui è situato l’Ufficio doganale di uscita.” (comma 12).

Con Det. Direttoriale Prot. (OMISSIS) del 7 dicembre 2010, adottata in attuazione del D.Lgs. n. 48 del 2010, art. 3, comma 2, – che ha introdotto nell’ordinamento nazionale il sistema informatizzato – sono state stabilite le modalità e gli adempimenti per l’attuazione del D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, art. 6, comma 5 e seguenti. In base alla richiamata determinazione: “1. La circolazione dei prodotti soggetti ad accisa di cui al testo unico, art. 6, avviene sotto la scorta dell’e-AD. I medesimi prodotti circolano accompagnati da una copia stampata dell’e-AD o da altro documento commerciale che indichi in modo chiaramente identificabile l’ARC.” (art. 2, comma 1);”Non prima del settimo giorno precedente la spedizione dei prodotti soggetti ad accisa, lo speditore presenta la bozza di e-AD al sistema informatizzato, in cui sono riportati i dati obbligatori previsti dal Reg. (CE) della Commissione 24 luglio 2009, n. 684 del 2009, tabella 1, dell’allegato I.” (art. 3, comma 1); A seguito della convalida della bozza di e-AD e dell’attribuzione dell’ARC da parte del sistema informatizzato, lo speditore fornisce al trasportatore dei prodotti soggetti ad accisa la copia stampata dell’e-AD o altro documento commerciale che indichi in modo chiaramente identificabile l’ARC. (art. 3, comma 5).

Pertanto, in base al TUA, art. 6, anche alla luce della Det. Direttoriale Prot. (OMISSIS) del 7 dicembre 2010, il depositario autorizzato speditore o speditore registrato o, in luogo di questi ultimi soggetti, il proprietario, il trasportatore o il vettore della merce (o in solido alcuni dei soggetti menzionati) che abbiano assunto la garanzia del pagamento dell’accisa sono tenuti a garantire lo svolgimento della corretta circolazione del bene sottoposto ad accisa in regime sospensivo fino alla sua conclusione.

La circolazione di prodotti sottoposti ad accisa in regime sospensivo – allorquando si tratti di prodotti provenienti da un deposito fiscale verso un luogo dal quale i prodotti lasciano il territorio della Comunità (come nella specie, di spedizioni di gasolio destinate a provviste di bordo prevedendo il TULD, art. 254, comma 1, in via generale, che i beni costituenti “provviste di bordo” sulle navi in partenza – oggetto di bunkeraggio – “si considerano usciti in transito o riesportazione se esteri ovvero in esportazione definitiva se nazionali o nazionalizzati” v. Cass., sez, 5, n. 15337 del 2019) si conclude nel momento in cui gli stessi lasciano il territorio della Comunità (nella specie mediante l’imbarco), il che è certificato nella “nota di esportazione” dell’Ufficio doganale di esportazione – sulla base del visto dell’Ufficio doganale di uscita (che ai sensi dell’art. 793 DAC, par. 2, coincide con l’ultimo ufficio doganale prima dell’uscita delle merci dal territorio doganale della Comunità).

In caso di irregolarità o di infrazione, per la quale non sia previsto un abbuono d’imposta ai sensi dell’art. 4, verificatasi nel corso della circolazione di prodotti in regime sospensivo, si applicano, salvo quanto previsto per l’esercizio dell’azione penale se i fatti addebitati costituiscono reato, le seguenti disposizioni: a) l’accisa è corrisposta dalla persona fisica o giuridica che ne ha garantito il pagamento conformemente all’art. 6, comma 4 e, in solido, da qualsiasi altra persona che abbia partecipato allo svincolo irregolare e che era a conoscenza, o avrebbe dovuto ragionevolmente essere a conoscenza, della natura irregolare dello svincolo (art. 7, comma 1, lett. a).

Il TUA, ex art. 2, comma 2, lett. a), “si considera immissione in consumo anche: a) lo svincolo, anche irregolare, di prodotti sottoposti ad accisa da un regime sospensivo”.

Al riguardo, la Corte di giustizia (Corte giust. 5 aprile 2001, causa C325/99, G. van de Water c. Staatssecretaris van Financièn) aveva già chiarito che un prodotto soggetto ad accise detenuto al di fuori di un regime sospensivo è stato necessariamente, in un determinato momento, in qualsivoglia modo, immesso in consumo ai sensi della Dir. n. 92/12/CE, art. 6, n. 1. Ciò in quanto questa norma dispone che sono considerate come immissione in consumo non soltanto qualsiasi fabbricazione o importazione di prodotti soggetti ad accisa al di fuori di un regime sospensivo, ma del pari qualsiasi svincolo, anche irregolare, da siffatto regime. Equiparando tale “svincolo” ad un’immissione in consumo ai sensi dell’art. 6, n. 1, il legislatore comunitario ha chiaramente indicato che qualsiasi produzione, trasformazione, detenzione o circolazione al di fuori di un regime sospensivo comportano l’esigibilità dell’accisa. Ogni qualvolta, dunque, si accerti che un prodotto è uscito da un regime sospensivo senza che l’accisa sia stata assolta, si verifica l’immissione in consumo ai sensi della Dir., art. 6, n. 1, il che determina l’esigibilità dell’accisa (v. Cass. n. 25127 del 2016). Anche a seguito della introduzione della Dir. n. 118 del 2008, la Corte di giustizia, nella sentenza 28 gennaio 2016, causa C- 64/15 BP Europa SE c. Hauptzollamt Hamburg-Stadt, ha richiamato, in merito allo svincolo irregolare dal regime sospensivo, la detta Dir., art. 7, secondo cui: “1. L’accisa diviene esigibile al momento e nello Stato membro dell’immissione in consumo. 2. Ai fini della presente direttiva, per “immissione in consumo” si intende: a) lo svincolo, anche irregolare, dei prodotti sottoposti ad accisa da un regime di sospensione dall’accisa, nonchè la Dir., art. 10, par. 6, per cui ” si intende per “irregolarità” una situazione che si verifica durante la circolazione di prodotti sottoposti ad accisa in regime di sospensione dall’accisa diversa da quella di cui all’art. 7, paragrafo 4, a motivo della quale una circolazione o parte di una circolazione di prodotti sottoposti ad accisa non si è conclusa conformemente all’art. 20, paragrafo 2″ (“La circolazione di prodotti sottoposti ad accisa in regime di sospensione dall’accisa si conclude, nei casi di cui all’art. 17, paragrafo 1, lett. a), punti i), ii) e iv), e lett. b), nel momento in cui il destinatario prende in consegna i prodotti sottoposti ad accisa e, nei casi di cui all’art. 17, paragrafo 1, lett. a), punto iii), nel momento in cui i prodotti hanno lasciato il territorio della Comunità”).

In ordine alla responsabilità del garante del pagamento, la Corte di giustizia del 17 ottobre 2019, nella causa C-579/18, Ministère public, Ministre des Finances du Royaume de Belgique contro QC, Comida paralela 12, ha, da ultimo, confermato che: “32 In proposito va precisato, anzitutto, che la Dir. n. 118 del 2008, sezione 5, composta dal solo art. 38, riguarda le irregolarità commesse durante la circolazione di prodotti sottoposti ad accisa. Di tale Dir., art. 38, paragrafo 3, prevede che, nell’ipotesi di una tale irregolarità, l’accisa sia dovuta dalla persona che ne ha garantito il pagamento a norma delle Dir. stessa, art. 34, paragrafo 2, lett. a), o dell’art. 36, paragrafo 4, lett. a), o da qualsiasi altra persona che abbia partecipato all’irregolarità.”.

La previsione normativa della responsabilità della persona garante del pagamento – ex lege o volontaria – deve necessariamente contemperarsi con il principio comunitario di proporzionalità che trova applicazione anche in materia tributaria, per cui deve esservi un rapporto di stretta necessità ed idoneità delle misure adottate dal legislatore nazionale rispetto ai fini propri della normativa dell’Unione ed, in particolare, le restrizioni che gli Stati possono introdurre rispetto all’esercizio delle libertà fondamentali non devono eccedere quanto strettamente necessario al perseguimento di un fine, quale ad esempio il contrasto alla evasione o elusione fiscale. Da ciò discende che una normativa nazionale che comporta una restrizione delle libertà fondamentali può essere giustificata dal perseguimento di un obiettivo rilevante, come la lotta alla evasione o elusione fiscale, il mantenimento della coerenza del sistema fiscale ecc., ma è ugualmente incompatibile con il diritto dell’UE se appare sproporzionata rispetto allo scopo che vuole raggiungere e se possono essere adottate misure meno restrittive delle libertà fondamentali.

Tale principio ha trovato ampia applicazione nella giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che ha recentemente consolidato le proprie linee-guida interpretative in relazione al rapporto tra requisiti sostanziali e adempimenti formali ai fini dell’individuazione del trattamento impositivo risolvendo il conflitto tra “forma” e “sostanza” nell’applicazione dei tributi armonizzati nel senso della prevalenza di quest’ultima sia con riguardo all’IVA (CGUE, 15 settembre 2016, causa 0-516/14, Barlis 06; CGUE, 8 maggio 2008, C-95/07 e C-96107, Ecotrade; Id., 11 dicembre 2014, causa C590/13) sia con riferimento alle imposte di consumo (CGUE, 2 giugno 2016, causa C-418/14, Roz-Swit).

La Corte di Giustizia si è interessata specificamente anche di casi involgenti la posizione del garante del pagamento dei diritti di accisa, ad esempio con la sentenza del 12 dicembre 2002 (causa C- 395/00 Distillerie Fratelli Cipriani SpA contro Ministero delle Finanze) su domanda di pronuncia pregiudiziale del Tribunale di Trento in ordine alla Dir. 92/12/CEE, art. 20, con riguardo alla esportazione verso paesi terzi di prodotti soggetti a regime sospensivo che devono essere considerati come non giunti a destinazione in ragione della falsificazione del documento di accompagnamento ed alla determinazione dello Stato membro competente ad esigere il diritto d’accisa. Nella interpretazione della Corte di Giustizia la Dir., art. 20, e la speculare Disp. del Testo Unico nazionale, art. 7, che rispecchia perfettamente la Direttiva non mettono in discussione che, nel caso di irregolarità o infrazione nel corso della circolazione per la quale è esigibile l’accisa, quest’ultima deve essere pagata nello Stato membro nel cui territorio l’irregolarità o l’infrazione è stata commessa, dalla persona fisica o giuridica resasi garante del pagamento dei diritti d’accisa conformemente all’art. 15, paragrafo 3, lasciando impreqiudicato il ricorso ad azioni penali, mentre la Dir., art. 20, n. 3, è invalido solo nella misura in cui il termine di quattro mesi previsto da tale disposizione per fornire la prova della regolarità dell’operazione, ovvero del luogo in cui l’irregolarità o l’infrazione è stata effettivamente commessa, è eccepito ad un operatore che ha garantito il pagamento dei diritti di accisa, ma che non sia potuto venire a conoscenza, in tempo utile, del fatto che non era avvenuto l’appuramento del regime sospensivo.

La Corte di Giustizia (CE-UE – Sentenza 02 giugno 2016, n. C-81/15 Kapnoviomichania Karelia AE / Ypourgos Oikonomikon) è tornata sul tema della responsabilità del depositario autorizzato – cui è perfettamente equiparabile il proprietario-garante volontario per avere stipulato fideiussioni bancarie – per le merci che circolano in regime di sospensione di imposta e sulla possibilità degli Stati membri di rendere il depositario autorizzato responsabile in solido per il pagamento di somme corrispondenti alle sanzioni pecuniarie inflitte agli autori di un atto di contrabbando, alla stregua dei principi di proporzionalità e di certezza del diritto, in riferimento alla disciplina nazionale greca di tali istituti (si trattava di un carico mai giunto a destinazione, posto che l’indagine condotta dal servizio delle dogane aveva rilevato che l’autocarro che avrebbe dovuto trasportare il carico era partito verso la Bulgaria vuoto e che il carico era stato trasbordato su un altro autocarro). La Corte di Giustizia ha risposto alla questione sollevata affermando che la Dir. n. 12 del 1992, letta alla luce dei principi generali del diritto dell’Unione Europea, tra cui, in particolare, i principi di certezza del diritto e di proporzionalità, deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale – come quella oggetto del procedimento principale, che permette di dichiarare responsabili in solido, per il pagamento delle somme corrispondenti alle sanzioni pecuniarie inflitte in caso infrazione commessa nel corso della circolazione dei prodotti in regime di sospensione dei diritti di accisa, segnatamente, i proprietari di tali prodotti allorquando detti proprietari sono legati agli autori dell’infrazione da un vincolo contrattuale che li rende loro mandatari in forza della quale il depositarlo autorizzato è dichiarato responsabile in solido per il pagamento di tali somme, senza che possa sottrarsi a tale responsabilità fornendo la prova di essere completamente estraneo alla condotta degli autori dell’infrazione, anche se, secondo la normativa nazionale, tale depositarlo non deteneva tali prodotti al momento della commissione dell’infrazione e non era legato agli autori di quest’ultima da un contratto, che li rendeva suoi mandatari. (v. sul tema, Cass. n. 15635 del 2019);

Il suddetto principio di proporzionalità- invocato dalla ricorrente- deve condurre ad escludere che un mancato adempimento formale possa portare ad affermare una responsabilità impositiva in capo ad un soggetto diverso dal debitore dell’imposta nell’ambito di una responsabilità oggettiva, senza che possa offrire la prova di essere completamente estraneo alla condotta del debitore di imposta (v. anche, Corte UE n. 499/2010 del 21.12.2011, emessa in materia doganale).

Da quanto sopra ne consegue l’enunciazione del seguente principio di diritto:” In materia di accise, ai sensi del combinato disposto del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 6, comma 4, e art. 7, comma 1, lett. a), (TUA), da interpretarsi alla luce del principio comunitario di proporzionalità nella applicazione fattane dalla giurisprudenza della Corte di giustizia (sentenza 2 giugno 2016, causa n. C-81/15 Kapnoviomichania Karelia AE / Ypourgos Oikonomikon), il garante del pagamento dell’accisa gravante sui prodotti ad essa soggetti circolanti in regime di sospensione – qual è il depositarlo autorizzato mittente o lo speditore registrato ovvero in luogo dei predetti soggetti, volontariamente, il proprietario, il trasportatore o il vettore del prodotto – è tenuto a corrispondere l’imposta, in caso di svincolo irregolare dal regime sospensivo, salvo che fornisca la prova di essere completamente estraneo alla condotta degli autori dell’infrazione, anche se non deteneva tale prodotto al momento della commissione del prodotto e non era legato agli autori di quest’ultima da un contratto che li rendeva suoi mandatari”.

Con la sentenza impugnata, la CTR non si è attenuta al suddetto principio di diritto, in quanto – a fronte di uno svincolo irregolare avvenuto (come riconosciuto espressamente a pag. 3 dell’atto di appello dell’Ufficio trascritto nel ricorso per cassazione pag. 22) mediante falsa attestazione da parte dei funzionari doganali dell’uscita del gasolio dal territorio comunitario e fraudolenta immissione in consumo nel territorio nazionale del prodotto da parte della società acquirente, senza corresponsione dell’accisa e dell’Iva afferente, ha ritenuto irrilevante la pacifica completa estraneità della società contribuente – garante volontaria del pagamento – alla condotta degli autori dell’infrazione (“ogni indagine correlabile al vaglio critico della buona fede di essa appellata nel contesto delle operazioni di che trattasi resta assorbita dall’immancabile riscontro di una sua ben consapevole e diretta assunzione di responsabilità a mezzo delle dette polizze fideiussorie per le quali la medesima era divenuta garante”; “nè la responsabilità della s.p.a. Repsol Italia potrebbe mai venire meno o finanche attenuarsi per effetto di eventuali corresponsabilità di terzi come taluni funzionari dell’Agenzia delle dogane, irrilevante essendo altresì che essa appellata non risulti mai coinvolta in vicende fraudolente del genere alla stregua di prodotti articoli di stampa”).

L’accoglimento dei motivi secondo e terzo rende inutile la trattazione del primo, con assorbimento dello stesso.

In conclusione, vanno accolti i motivi secondo e terzo, assorbito il primo, con cassazione della sentenza impugnata e, decidendo nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, con accoglimento del ricorso originario della società contribuente. Si ravvisano giusti motivi, in considerazione della peculiarità della controversia e del recente consolidarsi della giurisprudenza di legittimità in materia, per compensare tra le parti le spese processuali di ogni grado di giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo e terzo motivo; assorbito il primo; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario della società contribuente; compensa tra le parti le spese processuali di ogni grado di giudizio.

Così deciso in Roma, il 13 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2019

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