Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34480 del 27/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 27/12/2019, (ud. 13/11/2019, dep. 27/12/2019), n.34480

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Mar – rel. Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 10536/2012 R.G. proposto da

Works Italia s.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Crescenzio n. 91,

presso lo studio degli avv.ti Claudio Lucisano, che la rappresenta e

difende, unitamente all’avv. Giuseppe Zizzo, giusta procura speciale

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 158/20/11, depositata il 18 novembre 2011.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 13 novembre 2019

dal Cons. Giacomo Maria Nonno.

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. Immacolata Zeno, che ha concluso per l’accoglimento

del primo motivo.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza n. 158/20/11 del 18/11/2011, la Commissione tributaria regionale della Lombardia (di seguito CTR) respingeva l’appello principale proposto da Works Italia s.r.l. (di seguito WI) e accoglieva l’appello incidentale proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 127/13/10 della Commissione tributaria provinciale di Varese (di seguito CTP), che aveva parzialmente accolto il ricorso proposto dalla società contribuente nei confronti di una cartella di pagamento per IVA 2005.

1.1. Come emerge anche dalla sentenza impugnata la cartella di pagamento era stata emessa ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis (rectius D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54 bis) in ragione di un errore materiale contenuto nella dichiarazione annuale, laddove WI, sebbene avesse indicato le ragioni di non applicabilità degli studi di settore, aveva compilato il relativo quadro della dichiarazione come se avesse inteso adeguarsi alle risultanze degli stessi.

1.2. La CTR rigettava l’appello principale di WI evidenziando che “il recupero dell’IVA non conteggiata per errore in sede di dichiarazione poteva avvenire dietro presentazione di specifica domanda di rimborso il cui termine è di 48 mesi”, mentre per la rettifica della dichiarazione il termine era di un anno; l’accoglimento dell’appello incidentale dell’Agenzia delle entrate si fondava, invece, sulla contraddittoria motivazione della CTP, che aveva “negato al contribuente la possibilità di correggere la dichiarazione per poi consentirgli di correggere l’errore nella determinazione dell’imposta applicando l’aliquota ridotta”.

2. WI impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.

3. L’Agenzia delle entrate non si costituiva in giudizio e restava, pertanto, intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso WI deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’inesistenza o la nullità della sentenza impugnata in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, e art. 156 c.p.c., comma 2, dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, nn. 4 e 5, per avere la stessa ritenuto ammissibile il ricorso avverso la cartella di pagamento al fine di rettificare l’errore compiuto in dichiarazione e, nel contempo, negato alla società contribuente la possibilità di rettificare il predetto errore in sede di impugnazione della cartella medesima.

1.1. In buona sostanza, la società contribuente si duole del fatto che la sentenza della CTR non consentirebbe “di individuare con obiettiva certezza il comando giudiziale che in concreto rende” e, pertanto, sarebbe inesistente o, quanto meno, nulla.

2. Il motivo è infondato.

2.1. La sentenza impugnata, posta l’astratta ammissibilità dell’impugnazione proposta avverso la cartella di pagamento emessa a seguito di controllo D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 54 bis, che, in caso di controllo automatizzato, costituisce a tutti gli effetti il provvedimento impositivo, la ha rigettata nel merito in ragione del fatto che WI avrebbe dovuto presentare istanza di rimborso e non già dolersi in sede di impugnazione dell’errore commesso nella compilazione della dichiarazione.

2.2. La statuizione della CTR non è, pertanto, affatto contraddittoria ed incomprensibile, non ricorrendo in ipotesi gli estremi del vizio procedurale denunciato.

3. Con il secondo e il terzo motivo di ricorso si deduce, rispettivamente, la violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, comma 1, lett. d), e comma 3, nonchè la falsa applicazione dell’art. 38 del D.P.R. n. 29 settembre 1973, n. 602, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziandosi che WI correttamente avrebbe fatto valere l’errore materiale commesso in sede di dichiarazione IVA impugnando la cartella di pagamento, senza che sia necessario procedere ad istanza di rimborso.

4. Con il quarto motivo di ricorso si deduce la violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando che l’Amministrazione finanziaria avrebbe dovuto correggere gli errori materiali contenuti nella dichiarazione annuale della società contribuente senza procedere all’iscrizione a ruolo della cartella di pagamento

5. I tre motivi possono essere congiuntamente esaminati.

5.1. Va preliminarmente chiarito che la cartella di pagamento, riguardando l’IVA, è stata emessa a seguito di procedura di controllo automatizzata ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis e non già, come erroneamente ritenuto dalla CTR e dalla ricorrente ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 36 bis. Peraltro, poichè le due disposizioni sono sostanzialmente sovrapponibili, il richiamo a quest’ultima disposizione può sicuramente essere inteso come riferito alla prima.

5.2. Ciò premesso, come evidenziato da Cass. S.U. n. 17758 del 08/09/2016, il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, comma 2, riconosce in capo all’Amministrazione finanziaria il potere di: a) correggere gli errori materiali e di calcolo commessi dal dichiarante riguardo alla determinazione del volume d’affari e alla liquidazione dell’imposta; b) correggere gli errori materiali riscontrati nel riporto delle eccedenze d’imposta derivanti da precedenti dichiarazioni; c) controllare la tempestività dei versamenti dell’imposta (acconto, conguaglio, liquidazione periodica) e la loro coerenza con le risultanze della dichiarazione annuale.

5.3. Nel caso di specie, correttamente l’Agenzia delle entrate, in adempimento del controllo di cui sub c), ha contestato alla ricorrente, con cartella di pagamento, il mancato versamento dell’IVA indicata in dichiarazione, avendo WI compilato il rigo VA 42, colonne 1/2 della dichiarazione IVA per l’anno 2005, così dimostrando di volersi adeguare allo studio di settore (volontà che sarebbe stata manifestata per errore riconoscibile).

5.3.1. Nè tale errore avrebbe potuto essere corretto dall’Agenzia delle entrate in sede di controllo automatizzato, come sostenuto con il quarto motivo (che è, pertanto, infondato), atteso che grava sul contribuente la prova dell’esistenza di un errore materiale nella dichiarazione liquidata.

5.4. Tuttavia, altrettanto correttamente WI ha ritenuto di fare valere l’errore commesso in sede di impugnazione della cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato, dovendo ritenersi tale facoltà espressione di un principio generale.

5.5. Ed, invero, in tema di imposte sui redditi, Cass. S.U. n. 13378 del 30/06/2016 ha chiarito che il contribuente, indipendentemente dalla eventuale richiesta di rimborso nel termine di quarantotto mesi dal versamento, può opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria (conf. Cass. n. 31433 del 05/12/2018); il principio è richiamato, in tema di IVA, sia pure con specifico riferimento ad un credito disconosciuto dall’Agenzia delle entrate, da Cass. S.U. n. 17758 del 2016, cit.

5.6. Ne consegue che ha errato la CTR a ritenere che WI non avrebbe potuto, in sede di impugnazione della cartella di pagamento, fare valere l’errore in cui era incorsa con la dichiarazione concernente l’IVA del 2005, affermando che tale possibilità fosse riconosciuta solo a mezzo istanza di rimborso.

5.7. Risultano, dunque, fondati il secondo ed il terzo motivo di ricorso, con conseguente cassazione della sentenza in parte qua.

6. In conclusione, vanno accolti il secondo ed il terzo motivo di ricorso e rigettati il primo ed il quarto; la sentenza impugnata va, conseguentemente, cassata con riferimento ai motivi accolti e rinviata alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso, rigettando il primo ed il quarto motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 13 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2019

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