Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34478 del 27/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 27/12/2019, (ud. 12/06/2019, dep. 27/12/2019), n.34478

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 22143/2013 R.G. proposto da:

S.G., rappresentato e difeso dall’Avv. Mario Piccolo,

elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Francesco

Oliveti, in Roma, Via Cunfida n. 20, giusta delega in calce al

ricorso

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro-tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12 è domiciliata

– Controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Puglia, sezione distaccata di Taranto, n. 32/28/2013 depositata il 5

marzo 2013.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 12 giugno 2019

dal Consigliere Luigi D’Orazio;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Dott. Francesco Salzano, che ha concluso chiedendo

l’accoglimento del ricorso

udito l’Avv. Mario Piccolo, per il ricorrente, e l’Avv. Giammario

Rocchetta per l’Avvocatura Generale dello Stato.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.L’Agenzia delle entrate irrogava nei confronti di S.G., per l’anno 2002, la sanzione amministrativa di Euro 37.177,25 per avere omesso di presentare la dichiarazione dei redditi e, in particolare, per non avere compilato il quadro RW con la indicazione dei capitali detenuti all’estero, come risultava dalla indagini effettuate dal Nucleo Provinciale di Polizia Tributaria nei confronti di F.I., indagato per il reato di raccolta abusiva di risparmio per conto di alcune società con sede in Panama, al quale il contribuente aveva consegnato la somma di Euro 148.708,60 a titolo di investimento.

2.La Commissione tributaria regionale della Puglia accoglieva l’appello principale proposto dalla Agenzie delle entrate e rigettava l’appello incidentale del contribuente avverso la sentenza di prime cure, che aveva accolto il ricorso del contribuente, evidenziando che il giudice di primo grado aveva accolto una doglianza che non era stata avanzata nel ricorso introduttivo (ossia l’assenza di investimento all’estero), con l’utilizzazione di documenti prodotti tardivamente solo all’udienza di discussione. Inoltre, quanto all’appello incidentale rilevava che all’atto di contestazione era allegato lo “stralcio” del processo verbale di constatazione e che la detenzione di investimenti all’estero era espressione del principio di capacità contributiva.

3.Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il contribuente.

4.Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo di impugnazione il contribuente deduce “Nullità della sentenza e del procedimento (art. 360 c.p.c., n. 4) violazione delle norme di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 17 e 31 – art. 24 Cost., Art. 111 Cost. cit., sul giusto processo (art. 360 c.p.c., n. 5)”, in quanto è stata omessa la notifica al contribuente dell’avviso di fissazione dell’udienza di trattazione dinanzi alla Commissione tributaria regionale, come risulta dalla stessa dichiarazione del Presidente di tale commissione, con violazione del principio del contraddittorio e conseguente nullità del procedimento e della sentenza. L’avviso D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 31, non è stato notificato al ricorrente nè al domicilio eletto nè a mani proprie.

2.Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente deduce “violazione e falsa applicazione della norma di cui all’art. 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4)”, in quanto il giudice di appello ha affermato che il giudice di primo grado aveva rilevato d’ufficio l’inesistenza del presupposto della irrogazione della sanzione, per mancata prova della destinazione all’estero dei capitali affidati al F., mentre la relativa eccezione non era stata proposta nel ricorso introduttivo del giudizio. Inoltre, la Commissione regionale ha ritenuto tardiva la produzione documentale avvenuta in primo grado solo all’udienza di discussione, in violazione del termine, ritenuto perentorio, di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 32. Per il ricorrente, poichè l’amministrazione finanziaria assume la veste di attore in senso sostanziale, l’oggetto del giudizio è costituito anche dalla sussistenza dei presupposti posti a base dell’atto impositivo, consistente nella irrogazione di una sanzione, sicchè non v’è stata alcuna pronuncia ultra petita.

3.Con il terzo motivo di impugnazione il ricorrente si duole della “violazione e falsa applicazione di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 32 (art. 360 c.p.c., n. 3) contraddittorietà della motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5)”, in quanto il giudice di appello può legittimamente. valutare i documenti tardivamente. prodotti nel giudizio di primo grado, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58, comma 2, che consente anche la produzione di nuovi documenti in fase di gravame.

4. Il primo motivo è fondato.

4.1. Invero, è pacifico tra le parti che non è stata comunicata al contribuente la data di fissazione dell’udienza ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 31. Il ricorrente ha anche riportato la nota a firma del Presidente della Commissione regionale in cui si ammetteva tale circostanza (cfr. allegato del ricorso per cassazione a firma del Presidente Bruschi: “in riferimento alle sentenze n. 32/28/13 e 33/28/13), si comunica che, da interrogazione del sistema informativo di questo ufficio, gli avvisi di trattazione per il merito degli appelli proposti dal ricorrente S.G., non risultano, probabilmente a causa di un disguido tecnico, inviati”).

4.2. Costituisce, infatti, principio consolidato quello per cui la comunicazione della data di udienza, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 31, applicabile anche ai giudizi di appello in relazione al richiamo operato dall’art. 61 del decreto cit., adempie ad un’essenziale funzione di garanzia del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, sicchè l’omessa comunicazione alle parti, almeno trenta giorni prima, dell’avviso di fissazione dell’udienza di discussione, determina la nullità della decisione comunque pronunciata (Cass., 11 luglio 2018, n. 18279; Cass., 20 dicembre 2012, n. 23607; Cass., 1786/2016; Cass., 13319/2017).

4.3. Il D.Lgs. n. 542 del 1996, art. 31, comma 1, prevede che “la segreteria dà comunicazione alle parti costituite della data di trattazione almeno trenta giorni liberi prima”. Tale disposizione si applica sia alla fissazione dell’udienza pubblica che alla fissazione dell’udienza camerale.

Infatti, l’udienza pubblica può essere chiesta, non solo con il ricorso introduttivo, ma anche con altro atto processuale (Cass., 5, n. 20852/2005).

Per questa Corte (Cass., 5, n. 5986/2001), dunque, in base al principio di libertà delle forme degli atti processuali nonchè dei principi generali sulle nullità e dell’art. 156 c.p., comma 3, l’istanza per la fissazione della pubblica udienza può essere formulata anche in un altro atto del processo- atto introduttivo, controdeduzioni e memorie, appello principale o incidentale – alla duplice condizione che lo stesso venga depositato in segreteria e venga notificato alle parti almeno dieci giorni prima della data di trattazione, per consentire al giudice di disporre la discussione in pubblica udienza, e per consentire alle altre parti di esercitare compiutamente il loro diritto di difesa.

Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 33, comma 1, dispone, infatti, che “la controversia è trattata in camera di consiglio salvo che almeno una delle parti non abbia chiesto la discussione in pubblica udienza, con apposita istanza da depositare nella segreteria e notificare alle altre parti costituite entro il termine di cui all’art. 32, comma 2”.

Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 32, comma 2, prevede, sul punto, che “fino a dieci giorni liberi prima della data di cui al precedente comma (data di trattazione) ciascuna delle parti può depositare memorie illustrative con le copie per le altre parti”.

Ciò significa che, una volta fissata l’udienza di trattazione camerale, comunicata alle parti, esse hanno la facoltà di chiedere la discussione in pubblica udienza fino a dieci giorni liberi prima della udienza di trattazione (Cass., 17 aprile 2001, n. 5643). Pertanto, la Commissione tributaria ha il solo obbligo, D.L. n. 546 del 1992, ex art. 31, di comunicare la data di trattazione della causa, la quale avverrà poi in camera di consiglio, o in pubblica udienza, a seconda che una delle parti presenti – o meno – l’istanza di cui al D.Lgs. cit., art. 33. Ma, anche in tale ultima evenienza, nessun ‘altra comunicazione sarà di per sè dovuta, in quanto, salva l’ipotesi di un differimento, anche in tal caso l’udienza si terrà nel giorno indicato nell’avviso previsto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 31 (Cass., sez. 5, 18 marzo 2002, n. 3936).

La mancata comunicazione alle parti della fissazione della udienza camerale, dunque, al pari della mancata comunicazione di quella pubblica, implica una violazione del principio del contraddittorio che comporta la nullità della sentenza.

Pertanto, anche la mancata comunicazione della fissazione dell’udienza camerale produce la nullità dell’intero giudizio e della sentenza che conclude lo stesso.

4.4. Va aggiunto che, nel processo tributario, la trattazione dell’appello, senza preventivo avviso alla parte, costituisce una nullità processuale che travolge, per violazione del diritto di difesa, la sentenza successiva, ma non determina la retrocessione del processo alla commissione tributaria regionale, ove non siano necessari accertamenti di fatto nel merito e debba essere decisa una questione di mero diritto, atteso che il principio costituzionale della ragionevole durata del processo impedisce di adottare decisioni che, senza utilità per il diritto di difesa o per il rispetto del contraddittorio, comportino l’allungamento dei tempi del giudizio (Cass., 31 ottobre 2018, n. 27837; Cass., 30 dicembre 2014, n. 27496).

5.Nella specie, però, non è possibile la decisione nel merito, in quanto il giudice di appello deve procedere alla valutazione dei documenti prodotti in primo grado, anche fuori termine, se inseriti nel fascicolo d’ufficio (Cass., 7 marzo 2018, n. 5429), valutando se vi sia stato o meno l’investimento all’estero.

6.1 motivi secondo e terzo restano assorbiti, in ragione dell’accoglimento del primo motivo.

7.La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbiti il secondo ed il terzo, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 12 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2019

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