Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34469 del 27/12/2019

Cassazione civile sez. un., 27/12/2019, (ud. 08/10/2019, dep. 27/12/2019), n.34469

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Primo Presidente f.f. –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente di Sez. –

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente di Sez. –

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente di Sez. –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi A. – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5148-2018 proposto da:

P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI SAVORELLI

11, presso lo studio dell’avvocato ANNA CHIOZZA, rappresentato e

difeso dall’avvocato MAURIZIO TOSADORI;

– ricorrente –

contro

HYDRO DOLOMITI ENERGIA S.R.L., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COURMAYEUR 79,

presso lo studio dell’avvocato GIANFRANCO MAZZULLO, che la

rappresenta e difende;

DOLOMITI ENERGIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE G. MAZZINI, 11,

presso lo studio dell’avvocato SARA PICCOLI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ENRICO GIAMMARCO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 220/2017 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE

PUBBLICHE, depositata il 17/11/2017.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/10/2019 dal Consigliere LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale CAPASSO LUCIO, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso;

uditi gli avvocati Anna Chiozza per delega dell’avvocato Maurizio

Tosadori, Gianfranco Mazzullo e Sara Piccoli.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 17/11/2017 il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche ha respinto il gravame interposto dal sig. P.G. in relazione alla pronunzia Trap Venezia 13/6/2016, di accoglimento della domanda nei suoi confronti proposta dalla società Trenta s.p.a. (poi Dolomiti Energia s.p.a.) di pagamento di somma a titolo di pagamento del consumo di energia elettrica per un’utenza civile di cui il medesimo è titolare.

Avverso la suindicata pronunzia il P. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi, illustrati da memoria.

Resistono con separati controricorsi la società Dolomiti Energia s.p.a. (già Trenta s.p.a.) e la società Hydro Dolomiti Energia s.p.a., la quale ultima ha presentato anche memoria.

Con requisitoria scritta del 30/9/2019 il P.G. presso questa Corte ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo il ricorrente denunzia “violazione ovvero falsa applicazione” del R.D. n. 1775 del 1933, artt. 2, 45 e 200, art. 2697 c.c., art. 517 c.p.c. 1865, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si duole che il Tsap abbia accolto la domanda proposta nei suoi confronti erroneamente ritenendo che il suo diritto di ottenere gratuitamente la fornitura di energia elettrica in ragione del diritto di derivazione gratuita “posseduto ad (recte, ab) immemorabili dai propri danti causa”, e consolidatosi “in epoca preunitaria, con il riconoscimento del ministero austriaco, all’epoca territorialmente competente”, sia venuto meno all'”esito del mutamento di regime di pubblicità generale delle acque, conseguente l’entrata in vigore del relativo Testo Unico, tutt’ora attuale e vigente”, laddove con la sentenza Cass. n. 1867 del 1931 “i giudici della nomofilachia confermarono che il diritto invocato dall’odierno ricorrente non si era estinto con il rilascio della concessione per la realizzazione della centrale idroelettrica”, e che “il concessionario della medesima era comunque tenuto ad indennizzare il titolare del diritto fintanto che ne avesse usufruito in via temporanea, con espressa estensione di tale onere anche agli aventi causa del concessionario”.

Lamenta esservi altresì “evidenza tavolare del diritto riconosciuto dalla pubblica amministrazione, giusta l’intavolazione dell’atto di convenzione intervenuto nel 1927 con il quale l’ingegner C.A. – allora proprietario dell’odierna p. ed. (OMISSIS) in c.c. (OMISSIS) e dante causa dell’odierno ricorrente – concesse in uso temporaneo al Consorzio Industriale dei Comuni di Rovereto e di Riva del Garda, il proprio diritto di derivazione ed uso d’acqua a scopo di forza motrice (cfr. doc. 6 nel fascicolo P. sub R.G. 1404/11 – Trib. Rovereto)”.

Si duole non essersi considerato che l'”accordo transattivo da ultimo intercorso nell’anno 1997, tra il signor P.U. ed Enel, conclusosi con l’installazione all’erede P.G. del contatore n. 79854261, con diritto di sottensione pari a 6,37 chilowatt, ha evidentemente carattere ricognitivo del diritto preesistente”.

Con il 2 motivo denunzia “violazione ovvero falsa applicazione” del R.D. n. 1775 del 1933, artt. 2, 45 e 200, art. 2697 c.c., art. 517 c.p.c. 1865, L.P. Trento 6 marzo 1998, n. 4, artt. 1 e 1 bis in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si duole che, “contrariamente a quanto affermato alle pagine 12 e seguenti della gravata sentenza, il diritto invocato dal ricorrente, ed il corrispondente indennizzo riconosciutogli dall’ente pubblico, sono espressamente fatti salvi dalla legislazione speciale in materia di Acque Pubbliche, intervenuta in epoca successiva alla concessione di derivazione a scopo idroelettrico relativa agli impianti di (OMISSIS)”.

Lamenta non essersi considerato che “in esito alla proroga delle concessioni rilasciate ad Enel s.p.a. sino al 31 dicembre 2020, giusta la L.P. n. 4 del 1998, art. 1 bis, 1, comma 15 ter, lett. a), la Giunta Provinciale con Delib. 3 luglio 2008, n. 1701 … ha nuovamente confermato “la sussistenza di tutti gli obblighi ed i vincoli gravanti sul concessionario ai sensi della vigente normativa, ivi compresi quelli contenuti nella concessione in essere”… (cfr. doc. 5 nel fascicolo P. sub R.G. 508/13 – Trap Venezia)”.

Si duole che “ulteriore conferma dell’attualità del diritto di sottensione va ricercata nel comportamento concludente posto in essere dalla resistente Trenta s.p.a. (e prima ancora dalla società Enel Distribuzione s.p.a.), la quale sino al dicembre dell’anno 2010, in ossequio all’accordo in essere, provvide ad inviare al signor P.G. le fatture relative alla fornitura elettrica recanti la seguente dicitura “(…) tutte le fatture risultano pagate alla data 29.12.2010”, ovvero “alla data del 31.10.2010 tutte le fatture risultano pagate” (cfr. docc. 14 e ss. nel fascicolo P. sub R.G. 1404/11 – Trib. Rovereto). Circostanza tutt’altro che generica ed, anzi, non di poco momento se correttamente ricondotta, alla luce delle norme regolanti la successione nei contratti, nell’alveo delle vicende storico-giuridiche attinenti il diritto vantato dal ricorrente”.

Con il 3 motivo denunzia “violazione ovvero falsa applicazione” degli artt. 2506 bis e 2558 c.c., R.D. n. 1775 del 1933, art. 200, art. 2697 c.c., art. 517 c.p.c. 1865, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si duole che il Tsap abbia erroneamente ritenuto inopponibile ai terzi il “contratto novativo del rapporto in essere con l’Ente nazionale”, atteso che “il mero mutamento tariffario cui si richiamano i giudici del merito non è certamente idoneo a far venir meno il titolo codificato dall’art. 45 del T.U. Acque e legittimamente riconosciuto dall’ente pubblico”.

I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati.

Va anzitutto osservato che essi risultano formulati in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che il ricorrente pone a base delle mosse censure atti e documenti del giudizio di merito (in particolare, la “nota n. 12377-12″ dell'”imperialregio Consigliere di Corte e Procuratore delle Finanze”, la “nota n. 1847/1”, il “conchiuso tavolare del 12 novembre 1912, G.T. 229/12… (cfr. doc. 1, prodotto con atto di citazione in opposizione, nel fascicolo P., causa R.G. 1404/11 – Trib. Rovereto)”, la “determinazione del 28 agosto 2013, di prot. TLA-f-05/1224-2013” del “responsabile del Landesarchiv di Innsbruck”… (cfr. doc. 11, prodotto con memoria istruttoria d.d. 10 ottobre 2013, nel fascicolo P., causa di riassunzione sub R.G. 508/13 – Trap Venezia)”, l’atto di concessione del Commissario Civile di Riva del Garda del 20 maggio del 1992 “(cfr. docc. 4 e 5 nel fascicolo P., causa R.G. 1404/11 – Trib. Rovereto)”, la “transazione del 27 giugno 1927 e la conseguente intavolazione del diritto… “(cfr. doc. 6 nel fascicolo P., causa R.G. 1404/11 – Trib. Rovereto)”, la nota del P. del 15/10/1982, la “nota del 22 gennaio 1997, indirizzata agli Eredi P.U…. “(cfr. docc. 10-13 nel fascicolo P., causa R.G. 1404/11 – Trib. Rovereto)”, l'”accettazione da parte degli eredi del signor P.U. dell’offerta formulata dall’ente fornitore con nota di data 20 ottobre 1997 “(cfr. doc. 13 nel fascicolo P., causa R.G. 1404/11 – Trib. Rovereto)”, le “fatture relative al consumo di energia elettrica… “(cfr. docc. 14 e ss. nel fascicolo P., causa R.G. 1404/11 – Trib. Rovereto)”, la “deliberazione n. 1701 del 3 luglio 2008… “(cfr. doc. 5 nel fascicolo P., causa R.G. 508/13 Trap Venezia)”, il “comportamento concludente posto in essere dalla resistente Trenta s.p.a. (e prima ancora dalla società Enel Distribuzione s.p.a.)”, la “transazione risalente al 1927″, l'”accordo ricognitivo del diritto sottoscritto dalla parti nel 1997 (cfr. la corrispondenza sub docc. 10-13 nel fascicolo P. sub R.G. 1404/11 – Trib. Rovereto)”, l'”accordo intercorso tra il signor P.U. ed Enel… “(cfr. doc. 13 nel fascicolo P., causa R.G. 1404/11 – Trib. Rovereto)”) limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente – per la parte strettamente d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso ovvero, laddove (in tutto o in parte) riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte Suprema di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame, con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti pure in sede di giudizio di legittimità, la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr. Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).

A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento sulla base delle deduzioni contenute nel medesimo, non essendo invero sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione.

E’ al riguardo appena il caso di ribadire che i requisiti di formazione del ricorso rilevano ai fini della relativa giuridica esistenza e conseguente ammissibilità, assumendo pregiudiziale e prodromica rilevanza ai fini del vaglio della relativa fondatezza nel merito, che in loro difetto rimane invero al giudice imprescindibilmente precluso.

L’accertamento in fatto e le relative valutazioni operate dal Tsap nell’impugnata sentenza risultano pertanto non idoneamente censurate dall’odierno ricorrente.

Va sotto altro profilo osservato quanto segue.

La vicenda attiene a derivazione di acqua dal torrente Ponale.

L’odierno ricorrente deduce: a) di avere i suoi danti causa acquisito il diritto di derivazione gratuita delle acque del torrente in argomento (emissario dal lago di Ledro) in base al diritto austriaco, b) che il R.D. n. 4017 del 1920 ha riconosciuto la persistenza dei diritti d’uso acquisiti secondo il diritto previgente nei territori annessi all’Italia; c) che la concessione del 1922 del Commissario Civile di Riva del Garda ai Comuni di Riva del Garda e di Rovereto, correlata alla costruzione della Centrale Idroelettrica, ha riconosciuto la “gratuità della fornitura con determinazioni del Commissario” e i diritti preesistenti, tra i quali quelli dei fratelli C., danti causa del P.; d) che il Commissario civile di Riva del Garda “ha stipulato, il 20 maggio 1923, un accordo transattivo con il Consorzio industriale competente, in forza del quale quest’ultimo gli aveva concesso in locazione il diritto all’uso dell’acqua con scadenza al 20 maggio 1983”; e) che il “padre dell’opponente, avente causa dall’originario titolare, aveva poi instaurato un contenzioso con l’Enel che si era concluso con una transazione (20 ottobre 1997), in forza della quale vi era la concessione di fornitura gratuita di energia, con un diritto di sottensione per 6,37 Kw, pari a un terzo del totale”; f) che il riconoscimento dei preesistenti diritti, oltre che “nella transazione stipulata con l’Enel”, trova fonte anche nel R.D. n. 1775 del 1933 (T.U. Acque), che ha distinto tra territori già appartenenti all’Italia e territori annessi, prevedendo che in quest’ultimo caso il titolo potesse essere acquistato in uno dei modi ammessi dalla legislazione ivi vigente; g) che anche non ritenendosi sufficiente il diritto austriaco, dovendo concorrere anche il riconoscimento dell’Autorità amministrativa italiana, vi è stato nel caso l’espresso riconoscimento con la Concessione del 1922, confermata con l’atto transattivo del 1927 con il quale il suo dante causa sig. G.A. ha ceduto ai Comuni di Riva del Garda e di Rovereto il diritto di derivazione per 60 anni (a decorrere dal 1923), e poi nell’Accordo con l’Enel del 1997; h) che gli obblighi dell’Enel, concessionaria della grande distribuzione d’acqua, “con salvezza degli obblighi e dei vincoli già esistenti nella concessione originaria del 1922”, si sono trasferiti “in capo a Trenta s.p.a., affidataria della gestione commerciale degli utenti allacciati alla rete di distribuzione, e a Hydro Dolomiti Energia, concessionaria della derivazione”; i) che “a seguito della transazione del 27 giugno 1927, intervenuta con l’originario titolare, vi sarebbe stata l’intavolazione del diritto di locazione e conduzione riferito all’uso dell’acqua a scopo di forza motrice”; I) che il diritto “doveva essere considerato un diritto reale, secondo quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con sentenza 27 febbraio 1931, n. 1867”; m) che “le società subentrate nella gestione e distribuzione dell’energia non avrebbero… potuto contestare il diritto di sottensione in capo a P.”; n) che il diritto d’uso è persistito anche in ragione della proroga della concessione di cui alle leggi della Provincia di Trento e della Delib. Giunta Provinciale Trento 3 luglio 2008, n. 1701.

L’odierno ricorrente sostiene dunque che “la sua utenza era stata riconosciuta sia prima dell’entrata in vigore del testo unico sia dopo, attraverso la transazione con Enel del 1997″, e che il R.D.L. n. 2161 del 1919, art. 1 prevedeva due diverse fonti del titolo a derivare acqua pubblica: la regolare concessione a norma di legge, ma anche il semplice possesso di un titolo legittimo”, e che “tale titolo legittimo era stato riconosciuto all’originario dante causa nel 1923, regime fatto salvo dal R.D. n. 1775 del 1933, art. 45 il quale attribuisce rilievo alle “utilizzazioni legittimamente costituite o concesse””, altresì sottolineando che “il diritto di sottensione era stato comunque riconosciuto dall’Enel nel 1997”, e che “la stessa Trenta s.p.a. aveva riconosciuto la sussistenza di tale diritto fino al 2011”.

Nell’impugnata sentenza il Tsap ha per converso “escluso in radice” il diritto vantato dall’odierno ricorrente “alla fornitura gratuita di energia elettrica” nei confronti sia della società Trenta s.p.a. (poi Dolomiti Energia s.p.a.) che della società Hydro Dolomiti Energia s.r.l., in ragione “dell’avvenuto mutamento del regime di pubblicità generale delle acque in conseguenza dell’entrata in vigore del R.D. n. 1775 del 1933”.

Ha al riguardo precisato che in base a tale regime (il quale “ha trovato conferma nella L. n. 36 del 1994 e, infine, nel D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 144”) i “diritti sulle acque possono sorgere solo attraverso titoli legittimi riconosciuti dalla pubblica amministrazione, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legislazione speciale e non certo nascere sulla base di contratti fra privati”, irrilevante essendo pertanto al riguardo l'”accordo transattivo intervenuto tra P. e Enel nel 1997″.

Ha ulteriormente posto in rilievo come “il titolo originario di derivazione del 1923 avrebbe dovuto intendersi comunque estinto alla scadenza del sessantennio fissato per la sua durata, ovvero nel 1983”, e che la L.P. n. 21 del 1988 (art. 1) nonchè la L.P. n. 5 del 1997 (art. 38, comma 2) hanno – a determinate condizioni – prorogato “la durata delle utenze di acqua pubblica aventi ad oggetto derivazioni” fino al 31 dicembre 1998, proroga da intendersi “riguardante anche quelle utenze non ancora riconosciute da parte della pubblica amministrazione, aventi titolo nel R.D. n. 1775 del 1993, artt. 2 e 3 “subordinatamente alla presentazione, da parte dell’avente diritto, di un’apposita dichiarazione volta all’accettazione della proroga stessa”, la “mancata accettazione della proroga” comportando “la decadenza di diritto dell’utenza e l’estinzione di ogni rapporto e obbligazione pregressa”. E che la L.P. n. 10 del 1998 (art. 48) “ha offerto l’ulteriore possibilità di ottenere il riconoscimento sempre previa presentazione di specifica domanda”.

Orbene, nell’impugnata sentenza il Tsap ha ravvisato difettare nella specie la prova da parte dell’odierno ricorrente “che il diritto da lui affermato sia stato riconosciuto con qualche provvedimento della pubblica amministrazione, successivo all’entrata in vigore del regime di pubblicità delle acque e al conseguente regime concessorio, che ha cancellato per radicale incompatibilità, il precedente regime che consentiva la creazione di diritti reali sulle acque a favore di privati”.

Ha ulteriormente posto in rilievo come l’allora appellante ed odierno ricorrente non abbia “neanche dimostrato di avere formulato domanda di riconoscimento di tale diritto sulla base delle disposizioni di legge provinciale sopra richiamate”.

A tale stregua, il Tsap ha dunque valutato le censure mosse già avverso la sentenza del giudice di prime cure, ritenendo non avere l’allora appellante (ed odierno ricorrente) provato di aver acquistato il diritto nei modi prescritti dalla legge.

Le suindicate rationes decidendi, poste a fondamento della raggiunta conclusione secondo cui “non è titolare di alcuna posizione opponibile alla società convenuta” sono – anche alla stregua della suindicata mancata osservanza del requisito prescritto all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 -, e in particolare quella concernente la mancata prova di proposizione della “domanda di riconoscimento” dei vantati diritti, rimaste pertanto non (quantomeno idoneamente) censurate dall’odierno ricorrente.

All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore di ciascuna delle controricorrenti, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari di avvocato, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore di ciascuna delle controricorrenti.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 dicembre 2019

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