Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34467 del 24/12/2019

Cassazione civile sez. lav., 24/12/2019, (ud. 12/11/2019, dep. 24/12/2019), n.34467

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 542/2014 proposto da:

M.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CONFALONIERI 1, presso lo studio dell’avvocato CARLO CIPRIANI,

rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO PANNARALE;

– ricorrente –

contro

REGIONE PUGLIA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BARBERINI 36, presso la

Delegazione Romana della Regione Puglia, rappresentata e difesa

dall’avvocato MARIA LIBERTI unitamente all’Avvocato ISABELLA

FORNELLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1625/2013 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 11/06/2013 R.G.N. 1148/2011.

Fatto

RITENUTO

che:

la Corte d’Appello di Bari ha disatteso il gravame proposto da M.C., dirigente dell’Ispettorato Provinciale Agricoltura – (IPA) di Taranto, avverso la sentenza del Tribunale della stessa città, con la quale era stata respinta la sua pretesa di riconoscimento dell’indennità di funzione, pari allo 0,7 della retribuzione, prevista dalla L.R. Puglia n. 1 del 1992, in ragione dello svolgimento di funzioni di direzione di strutture operanti nell’ambito dell’ordinamento regionale, in questo caso in riferimento all’Ufficio Agricolo di Zona (UAZ) di (OMISSIS), per il periodo dal novembre 1992 al gennaio 2004;

la Corte territoriale sottolineava come dagli atti risultassero sussistenti, nel corso del tempo, i vari responsabili dello UAZ di (OMISSIS), tra cui non compariva il M., mentre la nota dell’ottobre 2002 su cui il ricorrente faceva leva a sostegno dei propri assunti non significava che egli fosse stato individuato come responsabile, ma che lo sarebbe stato, in quanto più anziano in servizio, ove fosse stato necessario sostituire il dirigente effettivo dell’ufficio;

il M. ha proposto ricorso per cassazione con due articolati motivi, resistiti da controricorso della Regione Puglia;

entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

che:

in via preliminare va riconosciuta fondatezza all’eccezione di inammissibilità del controricorso della Regione Puglia, per difetto di autorizzazione alle liti;

il controricorso reca soltanto delega a margine a favore del difensore, ma non vi è alcuna menzione dell’autorizzazione a resistere, necessaria ai sensi dell’art. 44 dello Statuto della Regione Puglia secondo cui alla Giunta Regionale spetta di deliberare “in materia di liti attive e passive” con dizione analoga a quella prevista in altre regioni e stabilmente intesa da questa Corte nel senso che la regione può “promuovere le liti o resistervi soltanto previa autorizzazione della Giunta” (v. Cass., S.U. 8 maggio 2007, n. 10371; Cass. 11 gennaio 2008, n. 480);

d’altra parte, rispetto a vizi di rappresentanza ed autorizzazione di cui all’art. 182 c.p.c., si è andato consolidando un indirizzo, da condividere, secondo il quale la concessione di un termine da parte del giudice onde provvedere alla sanatoria delle carenze riscontrate, ai sensi dell’art. 182 c.p.c., può avvenire solo se il rilievo del difetto sia di origine officiosa, mentre se l’eccezione provenga dalla parte, l’interessato deve provvedere nella prima difesa utile successiva (Cass. 11 marzo 2019, n. 6996; Cass. 4 ottobre 2018, n. 24212; Cass., S.U., 4 marzo 2016, n. 4248);

dinamica che, a fronte di eccezione sollevata nella memoria depositata ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c. (come è consentito, trattandosi di eccezione relativa all’ammissibilità del controricorso: Cass. 26 giugno 2006, n. 14710, Cass. 26 aprile 2005, n. 8662), da aversi per comunicata (e quindi legalmente conosciuta) alla controparte costituita, ai sensi dell’art. 170 c.p.c., u.c., imponeva la sanatoria entro la data dell’adunanza camerale, con deposito (assistito almeno dall’avvio della notifica alla controparte ex art. 372 c.p.c., comma 2) della documentazione mancante;

con il primo motivo il ricorrente sostiene la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per non avere la Corte territoriale considerato che, ai sensi della L.R. Puglia n. 7 del 1997, art. 19, comma 6, gli incarichi dirigenziali dovevano essere conferiti dalla Giunta Regionale;

non essendo ciò accaduto per coloro che erano stati nominati di tempo in tempo direttori dell’UAZ, il ricorrente afferma che era lui stesso da considerare l’unico legittimato a svolgere le funzioni di responsabile;

anzi, la circostanza, a dire del ricorrente, avrebbe imposto di far derivare dalla nota del dirigente IPA di Taranto del 7.10.2002, con la quale si affermava che in caso di mancanza del direttore dell’UAZ le relative mansioni sarebbero state svolte dal M., la conclusione che l’unico legittimo preposto a quell’ufficio fosse appunto lui;

di tale questione non vi è menzione nella sentenza impugnata;

vale dunque il principio per cui, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di specificità del ricorso stesso, di indicare in quale atto o passaggio del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito (Cass. 9 agosto 2018, n. 20694; Cass. 13 giugno 2018, n. 15430; Cass. 18 ottobre 2013, n. 23675);

il ricorso per cassazione non contiene tali specificazioni e dunque il motivo è inammissibile;

d’altra parte, l’assunto secondo cui l’asserita invalidità delle nomine altrui avrebbe imposto di riconoscere che la corrispondente responsabilità fosse in capo al M. è palesemente illogico, in quanto l’incarico formale, pur se in ipotesi non valido, fino a quando sussiste e non è rimosso, non rende certamente responsabile ora per allora il sottoposto, pur se incaricato delle sostituzioni del Direttore formalmente nominato;

il senso del documento citato, quale ricostruito dalla Corte di merito, è poi quello secondo cui esso aveva lo scopo di indicare, nel caso di impedimento del Direttore nominato, quali fossero i criteri di temporanea sostituzione nelle funzioni e non di stabile nomina del M. in quella funzione direzionale;

l’interpretazione dell’atto non è stata censurata attraverso i criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 c.c. e segg. e, risultando tutt’altro che implausibile, essa resta consolidata nei termini sviluppati dalla Corte territoriale;

il secondo motivo afferma (art. 360 c.p.c., n. 3) la violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52, per non essersi riconosciuta la necessaria coerenza tra mansioni svolte e trattamento economico da applicare;

anche tale motivo va disatteso;

la Corte d’Appello ha linearmente precisato che le mansioni direttoriali dell’UAZ erano state conferite ad altre persone, la cui non presenza sul luogo non significava che la responsabilità non fosse incardinata in capo alle medesime;

tale ratio decidendi non è neppure a ben vedere contrastata dal motivo di ricorso che non prende posizione su di essa, in particolare non spiegando perchè fosse errato l’assunto della Corte merito, da intendere sostanzialmente nel senso che la responsabilità direttoriale di quell’ufficio poteva essere esercitata a distanza dalle persone via via nominate;

la conclusione così raggiunta dalla Corte d’Appello rimane priva di reali e specifiche critiche e va quindi considerata definitiva, rendendo superfluo ragionare, rispetto al M., sull’esercizio di fatto di mansioni che, risultando l’incarico e la responsabilità conferiti ad altri, non può esservi stato;

alla reiezione del ricorso non segue condanna alle spese, attesa l’invalida costituzione in giudizio della Regione Puglia, su cui già si è detto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 12 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 dicembre 2019

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