Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34466 del 24/12/2019

Cassazione civile sez. lav., 24/12/2019, (ud. 12/11/2019, dep. 24/12/2019), n.34466

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7301/014 proposto da:

REGIONE LAZIO, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TOPINO n. 13, presso lo

studio dell’avvocato NICOLA PALOMBI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

T.C.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1184/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 18/03/2013 R.G.N. 398/2008.

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte d’Appello di Roma, adita con appello principale dalla Regione Lazio e con gravame incidentale da T.C., ha rigettato entrambe le impugnazioni ed ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva accolto solo parzialmente il ricorso della T. ed aveva accertato il diritto della stessa alla retrodatazione al 25 luglio 1996 degli effetti economici dell’inquadramento della L.R. Lazio n. 25 del 1996, ex art. 22, comma 8, respingendo ogni altra domanda;

2. la Corte territoriale, evidenziato che le parti avevano lamentato, ciascuna dalla propria prospettiva, l’errata lettura ed interpretazione della norma sopra richiamata, ha sottolineato che il Consiglio di Stato con sentenza n. 5459/2011, confermando la pronuncia del TAR dello stesso tenore, aveva annullato il regolamento adottato dalla regione Lazio nell’anno 2001 sul presupposto della natura programmatica della Legge del 1996, che non poteva essere attuata attraverso il ricorso allo strumento regolamentare;

3. ha, pertanto, ritenuto che correttamente il giudice di prime cure avesse limitato la retrodatazione degli effetti economici del nuovo inquadramento, disposto dalla Regione nell’anno 2002, alla data di entrata in vigore della Legge Regionale;

4. per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la Regione Lazio sulla base di un unico motivo, al quale non ha opposto difese T.C., rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. il ricorso denuncia con un unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la “violazione della L.R. 26 luglio 1996, n. 25, art. 22, comma 8, art. 12 preleggi e dell’art. 97 Cost.” ed addebita alla Corte territoriale di non avere considerato che il quadro normativo in cui si inseriva la fattispecie dedotta in giudizio era profondamente mutato in corso di causa a seguito delle sentenze della Corte Costituzionale n. 195/2010 e del Consiglio di Staton. 5459/2011 che avevano, rispettivamente, dichiarato l’illegittimità costituzionale della L.R. n. 14 del 2009, con la quale erano stati fatti salvi gli effetti del regolamento regionale n. 2 del 2001, e sancito il definito annullamento di quest’ultimo atto, sul presupposto della natura meramente programmatica della L. n. 25 del 1996;

1.1. la ricorrente rileva, in sintesi, che proprio l’accertata natura programmatica dell’art. 22 della richiamata L.R. n. 25 del 1996, escludeva alla radice la fondatezza della pretesa della dipendente la quale non poteva vantare alcun diritto all’inquadramento nè pretendere la retroattività a fini economici della determinazione dirigenziale adottata il 25 giugno 2002, travolta dalla dichiarata illegittimità del regolamento regionale n. 2/2001;

2. la censura non può essere scrutinata nel merito perchè il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in assenza di prova della sua notificazione alla T., rimasta intimata;

2.1. le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che “la produzione dell’avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia del ricorso per cassazione spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale ai sensi dell’art. 149 c.p.c., o della raccomandata con la quale l’ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell’avvenuto compimento delle formalità di cui all’art. 140 c.p.c., è richiesta dalla legge esclusivamente in funzione della prova dell’avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio e, dunque, dell’avvenuta instaurazione del contraddittorio. Ne consegue che l’avviso non allegato al ricorso e non depositato successivamente può essere prodotto fino all’udienza di discussione di cui all’art. 379 c.p.c., ma prima che abbia inizio la relazione prevista dal comma 1 della citata disposizione, ovvero fino all’adunanza della corte in Camera di consiglio di cui all’art. 380-bis c.p.c.. In caso, però, di mancata produzione dell’avviso di ricevimento, ed in assenza di attività difensiva da parte dell’intimato, il ricorso per cassazione è inammissibile, non essendo consentita la concessione di un termine per il deposito e non ricorrendo i presupposti per la rinnovazione della notificazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c.” (Cass. S. U. 14.1.2008 n. 627; negli stessi termini fra le più recenti Cass. n. 18361/2018, Cass. n. 17793/2016 e Cass. n. 17794/2016);

2.2. la Regione ricorrente non ha fornito la prova dell’avvenuta notificazione del ricorso, in quanto, al momento dell’iscrizione a ruolo, ha depositato unicamente l’accettazione della raccomandata spedita dall’Avv. Nicola Palombi ai sensi della L. n. 53 del 1994;

2.3. l’avviso di ricevimento del plico postale, contenente l’atto di impugnazione, non risulta mai depositato, nè in allegato al ricorso nel termine di giorni venti dalla notificazione (art. 369 c.p.c.) nè, autonomamente e successivamente, con le modalità di cui al capoverso dell’art. 372 c.p.c. e non è quindi provata l’avvenuta ricezione dell’atto da parte dell’intimata;

2.4. la mancata costituzione della T. esime dal provvedere sulle spese del giudizio di legittimità;

2.5. sussistono le condizioni processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 12 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 dicembre 2019

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