Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3446 del 12/02/2010
Cassazione civile sez. II, 12/02/2010, (ud. 14/01/2010, dep. 12/02/2010), n.3446
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –
Dott. MALZONE Ennio – rel. Consigliere –
Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –
Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –
Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
A.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA F. DI FIORANELLO 46, presso lo studio dell’avvocato GANCI
VITO GASPARE, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
C.S. (OMISSIS), M.C.
(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA
SALLUSTIO 9, presso lo studio dell’avvocato SPALLINA BARTOLO,
rappresentati e difesi dall’avvocato BONACCORSO SALVATORE;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 306/2004 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,
depositata il 22/03/2004;
udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del
14/01/2010 dal Consigliere Dott. MALZONE Ennio;
udito l’Avvocato SPALLINA Bartolo con delega depositata in udienza
dell’Avvocato Salvatore BONACCORSO difensore dei resistenti che ha
chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso per l’accoglimento del primo
motivo e per conseguenza del secondo motivo con assorbimento del
terzo motivo di ricorso. In subordine rimessione alle S.U. per il
primo motivo di ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione 3 gen. 1995 A.C., proprietaria di un edificio in Monreale, il cui ultimo piano era adibito a cucina – soggiorno con terrazzo antistante, conveniva in giudizio, davanti al Pretore di Palermo – sez. dist. di Monreale, C.S. e M.C. per sentirli condannare alla demolizione del nuovo piano del loro fabbricato la riapertura della finestra del suo vano – cucina, alla ricollocazione di un tubo di zinco e all’eliminazione di alcuni tubi volanti, deducendo che costoro, proprietari di un edificio vicino, avevano dismesso il tetto di copertura del loro fabbricato e realizzato una sopraelevazione del loro immobile, occupando il muro perimetrale del suo fabbricato e chiudendo la finestra dalla quale esercitava la veduta, senza l’osservanza della zona di rispetto prevista dall’art. 905 c.c.; inoltre, avevano eliminato i tubi di scarico del vano cucina, collocandoli nel prospetto dell’edifico attoreo, sostituito un tubo di zinco che portava acqua potabile alla cucina con una tubazione in politilena.
I convenuti, costituitisi, eccepivano la carenza in capo all’attrice del titolo per l’esercizio della servitu’ di veduta verso il loro immobile e, in secondo luogo, che l’attrice aveva acconsentito alla chiusura della finestra e al trasferimento e alla sostituzione dei tubi, espletando al riguardo domanda riconvenzionale di comunione del tratto di muro perimetrale posto a confine tra i due edifici, previa determinazione dell’indennita’ relativa.
L’adito Pretore, espletata c.t.u. e prova per testi, con sentenza n. 23/99 in accoglimento della domanda attorea, condannava i convenuti al rispetto della distanza legale di metri tre dalla veduta prospiciente alla sopraelevazione, mediante la demolizione della tamponatura della finestra e il ripristino dello stato dei luoghi, nonche’ alla ricollocazione dei tubi di scarico, ponendo a loro carico le spese di lite.
La Corte di Appello di Palermo con sentenza n. 306/04, depositata in data 22.3.04, in accoglimento dell’appello proposto dai coniugi C. – M., rigettava la domanda attrice e costituiva la comunione del muro a confine tra i due fabbricati per tutta l’altezza della sopraelevazione compiuta dagli appellanti e per tutta l’estensione della proprieta’ degli stessi subordinava il diritto al muro comune al pagamento della relativa indennita’, determinata in Euro 106,47, con interessi legali dalla sentenza al saldo; poneva le spese dei due gradi di giudizio a carico dell’appellata.
Per la cassazione della sentenza ricorre la parte soccombente esponendo tre motivi, cui resistono con controricorso gli intimati.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per difetto di motivazione o motivazione apparente in relazione all’art. 1350 c.c. nel punto in cui ha ritenuto che la rinunzia a diritti reali sui beni immobili non necessiti della forma scritta, senza dare sufficiente spiegazione degli elementi di fatto su cui poggi la decisione adottata, trascurando altresi’ di spiegare le ragioni per cui ha posto a sostegno della decisione le testimonianze dei testi introdotti dalla difesa degli appellanti, senza dare risposta all’eccezione di inammissibilita’ degli stessi, e ha trascurato di parlare delle deposizioni dei testi introdotti dalla difesa della ricorrente, di contenuto opposto a quello delle prime.
Il motivo merita accoglimento. Non e’ dubbio che la giurisprudenza di legittimita’ faccia distinzione tra la rinunzia al diritto di usucapione, che, in quanto attinente a una situazione di fatto tutelata dal diritto, costituisce una forma di acquisto dei diritti reali a titolo originario, come tale tutelabile con le stesse forme predisposte per l’acquisto di tali diritti, e diritto all’azione per la tutela giudiziaria del diritto stesso che puo’ essere espressa liberamente senza un atto ad substantiam rilevando in proposito che colui che ha acquistato per usucapione un bene immobile e’ libero di rinunziare all’azione a difesa di tale diritto, nel senso che, pur trattandosi di diritti reali e’ ammessa la rinuncia tacita all’azione senza necessita’ di un atto scritto ad propationem (Cass. n. 4945 del 1996; n. 3122 del 1999).
Tuttavia, anche la rinuncia all’azione, risolvendosi in un atto che viene ad incidere sulla tutela del possesso, interrompendo il requisito della continuita’, necessario ai fini della tutela giudiziaria del relativo diritto, deve essere espressa in maniera inequivoca, tenendo conto di tutti gli elementi posti a sostegno delle rispettive tesi, mediante un’analisi scrupolosa e specifica delle prove offerte al riguardo e, soprattutto, del comportamento successivo delle parti.
Non puo’ dirsi che nel caso di specie si sia fatta applicazione di tale principio, se si considera che, pur in presenza di un giudizio favorevole alla tesi della ricorrente, espresso dal giudice di primo grado, nemmeno si e’ fatto cenno alle deposizioni dei testi introdotti dalla difesa della ricorrente e al comportamento successivo tenute dalla stessa parte a seguito della chiusura del suo vano finestra ad opera degli esecutori materiali dell’opera intrapresa dalla controparte. Ne consegue che, accolto il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo e ritenuto inammissibile il terzo, perche’ sollevato per la prima volta in sede di legittimita’, senza il sostegno di alcuna prova al riguardosa sentenza impugnata va cassata con rinvio, anche per le spese del presente giudizio, ad altra sezione della Corte di Appello di Palermo.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso; assorbito il secondo;
inammissibile il terzo; cassa la sentenza in pugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra Sezione della Corte di Appello di Palermo.
Cosi’ deciso in Roma, il 14 gennaio 2010.
Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2010