Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34458 del 24/12/2019
Cassazione civile sez. lav., 24/12/2019, (ud. 24/10/2019, dep. 24/12/2019), n.34458
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –
Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5144-2014 proposto da:
N.E., quale titolare della omonima ditta individuale,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AGRI 1, presso lo studio
dell’avvocato PASQUALE NAPPI, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato MARCO PICCHI;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del
Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura
Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli Avvocati
ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE,
GIUSEPPE MATANO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1103/2013 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,
depositata il 03/10/2013 R.G.N. 1044/2012.
Fatto
RITENUTO
che:
con sentenza del 3 ottobre 2013, la Corte d’appello di Firenze, in accoglimento del gravame proposto dall’INPS e in riforma della sentenza di prime cure, rigettava l’opposizione proposta da N.E. avverso il verbale ispettivo con cui gli era stato ingiunto di pagare all’INPS i contributi dovuti alla Gestione lavoratori autonomi per il di lui figlio S., ritenuto familiare coadiutore nell’ambito dell’impresa edile di cui egli era titolare; contro tali statuizioni ricorre N.E. con un motivo di censura;
resiste l’INPS con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO
che:
con il primo motivo, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2727 c.c., art. 116 c.p.c., D.L. n. 260 del 2003, art. 21, comma 6 ter e D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 74 per avere la Corte di merito ritenuto che il proprio figlio dovesse essere iscritto presso la Gestione artigiani, quale familiare coadiutore, senza tuttavia accertare il carattere di continuità del suo apporto nell’ambito dell’attività d’impresa (considerando il parametro quantitativo di prestazione resa per più di 90 giorni l’anno, indicato dalla circolare del 10 giugno 2013 del Ministero del Lavoro); le risultanze testimoniali, con i testi V. e C., correttamente valutate dal primo giudice, avevano dimostrato che N.S. aveva iniziato a collaborare con il padre solo dall’anno 2009, nè assumeva la veste di indizio significativo il mero dato dell’assicurazione del figlio presso l’Inail sin dal 9 marzo 2006 in qualità di coadiutore familiare, trattandosi di obbligo previsto anche per attività meramente occasionale;
ciò posto, il motivo è infondato;
questa Corte, infatti, ha già avuto modo di chiarire che la L. n. 613 del 1966, art. 2, (a norma del quale “si considerano familiari coadiutori il coniuge, i figli legittimi o legittimati ed i nipoti in linea diretta, gli ascendenti, i fratelli e le sorelle, che partecipano al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza, semprechè per tale attività non siano soggetti all’assicurazione generale obbligatoria in qualità di lavoratori dipendenti o di apprendisti”), va interpretato nel senso che l’obbligo di iscrizione per il familiare coadiutore sussiste allorchè la sua prestazione lavorativa sia abituale, in quanto svolta con continuità e stabilmente e non in via straordinaria od eccezionale (ancorchè non sia necessaria la presenza quotidiana e ininterrotta sul luogo di lavoro, essendo sufficiente escluderne l’occasionalità, la transitorietà o la saltuarietà) e prevalente, in quanto resa, sotto il profilo temporale, per un tempo maggiore rispetto ad altre occupazioni del lavoratore (così Cass. n. 9873 del 2014), restando conseguentemente esclusa ogni valutazione concernente la prevalenza del suo apporto rispetto agli altri occupati nell’azienda, siano essi lavoratori autonomi o dipendenti;
la Corte territoriale si è attenuta a tale principio, dal momento che, oltre a considerare il valore indiziario, rispetto alla prova della attività continuativa di collaboratore del padre svolta da N.S. quale preposto al cantiere, sia dell’iscrizione a tale titolo di coadiutore artigiano presso la Camera di commercio, industria ed artigianato che dell’assicurazione presso l’INAIL in virtù del medesimo titolo, ha congruamente esaminato il contenuto delle dichiarazioni testimoniali raccolte in giudizio e le ha ritenute idonee a supportare il proprio convincimento;
trattasi di valutazione in fatto del giudice di merito, insindacabile dalla Corte di cassazione ed in ordine alla quale non è stato neanche formulato motivo di ricorso;
in definitiva, il ricorso va rigettato e le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3000,00 per compensi; oltre ad Euro 200,00 per esborsi; spese forfetarie nella misura del 15% e spese accessorie di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 24 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 24 dicembre 2019