Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3442 del 09/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 09/02/2017, (ud. 06/12/2016, dep.09/02/2017),  n. 3442

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 373-2015 proposto da:

RISCOSSIONE SICILIA SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

GIULIO CESARE 21/23, presso lo studio dell’avvocato DE LUCA TAMAJO

BOURSIER NIUTTA STUDIO, rappresentato e difeso dall’avvocato VALERIO

SCELFO giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

P.L., elettivamente domiciliata in ROMA VIA DELLA GIULIANA

66, presso lo studio dell’avvocato PIETRO PATERNO’ RADDUSA,

rappresentata e difesa dall’avvocato DANIELE AIELLO giusta procura

in calce al ricorso;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA ENTRATE, in persona del direttore pro tempore elettivamente

domiciliata in VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE

DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1630/17/2014 del 9/01/9014 della Commissione

Tributaria Regionale della Sicilia Sezione Distaccata di CATANIA,

depositata il 13/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. IOFRIDA GIULIA;

udito l’Avvocato della parte ricorrente Scelfo Valerio, che si

riporta agli scritti.

Fatto

IN FATTO

La Riscossione Sicilia Spa, già SERIT Sicilia spa, propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti di P.L. e dell’Agenzia delle Entrate (che resistono con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia Sezione staccata di Catania n. 1630/17/2014, depositata in data 13/05/2014, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di alcuni preavvisi di fermo amministrativo e di una serie di cartelle di pagamento e dei relativi ruoli, per varie imposte ed in relazione agli anni dal 1999 al 2002, – è stata in parte riformata la decisione di primo grado, che aveva dichiarato inammissibile il ricorso della contribuente. In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto, nell’accogliere parzialmente il gravame della contribuente, ritenuto preliminarmente ammissibile il ricorso introduttivo, che solo una delle cartelle di pagamento impugnate risultava validamente notificata alla contribuente, con conseguente validità del relativo preavviso di fermo ed annullamento dei ruoli portati dalle altre cartelle, tra le quali anche quella avente n. “(OMISSIS) per un totale di Euro 12.413,58”.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.

Si dà atto che il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

IN DIRITTO

1. La ricorrente lamenta, con unico motivo, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e stato oggetto di discussione tra le parti, ex art. 360 c.p.c., n. 5, vale a dire la prova, prodotta in appello con memoria illustrativa, dell’invio, in relazione alla cartella di pagamento “(OMISSIS)”, consegnata ad una vicina di casa della destinataria, della raccomandata informativa.

2. La censura è inammissibile.

In effetti, nella parte relativa allo svolgimento del processo, la C.T.R. dà atto del fatto che l’appellante Concessionario per la riscossione, in appello ed unitamente a memoria illustrativa del “19/12/2011”, aveva allegato “distinta di invio raccomandata per la cartella “(OMISSIS)”. Nella parte motivazionale, poi, la Commissione, in relazione alla suddetta cartella, afferma che, “dall’esame della documentazione in atti” risulta che la cartella “venne consegnata il 12/02/2007 a mani di una vicina t.q. e il notificatore dichiarò di avere informato il contribuente con raccomandata ai sensi dell’art. 139 c.p.c., comma 4, ma non vi è prova di tale spedizione”.

Pertanto, la Commissione ha esaminato il tatto storico rappresentato dalla spedizione della raccomandata informativa e quindi ha vagliato l’atto depositato dall’appellante (la distinta della raccomandata), ritenendolo tuttavia inidoneo a provare la spedizione della raccomandata relativa alla notificazione della suddetta cartella.

Questa Corte (Cass. 11892/2016) ha già affermato che “il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), nè in quello del precedente n. 4, disposizione che, per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4 – dà rilievo unicamente all’anomali motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante”.

Peraltro, la ricorrente non ha riprodotto, in ricorso, il contenuto della contestata “distinta di invio della raccomandata affinchè questa Corte potesse vagliare la sicura portata decisoria della produzione documentale e questa lacuna costituisce ulteriore ragione di inammissibilità della lagnanza (cfr. Cass. 25756/2014: “Il mancato esame di un documento può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di fondamento, con la conseguenza che la denunzia in sede di legittimità deve contenere, a pena di inammissibilità, l’indicazione delle ragioni per le quali il documento trascurato avrebbe senza dubbio dato luogo ad una decisione diversa”).

3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza nel rapporto ricorrente/controricorrente P., sussistendo, invece, giusti motivi per compensare le spese processuali nel rapporto tra la ricorrente Riscossione Sicilia e la controricorrente Agenzia delle Entrate, avendo quest’ultima concluso per raccoglimento del ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater si dà arto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali, in favore della controricorrente P., liquidate in complessivi Euro 2.000,00, a titolo di compensi, oltre accessori di legge e rimborso forfettario spese generali, nella misura del 15%.

Dichiara integralmente compensate le spese processuali nel rapporto ricorrente/controricorrente Agenzia delle Entrate.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2017

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