Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3442 del 03/02/2022
Cassazione civile sez. VI, 03/02/2022, (ud. 14/01/2022, dep. 03/02/2022), n.3442
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 26229-2020 proposto da:
C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA C.
PASSAGLIA 14, presso lo studio dell’avvocato MARIA MERLO,
rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONIO CORSO, MARINA CORSO;
– ricorrente –
A.V., domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la
CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa
dall’avvocato FERNANDO NAPOLITANO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2986/2020 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,
depositata il 02/09/2020;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata del 14/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO DI
MARZIO.
Fatto
RILEVATO
che:
1. – C.G. ricorre per un mezzo, nei confronti di A.V., contro la sentenza del 2 settembre 2020 con cui la Corte d’appello di Napoli ha respinto il suo appello avverso sentenza resa tra le parti dal Tribunale di Napoli Nord, nella parte, corretta con ordinanza del 10 dicembre 2019 dello stesso Tribunale, in cui esso, pronunciando in sede di separazione coniugale, aveva assegnato alla A., a seguito dell’accoglimento di istanza di correzione di errore materiale da quest’ultima proposta e resistita dal C., la casa familiare sita in (OMISSIS), casa familiare che, antecedentemente alla correzione, risultava essere stata indicata nella stessa sentenza come ubicata in (OMISSIS).
2. – A.V. resiste con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO
che:
3. – L’unico mezzo denuncia violazione dell’art. 287 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, censurando la sentenza impugnata per aver contraddittoriamente affermato, da un lato, che l’errore materiale suscettibile di correzione consiste in un mero difetto di corrispondenza tra ideazione e sua materiale rappresentazione da parte del giudice, rilevabile dalla sola lettura del provvedimento correggendo, e, dall’altro lato, che sussistessero i presupposti per la correzione quantunque la sentenza del Tribunale indicasse come casa familiare sempre e soltanto quella sita in (OMISSIS), sul rilievo che “il contenuto concettuale della sentenza è l’assegnazione della casa familiare, dovunque essa si trovi. Rispetto a tale contenuto concettuale, l’indicazione dell’indirizzo è mero accessorio e potrebbe perfino mancare”.
Ritenuto che:
4. – Il ricorso è manifestamente fondato.
Secondo il costante insegnamento di questa S.C., noto alla stessa Corte partenopea, che ne ha però fatto applicazione palesemente errata, il procedimento per la correzione degli errori materiali di cui all’art. 287 c.p.c., è esperibile per ovviare ad un difetto di corrispondenza fra l’ideazione del giudice e la sua materiale rappresentazione grafica, chiaramente rilevabile dal testo stesso del provvedimento mediante il semplice confronto della parte del documento che ne è inficiata con le considerazioni contenute nella motivazione, senza che possa incidere sul contenuto concettuale e sostanziale della decisione (Cass. 11 gennaio 2019, n. 572; Cass. 11 agosto 2020, n. 16877).
Nel caso in esame è di tutta evidenza che la Corte d’appello, lungi dal riscontrare un qualche contrasto tra il momento ideativo e quello rappresentativo, tale da poter essere evinto dalla stessa sentenza del Tribunale di Napoli Nord, ha, seguendo l’operato del primo giudice, effettuato una ricostruzione della ratio decidendi posta a sostegno della decisione resa da quel giudice, attraverso un’indagine ab externo volta al riesame degli atti di causa, movendo in particolare dal ricorso, ove la A., pur dichiarandosi residente in (OMISSIS), aveva indicato come casa familiare quella di (OMISSIS).
Del tutto erroneo, al riguardo, è l’affermazione secondo cui “contenuto concettuale della sentenza è l’assegnazione della casa familiare, dovunque essa si trovi”.
Posto, difatti, che la nozione di casa familiare, oggi essenzialmente disciplinata dall’art. 337-sexies c.p.c., sta ad identificare “quel complesso di beni funzionalmente attrezzato per assicurare l’esistenza domestica alla comunità familiare”, di guisa che essa consiste “nella concreta res facti che prescinde da qualsivoglia titolo giuridico sull’immobile” (Corte Cost. 27 luglio 1989, n. 454), e dunque nel “luogo che ha rappresentato il centro di aggregazione della famiglia durante la convivenza” (Cass. 20 gennaio 2006, n. 1198, ex multissimis), è da escludere che essa possa identificarsi in astratto ed in difetto della materiale individuazione di essa.
Al contrario, non ha senso figurarsi l’esistenza di una casa familiare indifferente alla sua ubicazione, giacché essa si individua, come si diceva, in funzione della convivenza in essa, sotto specie di stabile dimora del nucleo familiare, comprensivo, per i fini dell’assegnazione, della prole (Cass. 17 giugno 2019, n. 16134). L’esistenza di una casa familiare – che non è detto necessariamente vi sia, le quante volte al momento della crisi familiare sia già in precedenza venuto a mancare il menzionato centro di aggregazione – è allora res facti oggetto di un accertamento di merito che il giudice di volta in volta compie, perlopiù, nella pratica, implicitamente, prendendo atto della allegazione sul punto e della non contestazione della controparte.
In definitiva, la Corte d’appello, non ha constatato una mera discrasia autoevidente tra quanto il Tribunale aveva detto e quanto invece avrebbe inteso dire, ma ha, nel respingere l’appello, confermato l’operazione posta in essere dalla Tribunale e volta a ricostruire e ripercorrere l’iter motivazionale seguito nella sentenza correggenda, ponendo così in essere non già un’attività di tipo sostanzialmente amministrativo (tra le tante di recente Cass. 22 giugno 2020, n. 12184), quale quella in cui si risolve la correzione dell’errore materiale, ma un’attività di tipo cognitivo-decisionale, volta a rivedere – attraverso la sostituzione della dicitura “(OMISSIS)” con quella “(OMISSIS)” – un accertamento di fatto erroneamente compiuto.
5. – La sentenza è cassata e rinviata alla Corte d’appello di Napoli, che si atterrà a quanto indicato e provvederà anche sulle spese di questo giudizio di legittimità. Si dispone l’oscuramento dei dati.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione. Si dispone l’oscuramento dei dati.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.
Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2022.
Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2022