Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34411 del 15/11/2021

Cassazione civile sez. VI, 15/11/2021, (ud. 26/10/2021, dep. 15/11/2021), n.34411

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23836-2019 proposto da:

O.V., rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO SASSI

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA alla VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso la sede dell’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositata

l’11/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/10/2021 dal Consigliere Dott. CRISCUOLO MAURO.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

O.V., provvisoriamente ammesso al patrocinio a spese dello Stato, impugnò davanti al tribunale di Campobasso il provvedimento con cui la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Salerno Sezione di Campobasso aveva disatteso la sua domanda di protezione internazionale e/o umanitaria.

Il Tribunale di Campobasso rigettò il suo ricorso, giudicandolo manifestamente infondato, e contestualmente revocò l’ammissione del medesimo ricorrente al patrocinio a spese dello Stato.

O.V. propose opposizione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170 (Testo unico in materia di spese di giustizia, di seguito TUSG) al provvedimento di revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato e il tribunale, con ordinanza depositata l’11 giugno 2019, ha rigettato l’opposizione.

Avverso detta pronuncia O.V. ha proposto ricorso per cassazione, sulla scorta di due motivi.

Il Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso.

Con il primo motivo, si denuncia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione con la nullità del procedimento impugnato ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, sostenendosi che sia del tutto illogico sostenere, come fatto dal Tribunale che, in assenza di motivazione da parte del giudice che rigetti la domanda di protezione internazionale, sia ex se legittima la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, in quanto in tal modo non sarebbe dato sindacato in sede di opposizione avverso tale ultimo provvedimento, sulle ragioni della revoca.

Il secondo motivo denuncia ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, comma 2, artt. 170 e 74 e del D.L. n. 13 del 2017, art. 6, comma 17.

Si denuncia l’errore in cui il tribunale sarebbe incorso giudicando manifestamente infondata la domanda del ricorrente, ancorché tale valutazione di infondatezza manifesta della sua richiesta di protezione internazionale e/o umanitaria non fosse stata operata dalla Commissione territoriale alla stregua del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 28 bis.

Si denuncia altresì l’errore in cui il tribunale, quale giudice dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, sarebbe incorso omettendo di operare una propria valutazione in ordine alla “manifesta” infondatezza della domanda azionata dalla parte ammessa a tale patrocinio, sostenendosi l’erroneità anche della conclusione secondo cui ai sensi del D.L. n. 13 del 2017, art. 6, comma 17 (recte: D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 17, come modificato dal D.L. n. 13 del 2017, art. 6), in combinato disposto con l’art. 74 TUSG, comma 2, e art. 82 TUSG, al rigetto della domanda di protezione internazionale, in assenza di motivazione circa la non manifesta infondatezza, si accompagnerebbe la revoca dell’ammissione al detto beneficio.

L’impugnata ordinanza prende le mosse dal disposto del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 17, come modificato dal D.L. n. 13 del 2017, art. 6, lett. g) (convertito, con modificazioni, con la L. n. 46 del 2017); detto comma recita: “Quando il ricorrente è ammesso al patrocinio a spese dello Stato e l’impugnazione ha ad oggetto una decisione adottata dalla Commissione territoriale ai sensi dell’art. 29 e art. 32, comma 1, lett. b-bis), il giudice, quando rigetta integralmente il ricorso, indica nel decreto di pagamento adottato a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 82, le ragioni per cui non ritiene le pretese del ricorrente manifestamente infondate ai fini di cui al predetto D.P.R. m. 115 del 2002, art. 74, comma 2”).

Da tale disposizione il tribunale trae la regula juris che “nella specifica materia l’integrale rigetto del ricorso implica (equivale alla manifesta infondatezza dello stesso, che, a sua volta, determina la revoca dell’ammissione al patrocinio”; cosicché “le ragioni del rigetto nel merito (insindacabili nel caso in cui il provvedimento sia definitivo) sono sufficienti a determinare, automaticamente, la revoca dell’ammissione” (pag. 3 dell’ordinanza).

Ha altresì evidenziato che, pur restando fedele all’insegnamento di questa Corte, secondo cui il giudice dell’opposizione non avrebbe un autonomo potere di rivalutazione del giudizio espresso dal giudice di merito quanto alla ricorrenza del presupposto della revoca, nel caso di specie correlato alla manifesta infondatezza della pretesa, lo stesso ricorrente non aveva contestato le ragioni che avevano indotto il Tribunale in precedenza a disporre la revoca sul presupposto della manifesta infondatezza della domanda, manifesta infondatezza che ricorreva non solo quando il richiedente avesse sollevato questioni che non abbiano alcuna attinenza con i presupposti fondanti il riconoscimento della protezione internazionale, ma anche nel caso in cui lo stesso avesse rilasciato dichiarazioni palesemente contraddittorie o incoerenti o palesemente false, che contraddicono informazioni verificate sul paese d’origine, e che denotano l’inattendibilità del suo racconto.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

A norma del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, comma 17, nella specie applica bile ratione temporis, nelle controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale, allorché il ricorrente è ammesso al patrocinio a spese dello Stato e l’impugnazione ha ad oggetto una decisione adottata dalla Commissione territoriale ai sensi dell’art. 29 e art. 32, comma 1, lett. b-bis), il giudice, quando rigetta integralmente il ricorso, indica nel decreto di pagamento adottato a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 82, le ragioni per cui non ritiene le pretese del ricorrente manifestamente infondate ai fini di cui al predetto D.P.R. n. 15 del 2002, art. 74, comma 2. Alla luce di tale disposizione, Cass. Sez. 6 – 1, 27/09/2019, n. 24109, ha già affermato che deve ritenersi pienamente compatibile, sul piano costituzionale, la previsione della revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato a fronte della manifesta infondatezza delle domande, spettando al giudice di merito che procede stabilire motivatamente se la manifesta infondatezza vi sia oppure no. Del resto, già il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 122, subordina l’ammissibilità dell’istanza di patrocinio alla valutazione di “non manifesta infondatezza della pretesa che si intende far valere”, mentre il medesimo D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, comma 2, stabilisce che il magistrato revoca l’ammissione al patrocinio provvisoriamente disposta dal consiglio dell’ordine degli avvocati, se risulta l’insussistenza dei presupposti per l’ammissione ovvero se l’interessato ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave.

Questa Corte ha anche già chiarito come il rigetto della domanda di protezione internazionale non implica automaticamente la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, la quale postula, piuttosto, comunque l’accertamento del presupposto della colpa grave nella proposizione dell’azione, valutazione diversa ed autonoma rispetto a quella afferente alla fondatezza del merito della domanda (Cass. Sez. 6 – 2, 10/04/2020, n. 7785).

Il D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, comma 17, suppone, del resto, l’esercizio di un potere distinto rispetto a quello del giudice che decide sulla domanda di protezione internazionale. Tale potere è orientato da una valutazione a sua volta diversa dalla già operata delibazione ex ante del requisito della non manifesta infondatezza (che va compiuto al momento della presentazione della domanda) e si sostanzia nella revoca ex post della ammissione al beneficio quando, a seguito del giudizio, non risulti provato che la persona ammessa non abbia azionato una pretesa manifestamente infondata, del che il giudice deve dar conto necessariamente in motivazione (argomenta da Corte Cost. ord. 17 luglio 2009, n. 220). Non è dunque corretto sostenere che, nelle controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale, allorché il ricorrente è ammesso al patrocinio a spese dello Stato, il giudice debba motivare “solo se non revoca” il patrocinio, intendendosi altrimenti il provvedimento di ammissione automaticamente revocato per il sol fatto che il ricorso sia stato rigettato integralmente.

Sebbene non possa essere condivisa nella sua assolutezza l’affermazione di cui all’ordinanza impugnata, secondo cui il rigetto del ricorso implicherebbe come conseguenza automatica la revoca del gratuito patrocinio, il Tribunale di Campobasso, ha evidenziato come il provvedimento di revoca si accompagnava ad una concreta valutazione circa la manifesta infondatezza della domanda di protezione internazionale, e dunque dei presupposti per la revoca dell’ammissione al patrocinio, non limitandosi a far riferimento al mero rigetto della pretesa, ma riscontrando la natura palesemente incoerente e contraddittoria delle dichiarazioni rese dal ricorrente tali da trasmodare in una palese falsità, contraddicendo informazioni invece verificate sul suo paese d’origine.

Tale apprezzamento di fatto compiuto dal giudice di merito non è sindacabile in questa sede mediante censure di violazione di norme di diritto, come proposte dal ricorrente.

L’ordinanza contiene, del resto, le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione. In seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della pronuncia di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia.

Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile, regolandosi le spese processuali secondo soccombenza nell’ammontare indicato in dispositivo.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi Euro 2.000,00, oltre spese prenotate a debito;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, art. 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2021

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