Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34410 del 23/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 23/12/2019, (ud. 08/11/2019, dep. 23/12/2019), n.34410

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – rel. Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 20804/14 R.G. proposto da:

F.A.G.G. COSTRUZIONI GENERALI S.R.L., in persona del legale

rappresentante, rappresentata e difesa, in forza di procura in calce

al ricorso, dall’avv. Enrico Di Finizio e dall’avv. Milena Portella,

con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, alla via

Vinadio, n. 26;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i

cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12 è elettivamente

domiciliata;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale della

Campania n. 636/23/14 depositata in data 22 gennaio 2014;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 8 novembre

2019 dal Consigliere Dott.ssa Condello Pasqualina Anna Piera.

Fatto

RILEVATO

che:

La società F.A.G.G. Costruzioni Generali s.r.l. impugnava l’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate recuperava a tassazione, per l’anno 2005, maggiore reddito per Euro 548.512,00, accertando maggiore imponibile ai fini IRES, IRAP e I.V.A.

In particolare, l’Amministrazione contestava:

a) omessa fatturazione e omessa dichiarazione di ricavi per Euro 42.000,00;

b) omessa dichiarazione di componenti positivi di reddito in relazione alle rimanenze finali di prodotti finiti per Euro 381.500,00 alla data del 31 dicembre 2005;

c) omessa dichiarazione di ricavi per la prestazione di servizi per Euro 125.011,77.

La Commissione tributaria provinciale annullava parzialmente l’atto impositivo, ritenendo fondato il primo rilievo e rigettando gli altri.

Proposto appello principale dall’Ufficio ed appello incidentale dalla società, la Commissione regionale della Campania accoglieva parzialmente il primo, rideterminando il reddito accertato in Euro 381.500,00 e, accogliendo il secondo, dichiarava non omessa la fatturazione per Euro 42.000,00.

Ricorre per la cassazione della suddetta decisione la società F.A.G.G. Costruzioni Generali s.r.l., affidandosi a tre motivi.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, nella parte in cui la Commissione regionale ha affermato che le rimanenze non dichiarate per l’anno 2005 risultavano cedute al 31 dicembre 2006 e che, mancando la documentazione comprovante la cessione, risultava omessa la fatturazione.

I giudici d’appello, secondo la prospettazione della ricorrente, non hanno fornito giustificazioni idonee ad individuare l’iter logico e giuridico su cui poggia la decisione, poichè hanno recepito acriticamente il motivo di gravame dell’Ufficio avverso la sentenza di primo grado, incorrendo in tal modo nel vizio di motivazione apparente.

2. Con il secondo motivo censura la sentenza per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 85, comma 1, lett. a) e b) e art. 92 e dell’art. 2426 c.c.

Premette, in fatto, che aveva realizzato un edificio, composto da otto appartamenti per civile abitazione, del valore commerciale di Euro 623.000,00; nel 2005 aveva venduto tre appartamenti per un valore di Euro 241.500,00 e le restanti unità immobiliari, del valore commerciale di Euro 381.500,00, rimaste invendute al 31 dicembre 2005, che, secondo l’Ufficio, dovevano concorrere a formare il reddito d’impresa, come variazione delle rimanenze finali ai sensi dell’art. 85, comma 1, lett. a) e b), non erano state ultimate alla data del 31 dicembre 2005, per cui le vendite effettuate nel 2005 avevano sostanzialmente coperto i costi dei lavori neutralizzando il valore delle rimanenze.

In ragione della mancata ultimazione della costruzione, i ricavi erano stati contabilizzati nell’esercizio nel quale gli immobili erano stati venduti (2006-2008).

Ad avviso della ricorrente, la motivazione della sentenza impugnata non identifica correttamente la nozione di rimanenza e di ricavi, non specifica se è stata operata una distinzione, ai fini della valutazione delle rimanenze, tra opere incomplete e opere complete, tra immobili venduti ed immobili invenduti e postula che le rimanenze, alla data del 31 dicembre 2006, fossero state cedute e non fatturate, sebbene fosse pacifico che tutti gli immobili ceduti tra il 2006 ed il 2008 erano stati trasferiti con atti pubblici ed erano stati regolarmente fatturati.

3. Con il terzo motivo censura la sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omesso esame circa un fatto decisivo e controverso costituito nell’avere attribuito alle rimanenze la natura di corrispettivi conseguiti, ossia di ricavi non dichiarati.

Sostiene che la decisione impugnata trascura di esaminare il fatto generatore del reddito, individuandolo nella omessa dichiarazione di corrispettivi conseguiti e non considerando che gli immobili-merce alla data del 31 dicembre 2005 non risultavano terminati e ceduti.

4. La censura avanzata con il primo motivo è infondata.

Per consolidato e condivisibile indirizzo di questa Corte, la sentenza è nulla ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, qualora risulti del tutto priva dell’esposizione dei motivi sui quali la decisione si fonda, ovvero qualora la motivazione sia solo apparente, poichè si estrinseca in argomentazioni non idonee a rivelare le ragioni della decisione, ossia qualora non siano indicati gli elementi da cui il giudice ha tratto il proprio convincimento, o ancora quando tali elementi siano indicati senza una adeguata disamina logico-giuridica, mentre tale vizio resta escluso con riguardo alla valutazione delle circostanze in senso difforme da quello preteso dalla parte (Cass. 8 gennaio 2009, n. 161; Cass. Sez. U, 21 dicembre 2009, n. 26825).

4.1. La motivazione è, quindi, solo apparente – e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo quando, benchè graficamente esistente, non renda tuttavia percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U, 3 novembre 2016, n. 22232).

4.2. Nella specie, non è ravvisa bile motivazione apparente in quanto la Commissione regionale, sebbene con motivazione succinta, nel confermare il rilievo riportato a pag. 5 dell’avviso di accertamento, ha esplicitato il proprio convincimento rilevando che risultava omessa la fatturazione delle rimanenze finali non dichiarate al 31 dicembre 2005 (costituite dagli immobili oggetto di costruzione), pur risultando le stesse cedute alla data del 31 dicembre 2006.

Trattandosi di motivazione che evidenzia il percorso logico- giuridico che ha condotto la Commissione regionale al decisum, eventuali profili di “insufficienza” o di apodicitticità della motivazione, che pure sono stati dedotti con il mezzo in esame, non determinano nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

5. Il secondo ed il terzo motivo, essendo strettamente connessi, possono essere trattati unitariatamente e sono infondati.

5.1. Va premesso che per le società immobiliari di costruzione, quale è la odierna ricorrente, che hanno quale oggetto sociale principale quello di costruire immobili di proprietà per poi rivenderli a terzi, si pone, sia sotto il profilo civilistico che relativamente agli aspetti tributari, un problema di valutazione delle rimanenze di magazzino che sono rappresentate, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 85, comma 1, lett. a), dai fabbricati in corso di costruzione o, in caso di lavori ultimati, dai fabbricati finiti e pronti per la vendita.

5.2. Gli edifici costruiti ai fini della vendita da parte delle imprese di costruzione costituiscono immobili-merce, poichè si tratta di beni al cui scambio o produzione è diretta l’attività d’impresa.

Nel bilancio d’esercizio tali immobili-merce sono allocati tra le “rimanenze”, ossia nell’attivo circolante della società cui appartengono, ed il “magazzino” non identifica il luogo fisico nel quale i beni sono conservati, bensì individua l’insieme dei beni-merce che sono nella disponibilità giuridica dell’azienda, i quali, se non vengono valutati a costi specifici, devono essere, ai fini della loro valutazione, raggruppati in categorie omogenee.

A differenza di ogni altro bene acquistato e rivenduto, i beni-merce, ai fini della loro iscrizione tra le rimanenze, sono soggetti alla disciplina dettata dall’art. 2426 c.p.c., comma 1, n. 9, il quale stabilisce che la valutazione di detti beni deve essere assunta al costo storico, dato dal reale prezzo di acquisto del bene immobile o dalle spese sostenute per la loro costruzione o, qualora inferiore al costo storico, al valore di presunto realizzo, in base all’andamento del mercato di riferimento al momento dell’iscrizione.

6. Posto ciò, nel caso in esame è incontestato che la società contribuente abbia costruito un edificio composto da otto unità immobiliari destinate alla vendita, del valore complessivo di Euro 623.000,00 e che alla data del 31 dicembre 2005 risultassero vendute tre unità immobiliari al prezzo di Euro 241.500,00.

La società sostiene che le restanti unità immobiliari, aventi un valore commerciale di Euro 381.500,00, sono state cedute nei successivi anni (dal 2006 al 2008) e che, per tale ragione, i beni-merce rimasti invenduti nell’anno di imposta oggetto di accertamento, diversamente da quanto ritenuto dall’Ufficio, trattandosi di immobili non ancora ultimati, non dovevano concorrere a formare il reddito d’impresa e non dovevano essere iscritti quali rimanenze nel bilancio d’esercizio.

Sul punto l’Agenzia delle Entrate, nel sottolineare che la ricorrente ha inammissibilmente introdotto con il ricorso per cassazione una circostanza di fatto nuova, ha controdedotto che con il ricorso di primo grado la contribuente si è limitata a contestare, con riguardo al rilievo afferente alle rimanenze finali accertate in corso di verifica, che il valore di Euro 381.500,00 preso in considerazione dall’Amministrazione, seppure correttamente ricavato detraendo dal valore complessivo del fabbricato (Euro 623.000,00) l’importo ottenuto dalle vendite di tre appartamenti (Euro 241.500,00), era comprensivo del “margine operativo della costruzione”, mentre il valore delle rimanenze finali doveva essere determinato sulla base “di un inventario fisico e della contabilità di cantiere”.

La tesi difensiva prospettata dalla odierna ricorrente non può essere condivisa

La circostanza che non tutte le unità immobiliari fossero state ultimate alla data del 31 dicembre 2005 risulta irrilevante, se si considera che tali beni, risultando nella disponibilità della società, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 92, dovevano essere comunque allocati nel bilancio tra le rimanenze di magazzino e che, in ogni caso, la mancata ultimazione dell’immobile non impediva la vendita dell’immobile, ben potendo un appartamento essere ceduto prima ancora della sua completa realizzazione.

Va, piuttosto, rilevato che la società non disconosce che i beni merce che essa assume non essere stati venduti entro il 31 dicembre 2005 non siano stati annotati tra le rimanenze finali dell’esercizio 2005 e gli stessi immobili, secondo quanto emerge dalla sentenza impugnata, risultano già ceduti alla data del 31 dicembre 2006, ma manca la prova della fatturazione dei relativi corrispettivi nel 2006.

Posto che la contribuente avrebbe dovuto dimostrare o la posta di ricavo fatturata nel 2006 o la annotazione dei beni merci tra le rimanenze del 2005, del tutto logicamente la Commissione regionale ha ritenuto, facendo applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 92, che la mancata iscrizione dei beni-merce nelle rimanenze finali dell’anno 2005 faccia presumere la cessione degli stessi nel medesimo anno, con la conseguenza che il valore di tali beni costituisce componente positivo che concorre a formare il reddito riferito all’anno d’imposta 2005.

La decisione impugnata si sottrae, pertanto, a tutte le censure ad essa rivolte con i mezzi in esame.

7. In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 7.800,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 8 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2019

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