Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34410 del 15/11/2021

Cassazione civile sez. VI, 15/11/2021, (ud. 26/10/2021, dep. 15/11/2021), n.34410

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24271-2019 proposto da:

U.B., rappresentato e difeso dall’avvocato MARCO GIORGETTI

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA alla VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso la sede dell’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositata il

24/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/10/2021 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

U.B., provvisoriamente ammesso al patrocinio a spese dello Stato, impugnò davanti al tribunale di Ancona il provvedimento con cui la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Ancona aveva disatteso la sua domanda di protezione internazionale.

Il Tribunale di Ancona rigettò il suo ricorso, giudicandolo infondato.

Avverso tale provvedimento era proposto ricorso per cassazione e questa Corte con la sentenza n. 288 del 2019 ha rigettato l’impugnativa, ritenendo inammissibili due dei cinque motivi proposti.

All’esito del giudizio di legittimità il difensore del ricorrente presentava richiesta di liquidazione dei compensi, ed il Tribunale di Ancona con ordinanza del 23 gennaio 2019 revocò l’ammissione del medesimo ricorrente al patrocinio a spese dello Stato.

U.B. propose opposizione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo unico in materia di spese di giustizia, di seguito TUSG), ex art. 170, al provvedimento di revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato e il tribunale, con ordinanza depositata il 24 giugno 2019, ha rigettato l’opposizione.

Avverso detta pronuncia U.B. ha proposto ricorso per cassazione, sulla scorta di un motivo.

Il Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso.

Con il motivo, si denuncia la violazione e falsa applicazione della Dir. 2013/32/UE, art. 20, del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 35 e 16, dell’art. 24 Cost., del Decreto Sicurezza, art. 15 e del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 130 bis, con altresì vizio di motivazione apparente.

Si deduce che il provvedimento impugnato è carente di motivazione nella parte in cui ha ravvisato la colpa grave del ricorrente aderendo alle ragioni del giudice del provvedimento opposto, le cui argomentazioni sono inidonee a sorreggere la disposta revoca.

Si assume poi che per effetto della revoca sarebbero state violate le previsioni comunitarie che assicurano l’assistenza e rappresentanza legali gratuite nelle procedure di protezione internazionale, nell’ambito delle quali deve includersi anche il diritto ad impugnare le decisioni adottate dalla Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale. Ciò costituisce poi una specificazione del diritto di difesa costituzionalmente sancito dall’art. 24.

Peraltro, l’art. 130 bis del TUSG, introdotto dal Decreto Sicurezza, art. 15, prevede l’esclusione del diritto del difensore ai compensi solo nel caso in cui l’impugnazione sia stata dichiarata inammissibile, mentre nel caso in esame la Corte di Cassazione aveva dichiarato inammissibili solo due dei motivi proposti dal ricorrente, reputando invece infondati i rimanenti.

A norma del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, comma 17, nella specie applicabile ratione temporis, nelle controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale, allorché il ricorrente è ammesso al patrocinio a spese dello Stato e l’impugnazione ha ad oggetto una decisione adottata dalla Commissione territoriale ai sensi dell’art. 29 e dell’art. 32, comma 1, lett. b-bis), il giudice, quando rigetta integralmente il ricorso, indica nel decreto di pagamento adottato a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 82, le ragioni per cui non ritiene le pretese del ricorrente manifestamente infondate ai fini di cui al predetto decreto, art. 74, comma 2. Alla luce di tale disposizione, Cass. Sez. 6 – 1, 27/09/2019, n. 24109, ha già affermato che deve ritenersi pienamente compatibile, sul piano costituzionale, la previsione della revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato a fronte della manifesta infondatezza delle domande, spettando al giudice di merito che procede stabilire motivatamente se la manifesta infondatezza vi sia oppure no. Del resto, già il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 122, subordina l’ammissibilità dell’istanza di patrocinio alla valutazione di “non manifesta infondatezza della pretesa che si intende far valere”, mentre il medesimo D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, comma 2, stabilisce che il magistrato revoca l’ammissione al patrocinio provvisoriamente disposta dal consiglio dell’ordine degli avvocati, se risulta l’insussistenza dei presupposti per l’ammissione ovvero se l’interessato ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave.

Questa Corte ha anche già chiarito come il rigetto della domanda di protezione internazionale non implica automaticamente la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, la quale postula, piuttosto, comunque l’accertamento del presupposto della colpa grave nella proposizione dell’azione, valutazione diversa ed autonoma rispetto a quella afferente alla fondatezza del merito della domanda (Cass. Sez. 6 – 2, 10/04/2020, n. 7785).

Il D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, comma 17, suppone, del resto, l’esercizio di un potere distinto rispetto a quello del giudice che decide sulla domanda di protezione internazionale. Tale potere è orientato da una valutazione a sua volta diversa dalla già operata delibazione ex ante del requisito della non manifesta infondatezza (che va compiuto al momento della presentazione della domanda) e si sostanzia nella revoca ex post della ammissione al beneficio quando, a seguito del giudizio, non risulti provato che la persona ammessa non abbia azionato una pretesa manifestamente infondata, del che il giudice deve dar conto necessariamente in motivazione (argomenta da Corte Cost. ord. 17 luglio 2009, n. 220). Non è dunque corretto sostenere che, nelle controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale, allorché il ricorrente è ammesso al patrocinio a spese dello Stato, il giudice debba motivare “solo se non revoca” il patrocinio, intendendosi altrimenti il provvedimento di ammissione automaticamente revocato per il sol fatto che il ricorso sia stato rigettato integralmente.

Il Tribunale di Ancona nel provvedimento impugnato, ha evidenziato come il provvedimento di revoca si accompagnava ad una concreta valutazione circa la manifesta infondatezza della domanda di protezione internazionale, e dunque dei presupposti per la revoca dell’ammissione al patrocinio, non limitandosi a far riferimento al mero rigetto della pretesa, ma riscontrando come il ricorrente avesse reiterato nei vari gradi di giudizio, le medesime allegazioni ei difese, nonostante gli esiti sfavorevoli, e ritenendo quindi che la domanda proposta, e coltivata anche in sede di legittimità concretasse una condotta connotata in sostanza da mala fede o colpa grave.

Tale apprezzamento di fatto compiuto dal giudice di merito non è sindacabile in questa sede mediante censure di violazione di norme di diritto, come proposte dal ricorrente.

L’ordinanza contiene, del resto, le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione. In seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della pronuncia di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia.

Attesa l’applicazione della detta norma, risulta inconferente il richiamo al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 130 bis, avendo peraltro il Tribunale revocato il beneficio per l’intero giudizio e non solo per quello di legittimità.

Quanto alle altre norme di cui si denuncia la violazione, deve reputarsi che il legislatore italiano abbia dato piana attuazione agli obblighi derivanti oltre che dalla Costituzione anche delle fonti comunitarie, e che resta impregiudicata la possibilità di far venir meno l’obbligo di remunerare il difensore della parte non abbiente nel caso in cui vi sia un abuso del processo ovvero la proposizione di domande manifestamente infondate, come appunto ritenuto nel caso di specie.

Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile, regolandosi le spese processuali secondo soccombenza nell’ammontare indicato in dispositivo.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi Euro 2.000,00, oltre spese prenotate a debito;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato per il ricorso principale a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2021

 

 

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