Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3441 del 03/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 03/02/2022, (ud. 18/01/2022, dep. 03/02/2022), n.3441

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCOTTI Umberto L.C.G. – rel. Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27948-2020 proposto da:

S.S., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato SERGIO MENNA;

– ricorrente –

contro

UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO DI TERAMO PREFETTURA DI TERAMO;

– intimato –

avverso l’ordinanza n. 52/2020 del GIUDICE DI PACE di TERAMO,

depositata il 21.9.2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 18.1.2022 dal Presidente Relatore Dott. UMBERTO

LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ordinanza (definita “decreto”) del (OMISSIS) il Giudice di pace di Teramo ha respinto l’opposizione proposta da S.S., cittadino albanese, avverso il decreto di espulsione emesso il (OMISSIS) dal Prefetto di Teramo, a spese compensate.

A tal fine il Giudice ha posto in rilievo l’inesistenza di un rapporto locatizio e di un regolare rapporto di lavoro, un pregresso percorso delittuoso, anche per reati concernenti sostanze stupefacenti, che ha portato il cittadino straniero in carcere e all’affidamento in prova ai servizi sociali, il disinteresse per la vita familiare, i comportamenti pregiudizievoli per i figli e ha altresì rilevato che il Tribunale per i minorenni aveva decretato lo stato di adottabilità per i figli, la decadenza del ricorrente dalla responsabilità genitoriale e la revoca dell’autorizzazione a permanere sul territorio nazionale incompatibile con le esigenze dei minori.

2. Avverso il predetto provvedimento, con atto notificato il 21.10.2020 al Prefetto di Teramo presso l’Avvocatura generale dello Stato, ha proposto ricorso per cassazione Saimir S., svolgendo quattro motivi.

Il Prefetto di Teramo non si è costituito in giudizio.

E’ stata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la trattazione in Camera di consiglio non partecipata.

3. Con ordinanza interlocutoria n. 21094 del 22.7.2021 la Corte ha rilevato che il ricorso era stato diretto nei confronti del Prefetto di Teramo ed era stato notificato presso l’Avvocatura generale dello Stato in Roma, benché l’Avvocatura dello Stato non si fosse costituita per l’Amministrazione nel giudizio di merito.

Secondo la giurisprudenza del tutto prevalente di questa Corte, nei giudizi di opposizione al provvedimento prefettizio di espulsione dello straniero, la legittimazione passiva appartiene in via esclusiva, personale e permanente al Prefetto, quale autorità che ha emesso il provvedimento, ed è inammissibile il ricorso per cassazione notificato al Ministero dell’Interno presso l’Avvocatura generale dello Stato invece che al Prefetto in proprio (Sez. 1, n. 9078 del 7.7.2000, Rv.53895501; Sez. 1, n. 5537 del 13.4.2001, Rv. 545917 – 01; Sez. U, n. 15141 del 28.11.2001, Rv. 550716 – 01; Sez. 1, n. 10991 del 10.06.2004, Rv. 573508 – 01; Sez. 1, n. 1395 del 27.01.2004, Rv. 569699 – 01; Sez. 1, n. 28869 del 29.12.2005, Rv. 585689 – 01; Sez. 1, n. 14293 del 21.6.2006, Rv. 592741 – 01; Sez. 1, n. 825 del 19.1.2010, Rv. 611929 – 01; Sez. 6 – 1, n. 16178 del 30.7.2015, Rv. 636358 – 01; Sez. Lav. n. 29968 del 31.12.2020 e Sez. 1 n. 9810, 9814 e 9815 del 14.4.2021).

E’ stata pertanto disposta la rinnovazione della notifica al Prefetto di Teramo, correttamente individuato come legittimato, ma non attinto da valida notificazione, con assegnazione di termine perentorio di giorni trenta dalla comunicazione della ordinanza alla parte ricorrente per procedere alla rinotificazione del ricorso al Prefetto di Teramo presso la sua sede.

4. Il ricorso è stato regolarmente rinotificato in data 17.8.2021 al Prefetto di Teramo alla sua sede ed è stata rifissata adunanza per l’esame del ricorso.

5. Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

6. Con il primo motivo di ricorso proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 18, l’omessa pronuncia sull’istanza cautelare di sospensione del decreto e il superamento del termine decadenziale di venti giorni per la decisione.

6.1. Il motivo propone due distinte censure volte a denunciare vizi processuali, entrambe inammissibili.

6.2. La mancata pronuncia sull’istanza cautelare, peraltro dedotta in modo del tutto generico e non autosufficiente, non ha determinato evidentemente di per sé alcun pregiudizio ed è comunque assorbita e superata dalla pronuncia della decisione di merito che ha rigettato l’impugnazione del provvedimento espulsivo.

6.3. Il termine per la definizione del procedimento di giorni venti previsto dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 18, comma 7, secondo il quale il giudizio è definito, in ogni caso, entro venti giorni dalla data di deposito del ricorso, non ha affatto natura decadenziale, non prevista da alcuna disposizione e radicalmente incompatibile con un termine fissato all’autorità giudiziaria per provvedere su di una istanza di giustizia, ma semplicemente natura ordinatoria e una funzione acceleratoria.

Sarebbe invero paradossale che il decorso del termine impedisse al giudice di pronunciare sulla domanda di giustizia a lui proposta, così penalizzandone lo stesso autore.

7. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 2909 c.c., e al principio del ne bis in idem.

7.1. Secondo il ricorrente la denunciata violazione sarebbe stata commessa perché un precedente decreto del (OMISSIS) del Prefetto di Teramo era stato revocato dal Giudice di pace di Teramo con ordinanza n. 22 del 15.2.2018, senza prospettare alcuna nuova ragione e con valenza meramente reiterativa.

7.2. La censura è inammissibile per difetto di autosufficienza perché predica la totale identità dei due decreti espulsivi, quello caducato del (OMISSIS) e quello rinnovato del (OMISSIS), senza trascrivere e neppure sintetizzare né l’uno, né l’altro, non consentendo così nell’ambito del ricorso il raffronto fra i due provvedimenti, asseritamente identici, che radicherebbero in ipotesi la violazione del principio ne bis in idem.

Inoltre il Giudice di pace ha esplicitamente indicato per quali ragioni riteneva di differenziare la valutazione rispetto al precedente procedimento, escludendo che il percorso di reinserimento sociale in quella precedente sede valorizzato fosse andato a buon fine.

7.3. Il ricorrente aggiunge che pendeva dinanzi al Tribunale di L’Aquila il procedimento da lui instaurato per opporsi al diniego del permesso di soggiorno per motivi di famiglia e che il provvedimento espulsivo aveva di fatto “bypassato” l’esito di tale controversia, dando per scontata la prevalenza dei precedenti penali rispetto alle motivazioni familiari.

7.4. La censura è infondata.

Non esiste alcuna pregiudizialità e vincolo tra il procedimento di espulsione e quello finalizzato al rilascio di un permesso di soggiorno.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di immigrazione, non può ricavarsi, dal complessivo sistema normativo che regola la circolazione e la permanenza degli stranieri nel nostro territorio, un diritto inderogabile a non essere allontanati in pendenza di qualsiasi accertamento valutativo dell’esistenza di un titolo idoneo al soggiorno. Infatti, non attribuiscono tale diritto i procedimenti giurisdizionali, pendenti davanti al giudice ordinario o amministrativo, relativi al riesame di un diniego o revoca di una richiesta di permesso di soggiorno – salvo, sia pure entro certi limiti, le domande di protezione internazionali – nonché le istanze – quali quelle L. n. 286 del 1998, ex art. 31, comma 3, a causa della pendenza, sopravvenuta al provvedimento espulsivo, di un giudizio volto ad accertare l’esistenza delle condizioni per una misura temporanea di coesione familiare necessariamente derivanti da una presenza irregolare, specie se successive al provvedimento espulsivo; possono invece giustificare la caducazione del provvedimento espulsivo le preesistenti richieste di permesso di soggiorno o di suo rinnovo, pendenti in via amministrativa al momento dell’adozione dell’espulsione (Sez. 6 – 1, n. 5080 del 28.2.2013, Rv. 625366 – 01).

8. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 5, il ricorrente denuncia difetto di motivazione per errore di fatto su di un punto decisivo della controversia, oggetto di discussione fra le parti.

8.1. Diversamente da quanto affermato dal Giudice, il ricorrente afferma che:

(a) il rapporto di locazione era stato dimostrato attraverso la produzione di un regolare contratto di locazione abitativa per un immobile sito in (OMISSIS) del (OMISSIS) (doc. 3 del fascicolo del ricorrente),

(b) il rapporto di lavoro era stato documentato attraverso la produzione della busta paga del giugno 2020 alle dipendenze di Di P.D. “La pecora e il luppolo” e del C/2 storico del Centro per l’impiego della Regione Abruzzo (doc. 12 e 4 del fascicolo del ricorrente),

(c) quanto alla domanda di permesso di soggiorno era stata documentata la pendenza del procedimento dinanzi alla Sezione specializzata di L’Aquila (doc. 14 del fascicolo del ricorrente),

(d) quanto ai rapporti familiari era stata documentata la pendenza dinanzi alla Corte di appello di L’Aquila del giudizio di appello, ora invece sottoposto alla Corte di cassazione con ricorso del 10.10.2020.

Secondo il ricorrente, il Giudice di pace aveva del tutto ignorato le prove documentali fornite su ciascun punto controverso a sostegno dell’opposizione e a corredo della necessaria valutazione comparativa fra la presunta e antica pericolosità e gli interessi familiari, personali e sociali del ricorrente.

8.2. Il Giudice di pace ha al riguardo affermato che “non risulta provata residenza di un rapporto locativo che possa confermare tale situazione né documentazione attestante l’esistenza di un regolare rapporto di lavoro, peraltro in assenza di un valido permesso di soggiorno, nondimeno l’esistenza di rapporti familiari stabili”.

8.3. E’ stato così omesso l’esame dei predetti documenti prodotti dal ricorrente in sede di merito e allegati al ricorso per cassazione, relativi a fatti che appaiono potenzialmente decisivi proprio perché negati nella loro esistenza dal Giudice nella motivazione della propria ordinanza.

9. Con il quarto motivo, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, il ricorrente deduce violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e lamenta che il Giudice abbia ritenuto definitivo un provvedimento giurisdizionale (il decreto del Tribunale per i minorenni di L’Aquila) che invece era in fase di impugnazione.

Anche questo motivo coglie il segno perché mentre la sentenza della Corte di appello di L’Aquila è stata impugnata dinanzi a questa Corte, come dimostrato dal ricorrente il Giudice di pace ha dato per acquisito lo stato di adottabilità dei minori e la decadenza del ricorrente dalla responsabilità genitoriale con la revoca dell’autorizzazione a permanere sul territorio nazionale ormai incompatibile con le esigenze dei minori.

In tal modo è stata data per definitiva una pronuncia tuttora sub judice.

10. Il ricorso deve quindi essere accolto nel suo terzo e quarto motivo, con la conseguente cassazione dell’ordinanza impugnata in relazione ai motivi accolti e il rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, al Giudice di Pace di Teramo, in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il terzo e quarto motivo di ricorso, respinti i primi due, cassa l’ordinanza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, al Giudice di Pace di Teramo, in diversa composizione.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2022

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