Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34401 del 15/11/2021

Cassazione civile sez. trib., 15/11/2021, (ud. 27/04/2021, dep. 15/11/2021), n.34401

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina Maria – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

Dott. GALATI Vincenzo – Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto ai n. 14916/2013 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

V.M., rappresentato e difeso dall’Avv. Claudio Cosa e

dall’Avv. Fabiola Del Torchio, elettivamente domiciliato presso lo

studio dell’Avv. Marco Albanese in Roma, via Lima n. 28;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia, n. 120/12/2012 depositata il 12 ottobre 2012 e notificata

il 4 aprile 2013.

Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 27 aprile 2021

dal consigliere Pierpaolo Gori.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, veniva accolto l’appello principale proposto da V.M., titolare della ditta individuale Rem Informatica dedita al commercio di materiale informatico, e rigettato l’appello incidentale dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Milano n. 233/2/09 con cui era stato parzialmente accolto il ricorso del contribuente – limitatamente all’anno di imposta 2002 – proposto avverso tre avvisi di accertamento IRPEF, IVA, IRAP, addizionali, interessi e sanzioni per gli anni 2002, 2003 e 2004.

2. In particolare, le riprese traevano origine da un processo verbale di contestazione per acquisti di materiale informatico da mere cartiere (la ditta RG informatica di R.G. e le s.r.l. Tascom, T&T; Helios), a loro volta apparenti aventi causa da cedenti infracomunitari stabiliti in Austria e Germania nel quadro di frodi carosello per operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti oggetto anche di indagine penale, al fine di consentire alla ditta contribuente di acquisire crediti d’imposta conseguenti alla fatturazione a suo carico, con indebita detrazione dell’IVA sugli acquisti e deduzione dei costi, oltre che fraudolenta fatturazione.

3. A differenza del giudice di prime cure, il giudice d’appello riteneva che l’esistenza di fatture regolarmente registrate e pagate dimostrasse l’esistenza oggettiva e soggettiva delle operazioni contestate, tenuto anche conto del fatto che la documentazione allegata dal ricorrente dimostrava che i prezzi esposti non erano inferiori al valore normale di libero mercato e, per l’effetto, negava il fondamento all’impianto degli, accertamenti.

4. Avverso la decisione propone ricorso l’Agenzia delle Entrate per tre motivi, cui replica il contribuente con controricorso che illustra con memoria. Il Sostituto Procuratore Generale Tommaso Basile ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. Preliminarmente, va dato atto del fatto che il contribuente ha eccepito in controricorso e ribadito in memoria tanto l’improcedibilità ex artt. 366 e 369 c.p.c. quanto l’inammissibilità del ricorso, sia ex art. 360 bis c.p.c. per essere la questione alla base delle riprese stata decisa dal giudice d’appello in modo conforme alla giurisprudenza della Corte di cassazione, sia per difetto di autosufficienza, sia per la riproduzione integrale del contenuto degli atti processuali, ritenuta per un verso superflua e per altro verso inidonea a soddisfare la necessaria esposizione sintetica dei fatti e degli essenziali snodi processuali. Premesso che sulla base dei vizi sopra prospettati non può derivare l’improcedibilità del ricorso in quanto non viene allegata la mancanza di un atto di impulso del processo successivamente al suo incardinamento avanti la S.C., con riferimento all’inammissibilità le eccezioni sono esaminabili unitamente alle censure proposte dal ricorrente.

6. Con il primo motivo di ricorso – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, viene dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 c.c., del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 e art. 54. comma 2, del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109 e dell’art. 115 c.p.c., comma 1, u.p., per non aver la CTR fatto corretto governo del canone dell’onere della prova applicabile alla fattispecie.

6. Il motivo non è inammissibile, ed è fondato. Il mezzo di impugnazione denuncia una violazione di legge e non un vizio motivazionale, e a differenza di quanto prospetta il contribuente non si vede quali elementi avrebbe dovuto riportare in più dei passaggi della sentenza censurata e dei rilevanti atti di appello, non risolvendosi certo in una richiesta di rivalutazione del materiale probatorio. Per le medesime ragioni va rigettata sia la prospettazione di difetto di autosufficienza del ricorso sia la doglianza di asserita riproduzione integrale degli atti dei precedenti gradi di giudizio, in realtà riportati in modo circostanziato nel quadro della ricostruzione del fatto processuale.

Infatti la complessiva censura viene proposta all’esito dell’esposizione specifica del fatto e del processo, sorretta da una adeguata riproposizione del contenuto di atti ritenuti rilevanti per la ricostruzione, sufficientemente sintetica, delle difese e degli esiti dei precedenti gradi di giudizio. La decisione della CTR inoltre, con riferimento alle operazioni oggettivamente e soggettivamente contestate, non è conforme alla giurisprudenza della Corte per le ragioni che seguono.

7. Al proposito il Collegio reitera che per costante giurisprudenza della Corte di Giustizia, il diritto dei soggetti passivi di detrarre dall’IVA di cui sono debitori l’IVA dovuta o versata a monte per i beni acquistati e per i servizi ricevuti ai fini delle loro operazioni soggette ad imposta costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA istituito dalla normativa dell’Unione. Come ripetutamente dichiarato dalla Corte, il diritto a detrazione previsto dalla direttiva IVA, artt. 167 e ss. costituisce parte integrante del meccanismo dell’IVA e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni (cfr. sentenza Corte Giustizia UE del 16 ottobre 2019, Glencore Agriculture Hungary, C-189/18, punto 33 e giurisprudenza ivi citata; sentenza 4 giugno 2020 SC C.F. SRL, nella causa C-430/19).

8. Orbene, “Il sistema comune dell’IVA garantisce, in tal modo, la perfetta neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dalle finalità o dai risultati delle medesime, purché siffatte attività siano, in linea di principio, esse stesse soggette all’IVA (sentenza del 3 luglio 2019, The Chancellor, Masters and Scholars of the University of Cambridge, C-316/18, EU:C:2019:559, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

Ciò posto, la lotta contro frodi, evasione fiscale ed eventuali abusi costituisce un obiettivo riconosciuto e incoraggiato dalla direttiva IVA, e la Corte ha più volte dichiarato che i soggetti dell’ordinamento non possono avvalersi fraudolentemente o abusivamente delle norme del diritto dell’Unione. Pertanto, è compito delle autorità e dei giudici nazionali negare il beneficio del diritto a detrazione ove sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che lo stesso diritto è invocato fraudolentemente o abusivamente (sentenza del 16 ottobre 2019, Glencore Agriculture Hungary, C-189/18, EU:C:2019:861, punto 34).

Tale situazione, così come ricorre nel caso di una frode commessa dal soggetto passivo stesso, ricorre altresì quando il medesimo sapeva o avrebbe dovuto sapere che, con il proprio acquisto, partecipava ad un’operazione che si iscriveva in una frode relativa all’IVA. Pertanto, il beneficio del diritto a detrazione può essere negato a un soggetto passivo solamente qualora si dimostri, alla luce di elementi oggettivi, che detto soggetto passivo, al quale sono stati ceduti i beni o prestati i servizi posti a fondamento del diritto a detrazione, sapeva o avrebbe dovuto sapere che, acquisendo questi beni o servizi, partecipava ad un’operazione che si iscriveva in un’evasione dell’IVA commessa dal fornitore o da un altro operatore intervenuto a monte o a valle nella catena di tali cessioni o prestazioni (sentenza 16 ottobre 2019, Glencore Agriculture Hungary, C-189/18, EU:C:2019:861, punto 35). Incombe alla competente amministrazione tributaria nazionale dimostrare, alla luce di elementi oggettivi e senza esigere dal destinatario della fattura verifiche che non gli incombono, che tale destinatario sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in un’evasione dell’IVA, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare (v., in tal senso, sentenza del 22 ottobre 2015, PPUH Stehcemp, C-277/14, EU:C:2015:719, punto 50).” (Corte di Giustizia UE, SC C.F. SRL, ult. cit., punti 41-44).

9. In punto di onere della prova in caso di riprese per operazioni contestate come soggettivamente inesistenti, va rammentato che “In tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi.” (Cass. Sez. 5 -, Sentenza n. 9851 del 20/04/2018 – Rv. 647837 – 01; conforme Sez. 5 -, Ordinanza n. 27555 del 30/10/2018 – Rv. 651004 – 01).

10. Diversamente, quando le riprese sono (anche) per operazioni oggettivamente inesistenti, va rammentato che “una volta assolta da parte dell’Amministrazione finanziaria la prova (ad esempio, mediante la dimostrazione che l’emittente è una “cartiera” o una società “fantasma”) dell’oggettiva inesistenza delle operazioni, spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e/o della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, senza che, tuttavia, tale onere possa ritenersi assolto con l’esibizione della fattura ovvero in ragione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, che vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia.” (Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 17619 del 05/07/2018, Rv. 649610 – 01).

11. Orbene, nel caso in esame la sentenza nelle proprie succinte argomentazioni in diritto non distingue affatto tra operazioni contestate come oggettivamente e come soggettivamente inesistenti, e il riparto dell’onere della prova che discende da tale confusione non è intelleggibile. In ogni caso, certamente il contenuto della decisione, non è rispettoso dei principi di diritto che precedono con riferimento alle operazioni contestate come oggettivamente inesistenti, innanzitutto in quanto la CTR fa valere come decisivi fatti irrilevanti, in particolare il fatto che le fatture contestate fossero regolarmente registrate e pagate, che le cartiere fossero titolari di partita IVA e anche che i prezzi fossero in linea con il mercato, dal momento che il vantaggio per la contribuente è consistito nel credito di imposta e non nel guadagno unitario per singolo prodotto.

12. Inoltre, con riferimento alle contestazioni di soggettiva inesistenza delle operazioni, il giudice d’appello omette ogni riferimento all’elemento soggettivo nei termini richiesti dalla costante giurisprudenza della Corte, il quale è soddisfatto anche in caso di mera conoscibilità dell’inesistenza dell’operazione, prova a cura dell’Agenzia, come pure manca di fare menzione della conseguente prova liberatoria ai fini della diligenza massima esigibile ad un operatore accorto, rimessa alla parte.

13. In conclusione, accolto il primo motivo, assorbito il secondo cui cui viene fatto valere il vizio motivazionale circa la medesima questione oggetto della prima censura, la sentenza va cassata con rinvio alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili e per la liquidazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili e per la liquidazione delle spese di lite.

Così deciso in Roma, il 27 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2021

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