Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 344 del 10/01/2011

Cassazione civile sez. II, 10/01/2011, (ud. 18/11/2010, dep. 10/01/2011), n.344

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 10195-2005 proposto da:

M.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA VITTORIA COLONNA 27, presso io studio dell’avvocato DI SIMONE

GIUSEPPE, rappresentata e difesa da sè medesima;

– ricorrente –

contro

D.D.R. (OMISSIS);

– intimata –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di BOLOGNA, (Ndr: testo originale

non comprensibile), depositata il 21/12/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/11/2010 dal Consigliere Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso L. n. 794 del 1942, ex art. 28 l’avvocato M.R. chiedeva al tribunale di Bologna la liquidazione delle spese, dei diritti e degli onorari (per complessivi Euro 4.937.19) ad essa istante dovuti da D.D.R. per l’assistenza legale alla stessa prestata in occasione di una causa di separazione davanti al tribunale di Bologna.

D.D.R., costituitasi, contestava il quantum della richiesta avanzata dalla ricorrente e chiedeva la riduzione della avversa pretesa in considerazione, tra l’altro, dell’acconto da essa resistente versato alla M..

Con ordinanza 21/6/2004 l’adito tribunale, in parziale accoglimento de ricorso, accertava che la somma dovuta a titolo di compenso per l’attività professionale svolta dall’avv. M. ammontava ad Euro 1.028.96. Il tribunale, per quel che ancora rileva in questa sede, osservava: che, in relazione ai diritti per l’attività prestata dalla ricorrente nel giudizio di separazione, nessuna osservazione o replica era stata mossa dalla M. alle contestazioni formulate dalla D.D. con riferimento alle singole voci della notula: che pertanto, in assenza di documentazione a supporto delle richieste (tranne il ricorso introduttivo ed il verbale di udienza), le dette richieste andavano ridotte con l’eliminazione di tutte le voci non provate – nel dettaglio singolarmente indicate – per cui la somma a titolo di diritti andava quantificata in Euro 182,87; che analogamente, a fronte della contestazione mossa dalla resistente con riferimento alle spese imponibili, nessuna deduzione o prova era stata fornita dalla ricorrente; che a titolo di onorari andava riconosciuta la somma di Euro 1.488.35; che la somma totale da liquidare ammontava ad Euro 2.242.76; che da tale importo andava detratto l’acconto versato pari ad Euro 1.213,80; che le spese del giudizio potevano essere interamente compensate in ragione della condotta processuale della resistente e in considerazione dell’esito del procedimento.

La cassazione dell’ordinanza del tribunale di Bologna è stata chiesta dall’avvocato M.R. con ricorso ex art. 111 Cost.

affidato ad un unico motivo. L’intimata D.D.R. non ha svolto attività difensiva in questa sede di legittimità.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso l’avvocato M.R. denuncia violazione della L. n. 794 del 1942, art. 15, L. n. 1051 del 1957, art. 1 e D.M. 5 ottobre 1994, n. 585, art. 1 (tabella B). La ricorrente sostiene che il tribunale ha errato nel ritenere non dovute le seguenti voci relative ai diritti in quanto non provate:

1) richiesta doc. e certificazioni; 2) richiesta copie atti; 3) ritiro dette; 4) scritto difensivo (deduz. udienza); 5) dattilo e collazione; 6) collaborazione prestata per conciliazione; 7) ritiro del fascicolo di parte in cancelleria; 8) esame di ogni decreto ed ordinanza; 9) richiesta alla cancelleria copia atti; 10) corrispondenza informativa. Deduce al riguardo la M.:

– che lo svolgimento delle attività di cui ai punti sub, 2, 3, e 8 risulta implicitamente provato dall’instaurazione del procedimento di separazione trattandosi di attività per legge prodromiche e inscindibilmente connesse tra loro oltre che indispensabili ai fini della ricevibilità del ricorso per separazione (trattandosi di acquisire documenti, menzionati nel ricorso, quali stato di famiglia, certificati di residenza, estratto atto di matrimonio) e conseguenti alla regolare instaurazione del contraddittorio (esame del decreto di fissazione dell’udienza di comparizione dei coniugi, ritiro copie del ricorso da notificare al convenuto);

– che le voci sub 4, 5 e 6 si riferiscono al verbale di comparizione dei coniugi, con conversione della separazione da giudiziale in consensuale, il cui contenuto deve ritenersi frutto delle trattative dei legali delle due parti:

– che le voci sub 7 e 9 si riferiscono a quelle attività conseguenti al provvedimento conclusivo del giudizio e che trovano la loro causa nella lite;

– che la voce sub 10 è relativa ad una attività (corrispondenza informativa con il cliente) assistita da. una presunzione senza necessità di prova.

In definitiva, secondo la ricorrente, deve essere riconosciuto il compenso richiesto per complessivi Euro 328.44 a titolo di diritti per le voci sopra indicate. Inoltre la M. rileva che il tribunale è incorso in un errore di calcolo posto che la differenza tra quanto richiesto per diritti (Euro 756,09) e l’importo ritenuto non dovuto (Euro 328.44) ammonta ad Euro 427,65 e non ad Euro 182.87.

Il motivo è fondato nei limiti di seguito precisati.

La richiesta di cui alla voce sub 1) – ossia richiesta doc. e certificazioni per Euro 15.49 – correttamente è stata esclusa dal giudice del merito non avendo la ricorrente provato di aver chiesto ed ottenuto la documentazione allegata al ricorso per separazione. Di tale allegazione non vi è prova e, comunque, la documentazione in questione ben potrebbe essere stata fornita direttamente dalla, cliente.

Del pari giustamente non sono state riconosciute le voci sub 4 e 5 rispettivamente: scritto difensivo e dattilo e collazione per complessivi Euro 30.98 – trattandosi di attività il cui espletamento non risulta nè documentalmente, nè implicitamente provato non risultando dimostrato che il verbale di conciliazione (poi trasfuso nel verbale di udienza) sia stato in precedenza predisposto dalla ricorrente.

Anche la voce sub 10 – corrispondenza informativa Euro 61,97 – non può essere riconosciuta avendo al riguardo il tribunale correttamente applicato il principio più volte affermato da questa Corte – e che il Collegio condivide -secondo cui in tema di onorari professionali di avvocato e procuratore l’esigibilità delle spese e dei diritti spettanti per la corrispondenza informativa con il cliente presuppone necessariamente la documentazione e comunque la prova non equivoca dell’effettività della prestazione professionale, la quale non può farsi derivare dalla sola esistenza del rapporto di clientela, questo non implicando necessariamente ed indefettibilmente un’attività informativa diversa dalle consultazioni con il cliente (in tali sensi, tra le tante, sentenze 23/7/2004 n. 13893; 15/9/2003 n. 13539; 23/1/2001 n. 738).

Vanno invece riconosciute le seguenti voci erratamente escluse dal tribunale di Bologna:

1) la voce sub 2, 3 e 8 (per complessivi Euro 46,47) rispettivamente:

richiesta copia atti, ritiro dette e esame decreto posto che dalla regolare instaurazione del contraddittorio nei confronti dei coniuge della cliente discende in via logica che la ricorrente deve necessariamente aver: a) chiesto copia del ricorso per separazione con il decreto di fissazione dell’udienza di comparizione dei coniugi; b) ritirato dello atto; c) esaminato il decreto di fissazione di udienza.

2) la voce sub 6 per Euro 71.27 – relativa alla collaborazione prestata per la conciliazione – tenuto conto che la corrispondente voce relativa agli onorari (opera prestata per la conciliazione) è stata dallo stesso tribunale inclusa tra i compensi spettanti alla ricorrente:

3) le voci sub 7, (per Euro 15.49) e 9 (per Euro 9,30) – rispettivamente ritiro del fascicolo di parte e richiesta di copia atti – in quanto, come questa Corte ha avuto modo di precisare (sentenze 1/9/1987 n. 7156: 2/8/1987 n. 6973), con riguardo alla liquidazione degli onorari d’avvocato ed ai diritti di procuratore, nelle spese di lite relative al giudizio di cognizione devono comprendersi anche quelle conseguenti alla sentenza conclusiva del giudizio e quindi nella liquidazione delle stesse il giudice deve tener conto dei diritti relativi ai ritiro del fascicolo di parte e all’esame della sentenza (nella specie provvedimento conclusivo del giudizio di separazione).

Va infine rilevata l’inammissibilità della censura mossa dalla ricorrente relativa all’errore commesso dal tribunale ne calcolare la differenza tra quanto richiesto dalla M. per diritti (Euro 756.09) e quanto ritenuto non spettante (Euro 328.44) e che ammonta a Euro 427.65 e non a Euro 182,87.

In proposito è appena il caso di richiamare e ribadire i principio pacifico nella giurisprudenza di legittimità secondo cui vanno corretti con la procedura di cui agli artt. 287 e seg. c.p.c. e non sono denunciabili davanti alla Corte di Cassazione, il cui compito istituzionale si esaurisce nel controllo di mera legittimità delle decisioni di merito; l’errore materiale, che non coincide sul contenuto concettuale e sostanziale della decisione, ma si concreta in un difetto di corrispondenza tra la ideazione e la sua materiale rappresentazione grafica; l’errore di calcolo aritmetico, determinato da erronea applicazione delle regole matematiche ma sulla base di presupposti numerici non contestati ed esatti; gli errori di conteggio, atteso il loro carattere materiale (tra le tante sentenze 15/5/2009 n. 11333; 14/9/2007, n. 19226).

In conclusione il ricorso va accolto nei senso che a titolo di diritti vanno riconosciuti alla M. – in aggiunta all’importo di f 182.87 attribuito alla ricorrente dal tribunale ulteriori Euro 142.53.

Non essendo necessario altre indagini in fatto l’ordinanza impugnata va cassata senza rinvio polendo essere emessa pronuncia nei merito con la liquidazione in favore dell’avvocato M. dell’importo di Euro 1.813.75 (Euro 1.488,35 a titolo di onorari – importo non contestato – e Euro 325,40 a titolo di diritti). Alla indicata somma va aggiunto – come disposto dal tribunale e non contestato – il 10% di spese generali, (Euro 181.37) e, quindi alla somma risultante (Euro 1.995.12) va aggiunto ancora il 2% a titolo di Cassa previdenziale) (Euro 39,90) nonchè sull’importo risultante (Euro 2.035.02) il 20% di IVA (Euro 407.01) per un totale di Euro 2.442,03.

Da tale somma va detratto l’acconto versato pari ad Euro 1.213.80.

Pertanto la somma dovuta alla ricorrente va determinata in (Euro 1.228.23, in tali sensi va accolto il ricorso e cassata l’ordinanza impugnata.

Le spese dell’intero giudizio vanno compensate tra le parti nella rilevante misura dell’80 % in considerazione dell’esito complessivo della controversia, della condotta processuale della D. D. e del limitato accoglimento della richiesta come formulata dalla M. con l’atto introduttivo del giudizio. La D. D. va quindi condannata a pagare alla M. il restante 20 % delle spese del giudizio innanzi al tribunale e del giudizio di cassazione, spese rispettivamente liquidate nella misura indicata in dispositivo.

PQM

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa senza rinvio l’ordinanza impugnata e, pronunciando nel merito, liquida in favore dell’avvocato M. per l’attività professionale svolta per D.D.R. Euro 1.228.23; compensa tra le parti le spese dei giudizio nella misura dell’80% e condanna la D. D. al pagamento in favore della ricorrente del residuo 20% pari ad Euro 500.00 per il giudizio innanzi al tribunale (Euro 350.00 per onorari, Euro 100.00 per diritti ed Euro 50.00 per spese) e in Euro 400,00 oltre Euro 40.00 per spese, per il giudizio di cassazione ed oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 18 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2011

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA