Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34399 del 23/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 23/12/2019, (ud. 20/11/2019, dep. 23/12/2019), n.34399

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 21340/2013 R.G. proposto da:

SPORTING HOTEL SALICONE SRL (incorporante la Grotta Azzurra – Granaro

del Monte di C.B. & Co. Snc), P.A.,

B.C., B.V., B.F., rappresentati e difesi

dall’avv. Giuseppe Tinelli, con domicilio eletto presso il suo

studio in Roma, via delle Quattro Fontane, n. 15.

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato.

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Umbria, sezione n. 4, n. 40/04/2013, pronunciata il 21/01/2013,

depositata l’11/02/2013;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 20 novembre 2019

dal Consigliere Guida Riccardo;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Basile Tommaso che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito l’avv. Antonio Tocci per l’avv. Giuseppe Tinelli;

udito l’avv. Giammario Rocchitta per l’Avvocatura Generale dello

Stato.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La controversia riguarda l’opposizione, da parte di Sporting Hotel Salicone Srl, incorporante Grotta Azzurra – Granaro Del Monte di C.B. & Co. Snc, e dei soci P.A., B.C., B.V. e B.F., degli avvisi d’accertamento con i quali l’Agenzia delle entrate rettificava, per il periodo d’imposta 2006, il reddito di impresa della Snc e il reddito di partecipazione dei soci, dopo il rigetto dell’interpello dei contribuenti diretto alla disapplicazione della misura antielusiva, di cui alla L. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 30, comma 4-bis, introdotto dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 35, comma 15, come convertito nella L. 4 agosto 2006, n. 248, nell’ambito della disciplina delle società non operative.

La società “Grotta Azzurra” e i soci, con distinti ricorsi, impugnarono gli atti impositivi innanzi alla commissione tributaria provinciale di Perugia che, riuniti i ricorsi dei contribuenti, li respinse (sentenza n. 133/1/10).

La decisione di primo grado è stata confermata dalla commissione tributaria regionale dell’Umbria che, con la sentenza menzionata in epigrafe, ha respinto il gravame dei contribuenti.

Il giudice d’appello ha premesso che il complesso aziendale posseduto dalla società, costituito da un albergo (“Grotta Azzurra”) con annesso ristorante (“Granaro del Monte”), entrambi posti in Norcia, era stato concesso alla Sporting Hotel Salicone Srl, con contratto d’affitto d’azienda del 24/03/1994, verso un canone di Lire 240 milioni (Euro 124.000,00) e che la società, per superare il cd. test di operatività, avrebbe dovuto trarre dall’affitto d’azienda un canone annuo di Euro 360.000,00; ha negato la fondatezza della tesi difensiva degli appellanti, secondo cui la mancanza di finalità elusiva già doveva desumersi dall’esistenza del detto contratto d’affitto d’azienda e del correlato reddito generato dall’unico immobile della società, in ragione del fatto che, anche in tale evenienza, la presunzione di non operatività non è vinta se, come nella specie, l’azienda venga affittata e il profitto ricavato da tale operazione non raggiunga il livello minimo di redditività; ha aggiunto che, rispetto alla deduzione difensiva della società, secondo cui, per adeguarsi alla novella normativa (introdotta dal D.L. n. 223 del 2006), al fine di superare il test di operatività, sarebbe stato necessario aumentare il canone (del 2006), in unica soluzione, del 200%, l’aspetto rilevante era che detto canone non era mai stato adeguato (nemmeno per fare fronte all’aumento del costo della vita o per adeguarlo all’introduzione dell’Euro) negli anni precedenti, sebbene l’affitto d’azienda fosse risalente al 1994 e nonostante che il contratto avesse scadenza annuale, sicchè il canone avrebbe potuto essere ridefinito in più occasioni; la commissione regionale ha altresì escluso che l’appellante avesse fornito la prova che i mancati aumenti fossero dovuti alle ingenti spese sostenute dall’affittuaria per l’ammodernamento della struttura alberghiera, anche in considerazione del fatto che un simile onere di gestione era già contrattualmente previsto.

Ha ritenuto, inoltre, che i contratti d’affitto di aziende simili (hotel a tre stesse della zona di Norcia), prodotti dai contribuenti per dimostrare che l’allineamento ai prezzi di mercato del canone di affitto in discussione, non fossero termini di confronto decisivi in quanto estrapolati dal loro contesto operativo e reddituale; infine, ha concluso che l’eventuale allineamento ai prezzi medi di mercato non è da solo idoneo a dimostrare l’esistenza di situazioni oggettive che avrebbero reso impossibile il superamento del test di operatività.

I contribuenti ricorrono per la cassazione, sulla base di dodici motivi; l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso (1. Violazione della L. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 30, comma 4-bis, degli artt. 2561 e 2562 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)), i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per avere erroneamente escluso che la circostanza che la “Grotta Azzurra” avesse concesso in affitto l’azienda alberghiera alla Sporting Hotel Salicone, verso un canone che non consentiva il superamento del test di operatività, valesse, di per sè, ad integrare una causa di disapplicazione del regime delle società di comodo.

2. Con il secondo motivo (2. Violazione e/o falsa applicazione, sotto altro profilo, della L. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 30, comma 4-bis, degli artt. 2561 e 2562 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)), i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per essersi limitata a escludere che l’affitto d’azienda integrasse ex se un’esimente rispetto al trattamento fiscale delle società non operative, senza però valutare se, alla luce delle allegazioni dei contribuenti, si potesse o meno rinvenire una forma di utilizzo distorto dello strumento societario, al fine del godimento personale, da parte dei soci, del complesso aziendale.

3. Con il terzo motivo (3. Omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)), i ricorrenti censurano il deficit argomentativo della sentenza impugnata per non avere spiegato perchè, sebbene fosse evidente che i cespiti aziendali fossero intrinsecamente estranei all’uso personale da parte dei soci (oltre che contrattualmente concessi in godimento a terzi), non si sarebbe parimenti dovuto escludere l’applicazione del trattamento fiscale previsto per le società non operative.

4. Con il quarto motivo (4. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come modificato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134)), la precedente doglianza è prospettata in termini di violazione del parametro, novellato, dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

5. Con il quinto motivo (5. Violazione della L. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 30, comma 4-bis, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 35, comma 16, degli artt. 2562 e 1372 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)), i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per non avere correttamente ricostruito l’esimente di cui all’art. 30, cit., comma 4-bis, nel senso di escludere dal proprio campo applicativo un soggetto, quale la società “Grotta Azzurra”, che non potendo giuridicamente modificare il canone di affitto dell’azienda in tempo utile per conformare i propri ricavi a quelli pretesi dal testo novellato dell’art. 30, cit., poteva trovarsi, suo malgrado e senza possibilità di correzione, in stato di non operatività, subendone le gravose conseguenze impositive.

6. Con il sesto motivo (6. Insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)), i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per non avere spiegato perchè, nonostante gli interventi normativi che avevano modificato la disciplina delle società di comodo, non assumeva rilievo l’assetto del rapporto contrattuale, nell’annualità 2006 (nella quale era dimostrato che non sarebbe stato possibile introdurre modificazioni al canone incidenti sulla medesima annualità), ma lo assumeva quello dei precedenti esercizi, nei quali, però, la disciplina delle società di comodo era assai meno rigorosa.

7. Con il settimo motivo (7. Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)), i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per non avere verificato se, come sostenuto dalla società contribuente, nel periodo d’imposta oggetto d’accertamento il tenore degli accordi fosse tale da escludere una revisione del canone, in modo da consentire un eventuale adeguamento al ricavo minimo, nel rispetto del mutato quadro normativo in tema di società non operative.

8. Con l’ottavo motivo (8. Insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)), i ricorrenti censurano il difetto motivazionale della sentenza impugnata per avere disatteso l’argomento difensivo della società, in base al quale il mancato incremento del canone aveva tenuto conto della circostanza che l’affittuaria aveva sostenuto considerevoli spese di manutenzione e di sostituzione di cespiti aziendali, sul presupposto dalla mancata dimostrazione della stipula di accordi in tal senso, successivi al contratto, senza avvedersi che le relative clausole già erano insite nell’originario accordo ed erano oggetto di applicazione, senza necessità di alcuna ulteriore pattuizione.

9. Con il nono motivo (9. Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)), la precedente doglianza è prospettata in termini di violazione del novellato parametro dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

10. Con il decimo motivo (10. Insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)), i ricorrenti censurano il difetto dello sviluppo argomentativo della sentenza impugnata per non avere considerato che, come dedotto dagli appellanti, il canone annuo d’affitto d’azienda, corrisposto da Sporting Hotel Salicone, pari a Euro 124.000,00, era proporzionalmente in linea con quelli praticati dalle imprese concorrenti, operanti nella zona di Norcia e dintorni (Hotel Palatino; Santuario Santa Rita; Albergo “Benito”).

11. Con l’undicesimo motivo (11. Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)), la precedente doglianza è prospettata in termini di violazione del novellato parametro dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

12. Con il dodicesimo motivo (12. Violazione della L. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 30, comma 4-bis (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)), i ricorrenti censurano l’errore di diritto della sentenza impugnata – nella parte in cui si afferma che l’eventuale allineamento ai prezzi medi di mercato non era da solo idoneo a dimostrare l’esistenza di oggettive situazioni che rendevano impossibile il conseguimento dei ricavi minimi senza considerare che, al contrario, ai sensi dell’art. 30, comma 4-bis, cit., una corretta accezione dell’esimente prevista dalla norma, avrebbe dovuto includervi l’avvenuta dimostrazione che il canone d’affitto dell’azienda era conforme ai valori medi di mercato.

13. Il primo, il secondo, il quarto, il quinto, il settimo, il nono motivo, da esaminare congiuntamente per la loro stretta connessione, sono infondati.

E’ saldo indirizzo della Corte, ribadito anche recentemente (Cass. 21/02/2018, n. 4156, in motivazione, che richiama Cass. 13/05/2015, n. 21358; conf.: Cass. n. 26728/2017), che l’art. 30, comma 4-bis, cit. vigente, nella parte che qui interessa, a seguito delle modifiche apportate dal D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 15, convertito, con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, per il periodo di imposta in contestazione (anno 2006), come stabilito dal successivo comma 16 mira a disincentivare la costituzione di “società di comodo”, per il raggiungimento di scopi eterogenei rispetto alla normale dinamica degli enti collettivi commerciali, con la fissazione di ricavi minimi, correlati al valore di determinati beni aziendali, che, se non raggiunti, costituiscono un indice sintomatico del carattere non operativo della società contribuente e fanno scattare la presunzione di un certo reddito minimo (calcolato secondo determinati parametri).

Spetta poi al contribuente fornire la prova contraria, dimostrando (secondo il testo della disciplina applicabile ratione temporis) l’esistenza di “oggettive situazioni di carattere straordinario”, specifiche e indipendenti dalla sua volontà, che hanno impedito il raggiungimento della soglia di operatività e del reddito minimo presunto.

La normativa non dà adito a dubbi di legittimità costituzionale per il fatto che si applica al periodo d’imposta in corso alla data della sua entrata in vigore, poichè si limita a stabilire una semplice presunzione superabile con la prova contraria.

Nella fattispecie, le seguenti censure mosse dai ricorrenti alla sentenza d’appello: (a) di non avere considerato che la società “Grotta Azzurra” aveva concesso in affitto d’azienda il complesso alberghiero verso un canone che non consentiva di superare il test di operatività (motivo n. 1); (b) di non aveva valutato se, alla luce delle allegazioni degli appellanti, si potesse o meno rinvenire una forma di utilizzo distorto dello strumento societario, al fine del godimento personale del complesso aziendale, da parte dei soci (motivo n. 2); (c) di non avere preso in esame la circostanza che i beni aziendali erano intrinsecamente estranei all’uso personale da parte dei soci (motivo n. 4); (d) di non avere correttamente ricostruito l’esimente di cui all’art. 30, cit., comma 4-bis, in quanto la società “Grotta Azzurra”, non potendo modificare unilateralmente il canone di affitto del 2006 (annualità nella quale la disciplina delle società non operative era divenuta più rigorosa), si trovava, suo malgrado, in uno stato di non operatività (motivo n. 5); (e) di non avere verificato se il contratto d’affitto d’azienda impedisse o meno – nel 2006 – una revisione del canone al fine di adeguarlo al cd. ricavo minimo, nel rispetto del mutato quadro normativo in tema di società non operative (motivo n. 7); (f) di non avere esaminato la circostanza che il contratto d’affitto del complesso alberghiero prevedeva che l’affittuaria si facesse carico delle spese di manutenzione e di sostituzione dei cespiti aziendali (motivo n. 9); si risolvono in argomentazioni evidentemente inidonee ad integrare la prova contraria richiesta dalle precedenti disposizioni normative; come precisato, posto che la società contribuente non aveva conseguito i ricavi (e i correlati redditi) presunti dalla legge, era suo onere dimostrare l’esistenza di particolari situazioni oggettive e straordinarie – indipendenti dalla sua volontà – che avevano impedito, nell’annualità in verifica (2006), la realizzazione di maggiori ricavi.

Rispetto a questi specifici profili di critica, quindi, la sentenza impugnata non appare fondatamente censurabile nè in relazione ai dedotti errores in iudicando (primo, secondo, quinto motivo), nè in relazione al vizio di omesso esame circa un fatto decisivo (quarto, settimo, nono motivo).

14. Il terzo, il sesto, l’ottavo, il decimo motivo sono inammissibili.

La sentenza della CTR è stata pubblicata l’11/02/2013, sicchè trova applicazione ratione temporis l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), nella nuova formulazione introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, che si applica in relazione alle sentenze d’appello pubblicate a partire dall’11/09/2012.

In base all’interpretazione delle sezioni unite di questa Corte: “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.” (Cass. sez. un. 7/04/2014, n. 8053).

15. Il dodicesimo motivo è fondato, con conseguente assorbimento dell’undicesimo motivo.

I contribuenti hanno dedotto che il canone pattuito tra la “Grotta Azzurra” e la Sporting Hotel Salicone era in linea con i valori di mercato, come desumibile da tre contratti d’affitto di complessi aziendali, svolgenti, nel medesimo territorio, attività di albergo e ristorazione, aventi caratteristiche simili a quello in esame (si tratta dell’Hotel Palatino, del Santuario Santa Rita e dell’Albergo “Benito”).

Tale aspetto è senz’altro rilevante ai fini dell’applicazione della disciplina antielusiva in materia di società non operative; al riguardo è utile ricordare che la Corte (Cass. 12/02/2019, n. 4019) ha stabilito che:

“In tema di società di comodo, “l’impossibilità” per l’impresa di conseguire il reddito minimo presunto secondo il meccanismo di determinazione di cui alla L. n. 724 del 1994, art. 30, comma 4-bis, per situazioni oggettive di carattere straordinario – la cui prova è a carico del contribuente – non va intesa in termini assoluti bensì economici, aventi, cioè, riguardo all’effettive condizioni del mercato.” (conf.: Cass. 16204/2018; 5080/2017).

Nella fattispecie concreta, la sentenza impugnata si è espressa in termini apertamente antitetici rispetto al ricordato principio di diritto, laddove essa ha anapoditticamente dichiarato che l’eventuale allineamento, del canone d’affitto d’azienda previsto per il 2006, ai “prezzi medi di mercato”, non era un elemento idoneo, da solo, a dimostrare l’esistenza di situazioni oggettivi che avrebbero reso impossibile il superamento del test di operatività (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata).

Diversamente da quanto asserisce il giudice d’appello, è il caso di ribadire che la suaccennata “impossibilità in senso economico”, ossia quella situazione oggettiva – specifica e indipendente dalla volontà del contribuente – idonea a impedire il raggiungimento della soglia minima di operatività e il reddito minimo presunto, secondo la disciplina (antielusiva) delle società di comodo, può consistere proprio nell’andamento del mercato, quale luogo (anche in senso figurato) e momento d’incontro della domanda e dell’offerta (cd. dinamica dei prezzi), in un determinato settore di attività e in una certa area geografica, il cui concreto atteggiarsi, all’interno di un sistema economico concorrenziale, dipende da una molteplicità di fattori, talvolta contingenti, altre volte strutturali, che possono prescindere del tutto dalle scelte e dal comportamento dell’imprenditore.

In altri termini, l’impossibilità, per la società contribuente, di conseguire il reddito minimo presunto, secondo il meccanismo di determinazione di cui alla L. n. 724 del 1994, art. 30, comma 4-bis, doveva essere collegata a “situazioni oggettive di carattere straordinario”, e doveva essere intesa secondo i suaccennati termini economici (e non assoluti), avuto riguardo (proprio) all’effettiva situazione di mercato, la cui valenza di (possibile) prova contraria è stata (erroneamente) negata dalla sentenza impugnata.

16. Alla stregua delle precedenti considerazioni, accolto il dodicesimo motivo e assorbito l’undicesimo, rigettati il primo, il secondo, il quarto, il quinto, il settimo, il nono motivo, inammissibili il terzo, il sesto, l’ottavo, il decimo motivo, la sentenza è cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla CTR dell’Umbria, in diversa composizione, che riesaminerà la controversia attenendosi ai principi di diritto appena enunciati, alla quale è demandato di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte accoglie il dodicesimo motivo, dichiara assorbito l’undicesimo motivo, dichiara infondati il primo, il secondo, il quarto, il quinto, il settimo, il nono motivo, dichiara inammissibili il terzo, il sesto, l’ottavo, e il decimo motivo, cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia alla commissione tributaria regionale dell’Umbria, in diversa composizione, alla quale demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 20 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 dicembre 2019

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