Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 34399 del 15/11/2021

Cassazione civile sez. trib., 15/11/2021, (ud. 29/09/2021, dep. 15/11/2021), n.34399

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. r.g.9537/2014 proposto da:

LATTONIERA SILVESTRE S.A.S. di A.B., S.L.,

S.V., S.C., S.C., tutti

elettivamente domiciliato in Roma, via Orazio n. 31 presso lo studio

dell’Avv. Angelo Caliendo e rappresentati e difesi dall’Avv.

Giuseppe Romano per procura a margine del ricorso.

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore generale pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende.

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA SUD S.P.A.;

– intimata –

per la cassazione della sentenza n. 310/29/13 della Commissione

tributaria regionale della Campania, depositata il 22.10.2013, non

notificata;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29.09.2021 dal Consigliere Roberta Crucitti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Visonà Stefano che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per la controricorrente l’Avv. Gianna Galluzzo;

al quale è stato riunito il ricorso n. r.g.21597/2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore generale pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende.

– ricorrente –

contro

S.A.;

– intimato –

per la cassazione della sentenza n. 120/1/13 della Commissione

tributaria regionale della Campania, depositata il 25 febbraio 2013.

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Visonà Stefano, che ha concluso per la declaratoria della

cessazione della materia del contendere;

udito per la ricorrente l’Avv. Gianna Galluzzo.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Nella controversia originata dall’impugnazione da parte della Lattoneria Silvestra s.a.s. di A.B. e dai soci S.L., S.V., S.C. e S.C. dell’avviso di accertamento, emesso ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) e relativo a IVA e IRAP dell’annualità 2004, a carico delle Società, e dei conseguenti avvisi, relativi a IRPEF, a carico dei predetti soci, nonché delle cartelle di pagamento emesse sulla scorta dei predetti accertamenti, la Società e i soci, come sopra indicati, ricorrono, su quattro motivi, nei confronti dell’Agenzia delle entrate (che resiste con controricorso) e di Equitalia Sud S.p.a. (che non ha svolto attività difensiva) avverso la sentenza, indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Campania, accogliendo l’appello formulato dall’Agenzia dell’entrate avverso la prima decisione (favorevole ai contribuenti), ha rigettato i ricorsi introduttivi. In particolare, il Giudice di appello, citata a conforto giurisprudenza di questa Corte, ha ritenuto che gli atti impositivi fossero legittimi in quanto fondati su dati che evidenziavano una anomalia gestionale, a fronte della quale i contribuenti non avevano fornito convincenti elementi giustificativi, neppure per dubitare della correttezza della percentuale di ricarico applicata, inferiore di 20 punti rispetto a quella prevista per il settore.

Il P.G. ha depositato requisitoria scritta chiedendo il rigetto del ricorso ed i ricorrenti, fatta comunque salva l’istanza di rinvio della trattazione, memoria ex art. 378 c.p.c..

Nella diversa controversia promossa da altro socio, S.A., avverso l’avviso di accertamento, relativo a IRPEF della stesso anno di imposta 2004, conseguente all’accertamento nei confronti della società in accomandita Lattoneria S., e della successiva cartella di pagamento rìcorre, invece, su due motivi, l’Agenzia delle entrate nei confronti del contribuente (che non resiste, avendo depositato in atti solo procura rilasciata al difensore) avverso la sentenza, indicata in epigrafe, con cui la C.T.R. della Campania aveva determinato il reddito da partecipazione, in contestazione, in percentuale di quello societario, corrispondente alla quota parte di partecipazione in capo allo stesso contribuente. La sesta sezione civile di questa Corte, con ordinanza resa il 6.11.2014, disponeva il rinvio a nuovo ruolo per la trattazione congiunta con il ricorso n. 9537/2014 (avente ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di accertamento a carico della Società e degli altri soci).

Con istanza del 19 maggio 2020, la ricorrente, premesso che la Direzione Provinciale di Caserta aveva comunicato che il contribuente aveva presentato domanda di definizione della controversia ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6 provvedendo al pagamento di quanto previsto per il perfezionamento, ha chiesto a questa Corte di dichiarare l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere con compensazione delle spese ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46, comma 3.

Il P.G. ha depositato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi cessata la materia del contendere.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Preliminarmente il Collegio, in ragione del principio dell’unitarietà dell’accertamento dei redditi in capo alle società di persone e ai soci nonché nel rispetto del litisconsorzio necessario tra società e soci, riunisce al ricorso iscritto al n. r.g.9537/2014 (concernente l’accertamento a carico della Società e di alcuni soci) quello portante il n. r.g. 21597/2013 (concernente l’accertamento a carico del singolo socio S.A.).

2.Sempre preliminarmente, il Collegio ritiene di disattendere, siccome generica e non idoneamente documentata, l’istanza di rinvio della trattazione del ricorso iscritto al n. r.g.9537/2014.

3. Va, poi, dato atto che, con riferimento al ricorso iscritto al n. r.g.21597/2013, l’Agenzia delle entrate, ricorrente, con nota del 19 maggio 2020 – premesso che la Direzione provinciale competente aveva comunicato il perfezionamento, con il pagamento integrale di quanto dovuto, della definizione della controversia, ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6 da parte di S.A. – ha chiesto dichiararsi estinto il relativo giudizio per cessazione della materia del contendere.

Attese l’istanza e la documentazione allegata il giudizio nei confronti di S.A. va, pertanto, dichiarato estinto per cessazione della materia del contendere ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6 senza pronuncia sulle spese.

4. Procedendo, quindi, alla trattazione del ricorso iscritto al n. r.g. 9537/2014, con il primo motivo, i ricorrenti deducono, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 2697 c.c., laddove, secondo la prospettazione difensiva, la sentenza impugnata, con motivazione apodittica, aveva assunto che la gestione di impresa era contraria ai criteri di ragionevolezza economica, ribaltando sulla società l’onere di dimostrare il contrario.

5. Con il secondo motivo, articolato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si censura la sentenza impugnata per avere fatto mal governo dei principi in tema di sindacabilità, da parte dell’Ufficio finanziario, delle condotte antieconomiche degli imprenditori, con violazione degli artt. 2697,2727 e 2729 c.c. e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1.

6.Con il terzo motivo si deduce, nuovamente, la violazione di legge, di cui al mezzo di impugnazione precedente, perpetrata dalla C.T.R. per avere ritenuto legittimi gli atti impositivi impugnati, sulla base dell’applicazione della mera media di settore disattendendo l’insegnamento consolidato, in materia di questa Corte.

7.Con il quarto motivo, infine, si evidenzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, un’omessa pronuncia da parte del Giudice di appello sulla eccezione secondo cui la rettifica, essendo basata sugli studi di settore, avrebbe dovuto essere preceduta, a pena di nullità, dall’instaurazione del contraddittorio.

8.Per ragioni di ordine logico-giuridico delle questioni rimesse all’esame di questa Corte, il quarto motivo va trattato da Primo ed è inammissibile perché inconferente rispetto al decisum.

Nell’illustrazione del motivo viene, infatti, citata a conforto la giurisprudenza di questa Corte in materia di necessità del contraddittorio nelle ipotesi di accertamenti basati esclusivamente sugli studi di settore, mentre, per come è pacifico, nella specie, si verte di un accertamento conseguente a verifica “a tavolino”, emesso ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 essendosi riscontrata una gestione antieconomica.

8.1 Sul punto sono intervenute le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 24823 del 09/12/2015) affermando i seguenti principi:

-“in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, non sussiste per l’Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per gli accertamenti ai fini Irpeg ed Irap, assoggettati esclusivamente alla normativa nazionale, vertendosi in ambito di indagini cd. “a tavolino””;

-“In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito”.

8.2.Nel caso in esame, ferma restando la non necessità dell’attivazione del contraddittorio per i tributi non armonizzati, anche con riferimento all’IVA non risulta agli atti che i contribuenti abbiano mai assolto all’onere sugli stessi incombente.

9. Il primo, il secondo e il terzo motivo del ricorso, intimamente connessi, possono trattarsi congiuntamente e non meritano accoglimento.

9.1 In particolare, il primo motivo è inammissibile. Sotto l’egida della violazione di legge in materia di presunzioni, i ricorrenti, in realtà, contestano la valutazione che la C.T.R. ha compiuto delle risultanze di bilancio, concludendo che dalle stesse – raffrontando costi e ricavi – emergeva il quadro di una gestione antieconomica. Tale antieconomicità, peraltro, è stata rilevata dal Giudice di appello anche sulla base di altro elemento quale l’incoerenza degli indici relativi al valore aggiunto per addetto e al margine operativo lordo, risultato pari a 11,431a fronte di un minimo e un massimo di 21,40 e 79,43).

9.2 Alla stessa sanzione di inammissibilità soggiace il secondo motivo laddove, nell’illustrazione del mezzo, non viene neppure spiegato come e con quale argomentazione la C.T.R. abbia violato le norme invocate ma si contesta, in realtà, ancora una volta la valutazione degli elementi istruttori come compiuta dal giudice di merito.

9.3 Il terzo motivo di ricorso e’, in parte, inammissibile e, in parte, infondato. Premesso che è pacifico in atti che la verifica dalla quale sono scaturiti gli avvisi di accertamento impugnati ha preso le mosse da una riscontrata (sulla base degli elementi indicati in bilancio e in dichiarazione dalla stessa Società) antieconomicità della gestione e non solo dallo scostamento della percentuale di ricarico applicata, come dato atto, dalla stessa sentenza impugnata (senza che alcuna censura sia stata sollevata sul punto la percentuale di ricarico applicata dall’Ufficio è stata parametrata per difetto a quella risultante dalla tabella dei coefficienti di maggiorazione di cui ai decreti dirigenziali della L. n. 488 del 1999, art. 7, comma 11, lett. a).

10. In conclusione, alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso iscritto al n. r.g. 9537/2014 va rigettato.

11. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate nella misura indicata in dispositivo in favore dell’Agenzia delle entrate mentre non vi è luogo a provvedere nei confronti di Equitalia Sud S.p.a. rimasta intimata.

PQM

La Corte riunisce il ricorso iscritto al n. r.g.21597/2013 a quello portante il n. r.g. 9537/2014.

Dichiara estinto il giudizio e cessata la materia del contendere, ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6 con riferimento al ricorso iscritto al n. 21597/2013 nei confronti di S.A..

Rigetta il ricorso iscritto al n. r.g.9537/2014 e condanna Lattoneria S. s.a.s. di A.B., S.L., S.V., S.C. e S.C., in solido, alla refusione in favore dell’Agenzia delle entrate, delle spese liquidate in complessivi Euro 7.300, oltre spese prenotate a debito.

Dà atto che sussistono, con riferimento al ricorso iscritto al n. r.g.9537/2014 i presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 1-bis, dell’art. 13 se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V sezione Civile, il 29 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2021

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