Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3439 del 14/02/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 3439 Anno 2014
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: FRASCA RAFFAELE

Data pubblicazione: 14/02/2014

Cosentino, Giuseppe Pizzo, Francesco Marino e Mario Santagati; a2) l’originale delle note
conclusionali depositate in funzione della decisione qui impugnata; a3) l’originale delle
note conclusionali depositate in funzione della decisione sub al); a4) originale di istanza
depositata dai medici il 5 ottobre 2012 presso la Cancelleria della Corte d’Appello di Roma
intesa ad ottenere con la sentenza definitiva la rilevazione di taluni errori materiali.

MOTIVI DELLA DECISIONE

§1. Preliminarmente si rileva che il ricorso incidentale dev’essere deciso
congiuntamente a quello principale, in seno al quale è stato proposto.
Sempre in via preliminare dev’essere dichiarata inammissibile la documentazione
depositata all’udienza dalla difesa dei resistenti e ricorrenti incidentali, atteso che il
deposito non è stato fatto previa notificazione alla parte ricorrente principale dell’elenco
dei documenti, siccome si doveva fare a mente del secondo comma dell’art. 372 c.p.c.
§2. Il ricorso principale è inammissibile nei confronti del medico Antonio Romolo
Maria Pricoco, giacché la Corte territoriale ha rigettato il suo appello, pur rimettendo
(come, del resto, per gli altri medici riguardo ai cui rapporti processuali sul merito
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Est. Cons. R ffaele Frasca

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dell’appello vi fu accoglimento parziale e, quindi, sentenza definitiva sul merito) — con
notevole singolarità — alla sentenza definitiva da pronunciarsi sui rapporti processuali per i
quali la causa non venne ritenuta matura per la decisione, la regolazione delle spese, punto,
però, sul quale nessuno dei motivi di ricorso si appunta. Sicché, i motivo del ricorso
principale, supponendo una soccombenza nei riguardi del Pricoco che non vi è stata,
essendo stato l’appello del medesimo rigettato, risultano proposti senza il necessario
requisito della sussistenza di una soccombenza. Un motivo di ricorso contro il Pricoco

avrebbe semmai potuto attingere la irrituale riserva alla decisione sui rapporti processuali
riguardo ai quali venne disposta la rimessione nella fase istruttoria. Riserva che violava il
principio per cui con la sentenza che chiude il giudizio, quale fu la sentenza impugnata
riguardo al rapporto processuale fra la ricorrente principale ed il Pricoco, il giudice
provvede sulle spese (art. 91 c.p.c.).
§3. Il ricorso principale è, inoltre, inammissibile nei riguardi dei medici Mario
Salvatore Cosentino, Giuseppe Pizzo, Francesco Marino e Mario Santagati, atteso che la
sentenza impugnata non ha reso alcuna pronuncia sull’appello da loro proposto, avendo
rimesso la causa sul ruolo istruttorio con la separata ordinanza evocata nella sua
motivazione e nel suo dispositivo.
Né, un’impugnazione nei loro riguardi sarebbe ammissibile, ove si intendesse — ma
lo si osserva per absurdum, atteso che la sentenza non reca alcuna precisazione in tal senso
– che la Corte territoriale abbia inteso decidere le questioni di merito relative alla
qualificazione dell’azione dei medici anche con riferimento ai dottori su indicati ed abbia
riservato alla successiva istruzione solo l’accertamento dei presupposti concreti per il loro
diritto. E’ sufficiente osservare, non senza che si debba rilevare come risulti difficile anche
in astratto ipotizzare una simile pronuncia, che essa sarebbe soggetta al regime dell’art.
360, terzo comma, c.p.c. nel testo introdotto dal d.lga. n. 40 del 2006, onde la sua
impugnazione si sarebbe potuta fare solo con la sentenza definitiva.
§4. Il ricorso incidentale non risulta proposto dalla dott.ssa Claudia Carani, nei cui
riguardi risulta pronunciata la sentenza impugnata e, pertanto i motivi con i quali si articola
non potranno riguardare la sua posizione.
§4.1. Il ricorso incidentale, in quanto proposto dai dottori Mario Salvatore Cosentino,
Giuseppe Pizzo, Francesco Marino e Mario Santagati, risulta inammissibile riguardo ai
relativi rapporti processuali per ragioni analoghe a quelle indicate a proposito del ricorso
principale proposto nei loro confronti, cioè perché la sentenza non ha pronunciato riguardo

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Est. Cons. aff

Frasca

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ad essi e, se anche avesse reso una pronuncia parziale, essa sarebbe stata soggetta al regime
del terzo comma dell’art. 360 c.p.c.
§4.2. Il ricorso incidentale, in quanto proposto da Carmela Passanisi e da Grazia
Carmela Passaniti, non figurando le stesse né come destinatarie del ricorso principale, né
come parti della sentenza impugnata, l’uno e l’altra riferendosi a Passaniti Carmela, risulta
inammissibile, in quanto le predette non figurano legittimate ad impugnare in via
incidentale.

§5. Con il primo motivo di ricorso principale si deduce “violazione del combinato
disposto degli artt. 2043 c.c. e dei principi in materia di responsabilità civile delle
Amministrazioni statali e pubbliche, nonché degli artt. 1173 — 2043 . 2934 — 2935 — 2946,
2948, n. 4, del codice civile, degli artt. 5 e 189 del Trattato istitutivo della Comunità
europea, dell’art. 10 del Trattato istitutivo della Comunità europea (Trattato di Roma) nella
versione consolidata (GUCE n. C. 325 del 24 dicembre 2002), dell’art. 117 comma 1 della
Costituzione dell’art. 16 della Direttiva CEE 82/76, dell’art. 2947 c.c., dell’art. 3 della
Costituzione, nonché dell’art. 4 comma 43 della 1. n. 183/2011, in relazione all’art. 360
c.p.c. n. 3)”.
Vi si censura la sentenza impugnata per avere condiviso la qualificazione dell’azione
dei medici individuata da Cass. sez. un. n. 9147 del 2009 e, quindi, la conseguenza del
carattere decennale della prescrizione, anziché quella di cui a Cass. n. 12814 del 2009.
§5.1. Nessuna argomentazione viene svolta a proposito dell’art. 4, comma 43, della 1.
n. 183 del 2011.
§5.2. Con il secondo motivo si denuncia “violazione dei principi dello ius

superveniens e, in particolare, dell’art. 4, comma 43 della Legge 12 novembre 2011 n. 183,
in combinato disposto con l’art. 2043 c.c. e dell’art. 2947 c.c., in relazione all’art. 360
c.p.c. n. 3”.
Vi si invoca innanzitutto, per postulare l’applicabilità della prescrizione
quinquennale, la norma dell’art. 4, comma 43 della 1. n. 183 del 2011.
Quindi, si mostra di conoscere la giurisprudenza inaugurata da Cass. n. 10813,
10814, 10815 e 10816 del 2011 in punto di decorrenza del corso della prescrizione dal 27
ottobre 2009 e si sostiene che essa sarebbe stata smentita dalla sentenza del 19 maggio
2011 della Corte di Giustizia CE, resa sulla causa C-452/09.
§5.3. Con il terzo motivo si denuncia “violazione dei principi dello ius superveniens
e, in particolare, dell’art. 4, comma 43 della Legge 12 novembre 2011 n. 183, in combinato
disposto con l’art. 2043 c.c. e dell’art. 2947 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3.
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Prescrizione delle domande a seguito dello ius superveniens, per effetto 4, comma 43 della
Legge 12 novembre 2011 n. 183”, di cui viene, nella stessa intestazione del motivo,
riportato di seguito il testo.
La postulazione dell’applicabilità della norma sopravenuta viene svolta assumendo
che essa si applicherebbe ai giudizi pendenti.
§5.4. Con il quarto motivo si prospetta “violazione e falsa applicazione dei principi
di cui alle direttive CEE n. 75/362/CEE (c.d. direttiva di riconoscimento) e la n.

75/363/CEE (c.d. direttiva di coordinamento), della direttiva n. 82/76/CEE, del D.Lgvo n.
257/1991, nonché di quelli di cui alla Legge n. 370(1999 in relazione all’art. 360 n. 3
c.p.c.”.
Con il quinto motivo si prospetta, in fine, “violazione e falsa applicazione dell’art.
2697 c.c.e degli artt. 115 e 116 c.p.c., relativi all’onere della prova e del principio di
corrispondenza tra chiesto e pronunciato, in relazione al contenuto delle eccezioni
formulate dalle ricorrenti Amministrazioni statali in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3.
Infondatezza della domanda degli attori che non hanno fornito la prova delle condizioni e
requisiti richiesti dalle disposizioni invocate per avere diritto alla adeguata remunerazione:
frequenza del corso a tempo pieno, mancato svolgimento di una attività lavorativa”.
I due motivi sono illustrati congiuntamente e proposti subordinatamente rispetto ai
primi tre e pongono la questione del difetto di prova delle pretese condizioni della
frequenza dei corsi nella situazione di inadempimento delle direttive a tempo pieno e senza
esercizio di attività esterna.
§5.5. Il terzo motivo è inammissibile, per come deducono i resistenti, atteso che il
suo argomentare risulta espressamente riferito ad una controparte, tale dottor De Masi
(pagina 30 del ricorso), che non è parte del presente giudizio, onde non appare diretto
contro la sentenza impugnata.
§5.5. Il quarto e quinto motivo sono inammissibili, per come eccepiscono i resistenti,
in quanto il loro argomentare risulta espressamente riferito alla posizione di tale dottor
Caracciolo, estraneo al giudizio, onde non appaiono diretti contro la sentenza impugnata.
§5.6. Il primo ed il secondo motivo, così come il terzo, quarto e quinto, ove fossero
ammissibili, sono “infondati” (secondo la lettura datane da Cass. sez. un. n. 19051 del
2010), in quanto la giurisprudenza della Corte ha già esaminato tutte le questioni da essi
proposte e le ha ampiamente disattese.
§5.6.1. Il primo motivo pretende di discutere della qualificazione dell’azione dei
medici specializzandi data da Cass. sez. un. n. 9147 del 2009, per un verso evocando Cass.
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n. 12814 del 2009 e per altro verso adducendo che le Sezioni Unite essa non sarebbero
state in sintonia con la giurisprudenza comunitaria inaugurata dalla nota sentenza sul caso

Francovich, ma lo fa ignorando, sotto il primo profilo, la critica a Cass. n. 12814 del 2009
espressamente svolta da questa Sezione con le sentenze gemelle nn. 10813, 10814, 10815 e
10816 del 2011, e, sotto il secondo, le ampie argomentazioni con cui dette sentenze
rilevarono che il problema di qualificazione era di diritto interno.
Le ragioni esposte dalle sentenze gemelle sotto l’uno e l’altro aspetto sono state

ribadite da ormai numerosissime decisioni, sia rese a seguito della stessa camera di
consiglio, sia a seguito di altre camere di consiglio, nonché da decisioni rese dalla Sezione
Prima ed anche dalla Sezione Lavoro della Corte ed ancora da questa Sesta Sezione.
Le dette sentenze gemelle, dopo avere rilevato che la domanda risarcitoria degli
specializzandi da inadempimento delle direttive dev’essere inquadrata nei termini di cui a
Cass. sez. un. n. 9147 del 2009, cioè come inadempimento di un’obbligazione ex lege di
natura contrattuale, ed avere ampiamente ribadito le ragioni a sostegno di detta
qualificazione, hanno statuito che la prescrizione de qua, di misura decennale, decorse
soltanto dal 27 ottobre 1999. A tale principio la sentenza impugnata ha espressamente fatto
riferimento evocando Cass. n. 10813 del 2011.
Successivamente, in proposito, si veda Cass. n. 1917 del 2012, la quale ha enunciato
il seguente principio di diritto: <> (Cass. n. 17067 del 2013, da ultimo); «In materia
di trattamento economico dei medici specializzandi, l’art. 8, comma 2, del d.lgs. 8 agosto
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Est. Cons. affaele Frasca

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1991, n. 257 (“le disposizioni del presente decreto si applicano a decorrere dall’anno
accademico 1991-1992”), deve essere inteso nel senso che il precedente art. 6, il quale
aveva tardivamente attuato il diritto comunitario, era applicabile soltanto ai medici che si
fossero iscritti ad un corso di specializzazione a decorrere dall’anno accademico 19911992, esclusi, quindi, gli specializzandi che, alla data di entrata in vigore del decreto, già
frequentavano corsi di specializzazione, per essersi iscritti in un anno precedente senza
averli terminati, e ciò non solo per gli anni accademici pregressi, ma anche per i successivi.

>> (da ultimo, Cass. n. 19884 del 2013); «La previsione di cui all’art. 11 della legge 19
ottobre 1999, n. 370, che ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno da
inadempimento della direttiva 26 gennaio 1982, n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive
16 giugno 1975, n. 75/362/CEE e n. 76/362/CEE, diritto insorto in favore dei soggetti che
avevano seguito corsi di specializzazione medica iniziati negli anni dal 10 gennaio 1983
all’anno accademico 1990-1991, in condizioni tali che, se detta direttiva fosse stata attuata,
avrebbero acquisito i diritti da essa previsti, è applicabile anche agli specializzandi che,
avendo iniziato il corso anteriormente all’anno accademico 1990-1991, lo abbiano
proseguito in epoca successiva, non applicandosi nei loro confronti la disciplina di cui
all’art. 6 d.lgs. 8 agosto 1991, n. 257, in forza dell’esclusione stabilita dall’art. 8, comma 2,
del medesimo decreto legislativo.» (Cass. n. 17068 del 2013, da ultimo).
In forza, in particolare, dell’ultimo riassuntivo principio di diritto la Corte territoriale
avrebbe dovuto riconoscere ai medici Belluso, Cali, Crucitti, Fede, Guagliardo, Marcone,
Nocera, Pellegriti, Ragusa, Scarso, Scollo, Tumino e Vassallo il diritto all’adeguata
remunerazione anche per il periodo di durata del loro corso di specializzazione relativo agli
anni accademici 1991-1992.
La sentenza impugnata dev’essere, dunque, cassata riguardo ai rapporti processuali
fra il ricorrente principale e i detti medici. La Corte di rinvio, che si designa in altra
Sezione della Corte d’Appello di Roma, comunque in diversa composizione, si atterrà
all’indicato principio di diritto.
Va chiarito che la disposta cassazione riguarda solo il rapporto processuale fra il
ricorrente principale ed i detti medici, atteso che nessuna impugnazione è stata proposta
riguardo alla negazione di legittimazione passiva dei Ministeri e della Presidenza del
Consiglio come tale.
Nel provvedere alla liquidazione del danno ulteriore la Corte di rinvio si uniformerà
nella sua determinazione ai principi enunciati da Cass. n. 1917 del 2012 (riportato nel
paragrafo seguente) e, dunque, riconoscerà l’importo di cui all’art. 11 della 1. n. 370 del
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1999 con gli interessi legali dalla domanda o dalla mora precedente (se risultante in atti),
confidando il debito di valuta dal momento della sopravvenienza di tale norma.
§7. Con il secondo motivo di ricorso incidentale si denuncia “violazione falsa
applicazione degli artt. 1219 c.c. e 1224 c.c. in relazione al motivo di cui al n. 3 e 5 del
primo comma dell’art. 360 c.p.c., per non aver calcolato ai fini del risarcimento del danno
in favore dei ricorrenti incidentali, gli interessi legali a decorrere dalla data di messa in
mora o dalla domanda giudiziale, ma dalla data di pubblicazione della sentenza di

appello”.
Il motivo è privo di fondamento per quanto concerne i medici Baglieri, Cunsolo, De
Luca, Messina, Prestifilippo, Ricchena, Sapienza e Scarpata, data la cassazione senza
rinvio disposta quanto ai loro rapporti processuali.
E’ inammissibile quanto ai medici Mario Salvatore Cosentino, Giuseppe Pizzo,
Francesco Marino e Mario Santagati, giacché la sentenza impugnata non ha pronunciato
nei loro riguardi.
Il motivo è, altresì, infondato quanto agli altri medici ricorrenti incidentali (salvo
quelli per cui il ricorso incidentale è stato dichiarato inammissibile).
Con principio di diritto oramai consolidato è stato, infatti, riconosciuto quanto segue:
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