Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3438 del 14/02/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 3438 Anno 2014
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: FRASCA RAFFAELE

SENTENZA
sul ricorso 12464-2012 proposto da:
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del
Presidente pro tempore, MINISTERO DELLA SALUTE
96047640584, in persona del Ministro pro tempore,
MINISTERO DELL’ECONONOMIA E DELLE FINANZE, MINISTERO
DELL’ISTRUZIONE E DELL’UNIVERSITÀ, in persona del
2013
8723

Ministro pro tempore, elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope
legis;
– ricorrenti contro

Data pubblicazione: 14/02/2014

MARZIALI MARIOLINA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA LUIGI RIZZO 72, presso lo studio dell’avvocato
CELLI PAOLO, che la rappresenta e difende giusta
procura speciale in calcde al controricorso;
– controrícorrente

di ROMA dell’8/03/2011, depositata il 04/04/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 07/11/2013 dal Consigliere Relatore Dott.
RAFFAELE FRASCA;
udito

l’Avvocato

Celli

Paolo

difensore

della

controricorrente che si riporta agli scritti;
è presente il P.G. in persona del Dott. ANTONIETTA
CARESTIA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 1452/2011 della CORTE D’APPELLO

R.g.n. 12464-12 (ud. 7.11.2013)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

§ 1. La Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero della Salute, il Ministero
dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, il Ministero della Salute ed il Ministero
dell’Economia e Finanza hanno proposto ricorso per cassazione contro Mariolina Marziali
avverso la sentenza del 4 aprile 2011, con la quale la Corte d’Appello di Roma ha
riformato la sentenza resa in primo grado del Tribunale di Roma, che aveva rigettato la

domanda proposta da essa ricorrente il 2 agosto 2001 per ottenere, in relazione alla
frequenza di un corso di specializzazione in psichiatria presso l’Università di Ancona per
la durata di quattro anni a far tempo dall’anno accademico 1985 con consecuzione del
diploma nel 1990, il risarcimento del danno derivato dalla mancata percezione di
un’adeguata remunerazione, in ragione della situazione di inadempimento dello Stato
Italiano alle direttive CEE 75/362, 75/363 76/82/75, nonché per la perdita di chance
derivante dall’avere ottenuto un diploma non conforme a quanto previsto dalle direttive.
La Corte d’Appello di Roma ha invece, previa qualificazione dell’azione alla stregua
di quanto ritenuto da Cass. sez. un. n. 9147 del 2009 per vicende consimili, accolto la
domanda risarcitoria per la perdita dell’adeguata remunerazione e rigettato l’altra per la
perdita di chance.
§2. Il ricorso prospetta quatto motivi.
§3. L’intimata vi ha resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

§1. Con il primo motivo si denuncia si denuncia “violazione e falsa applicazione
dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.”.
Vi si sostiene – sulla premessa che a pagina quattro della comparsa di costituzione in
primo grado le Amministrazioni avevano dedotto che la marziale avrebbe dovuto fornire la
prova dello svolgimento del corso di specializzazione con condizioni fattuali
corrispondenti a quanto previsto dal d.lgs. n. 257 del 1991 – che la sentenza impugnata
avrebbe violato le norme sull’onere della prova nel parametrare il dovuto ai medici alla
stregua di detto d.lgs., giacché lo avrebbe fatto senza che la Marziali avesse fornito la
dimostrazione di essersi trovata nelle condizioni fattuali richieste dal d.lgs.,
particolarmente quanto alla dimostrazione di non avere svolto altra attività lavorativa
libero-professionale remunerata. In secondo luogo, si adduce che sarebbe anche mancata la
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Est. Cons.

aele Frasca

R.g.n. 12464-12 (ud. 7.11.2013)

dimostrazione della frequenza dei corsi secondo i requisiti stabiliti dalla direttiva CEE
75/363 e nell’allegato 1 alla direttiva CEE 82/76. Si assume ancora che la sola produzione
della certificazione relativa alla frequentazione del corso di specializzazione ed al
– conseguimento del diploma non darebbe garanzia che la Marziale non avesse frequentato
• effettivamente il corso per una durata inferiore a quella di legge, ad esempio accelerando il
corso degli esami. Non rileverebbe, d’altro canto, che la possibilità di frequentare i corsi
senza dover sottostare all’obbligo del tempo pieno derivasse dalla situazione di

inadempienza dello Stato alle direttive che prevedevano la formazione a tempo pieno,
perché oggetto della controversia sarebbe la pretesa ad una adeguata remunerazione, che le
stesse direttive prevedevano per il caso di svolgimento della formazione a tempo pieno,
con divieto di svolgere attività libero professionale.
§1.1. Il motivo, in disparte che non è assistito dall’indicazione specifica della
comparsa di risposta alla quale fa riferimento, atteso che non indica se e dove essa, in
quanto prodotta in questo giudizio di legittimità (anche all’ulteriore effetto di cui al
secondo comma n. 4 dell’art. 369 c.p.c.), siccome imponeva l’art. 366 n. 6 c.p.c., non è
fondato in base alla ormai consolidata giurisprudenza della Corte, la quale è ferma
nell’affermare il seguente principio di diritto: <>.
§1.2. In base alle qui riportata motivazione la censura proposta dal ricorso con il
primo motivo non è fondata là dove sostiene che la parametrazione del dovuto è stata fatta
al d.lgs. n. 257 del 1991 senza che ne ricorressero i presupposti fattuali giustificativi, ma lo
è là dove, essendo prospettata sulla base del presupposto che i parametri di cui a quel d.lgs.
fossero applicabili e, quindi, per quanto s’è detto, lasciando ancora sub iudice questo
presupposto, consente alla Corte di rilevare l’erroneità di detto presupposto.
§2. Con il secondo motivo si lamenta “violazione e falsa applicazione dell’art. 115, 1
comma, c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.”.
Vi si premette che nella narrativa della sentenza impugnata la Corte d’Appello aveva
riportato quanto esposto dalla Marziale nell’atto introduttivo del giudizio circa lo
svolgimento da parte sua, durante la frequenza del corso di specializzazione l’attività di
sostituzione del medico di base del Comune di Amandola, un servizio di guardia medica e
di visite fiscali, mentre a pagina dieci, nella motivazione, la stessa Corte aveva rilevato che
le Amministrazioni non avevano contestato che la Marziale avesse svolto il corso di
specializzazione a tempo pieno.
Si sostiene, quindi, richiamando la prospettazione di cui alla pagina quattro della
comparsa di costituzione di primo grado, già evocata nel motivo precedente, che la Corte
territoriale avrebbe violato il principio di non contestazione, perché le Amministrazioni
«avevano dedotto che l’attrice avrebbe dovuto fornire la prova della sussistenza nel caso
concreto delle condizioni fattuali necessarie per far sorgere il diritto alla remunerazione>>.
§2.1. Il motivo è inammissibile, perché denunciano una svista della Corte capitolina,
là dove Essa avrebbe dato per non contestata una circostanza che lo era stata, ha
prospettato un errore revocatorio, cioè di percezione, commesso da detta Corte.

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Est. Cons. lRteIe Frasca

R.g.n. 12464-12 (ud. 7.11.2013)

Il motivo è ulteriormente inammissibile per inosservanza dell’art. 366 n. 6 c.p.c.,
dato che non è stata fornita, nei sensi indicati a proposito dell’esame del primo motivo,
l’indicazione specifica della comparsa di risposta.
Se fosse stato esaminabile nel merito il motivo sarebbe stato anche infondato, posto
che, come s’è veduto esaminando il primo motivo, la frequenza del corso con modalità
parametrabili a quelle che avrebbe dovuto avere se l’inadempimento statuale non vi fosse
stato, non era fatto costitutivo del diritto della Marziali, onde non era configurabile l’onere

di contestazione delle Amministrazioni.
§3. Il terzo motivo denuncia “motivazione contraddittoria in relazione all’art. 360 n.
5 c.p.c.” e si duole che la Corte territoriale abbia affermato che la frequenza del corso era
stata tempo pieno e nel contempo richiamato nella narrativa le circostanze allegate dalla
Marziali circa l’espletamento del servizio di sostituzione del medico di base, di guardia
medica e di visita fiscale, le quali sarebbero incompatibili con la frequenza a tempo pieno.
§3.1. Il motivo appare del tutto carente nell’argomentare la contraddittorietà, perché
non spiega per quale ragione quelle attività fossero incompatibili con la frequenza a tempo
pieno. Onde difetta di specificità e, quindi, è inammissibile alla stregua del principio di
diritto secondo cui «Il requisito di specificità e completezza del motivo di ricorso per
cassazione è diretta espressione dei principi sulle nullità degli atti processuali e
segnatamente di quello secondo cui un atto processuale è nullo, ancorché la legge non lo
preveda, allorquando manchi dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento del
suo scopo (art. 156, secondo comma, cod. proc. civ.). Tali principi, applicati ad un atto di
esercizio dell’impugnazione a motivi tipizzati come il ricorso per cassazione e posti in
relazione con la particolare struttura del giudizio di cassazione, nel quale la trattazione si
esaurisce nella udienza di discussione e non è prevista alcuna attività di allegazione
ulteriore (essendo le memorie, di cui all’art. 378 cod. proc. civ., finalizzate solo
all’argomentazione sui motivi fatti valere e sulle difese della parte resistente), comportano
che il motivo di ricorso per cassazione, ancorché la legge non esiga espressamente la sua
specificità (come invece per l’atto di appello), debba necessariamente essere specifico, cioè
articolarsi nella enunciazione di tutti i fatti e di tutte le circostanze idonee ad
evidenziarlo.» (Cass. n. 4741 del 2005, seguita da numerose conformi.
Inoltre, secondo quanto evidenziato dalla motivazione di Cass. n. 23577 del 2011
appare anche inidoneo a dimostrare la pretesa contraddizione, perché resta del tutto oscuro
se — ammesso che essa effettivamente non abbia frequentato un corso a tempo pieno – alla

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Est. Cons. Ra1e1e Frasca

R.g.n. 12464-12 (ud. 7.11.2013)

Marziali sia stata data la possibilità di farlo e la stessa abbia scelto la frequenza a tempo
parziale.
Il motivo è, pertanto, inammissibile e gradatamente infondato.
§4. Con il quarto motivo si denuncia “violazione e falsa applicazione degli artt. 2043,
2056 e 1223 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.”.
La sentenza impugnata avrebbe violato le norme indicate perché ha parametrato il
danno a quanto previsto dal d.lgs. n. 257 del 1001 per il mancato conseguimento della

remunerazione, mentre avrebbe potuto liquidare soltanto un danno da perdita di chance.
Ciò, perché l’unico danno conseguito dalla frequenza del corso con modalità non conformi
a quelle imposte dalla direttive comunitarie sarebbe stato quello derivante dal deficit
formativo, mentre danno da lucro cessante non si sarebbe configurato per la mancata
percezione della remunerazione, atteso che <>.
§4.1. Lo scrutinio del motivo deve muovere dal rilievo che la questione che esso
pone è la legittimità della liquidazione del danno a favore della Marziali alla stregua di
quanto prevede il d.lgs. n. 257 del 1991, che ebbe ad attuare tardivamente le note direttive.
Tale correlazione è effettivamente erronea, ma per ragioni diverse da quelle indicate
dal motivo e alle quali, tuttavia, questa Corte può dare rilievo nell’esercizio dei poteri
sottesi al principio iura novit curia in quanto tale esercizio resti nei confini del finalismo
della censura.
E’ stato, infatti, già affermato che <

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