Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3437 del 12/02/2010

Cassazione civile sez. II, 12/02/2010, (ud. 01/12/2009, dep. 12/02/2010), n.3437

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. ATRIPALDI Umberto – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

T.B.G. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA VAL GARDENA 35, presso lo studio

dell’avvocato DI LORETO CRISTIAN che la difende con procura speciale

per Notaio SELLA Adriano, rep. 135507 dep. 26/11/09, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato JUVARA ANTONINO, con

delega in atti;

– ricorrente –

contro

T.P. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA GERMANICO 12 SC. A-4, presso lo studio dell’avvocato DI

LORENZO FRANCO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

GIUDICI ANTONIO;

– controricorrente –

e contro

L.S., T.E., T.V.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 94/2004 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 29/01/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

01/12/2009 dal Consigliere Dott. D’ASCOLA Pasquale;

udito l’Avvocato DI LORETO Cristiana, difensore del ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato DI LORENZO Franco, difensore del resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 19 maggio 2001 il tribunale di Bergamo esaminava le domande proposte da To.El. avverso T.B. G. e t.e., rimasto contumace, e cosi’ provvedeva:

respingeva le domande “di eliminazione di terrapieno e del relativo muro di contenimento del medesimo nonche’ della serra”, perche’ non in violazione delle distanze; dichiarava infondata la domanda riconvenzionale proposta dal convenuto costituito, relativa all’eliminazione di un tratto di muro eretto sulla proprieta’ di T.B.G.. Condannava quest’ultimo al ripristino della recinzione controversa e compensava le spese per due terzi.

Su appello di T.P., erede di To.El., e contumaci le eredi di e., la Corte d’appello di Brescia rigettava l’appello incidentale di T.B.G. e accoglieva parzialmente le doglianze di T.P..

Pertanto ordinava ai convenuti e appellati di eliminare terrapieno e muro di sostegno a confine tra le proprieta’ fino alla distanza prevista da regolamento edilizio del Comune di (OMISSIS), in relazione al confine e all’edificio dell’appellante.

Condannava l’intervenuto T.G. a realizzare opere di rimedio alle infiltrazioni del piazzale, come descritte nei punti A e C della ctu e al risarcimento danni quantificato in 1.251,00 Euro.

La Corte d’appello chiariva che il confine tra le proprieta’ delle parti era rappresentato da una linea spezzata composta da cinque tratti di cui il primo composto da due parti con due muretti di confine: una prima parte posta piu’ in basso su proprieta’ di T.B.G., la seconda con muretto piu’ alto di 25 cm, costruito in aderenza su proprieta’ ex To.El., fatta per contenere la tracimazione in caso di pioggia. Il secondo e terzo tratto costituiti da muretto con rete metallica su proprieta’ T.P.. Il quarto muretto su mezzeria di confine, costituito da muro di 40 cm con soprastante nuovo muro di 25 cm. Il quinto tratto muro con rete metallica per sostegno a monte. Infine un sesto tratto non coinvolto in causa. La domanda relativa al terrapieno riguardava il quarto tratto e la Corte d’appello considerava il manufatto come costruzione da realizzare a distanza di legge. Il tribunale aveva invece rigettato la domanda ritenendo che T.B.G. aveva legittimamente costruito attenendosi al diritto di prevenzione. La Corte accoglieva l’appello e rilevava che – incontroversa la natura di costruzione dell’opera realizzata da parte convenuta – trattandosi di dislivello tra due fondi interessato da opera umana risultava applicabile l’art. 873 c.c.; che in mancanza in atti del Regolamento edilizio si doveva applicare la norma dell’art. 88 del regolamento come riportata dalla sentenza di primo grado. Ne desumeva che non era ivi enunciato il principio della prevenzione, sicche’ il preveniente non poteva costruire sul confine, tanto che lo stesso To.El. si era difeso dicendo che il nuovo manufatto posto sul precedente muro per contenere il terrapieno era stato autorizzato. La Corte rilevava l’illiceita’ di convenzioni in deroga a distacchi minimi dal confine e quindi la illiceita’ in ogni caso della costruzione. Ordinava la rimozione della costruzione fino al rispetto delle distanze legali Quanto alla domanda di arretramento della serra, la Corte confermava il rigetto rilevando che non era stata data prova della esistenza di una serra, ma solo di piantoni di ferro – forse con un telo precario di plastica – non qualificabili come costruzione, in mancanza di piu’ precise e dettagliate risultanze oltre la ctu e le testimonianze raccolte.

Quanto al 3 motivo, relativo al danno derivante dallo scolo di acqua piovana che a causa del lastrico posto sul terreno limitrofo invadeva la proprieta’ del ricorrente, costretto a realizzare un cordolo, la Corte contraddiceva il tribunale, il quale non aveva ravvisato nesso di causalita’ tra opere del convenuto e infiltrazioni d’acqua. Sulla base di consulenza, fotografie e testimonianze, la Corte rilevava che il livello del suolo era stato modificato senza predisporre una canaletta di scolo, causando le infiltrazioni lamentate. La Corte aggiungeva che la domanda era stata sin dall’inizio proposta e poi specificata e si muoveva “nell’ambito segnato dagli artt. 2043 e 2058 c.c. per il risarcimento del danno in forma specifica. Quanto alla domanda di T.P. di risarcimento per equivalente relativamente ai danni gia’ realizzati e non piu’ evitabili realizzando le opere nuove, la Corte liquidava il danno nella meta’ dell’importo stimato di L. 3.400.000, con rivalutazione e interessi.

Respingeva la domanda di ulteriore risarcimento per minore fruibilita’ dell’immobile di T.P., per mancanza di prova.

Quanto all’appello incidentale relativo al ripristino della recinzione metallica apposta da T.B.G. e per la quale questi pretendeva che controparte contribuisse alla manutenzione, la Corte rilevava che l’appello incidentale non aveva colto che la sentenza di primo grado di fondava sul rimprovero di un’abusiva rimozione della rete stessa, ratio che non era stata attaccata dal gravame, che pertanto veniva rigettato. T. B.G. ha proposto ricorso per Cassazione notificato tra il 3 e il 7 dicembre 2004 a T.P. e alle eredi di t.e., signore L.S., T.V. ed E., affidandosi a cinque motivi. T.P. ha resistito con controricorso; le eredi T. sono rimaste intimate. Parte resistente ha depositato memoria e documentazione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso lamenta fondatamente la mancata acquisizione della fonte normativa applicata. Parte ricorrente rileva che le norme dei regolamenti edilizi locali sono fonte di norme integrative del codice civile, ditalche’ il giudice aveva l’obbligo di acquisirle puntualmente. La sentenza impugnata ha ritenuto di poter evitare una ricerca specifica del testo regolamentare vigente e di poter considerare – “quale dato normativo assolutamente rilevante ai fini della decisione” -il testo dell’art. 88 riportato nella sentenza di primo grado e “ripreso, letteralmente e conformemente” dall’appellante. Risulta quindi incerto il riferimento normativo utilizzato, mentre il giudice deve applicare le norme dei regolamenti comunali edilizi e dei piani regolatori che sono, per effetto del richiamo contenuto negli artt. 872, 873 c.c., integrative delle norme del codice civile in materia di distanze tra costruzioni, indipendentemente da ogni attivita’’ assertiva o probatoria delle parti, acquisendone diretta conoscenza, o attraverso la sua scienza personale o attraverso la collaborazione delle parti, o attraverso la richiesta di informazioni ai comuni (cfr. Cass. 4372/02; 6837/03;

777/1987; 2563/09).

L’accoglimento del primo motivo comporta L’assorbimento delle doglianze esposte nel secondo (falsa applicazione dell’art. 88), la decisione della quale dipende dal testo normativo da accertare, e del quinto, relativo alle spese del giudizio di merito, che vengono rimesse in discussione dalla parziale cassazione della sentenza impugnata.

Con il terzo motivo parte ricorrente nega che sia soggetto alla disciplina delle distanze il muretto sovrapposto al terrapieno, perche’ non si tratterebbe di “una nuova costruzione, ma del breve innalzamento di un breve tratto, lungo soli 5 mt. del muro comune di cinta”, finalizzato ad impedire lo scolo dell’acqua piovana. La censura si risolve nella richiesta di una nuova valutazione di merito, inammmissibilmente rivolta al giudice di legittimita’. Lo si coglie nitidamente dalle argomentazioni svolte: il ricorso invoca genericamente “l’accertamento eseguito dal ctu”, che contrasterebbe con le testimonianze richiamate da controparte”. Parte ricorrente non riporta pero’ testualmente le risultanze asseritamente mal valutate e quelle erroneamente valorizzate, impedendo cosi’ alla Corte di legittimita’, che non ha accesso agli atti, di verificare la sussistenza di carenze o illogicita’ della motivazione o di desumerne, come vorrebbe il ricorso, la erroneita’ della sussunzione nella “categoria delle costruzioni delle opere effettivamente realizzate”. L’affermazione che non sarebbe stato eseguito nessun terrapieno, con la quale si conclude l’esposizione del motivo, resta quindi la mera contrapposizione della tesi dell’istante a quella dei giudicanti, che in sentenza risulta formulata in modo congruo e coerente.

Anche il quarto motivo merita, per analoghe ragioni, il rigetto. E’ qui denunciata l’erroneita’ della motivazione nella parte in cui la sentenza ha condannato T.B.G. alla realizzazione di una canalina di raccolta delle acque con innesto alla fognatura stradale. Secondo il ricorso non sarebbe stato dimostrato che l’infiltrazione di acqua nel fondo limitrofo sarebbe stata causata dalla lastricatura del piazzale del ricorrente. Si tratta pero’ di una affermazione apodittica, che non si fa carico, come e’ necessario per dimostrare la sussistenza di un vizio di motivazione, di dimostrare quali errate valutazioni abbia commesso la Corte giudicante e quali risultanze, anche questa volta non riportate puntualmente, dovessero condurre a opposte conclusioni. Segue da quanto esposto la cassazione della sentenza impugnata con riferimento al solo primo motivo del ricorso e il rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Brescia, che provvedera’ anche sulle spese di lite.

P.Q.M.

LA CORTE Accoglie primo motivo del ricorso, assorbiti il secondo e il quinto.

Rigetta il terzo e il quarto. Cassa la sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Corte d’appello di Brescia.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione seconda civile, il 1 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2010

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