Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3437 del 03/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 03/02/2022, (ud. 11/01/2022, dep. 03/02/2022), n.3437

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26795-2020 proposto da:

O.S., rappresentato e difeso, giusta procura speciale

allegata in calce al ricorso, dall’Avvocato Giuseppina Marciano,

presso il cui studio elettivamente domicilia in Milano, alla via

Fontana n. 3.

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, e

PREFETTURA – UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO DI PRATO, in persona

del Prefetto pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso cui domiciliano, ope in Roma, alla via

dei Portoghesi n. 12.

– controricorrenti –

avverso l’ordinanza, n. cronol. 171/2020, del GIUDICE di PACE di

PRATO, depositata in data 25/09/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del giorno 11/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott.

EDUARDO CAMPESE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con decreto del 17 agosto 2020, il Prefetto di Prato ha espulso dal territorio nazionale O.S., nativo della Nigeria, dopo che il questore gli aveva rifiutato il rinnovo del permesso di soggiorno per sua irreperibilità.

1.1. L’opposizione dell’ O. avverso questo provvedimento è stata respinta dal Giudice di Pace di Prato, con ordinanza del 25 settembre 2020, sul presupposto che ove la domanda di protezione internazionale dello straniero sia proposta dopo l’adozione del decreto di espulsione del medesimo, detto decreto non è colpito da sopravvenuta invalidità, restandone soltanto sospesa l’efficacia, con la conseguenza che il giudice di pace adito a norma del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 8, non può, in ragione della proposizione della menzionata domanda, pronunciarne l’annullamento.

2. Avverso detta ordinanza O.S. ricorre per cassazione, affidandosi a due motivi. Resistono, con controricorso, il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Prato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I formulati motivi prospettano, rispettivamente:

I) “Violazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: violazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 18, e della L. n. 241 del 1990, art. 3, per avere il Giudice di Pace di Prato motivato il rigetto sulla base di nuove circostanze dedotte dall’amministrazione nel corso del giudizio di opposizione, ritenendo, così, erroneamente rilevante una integrazione postuma della motivazione del provvedimento espulsivo; nonché violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, commi 2 e 3, e art. 19, comma 1, nonché per non avere il Giudice di Pace di Prato rilevato la sussistenza del divieto di espulsione previsto a favore dello straniero per motivi umanitari”;

II) “Violazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatto storico”, contestandosi il provvedimento impugnato per non essere stata ivi valutata la circostanza che l’ O. aveva presentato domanda di protezione internazionale prima della pronunciata espulsione, assumendola, invece, presentata dopo quest’ultima.

2. Le descritte doglianze, scrutinabili congiuntamente perché connesse, si rivelano complessivamente inammissibili.

2.1. Invero, l’adito Giudice di Pace: i) ha accertato che il provvedimento espulsivo del Prefetto di Prato in danno dell’ O. era seguito al diniego di rinnovo del permesso di soggiorno in suo favore reso dal locale Questore in ragione della sua irreperibilità; ii) ha dato atto dell’avvenuta proposizione, da parte dell’odierno ricorrente ed indirizzato “alla Corte di appello di Venezia”, di un “…”reclamo D.L. n. 13 del 2017, ex art. 4, comma 3″ avverso il provvedimento di diniego della protezione internazionale posto a fondamento del decreto di espulsione”; iii) ha affermato che “non è dato sapere quali effetti abbia prodotto tale istanza e se è tuttora pendente un procedimento di gravame avverso il diniego di protezione internazionale”; iv) ha concluso condividendo il principio, espresso dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, ove la domanda di protezione internazionale dello straniero sia proposta dopo l’adozione del decreto di espulsione del medesimo, detto decreto non è colpito da sopravvenuta invalidità, restandone soltanto sospesa l’efficacia, sicché non può, in ragione della sola proposizione della menzionata domanda, pronunciarsene l’annullamento (cfr. Cass. n. 5437 del 2020).

2.2. Fermo quanto precede, le censure in esame non puntualizzano adeguatamente quando, asseritamente prima dell’emanazione del provvedimento di espulsione (invece che successivamente ad esso, come opinato dal giudice di pace), l’ O. avrebbe proposto una rituale domanda di protezione internazionale; non chiariscono il concreto iter procedurale svoltosi dopo la dedotta presentazione del suddetto “reclamo” rivolto alla Corte di appello di Venezia, né, in particolare se, ed eventualmente quando e con quale esito, esso sia stato deciso (circostanza sicuramente rilevante posto che gli odierni controricorrenti hanno assunto che nessuna domanda di protezione dell’ O. fosse pendente al momento dell’adozione del provvedimento espulsivo di cui oggi si discute); non specificano in alcun modo in cosa sarebbe consistita l’integrazione postuma della motivazione del provvedimento espulsivo ascritta al Giudice di Pace; nemmeno descrivono, infine, i seri motivi di carattere umanitario che osterebbero alla pronunciata espulsione.

2.3. Resta solo da aggiungere che: a) il provvedimento di espulsione dello straniero, in quanto provvedimento obbligatorio a carattere vincolato, implica che il giudice ordinario dinanzi al quale esso venga impugnato sia tenuto “unicamente a controllare l’esistenza, al momento dell’espulsione, dei requisiti di legge che ne impongono l’emanazione, i quali consistono nella mancata richiesta, in assenza di cause di giustificazione, del permesso di soggiorno, ovvero nella sua revoca od annullamento ovvero nella mancata tempestiva richiesta di rinnovo che ne abbia comportato il diniego”: al giudice investito dell’impugnazione del provvedimento di espulsione non è invece consentita alcuna valutazione sulla legittimità del provvedimento del questore che abbia rifiutato, revocato o annullato il permesso di soggiorno ovvero ne abbia negato il rinnovo, poiché tale sindacato spetta unicamente al giudice amministrativo, la cui decisione non costituisce in alcun modo un antecedente logico della decisione sul decreto di espulsione in termini, Cass., SU, n. 22217 del 2006. In senso conforme, si vedano, poi, ex multis, le successive Cass., SU, n. 22221 del 2006; Cass. n. 19447 del 2007; Cass. n. 18432 del 2010; Cass. n. 12976 del 2016; Cass. n. 15676 del 2018; Cass. n. 5437 del 2020, in motivazione; Cass. n. 18788 del 2020); b) l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (invocato dall’ O. nel secondo motivo), – nella formulazione introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, qui applicabile ratione tempo,- risultando impugnato un provvedimento decisorio pubblicato il 25 settembre 2020 – riguarda un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, da intendersi riferito ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni (cfr. Cass. n. 395 del 2021, in motivazione; Cass., SU, n. 16303 del 2018, in motivazione; Cass. n. 14802 del 2017; Cass. n. 21152 del 2015), sicché sono inammissibili le censure che, come nella specie (tenuto conto pure di quanto si è detto nel precedente p. 2.2.), irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (cfr., ex aliis, Cass. n. 4477 del 2021, in motivazione; Cass. n. 395 del 2021, in motivazione, Cass. n. 22397 del 2019; Cass. n. 26305 del 2018; Cass. n. 14802 del 2017).

3. Il ricorso, dunque, va dichiarato inammissibile, restando le spese di questo giudizio di legittimità regolate dal principio di soccombenza, dandosi atto, altresì (cfr. Cass., SU, n. 4315 del 2020, rv. 657198), che, trattandosi di procedimento esente da ogni tassa o imposta (cfr. D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 18, comma 8, che ha sostituito il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13-bis), non è dovuto il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna O.S. al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 2.100,00 per compensi oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 11 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2022

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